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Pedagogista e Pedagogista Giuridico ( CTU e CTP)

lunedì 27 aprile 2015

La famiglia di fatto: convivenza di fatto e convivenza more uxorio contratto 02/12/13

Accanto alla famiglia tradizionale, fondata sul matrimonio, si sono sviluppati negli ultimi trent'anni, soprattutto dopo l'approvazione della legge sul divorzio [29], altri modi di fare famiglia. Molte coppie decidono, infatti, di convivere. La convivenza è il vivere insieme di un uomo ed una donna non legati tra loro dal vincolo matrimoniale, o per libera scelta o perché i componenti (uno o entrambi) vengono da una deludente esperienza matrimoniale precedente. Si formano in questo modo le cosiddette famiglie di fatto.
  • convivenza di fatto: la coppia decide di non ufficializzare la convivenza per il desiderio di libertà e il pensiero politico contro qualsiasi forma di legge. Questa coppia è riconosciuta solo da amici e parenti e, di solito, non ha figli. Non hanno diritti e neanche doveri nei confronti del convivente, se non quelli morali. Vivono in piena autonomia, indipendenza e libertà;
  • convivenza more uxorio (legalmente riconosciuta tramite un autocertificazione all’anagrafe del comune a tempo indeterminato): in questo caso, in termini giuridici, si parla di famiglie di fatto (unioni non matrimoniali), o famiglie nucleari[30], alle quali, comunque, sono legalmente attribuiti determinati diritti, soprattutto, a seguito della nascita di figli naturali che vengono considerati come legittimi.
Per quanto riguarda i figli, non ci sono differenze tra famiglia fondata sul matrimonio e famiglia di fatto, poiché dalla riforma del diritto di famiglia del 1975 i figli legittimi e quelli naturali sono stati equiparati giuridicamente. La potestà sul figlio naturale viene esercitata da entrambi i genitori. Qualora si interrompa la convivenza, i genitori affronteranno un unico giudizio davanti al Tribunale dei Minori competente per stabilire l'affidamento dei figli e per definire l'assegno di mantenimento. In caso di matrimonio dei genitori, il figlio naturale viene legittimato. Un fattore positivo è il non pregiudizio. Difatti, mentre fino a pochi anni fa la convivenza rappresentava uno scandalo, oggi, invece, le convivenze si sono moltiplicate e rappresentano uno status familiare non soggetto ad alcun pregiudizio. Anche la prole non è più soggetta ad alcun pregiudizio né nei confronti dei parenti né tra il gruppo dei pari.  I fattori che determinano il fenomeno della convivenza li attribuiamo ad una maggiore acculturazione della società moderna, ad una maggiore libertà sessuale, ad una privatizzazione della propria vita, alla globalizzazione, alla forza comunicativa dei mass media, alla diversità di religioni, ecc.


La famiglia di fatto, a differenza di quella legittima, è costituita da persone che, pur non essendo legate tra loro da alcun vincolo matrimoniale, convivono insieme agli eventuali figli nati dalla loro unione. In essa manca un atto formale (il matrimonio) a cui ricollegare il rapporto per qualificarlo giuridicamente e viene, pertanto, ricompresa in quelle "formazioni sociali" tutelate dall'art. 2 della Costituzione.
Riferimenti Normativi:
Codice Civile 11/01/2012 Artt. 330, 333, 342-bis, 342-ter, 417
Legge 27/07/1978, n. 392 Art. 6
Legge 19/02/2004, n. 40 Art. 5
D.Lgs. 28/12/2013, n. 154
L. 02/12/2013

Che cosa è
È quella realtà sociale rappresentata da una coppia che convive stabilmente senza che l’unione venga formalizzata mediante il matrimonio, ma con il sostanziale rispetto dei doveri coniugali.
Caratteristiche della famiglia di fatto
Il nostro ordinamento attribuisce una formale superiorità ed una maggiore dignità alla famiglia fondata sul matrimonio.
Anche la stabile convivenza delle coppie non coniugate, pur non avendo una disciplina autonoma, negli ultimi anni ed a seguito del mutamento dei costumi sociali, ha acquistato una maggiore rilevanza giuridica cui è conseguita una maggiore tutela.
Gli elementi costitutivi della convivenza sono:
la diversità di sesso dei membri della coppia: nel nostro ordinamento, ad oggi, non si può parlare di famiglia di fatto con riferimento alle coppie omosessuali nonostante il principio di non discriminazione che è stato affermato dal Parlamento Europeo;
la mancanza dell’atto di matrimonio: i conviventi non vogliono o non possono (per esempio se uno dei due o entrambi sono separati) vincolarsi giuridicamente;
la coabitazione qualificata: la coppia, pur non essendo sposata e non avendo doveri reciproci, coabita sotto uno stesso tetto, individuato come “casa familiare” e la coabitazione deve essere “qualificata” vale a dire diretta a realizzare una comunanza di vita materiale e spirituale, simile a quella matrimoniale;
il riconoscimento sociale: questa caratteristica esclude le convivenze segrete o quelle di breve durata tali da non poter essere conosciute nell’ambiente sociale in cui vive la coppia;
la stabilità della relazione: la convivenza dovrebbe mirare alla realizzazione di una comunione di vita materiale e spirituale.
Rapporti tra conviventi di fattoTorna su
Tra i conviventi di fatto non esistono, come esistono fra coniugi, diritti e doveri reciproci.
Il carattere di “unione libera” fa sì che, in ogni momento e secondo la libera volontà, la coppia possa interrompere il rapporto.
In altre parole, ha assoluta prevalenza l’autonomia delle parti dal momento che la scelta per l’unione paraconiugale esprime la volontà della coppia di non legarsi in matrimonio.
Rilevanza del rapporto di convivenza
Come si è detto sopra non è previsto un regime giuridico unitario ma una serie di interventi, alcuni dei quali passano attraverso gli strumenti di regolamentazione dei rapporti tra privati (negozi giuridici).
Disposizioni speciali disciplinano, di volta in volta,  alcuni aspetti della convivenza dandole rilevanza giuridica.
Si possono citare alcuni esempi (senza pretesa di completezza dal momento che si tratta di una miriade di norme):
l’accesso alla procreazione medicalmente assistita è consentito anche alle coppie conviventi;
in un processo penale il convivente ha diritto di astenersi dal testimoniare contro il compagno;
la persona convivente può proporre istanza per la nomina dell’ amministratore di sostegno del partner;
i genitori conviventi esercitano la responsabilità genitoriale nei confronti dei figli riconosciuti da entrambi;
il convivente può subentrare nel contratto di locazione intestato all’altro, in caso di morte di quest’ultimo;
la famiglia di fatto gode della tutela possessoria (possono esercitare le azioni volte a accertare il loro diritto di possedere la casa) della casa dove si svolge la convivenza;
in caso di uccisione del convivente, l’altro ha diritto al risarcimento del danno;
si applica, anche per le famiglia di fatto, la tutela contro la violenza nelle relazioni familiari;
la famiglia di fatto usufruisce delle prestazioni dello “stato sociale” (assegnazione di case popolari ecc.);
in materia di adozione, il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato anche ad una famiglia di fatto.  
Il contratto di convivenza 02/12/13
l’iniziativa del Consiglio Nazionale del Notariato che ha predisposto appositi contratti di convivenza (che possono essere sottoscritti a partire dal 2 dicembre 2013 presso tutti gli studi notarili) con i quali sono regolati gli aspetti patrimoniali relativi alla convivenza nelle famiglie di fatto anche in caso di cessazione del rapporto (ad es. l’abitazione, il mantenimento in caso di bisogno, la proprietà dei beni, il testamento con clausole a favore del convivente ecc.).
Attraverso i contratti di convivenza predisposti dal Notariato secondo le norme di legge previste dall’ordinamento vigente, si possono, infatti, disciplinare contrattualmente diversi aspetti patrimoniali relativi alla convivenza nelle famiglie di fatto.
In particolare: l’abitazione, la contribuzione alla vita domestica, il mantenimento in caso di bisogno del convivente, il contratto d’affitto, la proprietà dei beni, perfino organizzando un regime di comunione o separazione dei beni. Si possono prevedere con testamento anche eventuali clausole a favore del convivente o l’assistenza in caso di malattia attraverso la designazione dell’amministratore di sostegno. E’ inoltre possibile tutelare a livello contrattuale la parte debole all’interno della famiglia di fatto. A partire dal 2 dicembre 2013 questi contratti potranno essere stipulati presso tutti gli studi notarili in Italia. Il Consiglio Nazionale del Notariato ha messo a disposizione un sito internet www.contrattidiconvivenza.it dove si possono trovare indirizzi e informazioni necessarie sul punto.                                                                                       
Rapporti tra genitori e figli
Con il d.lgs. 154/2013 è portata a compimento la completa equiparazione tra figli legittima (nati in costanza di matrimonio) e figli naturali (nati fuori del matrimonio). La nuova legge cancella dal linguaggio giuridico parole ritenute non in armonia con i nuovi tempi, allo scopo di rendere più «moderno» il vocabolario, eliminando, i termini «legittimo» e «naturale» riferiti ai figli (e al rapporto di filiazione).
Per quanto riguarda poi i rapporti tra la coppia di fatto e i figli, essi seguono la disciplina relativa ai rapporti genitori- figli, i genitori esercitano su di essi non più la potestà genitoriale ma la responsabilità genitoriale (altra novità del d. lgs. 154/2013).
I conviventi hanno, infatti, l’obbligo di mantenere, istruire ed educare i figli nati dal loro rapporto e, dal canto suo, il figlio è tenuto all’adempimento dei propri doveri nei confronti dei genitori e cioè a rispettarli e contribuire, in base al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finchè convive con essa.
Per esempio, nel caso di rottura del rapporto di convivenza, se non si riesce a raggiungere un accordo sulle questioni relative ai figli minori, ciascuno dei genitori naturali può ricorrere al Tribunale dei minorenni che può disporre  l’affidamento del minore, il diritto di visita, l’assegno di mantenimento e l’assegnazione della casa familiare.
Rapporti patrimoniali
Il nostro ordinamento, riconoscendo il valore sociale della famiglia di fatto, ha previsto che le erogazioni di mezzi economici compiute da uno dei conviventi a beneficio dell’altro devono essere intese come adempimento di obbligazioni naturali (si ha quando una prestazione è – o si ritiene essere – dovuta in esecuzione di un dovere morale o sociale).
L’effetto dell’obbligazione naturale è che viene esclusa la ripetizione (il convivente che ha dato non può più chieder indietro) di quanto è stato dato per doveri morali o sociali salvo che la prestazione non sia proporzionale rispetto all’ esigenza da soddisfare, non sia stata eseguita spontaneamente o sia stata effettuata da un incapace.
La conseguenza di questo è che, in caso di cessazione della famiglia di fatto, né l’uno né l’altro convivente possono chiedere la restituzione di quanto dato.
Nell’ipotesi in cui, all’interno della famiglia di fatto, un convivente presti attività lavorativa nei confronti dell’altro secondo lo schema dell’impresa familiare non si applica la disciplina prevista per la famiglia legittima che prevede, per i famigliari che prestano lavoro all’interno dell’impresa familiare, diritti proporzionali alla qualità e quantità del lavoro prestato.
Si ritiene, infatti, che le prestazioni lavorative del convivente siano effettuate a titolo gratuito per “sentimento quasi coniugale” che caratterizza o dovrebbe caratterizzare la famiglia di fatto.
Per quanto riguarda il diritto all’assistenza materiale, se il coniuge divorziato convive con una persona che gli garantisce assistenza materiale perde il diritto al mantenimento o agli alimenti.
Cessazione della convivenza
La cessazione della convivenza può essere causata da:
fine della convivenza per disaccordo;
morte di uno dei conviventi.

Nel primo  caso, mancando nella famiglia di fatto degli accordi patrimoniali, quando il rapporto si interrompe non vi è nessun obbligo né diritto reciproco tra i membri della ex coppia.
Non esistendo comunione legale, i beni acquistati dai singoli conviventi durante la relazione continuano ad essere di proprietà esclusiva di chi li ha comprati.
Stesso discorso vale per la casa di abitazione: quello tra i conviventi che non sia proprietario e nemmeno titolare di un diritto di godimento (locazione) sull’abitazione non può vantare nessun diritto su di essa dovendo essere considerato un “ospite”.
Se il convivente muore per cause naturali, il convivente superstite non può vantare alcun diritto successorio (tranne nel caso in cui sia stato fatto testamento).
Se il convivente muore per fatto illecito di un terzo, il convivente superstite, come si è già detto, ha diritto al risarcimento del danno da parte de terzo.

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