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Pedagogista e Pedagogista Giuridico ( CTU e CTP)

venerdì 28 aprile 2017

Differenza tra: amore aristotelico, amore socratico ed amore platonico



Amore aristotelico
Aristotele riguardo l'amore...cioè la spiegazione che da lui di questo sentimento:
l'amore è la palingenetica obliterazione dell'io senziente,cosciente e subcosciente che s'impresenta e s'infutura nel prototipo,nell'antrotipo,nell'ideale dell'antropomorfismo cosmologico.

Quando una persona ama, il suo intero ego (senziente,cosciente e subcosciente) si cancella (oblitera) e rinasce a una nuova vita (palingenesi) che si realizza e si realizzera' nel suo susseguente cammino (s'impresenta e si infutura) non piu' nella sua privata individualita' ma nella fusione con l'anima dell'amato realizzando in piccolo l'unione di tutte le anime nell'amore cosmico che e' l'origine e il destino dell'uomo e dell'intero universo; il quale uomo e' in piccolo quello che l'universo e' in grande (antropomorfismo cosmico). L'universo stesso che e' composto di cose separate e individuali ritrovera' la sua unita' alla fine dei tempi spinto dalla forza dell'amore; l'uomo e' il microcosmo immagine dell'universo che tramite l'amore fonde la sua anima con quella dell'amato, compiendo cosi' uno dei piccoli passi che porteranno all'unita' universale che era nell'origine e che sara' alla fine dei tempi.

Aristotele diceva infatti:
L’amore è composto da un’unica anima che abita in due corpi.
Amare è gioire, mentre crediamo di gioire solo se siamo amati.

Amore Platonico
Amore platonico è un modo usuale di definire una forma di amore sublimata dalla dimensione sessuale e passionale. Infatti Platone considera l'attrazione fra i corpi il primo dei vari livelli di "amore platonico", benché egli aggiunga che questo livello vada abbandonato per giungere a quelli superiori (amore per l'anima, per le leggi e le istituzioni, per le scienze, assoluto). Questa formula in realtà scaturisce da un contesto filosofico in cui l'amore, inteso come moto dell'animo e non come forma di relazione, viene interpretato come impulso al trascendimento della realtà sensibile, del mondo delle apparenze, capace di muovere la conoscenza verso l'assoluto, attuando cioè un processo di indiamento, come illustrato ad esempio nel pensiero di Giordano Bruno.
La locuzione prende il nome dalla teorizzazione dell'amore che Platone fa nei suoi dialoghi. Nel Συμπόσιον (Simposio) Socrate, ispirato da Diotima, parla di Eros (Ἔρως) come di un demone figlio di Poros e Penia. Pòros, l'espediente, aveva fatto innamorare Penìa, ossia la povertà che genera bisogno. Approfittando di un momento di ubriachezza di Pòros, Penìa giace con lui e dalla loro unione nasce Eros, l'amore. Il mito mette in luce come Eros, la forza che fa andare avanti il mondo, abbia una natura ambivalente, che partendo dall'amore delle forme, che porta alla procreazione e alla continuazione della specie umana, lo fa arrivare all'amore della conoscenza (letteralmente: "filosofia").



Amore socratico

Il termine si diffuse nelle lingue moderne, come l'inglese, a partire dall'espressione latina amor platonicus usata nel XV secolo da Marsilio Ficino come sinonimo di amor socraticus, per denotare l'interesse nei giovani attribuito a Socrate nelle ultime pagine del Simposio[1]. Entrambe le espressioni, in Ficino, indicano l'amore diretto alle qualità morali e intellettuali di una persona piuttosto che a quelle fisiche. I termini si riferiscono al legame affettivo molto speciale che intercorre tra due uomini, maestro e allievo, che Platone aveva descritto nei suoi Dialoghi ed esemplificato dal rapporto tra Socrate e i suoi giovani studenti, in particolare Alcibiade.


In definitiva, il sentimento, l'amore vero, è  quello espresso da Aristotele; l'amore passionale è espresso da  Platone, l' amore amichevole dato dagli stessi interessi è  espresso da Socrate.

1 commento:

  1. Vi sono disegni che non riusciamo ad interpretare, eppure in essi vi sono le chiavi per uscire dalle nostre prigioni... L'amore, ma cos'è l'amore se non altro un mistero, una luce che non dobbiamo ai spegnere vivendo il bene e il male come qualcosa che esisterà sempre sulla terra. Quindi le risposte stanno nella comprensione. Per il sottoscritto l'amore è soprattutto sopportare e non staccarsi ai dalla vita perché la vita in sè per sè è già poesia di Dio. Quando si perde un genitore a soli sette anni, come nel mio caso, allora quella luce divina che t'illumina t'insegna a fare la gavetta, a vivere la sofferenza come nessuno al mondo, diversamente non puoi andare da nessuna parte. Allora ecco che proprio a quella età ebbi un'illuminazione scrivendo queste parole: "Solitudine": Che silenzio, non do che la mia coscienza, sono di fronte a me stesso con l'anima il corpo e la mente, non oso affrontarmi ma il coraggio è più forte di me. Ciò che sento e ciò che vedo è opera grande, eppure nella mia solitudine ascolto una voce... È la musica della mia coscienza, che silenzio, chiudo gli occhi e non vedo neppure me stesso".
    Da questo momento ho vissuto la cultura come i tifosi del calcio; ho scritto molti libri e ho conosciuto personaggi di ogni cultura fino a capire che certi uomini desiderano vivere in punto di morte perchè non hanno mai vissuto... Auguri a tutte quelle anime che scrivendo incontrano Dio anche nel silenzio di mute stanze. Auguri a Voi mtutti!!!

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