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Pedagogista e Pedagogista Giuridico ( CTU e CTP)

mercoledì 1 gennaio 2020

narciso dal mito alla patologia

Il mito di Narciso è sicuramente il più conosciuto della mitologia greca. Talmente famoso da diventare una parola di uso comune per indicare una specifica caratteristica dell’uomo: l’amore smisurato per se stessi. Il mito di Narciso, infatti, narra la storia di un giovane bellissimo che perde la vita perché si innamora perdutamente del suo riflesso.
Esistono molte versioni del mito ed è difficile destreggiarsi tra esse. La fonte più autorevole è Ovidio poeta romano con le sue Metamorfosi di Narciso ed Eco L’opera è punto di riferimento per la diffusione della mitologia greca perché racchiude tutte le storie metamorfosi.

Per quanto riguarda il mondo greco, la prima fonte in assoluto sarebbe quella proveniente dai papiri di Ossirinco, forse opera dello scrittore Partenio. La fonte greca più autorevole sarebbe però l’opera di PausaniaPeriegesi della Grecia (II secolo d.C.). Le differenze tra la versione greca e quella romana sono abbastanza evidenti.

Il mito di Narciso: la storia e le versioni

In generale, la storia ha dei punti in comune in tutte le versioni. Narciso è il figlio di Cefiso, una divinità fluviale, e di Liriope, una ninfa. La madre era però molto preoccupata perché aveva dato alla luce questo bambino bellissimo. Si recò così dall’oracolo Tiresia, che le consigliò di non fargli mai conoscere se stesso. Il bambino crebbe e divenne un adolescente bellissimo, del quale tutti si innamoravano. Narciso, però, respingeva tutti, forse per orgoglio o per forte personalità.

Secondo la versione romana, Eco, una ninfa che non poteva parlare per prima perché punita da Giunone, si innamorò follemente di lui. Ella, però, non poteva dichiararsi in quanto con la sua voce poteva soltanto fare eco a quella di Narciso, che la rifiutò bruscamente. La fanciulla così trascorse il resto della sua esistenza a vagare nelle valli, fino a diventare soltanto una voce.

La dea della vendetta, Nemesi, decise di punire il giovane Narciso per il suo rifiuto alla ninfa. Lo condannò così a specchiarsi in un laghetto per bere. Quando lui si calò per bere l’acqua, vide il suo riflesso e se ne innamorò perdutamente. Dopo poco, capì di essere lui stesso il bellissimo ragazzo e realizzò che il suo era un amore impossibile.

Ovidio afferma che Narciso morì consumato dal fuoco di quell’amore irrealizzabile. Altre fonti invece riportano che egli si gettò nel fiume, nell’estremo tentativo di raggiungere l’amore. Quando le ninfe accorsero per seppellire il suo corpo, al suo posto trovarono dei fiori bellissimi. Si trattava di fiori bianchi e gialli, quelli conosciuti oggi come fiori del narciso. Questo termine deriva proprio dalla parola greca narke, che significa stupore (lo stupore di Narciso che vide per la prima volta la propria immagine).

La versione greca

Secondo la versione greca, contenuta nei papiri di Ossirinco, Narciso venne punito e costretto a specchiarsi perché aveva spinto un giovane ragazzo di nome Aminia ad uccidersi pur di non ricambiare il suo amore. Pausania, invece, modificò  una parte importante della storia. Secondo lui, Narciso non si innamorò del suo riflesso ma della sorella gemella Bucaneve ( dall' omonimo fiore) defunta. Specchiandosi, rivide in se stesso il volto dell’amata sorella e trovò così consolazione al suo dolore annegando e morendo per ricongiursi all' amata sorella.



Narciso nella cultura

Ad ogni modo, a qualunque versione ci si riferisca, il mito di Narciso ha affascinato centinaia di generazioni di tutte le epoche storiche. 

Adone e Venere è una scultura neoclassica di Antonio Canova, completata nel 1794 ed esposta al Musée d'Art et d'Histoire di Ginevra.

Nella pittura, ha ispirato i più grandi artisti: si ricordi in particolare il Narciso di Caravaggio (1600); Narciso ed Eco di William Turner (1804) e la Metamorfosi di Narciso di Salvador Dalì (1937).

È impossibile non ricordare l’influenza che il mito ha avuto nella letteratura di tutti i tempi, in particolare soprattutto dall’Ottocento in poi. Basti pensare che il famoso romanzo di Oscar WildeIl ritratto di Dorian Gray, è fortemente ispirato alla figura di Narciso. I riferimenti potrebbero continuare, passando per la musica e per il cinema.

Per comprendere a pieno la celebrità del mito, si può vedere che le parole narcisismo e narcisista sono ormai entrate nel nostro vocabolario comune proprio per indicare una persona che prova troppo amore per se stesso. Questo ci aiuta a comprendere quanto i miti greci siano ormai parte del nostro patrimonio culturale e quanto abbiano influenzato la nostra civiltà fin dalle origini.

L’aggettivo “narcisista” , inteso come il narcisista sano, molto spesso viene utilizzato per indicare una persona molto vanitosa, che ama la propria immagine o la propria personalità e che ama essere al centro dell’attenzione. Si tratta di un aggettivo, dunque, che descrive semplicemente un tratto della personalità, che non definisce – almeno apparentemente – una situazione o una condizione grave. 

Il problema sorge quando il narcisismo è patologico 

La differenza sta nel fatto che non amano perché incapaci di amare ma adottano comportamenti di grandiosità come se fossero unici per nascondere la loro fragilità inoltre mancano di empatia ossia sono incapaci di mettersi nei panni degli altri perché troppo concentrati su se stessi.

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