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Pedagogista e Pedagogista Giuridico ( CTU e CTP)

venerdì 5 settembre 2014

frontespizio, introduzione e cap.1 e 2 della Tesi di Laurea MagistraleLM 85 in scienze pedagogiche

 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FOGGIA


                     DIPARTIMENTO DI STUDI UMANISTICI, LETTERE, BENI CULTURALI, SCIENZE DELLA FORMAZIONE


                                  LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE PEDAGOGICHE
                                        E  DELLA PROGETTAZIONE EDUCATIVA                                                            


                                          CLASSE LM-85-SCIENZE PEDAGOGICHE



                 TESI DI LAUREA MAGISTRALE IN: PSICOLOGIA DEL BENESSERE E DELLE RELAZIONI





                           LA SCELTA DEL PARTNER E LA TRANSIZIONE ALLA GENITORIALITA'














RELATORE:                                                     LAUREANDA MAGISTRALE:
CHIAR.MA PROF.SSA                                                            VITTORIA SALICE
GRAZIA TERRONE                                                          MATRIC. N. 519322

CORRELATORE:                                                              
CHIAR.MO PROF.
RAFFAELE MANFRELLOTTI



                                                         SESSIONE AUTUNNALE

                                                  ANNO ACCADEMICO 2012-2013





   

LA SCELTA DEL PARTNER E LA TRANSIZIONE

                  ALLA  GENITORIALITA’


Introduzione


In questi ultimi decenni l’interesse della psicologia per la famiglia sta sempre più al passo con i mutamenti e le trasformazioni sia a livello di ricerca sia a livello di intervento preventivo, promozionale e terapeutico. I numerosi cambiamenti sociali e psicologici e le numerose strutture familiari, che ne sono derivate, indicano una diversità del mondo attuale rispetto al passato. I dati ISTAT indicano un continua riduzione delle nascite di italiani e un numero crescente di nascite di extracomunitari; da tali dati si evince che la civiltà millenaria italiana sta scomparendo. Al contempo, l’evoluzione culturale, l’emancipazione femminile, la globalizzazione, da un lato, e l’influenza della Chiesa Cattolica  sulla politica nazionale, unitamente, alla crisi politico-economica in cui versa, tutt’ora, lo Stato italiano, dall’altro, hanno portato i nostri connazionali a spostamenti residenziali, soprattutto verso i Paesi dell’Unione Europea, per diverse ragioni, tra cui: la ricerca del lavoro, la fecondazione eterologa, ecc. Questi profondi mutamenti sociali e culturali costringono la psicologia, la pedagogia ed altre discipline a fare numerose ricerche in ogni campo e ad approfondirne lo studio, anche per individuare le diverse possibilità per sostenerle. La psicologia del benessere e delle relazioni può offrire un importante contributo alla comprensione dei dinamismi familiari implicati negli attuali mutamenti sociali. Può aiutarci, per esempio, a definire la sua identità, a comprendere le sue trasformazioni, a interpretare le transizioni da una fase di sviluppo all’altra del suo ciclo di vita, a studiare i vari tipi di relazioni presenti al suo interno, ma anche quelle che intercorrono tra la famiglia d’origine e le famiglie ricomposte.

Nel primo capitolo ho cercato di definire le problematiche che inducono alla scelta di essere single, le dinamiche che la caratterizzano e come l’influenza della famiglia d’origine possa essere causa di una scelta non voluta.

Nel secondo capitolo, partendo da alcune teorie sulla coppia, ho messo in risalto le strategie che adottano le persone nella scelta di essere coppia, in particolare, come la teoria sistemico relazionale esalta l’influenza del mito e del mandato familiare nella scelta del partner, con particolare riferimento al delicato processo di separazione della neocoppia dalle rispettive famiglie di origine e le problematiche ad esso connesse.

Il terzo capitolo è dedicato all’evoluzione socio-antropologica della famiglia in rapporto ai diversi periodi storici, alle strutture economiche e sociali che si sono succedute fino ai giorni nostri, dalle quali si sono originate numerose forme familiari che, se certamente non sono nuove per la struttura, lo sono certamente per il tipo di eventi alla loro origine o di relazioni al loro interno e, per questo, assumono un significato sociale e culturale diverso nella società di oggi rispetto al passato.

Nella maggior parte dei paesi dell’Europa Occidentale, infatti, le convivenze, le famiglie ricostituite, le famiglie ricomposte, le famiglie monogenitoriali, le nascite al di fuori del matrimonio e l’affido condiviso sono fenomeni da anni ampiamente diffusi e culturalmente accettati. In Italia il modello di famiglia sta cambiando, avvicinandosi sempre più a quelli diffusi nei vari paesi dell’Unione Europea. Difatti, il modello fondato sul matrimonio e orientato alla procreazione ed alla cura dei figli appare decisamente sorpassato; mentre, negli ultimi anni, si assiste ad un aumento delle famiglie ricomposte, delle convivenze e del fenomeno della monogenitorialità.

Nel quarto capitolo analizzo la genitorialità nei suoi vari aspetti, concentrandomi su due nuovi modelli: la genitorialità genetica, intesa come forma di fecondazione medicalmente assistita, soprattutto, con riguardo a quella eterologa e di come questa si intrecci con la genitorialità sociale, e la genitorialità sociale intesa come famiglia ricostituita e ricomposta e di come quest’ultime si relazionano tra di loro.

Nel quinto capitolo analizzo gli strumenti che utilizza il pedagogista nei casi di famiglie ricomposte: il colloquio, l’intervista, il disegno familiare e il genogramma.


Capitolo 1. Scelta del single

1.1.       - Single per scelta

Nel tempo si è assistito ad un processo di trasformazione della famiglia durante il quale si è ridotto il numero dei membri che la costituiscono fino a giungere, oggi, alla famiglia unipersonale, il cosiddetto single. Gli elementi che evidenziano tale tendenza sono molteplici, ad esempio, oggi, l’individuo sceglie di cambiare domicilio sin dal momento in cui ci si iscrive all’Università, anche nella città di appartenenza, o semplicemente perché cerca la sua indipendenza (privacy), magari, perché costretto da scelte altrui; non dimentichiamo anche l’influenza della società, delle relazioni interpersonali e dei mass media. La diffusione di tal fenomeno ha conseguenze gravi, ad esempio, il valore del matrimonio è, ormai, quasi scomparso, soprattutto nelle donne e negli uomini oltre i 30 anni di età. Uno dei motivi è l’eccessivo individualismo che distrae dal desiderio di condividere le abitudini, gli spazi e i tempi. Dunque, la voglia di libertà, di autonomia e d’indipendenza è più forte della paura di legarsi in una relazione, così, l’individuo preferisce vivere da solo o con un animale domestico. La società, le relazioni interpersonali, i mass media, oggi, inducono ad una sfiducia nella relazione di coppia. Pensiamo ad alcuni fenomeni come: i social network (es. facebook), le chat line, lo stalking, il crescente narcisismo e,  anche, una crescente infertilità maschile e femminile. 
Una conseguenza di tali fenomeni è la crescente tendenza alla fecondazione eterologa ovvero la voglia di avere “un figlio a tutti i costi”, tutto per sè.
In questo paragrafo mi soffermerò su tre tipologie di single:
1. philofobia, paura d’innamorarsi e di essere amati;
2. anuptafobia, paura di rimanere single;
3. sindrome di peter pan, voglia di rimanere single/bambini.
Etimologicamente la parola fobia (dal greco "φοβία" “phobos” e dal latino phobia[1],) significa panico, terrore, fuga, paura molto forte e irrazionale verso un determinato oggetto o situazione, capace di limitare le normali attività dell'individuo[2]. La fobia dà origine ad un’attivazione emotiva sproporzionata rispetto alla situazione che il soggetto sta vivendo. Inoltre, essa non può essere contenuta con argomenti razionali, è qualcosa che va aldilà del controllo volontario e porta il soggetto a mettere in atto, nei confronti della situazione temuta, comportamenti di evitamento che, a lungo andare, gli limiteranno in modo drammatico il normale proseguimento della vita[3].




1.2. Philofobia, paura d’innamorarsi e di essere amati
“Nessuno può amarci abbastanza da renderci felici se non amiamo davvero noi stesse, perchè quando nel nostro vuoto andiamo cercando l’amore, possiamo trovare solo altro vuoto.” R. Norwood.[4]
Etimologicamente Philo (dal greco φιλία filèin), (philéō e philìa dal latino ămŏr) vuol dire "amare". Tale prefisso nelle parole indica amore dell’uomo verso qualcuno o qualcosa[5].
La Philofobia, ["φιλος" (ămŏr), amore e "φοβία" (Phobia), fobia][6] è la paura di amare o di essere innamorati[7]                                       La Philofobia potrebbe essere vista come una difesa estrema dell’individuo che, in seguito ad esperienze passate traumatiche, sceglie, spesso inconsapevolmente, di evitare il coinvolgimento amoroso. Si tratta, il più delle volte, di persone in carriera che vivono lontane da casa, che si creano degli alibi con frasi come: “fuggi dall’amore”, “voglio un figlio ma non un/a partner”, “più conosco l’uomo più amo i cani”, “solo trombamici”, “amo e mi fido solo di me”, ”la libertà non ha prezzo”. Il philofobo/a, difatti, ricorre sempre più di frequente alla fecondazione eterologa per non rinunciare alla maternità o alla paternità. Proprio la vita da single, che si conduce oggi, porta ad essere maggiormente philofobi. Se pensiamo all’indipendenza economica, alla libertà sessuale, alla gestione di spazi e di tempi, all’autonomia, alle abitudini di ciascun individuo, la consolidazione di un eventuale rapporto di coppia fa percepire una sensazione quasi di soffocamento[8]. Il soggetto che reagisce in questo modo di fronte ad un rapporto deve, quindi, andare a monte del problema e capire le origini di tale freno inibitore. In un secondo momento, con l’aiuto di un pedagogista affronterà altri step come, ad esempio, una relazione finita male o l’abbandono di una persona importante. Secondo l’OMS[9], circa un europeo su dieci, almeno una volta nella vita, ha provato il disagio legato a queste paure incontrollate rispetto ai legami affettivi. Per la psicopatologia la philofobia è un meccanismo di difesa “non amo per non soffrire”. Ci troviamo di fronte ad uno dei più grandi, scottanti problemi odierni che affligge l’umanità. Essa è diffusa sia tra le donne che tra gli uomini ed è poco conosciuta. A livello sintomatologico nelle fasi più acute o nei casi più estremi si manifesta con gli stessi sintomi di un attacco d'ansia o di panico: dispnea, nausea, tachicardia, senso di soffocamento, sensazioni di freddo o di caldo, sudorazione eccessiva, senso di vertigine o di sbandamento, agitazione, dolore al torace, tremore, disfunzioni erettili per lui, difficoltà a raggiungere l’orgasmo per lei, in alcuni casi anche forme depressive. La persona che soffre di fobia specifica reagisce quasi sempre con una risposta ansiosa di fronte allo stimolo fobigeno. Questa risposta ansiosa, a volte, può sfociare in forme di attacco di panico perché sensibile a “quella particolare situazione”. Generalmente il philofobo si rende conto che la sua paura è eccessiva o irragionevole. Nella maggior parte dei casi la situazione (o più situazioni) fobigena viene sistematicamente evitata e in alcuni casi viene sopportata con intensa ansia o disagio.  Anche se non riconosciuta dalla psichiatria ufficiale e non ancora inserita all’interno del DSM IV TR[10], comunque viene annoverata, dai psicologi clinici, nel gruppo dei disturbi d’ansia, sull’asse I - Disturbi Clinici dei criteri adottati nel DSM-IV TR,  specificatamente nel sottogruppo “altro tipo” della fobia specifica (F40.2 secondo la nosologia parallela dell’ ICD 10[11]), precedentemente definita fobia semplice[12]. Tra gli elementi annoverati nel DSM –IV TR, dai quali si riconosce la fobia specifica, ci sono: l’evitamento attivo, l’ansia anticipatoria o il disagio nella situazione fobica che possono interferire significativamente con la normale routine dell’individuo, con il funzionamento lavorativo o scolastico oppure con le attività o le relazioni sociali o, ancora, quando sia presente un disagio marcato per il fatto stesso di avere la fobia. In questo stato il soggetto non riesce più ad instaurare nessun tipo di relazione di coppia. Naturalmente per questo tipo di valutazione diagnostica dovrebbe essere esclusa una diagnosi alternativa in grado di giustificare la presenza dell'ansia, degli attacchi di panico o l'evitamento fobico, associati con l'oggetto o le situazioni specifiche. Da un punto di vista biochimico l’ossitocina,insieme alla vasopressina, sono i peptidi maggiormente coinvolti nelle relazioni affettive, regolando le funzioni degli organi periferici coinvolti nei comportamenti riproduttivi attraverso l’interessamento dell’amigdala, dell’ipotalamo e del nervo vago.Si può, quindi, ipotizzare che bassi livelli di ossitocina e vasopressina siano concause di varie patologie quali: autismo, depressione, disturbo ossessivo compulsivo, fobie e tutte le condizioni in cui siano presenti deficit nelle relazioni sociali. Se consideriamo, invece, l’aspetto relazionale, le cause le ricerchiamo nel passato e nel presente del philofobico, quindi nella sua infanzia o da adulto.
 Leggendo il libro di G. Dacquino sintetizzo cosi le eziologie[13] più frequenti:
1.        Reattivo-situazionali: una profonda delusione sentimentale o un tradimento della persona amata possono ferire profondamente il partner al punto da voler rinunciare all’amore per il timore di soffrire di nuovo e rimanere nuovamente delusi. In entrambi i casi si assiste al vacillare delle proprie sicurezze, di conseguenza, il ‘non amare’ diviene un meccanismo di difesa per evitare di soffrire. Queste persone, infatti, di solito hanno solo rapporti occasionali o di brevi periodi e, se sono già stati sposati, rifiutano completamente l’idea di un nuovo matrimonio o convivenza.

2.        Fattore reattivo-emozionale: può essere riconducibile alla paura di dover rinunciare alla libertà: libertà di poter essere, vivere e agire senza dover rendere conto ad un compagno/a. Questo fattore è riconducibile al celebre aforisma sull’amore di Cesare Pavese secondo cui: Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perchè un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla.”[14]. Cosa significa? Significa impegnarsi, gettare la maschera esterna che spesso si indossa, rivelare all’altro le nostre debolezze. L’amore procura cambiamenti radicali nelle abitudini e nello stile di vita: niente è come prima, per cui se nell’individuo c’è una forte resistenza al cambiamento possiamo aspettarci il timore di intrecciare una relazione sentimentale poiché vissuta come una minaccia a un equilibrio precedentemente raggiunto. Nel momento in cui la persona percepisce la sua insicurezza di fronte alla possibilità di intrecciare un nuovo rapporto non dovrebbe mai fuggire dinanzi a questa paura, bensì cercare di comprenderne le ragioni.

3.        Paura di sacrificarsi: oggi si è sempre meno disposti a contrattare il proprio carattere con qualcuno per crescere e maturare in una coppia. Molto spesso nel caso in cui ci si trovi nella situazione di incontrare qualcuno si cerca di non correre rischi. Il sociologo Bauman[15] parla di ‘relazioni con il tagliando’, fatte di controlli, per evitare che l’altro s’innamori troppo e diventi ingombrante.

4.        Un'altra causa affonda nell’infanzia, nel rapporto con i genitori o quando le richieste di tenerezza e affetto da parte del bambino non sono state esaudite oppure generano un feedback negativo. Il soggetto porterà con sè complessi di inferioritàche in una condizione patologica genereranno un blocco psicologico per il quale il soggetto non si sentirà “degno” di ricevere amore[16]. Un sintomo tipico di questi soggetti è la difficoltà di instaurare rapporti di qualsiasi tipo, anche in ambito sociale. Un rapporto conflittuale coi genitori, dai quali ci si è sentiti poco amati, se non addirittura rifiutati, se basato su esperienze infantili irrisolte e non elaborate, condiziona, in età adulta, le scelte affettive del philofobo che evita, pertanto, situazioni caratterizzate dal coinvolgimento emotivo per non mettersi nuovamente nella condizione di poter essere “rifiutato”. Quindi, il soggetto entra in un circuito di mantenimento che non consente a se stesso la possibilità di sconfermare le proprie convinzioni, dedicandosi, ad esempio, oltremodo al lavoro, così da ipercompensare la propria presunta fragilità legata all’esporsi in una storia. Questa paura fa parte anche della paura di essere amati, ne parlerò più tardi.

5.        Fattore intrusivo autolesivo. Anche se non si tratta di vera paura di amare, i sintomi sono analoghi. Tali soggetti, a differenza degli altri, si innamorano ma sono comunque portati a sabotare il rapporto proprio a causa della natura della loro struttura autolesionistica. I philofobi sono spinti a rincorrere amori impossibili per poter abbandonare prima di essere “abbandonati”[17], trovano pretesti per litigare e preferiscono un rapporto tumultuoso ad uno sereno. Talvolta, si concentrano su particolari o difetti impercettibili e creano situazioni atte a distruggere il rapporto di coppia. Ad esempio, potrebbero allestire uno scenario di gelosia, non importa quanto il partner sarà leale e corretto, il soggetto di sicuro sarà portato a distruggere il rapporto per la sua “gelosia ossessiva” o possessività. La gelosia, insieme ad altri fattori, è uno dei tanti pretesti utilizzati dal philofobo.

6.        Difficoltà nel rapporto sessuale. Un fattore fondamentale, che viene spesso omesso, è la difficoltà nel raggiungimento del piacere durante un rapporto sessuale. Difficoltà che induce la donna a fingere l’orgasmo e all’uomo a evitare il rapporto. Tale difficoltà potrebbe attenuarsi con delle posizioni specifiche durante l’atto. Posizioni in cui durante l’atto i volti dei soggetti non siano frontali (posizione ventrale o altre in cui la donna è di spalle). La difficoltà appena descritta potrebbe essere ovviata spontaneamente, mediante meccanismi di dissociazione: il partner si proietta in un altro contesto, immaginando un rapporto del tutto diverso. Questa dissociazione nasce da meccanismi inconsci. Come abbiamo visto il philofobo è reticente ai legami sentimentali, pertanto, proprio durante l’intimità, quando la coppia si “fonde“, il soggetto trova questo escamotage per distaccarsi dalla coppia stessa. Inconsciamente il philofobo non accetta di ricevere piacere dal proprio partner e la mancata accettazione sfocia in una dissociazione, atteggiamento disfunzionale.

7.        Nei casi limite, il soggetto avrà ripercussioni anche al di fuori della sfera sentimentale e/o sessuale: le paure possono invadere ogni contesto, dal sociale al lavorativo, condizione tipica del soggetto ansioso.
A questo punto però è doveroso soffermarci su alcune importanti distinzioni di genere sull’argomento trattato: uomini e donne, infatti, hanno reazioni diverse di fronte alla paura dell’amore, che sia dato in prima persona o ricevuto passivamente.                   Un uomo philofobo ad ogni occasione è portato a scappare, ad esempio, viaggia tanto, sceglie di cambiare città per lavoro o al momento dell’iscrizione all’Università e non ha nostalgia di casa e degli affetti. Il suo principio guida ed il suo “ modus vivendi “ saranno sotto il segno della libertà. Per gli individui in tale situazione risultano estranei i concetti di “casa” o “famiglia”. Tale atteggiamento è peraltro pienamente giustificato, in quanto, se dal proprio nucleo familiare “si riceve il nulla”, diventa chiaramente impossibile sentirne il distacco o soffrire per esso. Questi soggetti, però, sentono la necessità della “paternità” ma se ne distaccano scegliendo la possibilità, secondo le disponibilità economiche di: donare il proprio seme tramite la crioconservazione dei gameti o degli embrioni, tramite la fecondazione eterologa, o prendere un “utero in affitto”[18].  La donna che teme di amare o essere amata (concetto che svilupperò più tardi), invece, trova il suo equilibrio accontentandosi della scarsa affettività ricevuta dal partner, difatti, è dedita a rapporti occasionali o è attratta da uomini non disposti ad amarla. La totale anaffettività da parte dei genitori la induce a condurre una vita senza vincoli affettivi e a non “impegnarsi” in una relazione stabile; eventuali attenzioni da parte di un partner affettuoso, la donna philofoba le percepisce come eccessive e la mandano in confusione. Non essendo mai stata al centro dell’amore familiare, essa possiede un’enorme espansività affettiva verso tutte le persone che la circondano, ed ha una vita sociale molto attiva e frenetica. Neanche questo tipo di donna rinuncia alla “maternità”, che si realizza, in genere, tra i 35-40 anni. La causa della maternità differita va ricercata in alcuni fattori: l’incapacità di “legarsi”, la bellezza sfiorita, la vita meno frenetica e, dunque, il senso di solitudine combacia con “l’orologio biologico”. Per realizzare il sogno della maternità ad un’età adulta si sceglie tra diverse tipologie di genitorialità:
1.        l’ovodonazione. La donna sceglie l’ovodonazione nel momento in cui percepisce di non volersi legare al figlio ma vuole comunque lasciare qualcosa di sé.
2.        la fecondazione eterologa. La donna preferisce la fecondazione eterologa nel caso in cui ha avuto genitori anaffettivi[19]. In questi casi contrariamente alla sua volontà, essa si comporterà esattamente come i suoi genitori oppure, al contrario, diverrà iperaffettiva/ipernormativa[20].
3.        l’utero in affitto. Di solito, chi sceglie questa tipologia o versa in precarie condizioni economiche oppure vuole semplicemente provare l’ebbrezza del parto per poi separarsene subito dopo[21].
4.        la fecondazione omologa. Si sceglie la fecondazione omologa nel caso, ad esempio, in cui la philofoba ha problemi di disfunzione sessuale e il partner, non philofobo, vuole un figlio a tutti i costi.
In una “consulenza pedagogica” individuale o di coppia il pedagogista, dopo aver preso in carico l’individuo o la coppia, aver fatto un’anamnesi per vedere le relazioni passate di entrambi i partner o dell’individuo e aver individuato il problema (la philofobia), può dare delle indicazioni precise per superare questo tipo di difficoltà nella vita quotidiana. La richiesta di aiuto da parte dell’individuo o della coppia sta ad indicare la volontà a voler superare il problema, se essa parte dalla coppia ci sono buone possibilità di recuperare la relazione ed è utile dare alcuni consigli anche al partner non philofobico. L’unico modo per far fronte al problema della philofobia è munirsi di tanta pazienza e adottare regole ben precise:
1. di fronte all’insicurezza e al timore per un nuovo rapporto non bisogna fuggire ma analizzare le ragioni di tale disagio;
2. vivere una nuova relazione giorno per giorno senza far progetti sul futuro ed evitare di anticipare negativamente l’esito della storia. In tal modo i sintomi si attenueranno; la progettazione sul futuro, difatti, può spaventare il soggetto philofobico ed amplificare i suoi timori;
3. quando si vive una relazione è importante non fare paragoni con quelle precedenti, bisogna pensare che ciascuna ha le proprie dinamiche, i soggetti e i tempi sono diversi, ecc. Un aspetto invalidante è proprio concentrarsi sul passato senza gustare i lati positivi dettati dalla novità;
4. potrebbe essere utile confrontarsi con il partner e raccontargli delle proprie paure,timori, ansie, aspettative. In tal modo si intensificherebbe l’entità della fiducia canalizzando il rapporto di coppia in modo positivo;
5. è importante capire che essere innamorati non rappresenta alcuna forma di dipendenza dal partner;
6. alcune persone evitano gli approcci amorosi per timore di un rifiuto o di essere giudicati negativamente, invece, è fondamentale capire che un rifiuto non è cruciale per la stima di sè.
7. il soggetto philofobo crede di non meritare alcuna forma di amore. Egli deve acquisire la consapevolezza che in realtà la sua non è “paura di amare” ma, il suo status è riconducibile ad un errata credenza. Il soggetto non ha ricordi di esperienze emotive positive/costruttive, pertanto, per riuscire a consolidare un rapporto è necessario che le acquisisca con il proprio partner. Tali esperienze lo aiuteranno ad assimilare un senso di benessere che lo indurrà a salvaguardare la coppia e, a guarigione ultimata, a ricercarla anche in altri ambiti[22].                                              
Come accennato, esiste un’altra tipologia di paura molto sottile e molto abile nel nascondersi: “la paura d’essere amati”. Quest’ultima, che si muove nei meandri più nascosti dell’animo umano, trova ragione di esistere quando l’individuo ha sentito da piccolo un totale deficit affettivo da parte dei genitori o di chi comunque lo ha cresciuto, pertanto, quando viene messo a confronto con un’attenzione maggiore di quella avuta dal suo nucleo familiare, vive questa nuova situazione con profondo disagio e disorientamento proprio perché non è abituato a queste nuove attenzioni e non è in grado di gestirle. Un soggetto, in queste condizioni, si trova costretto al confronto con una situazione nuova e totalmente ignota, poiché mai nessuno precedentemente si era preoccupato del suo bene, pertanto, trovarsi di fronte a una persona che gli mostra affetto, rappresenta per l’individuo qualcosa di anormale. Davanti ad un legame affettivo quindi, coloro che temono l’amore altrui cercheranno sempre rapporti instabili e mai profondi, proprio perché, la loro insicurezza, spesso, si trasforma in vero e proprio panico, che non permette loro di sentirsi adeguati alla situazione.. La vita di coppia per tutte quelle persone cui l’amore genitoriale è un illustre sconosciuto, si profila, infatti, in un modo particolare o quantomeno insolito. Tali individui spesso prediligono relazioni in cui ci si incontra poche volte a settimana, situazione che li rende in grado di tollerare il rapporto. Contemporaneamente alla relazione poi si impegna in svariate attività, in modo tale da crearsi un alibi perfetto che giustifichi la mancanza di una frequentazione più assidua. Spesso però capita che non siano queste persone “intolleranti” ai legami troppo stretti a chiudere la relazione, bensì i loro partner i quali non sopportano più un rapporto a simili condizioni[23]. Il pedagogista durante la consulenza insegna prima le tecniche di rilassamento e poi propone al paziente/utente attraverso carta e penna di fare un elenco delle situazioni temute nel vivere questa relazione, dalla meno grave alla più grave. Poi propone alcune storie da immaginare inerenti la situazione fobica, in precedenza scritta, e gradualmente lo aiuta a capire che la sensazione di panico può anche persistere, ma è una sua libera scelta, come ci suggerisce la psicologia emoto-cognitiva. Tale consulenza deve essere breve, non più di 10 sedute, e ciascuna della durata di un’ora. Un'altra tecnica, a mio avviso utile, da adottare durante la consulenza consiste nel far vedere all’utente scene di film relative al problema “philofobia” e, successivamente, commentarle insieme evidenziando differenze con il caso in oggetto; anche l’ascolto di canzoni significative e importanti per l’utente/i può condurre alla stessa analisi, in questi casi, la PNL ci viene in aiuto perché crea un effetto positivo e ipnotico sul paziente/utente. Essere philofobo/a non è una scelta libera ma condizionata dalle nostre esperienze, il philofobo va educato a scegliere liberamente di essere libero o in coppia.

1.3. Anuptafobia, paura di rimanere single
Etimologicamente anuptafobia, da «nupta» sposa, in latino con «a» privativo[24], e phobia paura, significa paura di rimanere single. L’anuptafobia, come detto in precedenza, appartiene al gruppo dell’asse I dei disturbi d’ansia, del DSM IV TR, alla voce “fobia specifica”, nel sottogruppo “fobia di altro tipo”. L’anuptafobo/a è segnato da umore depresso, ansia e paura di essere “biologicamente” in ritardo per sposarsi, per mettere su famiglia, per avere figli o, semplicemente, timore incontenibile di non aver trovato nessuno che voglia condividere con il soggetto la quotidianità, qualcuno che lo/la accetti così com’è. Non vi è molta letteratura in proposito ma un telefilm interessante, “Sex and City”[25], mette in evidenza questo problema oggi molto diffuso tra uomini e donne di età diverse.                                    L’anuptofobo non ammette tale angoscia ed evita contesti che lo pongono di fronte alla propria “tragica” realtà, egli, invece, dovrebbe trovare il coraggio di affrontare ed elaborare i propri difficili vissuti.
L’anuptafobia si distinguere in:
1.    anuptafobia generica: che si inserisce in quadri di personalità insicuri o fragili;
2.    anuptafobia specifica: nella quale l’idea di rimanere per sempre da soli si ripresenta con frequenza non controllabile fino a dominare il pensiero e orientare i comportamenti in senso compulsivo.
Ci sono 4 tipologie di anuptafobi a livello eziologico:[26]:
1.             persone solitamente economicamente benestanti che hanno paura di non essere realmente amati; la loro scommessa esistenziale è di farcela da sé, usano parole come “meglio soli che male accompagnati”. Essi ricorrono spesso alla fecondazione eterologa per iperconpensare il proprio bisogno d’affetto, con il rischio di essere iperaffettivo con il proprio figlio/a.
2.             persone con relazioni occasionali che inconsciamente tendono a credere nell’esclusività del rapporto tanto da isolarsi e pensare, fantasticamente, che “quella persona” sia il proprio partner[27].
3.             tali tipi di persone hanno un protratto legame alla famiglia d’origine (molto diffusa nella società italiana), ad es. nel caso della morte di uno dei genitori, l’anuptofobo/a sente la responsabilità di esser-ci col genitore rimasto in vita ed entra in conflitto con il suo desiderio di farsi una famiglia, entrando nel circolo vizioso del vittimismo.
4.              queste persone percepiscono più o meno lucidamente la forza del vincolo che li unisce ai genitori benestanti e irraggiungibili sul piano socio-economico e culturale. In questi casi i genitori giocano un ruolo narcisistico tenendo legato a sé il figlio o la figlia, esprimendo giudizi severi e stroncanti sul candidato/a, non in possesso dei requisiti giusti. I figli si sentono come in una gabbia dorata, dal quale è difficile uscire, e a lungo andare tale sensazione si trasforma nella “impossibilità” di trovare l’anima gemella[28].
L’anuptafobico, con l’aiuto di un professionista, deve in questi casi trovare la consapevolezza del divario tra l’uniformarsi a tali modelli di personalità e di mentalità e il verificarne la deludente vacuità e inconsistenza. In tal modo, riuscirà a sostenere il suo sintomo e acquisire una sufficiente consapevolezza di sé, può, quindi, pervenire a fare una giusta scelta coniugale oppure la libera scelta della propria singolarità.



1.4. Sindrome di Peter Pan voglia di rimanere single/bambini e la Sindrome di Wendy voglia di far da madre al partner

La parola sindrome deriva dal greco Syn-dromos (συνδρομή, letteralmente "che agiscono simultaneamente"). Con esso si indica quel complesso di sintomi, obiettivi e soggettivi, che caratterizza un determinato quadro clinico.                                                                                                              "Peter Pan, o il ragazzo che non voleva crescere", finisce per sposare Wendy Darling, una ragazza che gli fa da madre[1], lei ha la classica 'sindrome di Wendy o sindrome da crocerossina' sente il bisogno di prendersi cura del partener, da priorità alla sue necessità piuttosto che alle proprie, ella offre il suo amore per paura di rimanere sola e ciò che la rende felice è che il partner ha bisogno di lei.

Il nome “Sindrome di Peter Pan”, è divenuto comune in seguito alla pubblicazione nel 1983 di un libro di Dan Kiley[2] intitolato “The Peter Pan Syndrome: Men Who Have Never Grown Up”. La sindrome non è citata nel DSM IV TR. L’individuo affetto da sindrome di Peter Pan si rifiuta o è incapace di diventare adulto e di assumersi delle responsabilità. A. Mercurio, in proposito, parla di un “io fetale”[3] che è quella parte dell'essere umano che si è andata costituendo nel grembo materno, durante tutta la fase intrauterina, e che per i traumi subiti non ha alcuna intenzione di lasciare l'utero e nascere anche a molti anni di distanza dalla nascita biologica. In questa situazione l’uomo rimane psicologicamente un bambino senza voglia di crescere e diventare adulto. Questa sindrome è una condizione psicopatologica in cui un soggetto rifiuta il mondo "degli adulti" perchè lo ritiene ostile, pertanto si rifugia in comportamenti ed in regole comportamentali tipiche della fanciullezza. Dan Kiley definisce la SPP un trauma che blocca lo sviluppo emozionale del bambino, ma non l’intelligenza.              La psicologia junghiana, negli anni seguenti alla pubblicazione del romanzo, si interessò al concetto di “puer aeternus” considerandolo il simbolo della capacità della psiche umana di essere in un perpetuo stato di evoluzione, il simbolo dell’incontenibile desiderio all’esplorazione del mondo; invece, per Dan Kiley il “puer aeternus” cercherà nella propria compagna l'amore materno. Il Peter Pan, solitamente, finge, mente, imita, recita un ruolo. Egli mente anche a se stesso, preferisce esaltare i suoi lati positivi, diventando narcisista ed individualista, pur di non pensare alle proprie paure e insicurezze. L’origine della sindrome è da ricercarsi nell’infanzia, periodo durante il quale ogni individuo costruisce il proprio equilibrio emotivo, ma una carenza affettiva da parte di genitori può generare questa sindrome. Questa colpisce perlopiù uomini ove i genitori, soprattutto la madre importante per i maschi, sono stati: impegnati, assenti o poco presenti. Una volta che il ragazzo entra nel mondo degli adulti, si sente indifeso ed angosciato di fronte agli sconosciuti e adotta come meccanismo di difesa atteggiamenti e comportamenti infantili per sfuggire alla realtà. Questa persona solitamente ha difficoltà a gestire i propri sentimenti.  Gli uomini, affetti dalla "sindrome di Peter Pan", ricercano nella propria compagna, la sindrome di Wendy, ovvero, una mamma che comprenda la loro fragilità psicologica, che ceda sempre ai loro capricci, sempre pronta a modificare il suo modo di agire e pensare per assecondarli[4]. Molto spesso questi uomini creano una forma di dipendenza nei confronti della loro donna/mamma, di cui si rendono ben conto e che crea in loro un’angoscia e il terrore per legami futuri. Per questo, i “Peter Pan” cercano sempre relazioni ambigue ed instabili.                               I cambiamenti avvenuti nell’ultimo decennio hanno stravolto gli usi, i costumi, le tradizioni della società tanto da influenzare i comportamenti degli individui. Tali cambiamenti hanno favorito il diffondersi di questa sindrome tra persone di età compresa tra i 30 e i 50 anni. Vi sono, infatti, uomini intrappolati nella loro eterna fanciullezza e donne in una specie di eterna maternità; James Hillman dice: "ciò che da una parte implica, invero, la possibilità della libertà umana, dall’altra parte però è fonte di infiniti conflitti con gli istinti"[5].  Per concludere, si può affermare che le scelte degli individui non sono mai completamente libere, bensì condizionate da fattori psicologici, pedagogici, biologici e culturali.

[3] http://www. nienteansia.it.
[4] R. NORWOOD, Un pensiero al giorno. Per donne che amano troppo, Feltrinelli, Milano 2004. p. 61.
[6] http://www.wikipedia.it/ filofobia.
[8] La cinematografia, da sempre, tratta il tema della philofobia, ad esempio,   “Il tempo delle mele 3 (l’étudiante)”, commedia romantica francese del 1988, diretto dalregista Claude Pinoteau, è la storia d’amore tra due giovani che rivendicano l’indipendenza l’uno dall’altra. Un altro esempio è dato dal film Paura d'amare”, film drammatico del 1991 diretto dal regista Garry Marshall. Nel film, Frankie la protagonista, contrasta continuamente l’amore di Johnny per paura di soffrire ma si tradisce con le sue stesse parole: “io voglio un uomo che mi ami per sempre e malgrado tutto…” e alla fine decide di cedere all’amore e tornare con lui.
[9]  OMS Organizzazione Mondiale della Sanità.
[10] AA.VV, DSM IV TR. Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali IV edizione Text Revision, curato dall’APA American Psychiatric Association,  Elsevier Masson, Milano 2002, copertina blue,  Asse I-Disturbi Clinici, rif. Disturbi d’Ansia, p.461-521.
 V. ANDREOLI, G. B. CASSANO, R. ROSSI, Mini DSM-IV-TR. Criteri Diagnostici,Elsevier Masson, Milano 2002, copertina blue, p. 228-230.
Il DSM V è previsto per maggio 2013.
[11] OMS, ICD-10. Classificazione Internazionale delle Malattie e dei Problemi Correlati Decima Revisione, traduz. e cura dall'ISTAT e dall'Ufficio di Statistica delMinistero della Salute, Elsevier Masson, Ginevra 2000, e Roma 2001, copertina gialla, rif. Sindromi Fobiche legate a Stress e Somatomorfi, (F40-F48), p. 140-183.
Tale classifica si trova anche nel Mini DSM IV TR, p. 29. L’ICD 11 è previsto per il 2013.
[12] AA.VV., DSM III R. Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali 3°Edizione Rivisitata, curato dall’APA American Psychiatric Association,  Elsevier Masson, Milano 1987, copertina blue, Indicata nel Mini DSM IV TR p.228.
[13] G. DACQUINO, Paura d’Amare. Come evitare e superare i fallimenti affettivi, Mondadori, Milano 1996.
[14] C. PAVESE, Il mestiere di vivere. Diario 1935-1950, G. Einaudi, Torino 2006. p. 298.
[15] Z. BAUMAN, L’arte della vita, Laterza, Bari 2003, p.31.
[16] MOI Modelli Operativi Interni di J.Bowlby. In questi modelli i pattern di attaccamento dell’infanzia vengono esposti nella vita adulta e trasmessi alle generazioni future. Essi si ripetono come copioni che si organizzano in tracce di memoria. I bambini che non ricevono le cure adeguate sviluppano, da adulti, insicurezze che riversano sul rapporto col partner. L’adulto si farà un’idea della relazione col partner negativa ovvero penserà di non essere degno o meritevole d’amore.
[17] G. DACQUINO, op cit., p. 15.
[18] M. Ravenna sostiene in proposito che: i padri oggi sono perfetti sostituti materni.
19 In questo caso possono insorgere dei problemi legati al periodo di gravidanza in cui emergono molti dei vissuti inconsci relativi all’infazia della madre e rimasti a lungo sotto la cenere. «La spinta a generare e l'esperienza della gravidanza [divengono] un modo privilegiato del femminile di rifare la fusione originaria con la madre, una modalità di fattualizzare la nostalgia della relazione primaria, di ricongiungimento al corpo materno» F. FERRARO, A. NUNZIANTE-CESARO, Lo spazio cavo e il corpo saturato, Franco Angeli, Milano 1985, p. 85.
[20] Secondo M. Ainsworth, nella Strange Situation Procedure (SSP) la qualità del tipo di attaccamento alla risposta dalla separazione dalla madre, la “base sicura” (B), vacilla nel caso di fecondazione omologa ed eterologa in quanto avremo un tipo di attaccamento (D insicuro disorganizzato/disorientato) oppure (CC Attaccamento non classificabile). Mentre secondo l’Adult Attachment Interview (AAI), di M. Main, i “caregiver” appartengono a tutti i tipi insicuri: distanziante /rifiutante (DS), preoccupato (E), lutti e traumi irrisolti (U), ostile e impotente (HH), non classificabile (CC). Secondo L.Ruth e Jiacobvitz, i bambini maltrattati diverranno quasi sicuramente genitori maltrattanti.
[21] Nel caso di utero in affitto, sarà molto più difficile per la donna lasciare il bambino subito dopo il parto.

[22] R. BRITTEN, Amare senza paura. Come trasformare il nostro modo di vivere l’amore, Tea, Milano 2004, p. 38.
[23] V. M. MASTRONARDI R. ALFIERI, P. STASI, I 10 tipi di rapporto di coppia, CSE Centro Scientifico Editore, Torino 2008, p. 56.
[25] La serie televisiva: “Sex and City”, ambientata a New York, fu trasmessa originariamente dalla HBO dal 1998 al 2004. In Italia la serie è stata trasmessa daTMC. L’omonimo film è uscito nelle sale il 30 maggio 2008. La serie si concentra sulla vita sentimentale e sessuale di quattro amiche, tre delle quali intorno ai 35 anni ed una, Samantha, intorno ai 40; tratta argomenti di rilevanza sociale come lo status delle donne nella società e il loro ruolo nella famiglia.
[26] A. PURGATO, Fobie. Le nuove ossessioni del secolo XXI, Castelvecchi Roma 2006, p. 117.
[27] R. NORWOOD, op. cit., p.16.
[28] G. DACQUINO, op. cit., p. 15.

[1]Il romanzo “Peter Pan” fu scritto da James Matthew Barrie nel 1904 e nel 1906 Barrie fece l’opera teatrale. L’omonimo celeberrimo film animato del 1953 è un’opera della Walt Disney, mentre, a portarlo sul grande schermo ci ha pensato il grande regista Steven Spielberg nel 1991, invece, con Alan Moloney, Redmond Morris - Neverland – “La vera storia di Peter Pan”, miniserie del 2012 su Sky.
[2] Dan Killey è un noto psichiatra americano.
[3] M. MICELLI, La relazione madre feto e lo sviluppo esistenziale della persona, Armando, Roma 2011, p. 65.
[4] L'analisi transazionale di Eric Berne fa riferimento ai tre stati dell’io: adulto, genitore, bambino e fornisce anche una teoria dello sviluppo infantile. Il concetto di copione, è un questionario tra i più noti in quest'ambito, che illustra come molti degli schemi di vita attuali di un soggetto abbiano origine nell'infanzia. Nel quadro del copione, l'analisi transazionale elabora spiegazioni di come l'adulto riproponga continuamente le strategie che ha appreso nell'infanzia, anche quando esse generano risultati dolorosi o autolesionisti. E. BERNE, Ciao!...E poi?, Ed Tascabili, Bompiani RCS, Milano 2000, p. 67.
[5] G. DACQUINO op. cit., p. 107.

Capitolo 2. Le teorie psicologiche e le strategie di scelta del partner
2.1. Psicologia sociale
La psicologia sociale studia l'interazione tra individuo e gruppi.  Kurt Lewin(1951) la sintetizza in una formula facilmente comprensibile nella famosa “teoria di campo”:  dove il comportamento (C) è la funzione (f) dell'interazione tra la persona (P) e l'ambiente (A). La definizione che Gordon Allport nel 1985 dà alla psicologia sociale è: “si occupa a livello scientifico dei modi attraverso cui i pensieri, sentimenti e comportamenti delle persone vengano influenzati dalla presenza reale o immaginaria degli altri”[1]. La psicologia sociale si interessa anche dello studio delle relazioni interpersonali e dell’attrazione interpersonale. In questo paragrafo dedicato alla psicologia sociale mi occuperò principalmente dei vari tipi di relazione, di come si origina l’attrazione, parlerò del ruolo della cultura e della fine di una relazione.

2.1.1. L’origine dell’attrazione
 L’uomo in genere è portato ad accoppiarsi per procreare, ma cosa colpisce in “quella” determinata persona? Perché tizio e non caio? Per dare una risposta cerchiamo di vedere cosa dà origine all’attrazione. Gli aspetti che precedono l'attrazione sono cinque:

1.                    prossimità
2.                    bellezza fisica
3.                    somiglianza
4.                    complementarità
5.                    attrazione reciproca

1. Prossimità. Uno degli aspetti più semplici che determina l'attrazione è la vicinanza, o prossimità. Le persone che con l’individuo interagiscono più spesso, nelle varie sfere della vita: amicizia, studi, professione, vita sociale, convivenza, hanno maggiori possibilità di diventare il compagno di vita a causa della familiarità, o della semplice esposizione che hanno con le persone vicine. La familiarità con una persona gradita aumenta l'attrazione. Schachter e Back (1950)[2] dimostrano che l’attrazione e la prossimità sono collegate alla distanza psicologica e funzionale[3], oltre che fisica, degli individui. 

2 La somiglianza, indicata da Byrne[4] come legge dell’attrazione.    I ricercatori descrivono due situazioni in cui la somiglianza crea relazioni:
• a campi chiusi, in cui le persone sono costrette ad interagire tra di loro;
• a campi aperti, in cui le persone sono libere di interagire, più o meno, a seconda delle loro scelte.
Gli elementi che favoriscono tali relazioni per somiglianza[5] sono ad esempio: uguaglianza di opinioni, di valori, atteggiamenti simili, stessa provenienza. Al contrario, la somiglianza di personalità non risulta associata all’attrazione in quanto minaccia il senso di unicità dell’individuo. Gli studi dimostrano che se due persone hanno in comune: argomenti, stili interpersonali e capacità comunicative, saranno maggiormente attratti l’uno dall’altro. Questo vale sia per le relazioni di coppia sia per quelle amicali. Infatti, la somiglianza influenza la scelta di ambienti da frequentare, dove incontrare persone che l’individuo (che sceglie) riconosce come simili. Perché la somiglianza è così importante per l'attrazione?
• il gradimento porta a pensare che ci saranno maggiori probabilità di iniziare una relazione;
• l’approvazione per le nostre credenze e caratteristiche culturali, sociali, economiche e di valori, fa sentire più vicini;
• il disaccordo su questioni importanti crea inferenze negative tra gli individui, portando alla repulsione tra dissimili.
3  Bellezza fisica. Quando un individuo è attratto da un altro utilizza i cinque sensi: per alcune persone è importante il profumo della pelle, per altri il suono della voce, per altri, ancora, il contatto fisico, anche un semplice sfioramento, oppure, semplicemente l’aspetto fisico superficiale. I modelli su cui si valuta la bellezza fisica sono largamente influenzati dai media e quindi hanno caratteristiche comuni ben definite.  I risultati di numerose ricerche dimostrano che la bellezza è un potente stereotipo: ipotizziamo che essere belli presupponga tutta una serie di altri elementi desiderabili. Le persone belle hanno successo, sono intelligenti, socialmente competenti, interessanti, brillanti, indipendenti e sexy. Tutte caratteristiche che l’essere umano cerca nell’altro/a. L'aspetto più gradevole, soprattutto per le donne, è legato a caratteristiche di tipo infantile, che evocano dolcezza e tenerezza.  Gli uomini, invece, guardano più gli atteggiamenti che i comportamenti reali. Recenti ricerche mostrano un effetto sorprendente della familiarità: i soggetti tendono a preferire i volti che assomigliano al loro. Ovviamente tutte queste variabili possono essere espressione della preferenza per ciò che è familiare e sicuro, rispetto a ciò che non è familiare e potenzialmente pericoloso.
4. Complementarità. Dagli studi effettuati da alcuni ricercatori è emerso che ad agire sull’attrazione è la somiglianza e non la complementarietà. Infatti, lo psicologo britannico Glenn Wilson[6] smonta il luogo comune "gli opposti si attraggono" dimostrando attraverso un test di compatibilità, QC(quoziente di compatibilità)[7], che le relazioni tra persone differenti sono destinate a finire, mentre quelle tra partner del tutto simili sono longevi.
5. L’attrazione reciproca[8]. L'aspetto più importante che determina l'attrazione è il fatto di ritenere che risultiamo graditi all'altro. Ciò che pensiamo influenza le nostre azioni ed esse influenzano le risposte degli altri. Quando crediamo di piacere a qualcuno modifichiamo il nostro comportamento entrando in sintonia con la persona che per la caratteristica della somiglianza risulta essere a noi più gradita e, quindi, ad attrarre oltre che ad essere attratti da quella persona. Le persone con stima di sé moderata o positiva rispondono all'attrazione reciproca; mentre, quelle che hanno un'autostima negativa rispondono in maniera diversa, con poca fiducia, non considerando il comportamento amichevole degli altri. Questo perché la bassa autostima porta la persona a pensare di essere poco attraente e di conseguenza qualunque apprezzamento è visto come ingiustificato. Alcuni esperimenti hanno cercato di evidenziare cosa le persone ricordano maggiormente relativamente alle proprie relazioni amorose o di amicizia. I risultati hanno mostrato che l'attrazione reciproca e la bellezza (sia fisica, sia legata alla personalità) vengono ricordate con maggior frequenza.

2.1.2. Le teorie dell'attrazione interpersonale
Le teorie dell'attrazione interpersonale sono due e racchiudono quelle che originano l’attrazione, dette in precedenza:
1.    lo scambio sociale
2.    l'equità
  • ·     La teoria dello scambio sociale è il modello del mercato applicato alle relazioni interpersonali. George Homans[9] sociologo statunitense, effettuò lo studio dei fattori che rendono una relazione soddisfacente e stabile. Homans sostiene, nella teoria dello scambio, che il modo in cui le persone percepiscono la loro relazione dipende dalla valutazione dei profitti e dei costi[10], dalla percezione del tipo di relazione che meritano e dalla probabilità di riuscire ad avere una relazione migliore con qualcun altro, ovvero un individuo permane in una relazione finché ne è soddisfatto: ossia finché ne trae i massimi benefici al minimo costo. I benefici di una relazione affettiva gratificante si traducono nell’interesse e nella partecipazione che i partner mostrano reciprocamente nella relazione; i costi, invece, possono essere rappresentati dai tradimenti, dalle cattive abitudini, dagli obblighi. Per la valutazione dei benefici e dei costi è naturale che il confronto viene fatto attraverso gli standard sociali, le aspettative personali e le alternative alla relazione. Un altro standard che influisce è il livello di autostima: chi possiede alta stima di sé si impone anche alte aspettative personali, crederà più facilmente nella possibilità di trovare alternative migliori e non accetterà una relazione non soddisfacente. Chi, invece, ha una bassa stima di sé sarà portato a pensare che ciò che ha è migliore di ciò che si aspettava e quindi non pensa alle possibili alternative.
  • ·     La teoria dell’equità Una critica mossa da alcuni studiosi alla teoria dello scambio sociale è che essa ignora una variabile essenziale: l'equità. Secondo la teoria dell'equità elaborata da Elaine Hatfield Walster e Elen Berscheid[11], le persone non cercano solo massimi profitti e costi bassi, ma anche l’equità: i profitti e i costi che diamo in una relazione devono essere equivalenti ai profitti e ai costi dati dall'altra persona. Le relazioni eque sarebbero le più felici e stabili, mentre, in quelle non eque le persone si sentirebbero in una situazione di disagio che le spingerebbe a ristabilire l'equità.

2.1.3. Le teorie dell’amore      
Una distinzione classica che si introduce è quella tra:
compassione e passione
La compassione è un sentimento di intimità e di affetto che però sono prive di passione o eccitazione psicologica queste possono essere nelle relazioni di amicizia, o sessuali di lungo periodo insomma dove c’è una forte intimità e un profondo affetto.
La passione invece presuppone un intenso desiderio nei confronti dell'altra persona eccitazione psicologica e con sentimenti intensi e forte passionalità.
Oltre alla distinzione tra innamoramento e attrazione gli psicologi sociali hanno formulato 5 approcci:

1.   La teoria triangolare dell’amore di Sternberg 1986/'88
2.   l’amore romantico Berscheid e Walster 1974
3.   gli stili dell’amore S. Henrick ed C. Henrick 1986
4.   il modello d’investimento personale Rusbult 1983
5.   Modello generale delle relazioni profonde Levinger 1980

1. la teoria triangolare dell'amore Sternberg 1986/'88
Sternberg ha proposto la teoria triangolare dell'amore (1986, 1988), secondo cui l'amore è composto da tre elementi basilari:
l'intimità, la passione e l'impegno:
  •  ·    l’intimità: i sentimenti di vicinanza e di legame con il partner
  • ·    la passione: è l’eccitazione psicologica e fisica che si prova nei confronti del partner
  • ·  l’impegno: comporta due decisioni: una a breve termine (quella di amare il partner) patto segreto e una a lungo termine (mantenere l’amore e restare con il partner)patto dichiarato.

 Sternberg elaborò un triangolo per misurare questi aspetti, i quali possono combinarsi a vari livelli per formare 8 diversi tipi di amore[12]:
 1.    ASSENZA D’AMORE Mancano le tre componenti principali.
2.    SIMPATIA (solo intimità) In questo tipo di relazione vi è confidenza, calore e senso di unione fra i partner ma senza le caratteristiche della passione e dell'impegno. Relazioni di questo genere sono paragonabili a vere e proprie amicizie.
3.    INFATUAZIONE (solo passione) Tipico dell'amore a prima vista, nasce e si sviluppa improvvisamente ma termina subito dopo. Questo rapporto si basa sull'idealizzazione dell'altro e non sulla realtà. Esso è destinato a concludersi subito dopo che il persona si scontra con il partner reale.
4.    AMORE VUOTO (solo decisione/impegno) vi è mancanza delle componenti di intimità e passione. Solitamente si tratta di rapporti nella loro fase finale, in cui i partner stanno insieme solo per tener fede a un impegno preso, per  decisioni coscienti legate ai figli o per es. a considerazioni economiche.
5.    AMORE ROMANTICO (intimità+passione) Si tratta della forma tipica delle grandi e intense storie d'amore letterarie e cinematografiche. Spesso la componente impegno non è presente per via di ostacoli o circostanze esterne che impediscono alla coppia di progettare un futuro.
6.   AMORE AMICIZIA (intimità+decisione/impegno) È il caso per esempio di quei rapporti che durano da tanto tempo, consolidati sotto il profilo dell'intimità anche se hanno visto lentamente sfumare quello della passione.
7.    AMORE FATUO (passione+decisione/impegno) In questo tipo di relazione l'impegno è conseguenza solo della passione senza il supporto dell'intimità e della conoscenza reciproca. È il caso per esempio di matrimoni dettati da decisioni impulsive prese sull'onda dell'infatuazione. Queste relazioni corrono il rischio di frantumarsi quando si troveranno a fare i conti con un impegno non sentito. 
8.    AMORE VISSUTO (intimità+passione+impegno/decisione)È l'amore completo che tutti sognano. Difficile (ma non impossibile) farne esperienza reale e soprattutto mantenerne vive le caratteristiche nel tempo. 




Figura 1. Triangolo dell’amore di Sternberg[13]


2. L’amore romantico Berscheid e Walster 1974


Berscheid e Walster (1974) sulla base dell’auto attribuzione di Schachter e Singer, proposero una teoria dell’amore romantico. Tale teoria si basa su due componenti:

1.   attivazione

2.  etichetta cognitiva: i suggerimenti appropriati che indicano alla persona che l’attivazione può essere definita amore.

Alcuni ricercatori, come Dutton e Aron hanno sperimentato che dando un attivazione ad es una persona di sesso femminile chiede di ricevere una scossa elettrica se la donna è vestita truccata in modo attraente ci saranno più probabilità di attivare un attrazione che una donna vestita con sciarpa senza nessuna esposizione. Quindi quando più è forte l’attivazione fisiologica tanto più l’individuo di qualunque genere si sentirà “innamorato/a” se i suggerimenti circostanti risulteranno essere corretti[1].



[1] J.P. FORGAS, Comportamento interpersonale. La psicologia dell'interazione sociale, ed. Armando, Milano 2002, p. 85.


3. Gli Stili dell’amore S. Henrick ed C. Henrick 1986
Originariamente individuate da J. Lee successivamente ampliate da S. e C. Henrick i 6 stili di amore più conosciute come i colori dell’amore che le persone utilizzano nelle loro relazioni interpersonali:

figura 2 gli stili dell’amore

EROS: è un amore appassionato nel quale l’aspetto fisico del partner è molto importante
LUDUS: è l’amore per gioco, in cui niente è preso sul serio
STORGE: è l’amore che cresce lentamente, che si sviluppa da un affetto o da un amicizia, in cui la somiglianza fra i partner  è estremamente importante
PRAGMA: è l’amore concreto e realistico, gli amanti pragmatici sanno cosa cercare in una relazione e formulano delle condizioni da soddisfare
MANIA: è l’amore fortemente emotivo e in genere rispetta lo stereotipo dell’amore “romantico”: i partner sono ossessionati l’uno dall’altro e si alternano tra esaltazione e disperazione
AGAPE: è l’amore totalmente altruistico, generoso e quanto mai raro, gli amanti non pensano a sè stessi ma al loro partner, lo stile è più spirituale che fisico.

Clyde Hendrick e Susan Hendrick del Texas Tech University ampliando questa teoria hanno scoperto che gli uomini tendono ad essere più ludica, mentre le donne tendono ad essere storge e pragmatico. Mania è spesso il primo stile di amore adolescenziale. Le relazioni basate su stili di amore simili sono stati trovati per durare più a lungo. Le persone spesso cercano partner con lo stesso stile di amore.

4. Modello dell’investimento Rusbult 1983
 Tale modello si rifà alla teoria dello scambio sociale ma applicata alle relazioni profonde. La Rusbult introduce nella teoria dello scambio sociale la variabile di investimento personale. La definizione d’investimento personale della Rusbult: ciò che l’individuo mette nella relazione e perde al momento della rottura. Secondo tale modello maggiori sono gli investimenti personali e minori sono le possibilità che esso finisca, anche se la soddisfazione e bassa e le alternative sembrano allettanti. Quindi per prevedere se una relazione finirà o meno abbiamo bisogno di vedere: il livello di soddisfazione le alternative e il grado di investimento in una relazione.



5. Modello generale delle relazioni profonde Levinger 1980

La relazione profonda viene definita «relazione intima» e il suo tratto caratteristico è l’interdipendenza Kelley[16]afferma che “una relazione si definisce interdipendente quando il comportamento di uno dei partner è in funzione dell’altro e i partners soddisfano reciprocamente i propri bisogni.
Alcuni fattori come la frequenza, il coinvolgimento emotivo, la durata degli scambi ecc. contribuiscono allo sviluppo della relazione intima.
La ricerca di relazioni intime è connaturata all’essere umano e affonda le sue radici nel rapporto originario con la madre.
Levinger nel 1974 ha elaborato un modello generale che ha permesso di distinguere vari livelli di intimità nelle relazioni interpersonali:

livello 0: due individui, che si ignorano reciprocamente,
livello 1: Per gli effetti della vicinanza si verifica una consapevolezza dell’esistenza dell’altro
livello 2: Una varietà di fattori –somiglianza, attrazione fisica ecc. – cominciano ad agire sulla relazione e si passa così a del contatto, che resta ancora superficiale.
livello 3: A questo livello i membri della relazione esplorano la possibilità di una reciproca dipendenza e se ciò è possibile si ha l’interdipendenza che evolve poi verso il della reciprocità.
Livello 4: A questo livello i componenti della relazione cominciano a gratificarsi l’un l’altro e il rapporto tende a diventare più profondo.
Livello 5: La relazione profonda si raggiunge, quindi, nel momento in cui gli individui mostrano una partecipazione emotiva completa.

Lo sviluppo dell’intimità non segue un percorso lineare bensì di continue oscillazioni: per la continua alternanza di equilibri/conflitti che si susseguono nella vita di coppia che quelli provenienti dall’ambiente esterno.
Ai primi viene dato il nome di conflitti dialettici conflitti  tra dipendenza e autonomia: ci apriamo completamente all’altro, ma abbiamo bisogno anche del nostro spazio privato. Al desiderio di una relazione stabile e sicura si contrappone dialetticamente o il desiderio di nuove esperienze o di cambiamento nel rapporto.  stanchezza, noia, tradimenti, abitudini.
Per quanto riguarda i problemi provenienti dall’ambiente esterno, una relazione può essere messa in crisi quando, ad esempio, un partner è costretto a spostarsi per lavoro in un’altra città, oppure quando uno dei due ha successo nella vita rispetto all’altro, oppure quando si verifica un ostacolo da parte di figure significative quali amici, genitori e parenti. Gelosie, possessività, conflitti, amicizie.

Levinger nel 1980[17] propose un modello a 5 stadi della relazione a lungo termine 
riassunto nell’espressione inglese ABCDE

A: attrazione: conoscenza corteggiamento.
B: Costruzione: frequentazione per vedere se la persona rispecchia i nostri bisogni e se c’è una comunicazione efficace.
C: continuazione: si determina il rapporto.
D: deterioramento: passaggio dalla passione alla compassione ovvero al profondo affetto  ma senza eccitazione psicologica.
E: conclusione: la fine di un rapporto si ritorna ad essere single dopo un fidanzamento, una separazione, un divorzio, un annullamento di matrimonio, la morte del coniuge.

I fattori di particolare importanza, per far si che una relazione duri a lungo termine sono:
la comunicazione, l’equa divisione dei compiti, la fiducia reciproca, l’importanza del «noi», stabilire regole e parità di potere decisionale.

2.1.4. La cultura
La cultura svolge un ruolo fondamentale nello stabilire come le persone vedono la loro relazione amorosa e cosa si aspettano da essa. Le civiltà occidentali e orientali hanno punti di vista differenti rispetto al ruolo della cultura[18].                                               
Nelle civiltà orientali collettiviste contano principalmente le aspirazioni della famiglia e degli altri membri del gruppo e i matrimoni vengono spesso combinati.                                         
In quelle occidentali individualiste conta l’individuo, la sua autonomia e la sua indipendenza, una persona sceglie il partner indipendentemente dalla volontà della famiglia. L’amore di coppia risulta essere un coinvolgimento sentimentale talmente forte da dimenticare i familiari e gli amici.


2.1.5. La fine di una relazione
La fine di una relazione è una delle esperienze più dolorose della vita. Gli studiosi hanno cominciato ad occuparsi del tema cercando di individuare quali potrebbero essere le fasi in cui si sviluppa e le motivazioni che provocano la “rottura”. Un modello che viene utilizzato è quello dell'investimento. In termini di dialettiche relazionali, le relazioni che iniziano con una forte dose di novità hanno bisogno di essere bilanciate da alcuni aspetti di prevedibilità, in altre parole, occorre un rapporto complementare[19], altrimenti, il rapporto finisce. Inoltre, il ruolo giocato, al momento della decisione di interrompere la relazione, da chi lascia, chi è lasciato o decisione reciproca sono gli unici fattori che permettono di prevedere come i soggetti vivranno l'esperienza della rottura[20]. Ovviamente, a soffrire maggiormente è colui che viene lasciato, mentre, la decisione reciproca è quella che permette maggiormente di evitare reazioni fisiche e psicologiche negative. Le donne hanno reazioni diverse dagli uomini in merito alla rottura. Secondo alcuni esperimenti di Akert, le donne, specie quando vengono lasciate, vogliono conservare un rapporto di amicizia con il partner; gli uomini, invece, cercano l’amicizia solo se la rottura è avvenuta di comune accordo, altrimenti, non mostrano alcun interesse a rimanere amici con le ex.


[1] F. EMILIANI, B. ZANI, Elementi di psicologia sociale, il Mulino, Bologna 1998, p. 17-19esso è anche la base del caunseling.
[2] J. P. FORGAS, Comportamento interpersonale. La psicologia dell’interazione sociale, Armando, Roma, 2002, p. 213.
[3] La distanza funzionale si definisce con determinate caratteristiche che rendono più probabile il contatto fra alcune persone.
[4] J. P. FORGAS, op. cit., p. 236.
[5] L. L’abate, Il sé nelle relazioni familiari, una classificazione della personalità della psicopatologia e della criminalità, Franco Angeli, Milano 2000, p. 206.
[7] Il test effettuato su oltre 2000 persone è consistito in un questionario che considerava un'ampia gamma di caratteristiche fisiche e psicologiche, come, ad esempio: aspetto fisico, preferenze musicali, opinioni politiche, personalità, atteggiamenti e stili di vita. Dall'analisi delle risposte è risultato che le coppie stabili e consolidate hanno fatto registrare livelli più elevati di QC. Per fare qualche esempio: litigare sulle scelte, anche più banali, della casa, su come gestire la casa stessa, sul film da vedere, su dove abitare o su come comportarsi con figli e parenti, a lungo andare porterebbe inesorabilmente ad una rottura.
[8] ARONSON E., WILSON T.D., AKERT R.M., Psicologia sociale, il Mulino, Bologna 2010 cap. IX p. 203.

[9] Oltre a Homans, parteciparono anche Blau, Kelly e Thibaut.
[10] M. MAGATTI,  Azione economica come azione sociale. Nuovi approcci in sociologia economica, Franco Angeli, Milano 2000, p. 119. 

[11] Partecipò anche Homans. C. PAPAGNO, Giornale italiano di psicologia, il Mulino, Bologna 1964, Vol. 9, p. 89.
[12] R. STERNBERG M. BARNES, “la psicologia dell’amore” Bompiani, Milano 2002, p. 90.
[13] R. STERNBERG M. BARNES, op. cit.  p. 91.

[14] J.P. FORGAS, Comportamento interpersonale. La psicologia dell'interazione sociale, ed. Armando, Milano 2002, p. 85.

[15] W. HENRIK, “Natur und theorie der emotion”, ed. Limina Mentis, Monzae Brianza 2003, p. 65.
[16] E. BIANCHI, E. GIUSTI, Evolvere rimanendo insieme. Ricerche sulla longevità dei rapporti di coppia per consolidare l’amore e recuperare l’intimità, ed. Sovera, Roma 2012, p. 78.

[17] D. CARRERA, l’arte di comunicare. Comunicazione, famiglia, sessualità,Alfredo Guida, Napoli 1997, Vol 3, p. 303.

[19] E. ARONSON, T.WILSON, R. AKERT, Psicologia sociale, Il Mulino, Bologna 2010, p. 260.
[20] Ibidem.


2.2. Psicologia evoluzionistica
Il pensiero etologico – biologico dà forma alla psicologia evoluzionistica. Essa raccoglie in sé branche come la psicologia dello sviluppo, delle emozioni e quella sociale. Inoltre, tale psicologia influenza anche teorie come: percezione e apprendimento, evoluzioni del linguaggio, teorie sul pensiero degli altri e sulla riproduzione. La psicologia evoluzionistica sostiene che la mente e il corpo umano sono un unico sistema, che si è evoluto per selezione naturale ed è caratterizzato da adattamenti ambientali per svolgere varie funzioni dirette al miglior successo riproduttivo. L’adattamento evolutivo si è avuto grazie all’evoluzione della memoria dei popoli primitivi. La psicologia evoluzionistica si è interessata anche alla differenza tra rapporti a breve e a lungo termine.

2.2.1. Le relazioni occasionali
Una differenza importante tra uomini e donne riguarda le fantasie sessuali. Ricerche hanno mostrato che gli uomini hanno circa il doppio di fantasie sessuali rispetto alle donne.  Se si chiede a uomini e donne con quanti partner diversi desidererebbero fare sesso nel corso di un anno, il numero indicato risulta sempre notevolmente più alto nelle risposte degli uomini rispetto a quelle delle donne. Se poi si chiede di valutare la probabilità di fare sesso, solo, dopo qualche ora dall’incontro con un potenziale partner, ci accorgiamo che i maschi tendono generalmente a sottostimare il periodo di tempo necessario per convincere la partner a fare sesso. Il fattore temporale influenza anche la percezione della bellezza: tanto minore è il tempo che si ha a disposizione per dare inizio a una relazione occasionale, tanto maggiore è la bellezza che si percepisce nei potenziali partner occasionali. Nelle fantasticherie gli uomini[1] si concentrano maggiormente sugli aspetti fisici del rapporto sessuale, come: movimenti copulatori o precise parti del corpo. Anche nelle donne le fantasie sessuali riguardano parti del corpo, ma esse focalizzano maggiormente l’attenzione su altri aspetti, come: sentimenti, affetti ed emozioni, che risultano quasi del tutto assenti nelle fantasie sessuali maschili. Un'altra differenza riguarda le fantasie sessuali durante l’atto: gli uomini amano immaginare molte partner, mentre, le donne tendono a concentrare le fantasie su uno o pochi partner.                                          Molta dell'attività sessuale nella nostra specie è venuta ad assumere il ruolo di rafforzamento dei legami sociali ed affettivi e di semplice godimento. Questa tendenza è accresciuta dall'introduzione delle tecniche contraccettive. Soltanto una piccola percentuale dei rapporti sessuali nella nostra vita risulta, ormai, finalizzata alla riproduzione. Pertanto, mentre le strategie a lungo termine riguardano la scelta di partner per rapporti duraturi, destinati alla riproduzione e al sostentamento della donna e della prole, le strategie a breve termine ci portano alla scelta di partner per rapporti sessuali occasionali. Va notato che anche in questo caso valgono le regole del corteggiamento, ma più attenuate, e che anche per le donne: la bellezza fisica, la giovane età, la prestanza, ecc., nel sesso occasionale, diventano fattori primari come l'attrazione fisica interpersonale. Gli uomini, invece, utilizzano dei criteri meno rigidi rispetto alle donne per stabilire l'idoneità di una potenziale partner con cui fare sesso occasionale[2]. La relazione occasionale, vera o presunta che sia, è un'evidente sorgente di gelosia, in quanto percepita dalla donna come minaccia alla stabilità del rap-porto e dall'uomo come esposizione al rischio di allevare una prole altrui. A questo proposito vale la pena sottolineare che, a livello inconsapevole, esiste, nelle donne, una tendenza a sovrastimare l'attrattiva di quegli uomini che hanno già un rapporto stabile con un'altra donna. Il fenomeno si può spiegare come una “scorciatoia cognitiva” per cui la donna deduce le caratteristiche positive dell'uomo in modo indiretto. Se un uomo ha un rapporto stabile con un'altra donna probabilmente presenta caratteristiche positive. In teoria, l'uomo single dovrebbe essere quello più appetibile in termini di un'eventuale relazione, ma le sue caratteristiche andrebbero comunque testate, cosa che potrebbe essere costosa in termini di tempo e risorse[3]. Buss et al. nel 1992 hanno indagato le cause principali di gelosia scoprendo che le donne si dicevano fortemente gelose nel caso in cui il partner fosse emozionalmente implicato in una relazione con un'altra. Gli uomini si dimostravano seriamente infastiditi da un tradimento sessuale della partner[4]. L’uomo mostra uno stress fisiologico al pensiero di un tradimento sentimentale da parte della partner, mentre, le donne esibiscono il pattern fisiologico opposto, mostrando uno stress fisiologico maggiore al pensiero di un'infedeltà affettiva. Da queste differenze scaturiscono anche diverse "strategie" utili a preservare la fedeltà del partner. Le donne, ad esempio, cercano di migliorare la propria apparenza mettendo in risalto il proprio aspetto fisico, flirtano o mostrano interesse per altri uomini, al fine di provocare la gelosia del partner per verificarne il grado di innamoramento e di coinvolgimento nel legame. Gli uomini, che sono più gelosi, in relazione agli aspetti sessuali, tendono a nascondere la partner, ad esempio, preferiscono che questa resti a casa anziché andare a una festa o scelga un abito castigato invece di uno scollato. Un'altra strategia degli uomini consiste nel far leva sulle risorse economiche, elargendo, se possono, regali anche molto costosi.



2.2.2. Le relazioni a lungo periodo
Esistono svariati indici che sono stati verificati in culture monogamiche e poligamiche geograficamente lontane e con abitudini sessuali diverse (Buss, 1999; Schmitt et al., 2004)[5].  L’indice più rilevante riguarda la preferenza delle donne per uomini che abbiano molte risorse economiche e che ricoprano un alto status sociale, ciò, garantisce alle donne la sicurezza e la sopravvivenza. L’uomo, invero, ha sempre massimizzato le sue probabilità di riproduzione cercando di avere rapporti sessuali con il maggior numero di donne nel loro momento più fecondo. L’uomo cerca spesso la donna giovane perché il picco di fertilità si ha intorno ai 20 anni. La donna, invece, cerca l’uomo adulto, più maturo perché cerca protezione. Inoltre, le donne tendono a scegliere uomini che esibiscono buone attitudini alla paternità, difatti, un alto indice di attrattività per esse è il modo paterno con cui gli uomini interagiscono con i bambini. Altra caratteristica appetibile per le donne è l'appartenenza integrata a un gruppo da parte di un uomo.  Al contrario, la non appartenenza di una donna a un gruppo non ne influenza la desiderabilità da parte degli uomini. Altri elementi che le donne reputano importanti nella scelta del partner a lungo termine, sono: l'intelligenza, la personalità, l'onestà, la lealtà, l'indipendenza, il senso dell'umorismo, la stabilità emotiva.


2.3. Psicologia psicoanalitica                             
Quando parliamo di psicoanalisi è naturale pensare a S. Freud, padre della psicoanalisi, la psicoanalisi è la teoria dell’inconscio e il suo metodo psicoanalitico, la talking cure[6], ha subito nel tempo notevoli variazioni. Anche C. G. Jung[7] si era fatta un’ idea della coppia egli difatti afferma che: “ognuno ha da realizzare in sé la sintesi complessa, razionale e specifica, delle proprie incompatibilità e contraddizioni”. Molte ricerche sono state fatte, ma vorrei concentrare questo paragrafo sui desideri della coppia e la gestazione.

2.3.1. La triade nella F.M.A. Silvia Vegetti Finzi
Silvia Vegetti Finzi, psicoterapeuta di orientamento psicoanalitico freudiano[8], tratta dei problemi psicologici indotti dalla fecondazione artificiale omologa o eterologa sulle donne che vi si sottopongono e, indirettamente, sui loro partner. La fecondazione cosiddetta “omologa” per la coppia è un trauma in quanto il padre si sente escluso, sminuito, la sua partecipazione è indiretta e viene sostituito dalla figura del ginecologo, a cui viene attribuito l’esercizio di un potere procreativo non sessuale, neutralizzato dall’esercizio impersonale della tecnica. Il medico viene vissuto, a livello fantasmatico, come il genitore dal quale la bambina ha desiderato, un tempo, di ricevere un figlio[9]. Il marito tende allora ad assumere la posizione del fratello, dal quale la donna attende: sostegno, comprensione, conforto ma non una paritetica compartecipazione alla generazione, quindi vissuta come più debole e marginale. Questa situazione di stravolgimento delle relazioni parenterali svanisce col tempo riprendendo la naturale configurazione a triangolo equilatero, dove ogni vertice è equidistante dagli altri. Molti ginecologi che praticano la procreazione medicalmente assistita (PMA) non si preoccupano dei risvolti psicologici a cui la coppia va incontro. La questione del triangolo equilatero per un genitore di sesso maschile che ha generato con la “fecondazione omologa” diviene la stessa che ha un “padre sociale[10]”.  Diverso è per la “fecondazione eterologa”. La donna in questo caso vuole risolvere la sua ferita narcisistica, per questo decide di dare una possibilità a se stessa, ma si scontra con il suo potere di contenere e di accogliere la fecondazione naturale. Infatti, la fecondazione eterologa non è un metodo naturale, bensì artificiale. La donna indipendente, libera, autonoma, decide di fare tutto ciò che vuole, lo affermano frasi come:“l’utero è mio e lo comando io”, ma le sensazioni e le emozioni di trasformarsi da donna in madre le ha avute tramite la fredda tecnica, non tramite l’amore inteso come atto sessuale. Anche in questo caso il ginecologo è vissuto come “l’uomo”, che ha compiuto tale miracolo, ma quando questa fase temporale è passata la donna si sentirà più sola. Colei che ha compiuto la fecondazione eterologa può essere una donna che ha deciso di avere un “figlio a tutti i costi” incurante del “disagio” di un partner infertile[11]. Il compagno, molto probabilmente, si troverà a rifiutare la paternità biologica per assumerne solo quella sociale. La donna che sceglie la fecondazione eterologa può essere anche una single che decide di trovare un compagno in un secondo momento. Anche in questo caso il futuro partner vivrà la “paternità sociale”, anche perché, un’alta percentuale di tali donne non permette al padre sociale di intervenire sulle decisioni riguardanti i propri figli, rischiando di divenire iperprotettive e generare altre forme di disturbi mentali.



2.4. Modello sistemico – relazionale

L’approccio sistemico-relazionale,  affonda le sue radici nella cultura americana degli anni ’50, L’impalcatura teorica che fa da fondamento a questa nuova visione della realtà è la teoria dei sistemi di Gregory Bateson (1904-1980) padre della psicologia sistemico relazionale- Antropologo, Sociologo, Cibernetico, è stato uno dei più importanti studiosi dell’organizzazione sociale di questo secolo.;  l’interazione umana si “organizza” secondo i criteri e le modalità di un “sistema”;sarà la scuola di Palo Alto ( Watzlawick, Jackson, Haley) a continuare in questa direzione di pensiero. 
Bateson, assieme a Paul Watzlawick e altri esponenti della scuola di Palo Alto, ha applicato la teoria sistemica alle scienza sociali, approfondendo in particolar modo la comunicazione.
 Contemporaneamente alla prospettiva sistemica delle relazioni familiari, altri teorici relazionali (Boszormeny-Nagy, Framo, Bowen, Minuchin, Cigoli) cercano di recuperare anche l’attenzione a quei fattori soggettivi e storici della famiglia valorizzando lo sviluppo individuale al suo interno.Negli ultimi venticinque anni sono stati valorizzati anche altri aspetti: la ricostruzione delle storie trans generazionali e quindi il recupero del passato; l’importanza del ciclo vitale; il rilievo delle soggettività individuali; una concezione del colloqui relazionale ispirata al dialogo ed alla co-costruzione con il cliente.
L’approccio sistemico relazionale ha costruito di fatto la propria metodologia clinica basandosi sul concetto che il disagio psichico può essere letto attraverso l’osservazione delle relazioni umane, relazioni peculiari e specifiche per lo sviluppo di ogni individuo e cioè quelle che vengono a costituirsi nell’ambito della famiglia. In Italia l’approccio sistemico ha avuto origine e diffusione negli anni '70  grazie alla presenza di una figura importante come quella di Mara Selvini Palazzoli. (Milano, 15 agosto 1916 – Milano, 21 giugno 1999),è stata una psichiatra italiana, capogruppo della cosiddetta "Scuola di Milano" o Milan Approach, portata avanti assieme a Gianfranco Cecchin, Luigi Boscolo e Giuliana Prata. Quest' ultima Viene ricordata in particolare per il suo lavoro con le anoressiche e con le famiglie di schizofrenici, avendo come riferimento le teorie sistemiche e costruttiviste.
Negli anni ’80, l'approccio si concentra su quanto avviene nell’ambito delle relazioni umane. Esso è rivolto, oltre che all’individuo, alle sue relazioni ed alle dinamiche tra individui. 
 Il nostro mondo sociale pone ognuno di noi al centro di una complessa rete di relazioni che ci influenzano e sono da noi influenzate. Con il tempo le relazioni più importanti della nostra vita ci insegnano cosa possiamo e non possiamo fare, ci indicano le strade che possiamo percorrere e quelle che ci sono proibite. Il modello sistemico studia i meccanismi e i limiti temporali della creatività individuale, ponendo al centro dell’attenzione, la relazione attraverso cui gli individui esprimono la loro individualità. Tale modello si interessa anche di comunicazione verbale e non, attraverso cui singoli individui stabiliscono tipi di relazioni che nel tempo formano sistemi di relazioni stabili.

2.4.1. Il mandato familiare, il mito familiare le risorse personali ed il contratto           

                  “Quando sposi un uomo o una donna sposi una famiglia!”, questa antica affermazione è, oggi, ancora attuale. Effettivamente, la scelta di un partner rappresenta una fusione tra bisogni familiari(il mito e il mandato familiare) e risorse personali ed è condizionata sia da aspetti sociali, economici, culturali, politici e religiosi, sia e soprattutto dalla famiglia di origine, anche quando ricostituita o ricomposta.  La famiglia d'origine è un punto cardine nella scelta del partner in quanto verrà scelto secondo due posizioni opposte:

1 scelta complementare: ovvero per somiglianza col genitore del sesso opposto;
Scelta per contrasto: quando la scelta del partner viene fatta in base a differenze personologiche e caratteriali del genitore del sesso opposto.

 Vivere un rapporto di coppia non è semplice per la regola che “ogni comportamento corrisponde ad una reazione o una retroazione (feedback) in un complesso sistema circolare che finisce per dare la sensazione di limitare la libertà individuale”; in altre parole, la coppia è formata da tre parti:

1.            io persona
2.            tu partner
3.            noi relazione

La relazione è esposta a continui cambiamenti perché durante la vita di coppia i comportamenti e i bisogni personali devono modellare le risposte dell’altro, affinché si effettui un cambiamento per trovare nuovi equilibri. Nella relazione entrano altri fattori in gioco che complicano la relazione con la famiglia sia d’origine, sia ricomposte, sia ricostituite, semplici o complesse. 

La coppia  è fomata da due patti:

patto segreto
patto dichiarato

Il patto segreto è formato da due parti, che M. Malogoli Togliatti et al. (1999)  paragonano ad un iceberg:
 La parte emersa è una parte cosciente che ha funzione di contenimento e forza unificante  costituita da norme esplicite e da accordi consapevoli (come l’impulso biologico sessuale e l’impulso rivolto alla riproduzione) e da norme sociali;  
la parte sommersa: è formata da vincoli inconsci di natura affettiva – emotiva, relativi all’attesa di ognuno dei partner che l’altro corrisponda ad un partner ideale in grado di appagare le proprie aspettative e che si relazioni a lui per confermare una specifica immagine di sé.
Ogni partner, nell'innamoramento, tenderà a idealizzare l’altro e se stesso, creando una bolla di illusione narcisistica sulle buone qualità dell’altro e di se stessi, che vengono appunto gonfiate a livelli idealistici. Ora la coppia è formata,  sarà poi il tempo,  la quotidianità a far svanire questa illusione, e  all'illusione fa seguito la delusione
Per chiarire meglio la formazione del primo contratto possiamo far riferimento al concetto di “contratto fraudolento”, dove ognuno dei contraenti coglie l’immagine dei bisogni più profondi dell’altro e agisce come se proprio lui dovesse essere quello che li soddisferà, anche se tutto ciò è irrealizzabile. Nella fase dell’innamoramento ognuno propone inconsapevolmente all’altro, ma anche a se stesso, un immagine ideale di sé; il partner sarà più o meno attratto da questa immagine, nella misura in cui essa corrisponde alla soluzione di antichi bisogni profondi.

La disillusione fa  emergere dei lati anche negativi, forse non può far fronte a tutti quei bisogni inconsci di cui parlavo sopra, del partner. E il rapporto potrebbe subire una incrinamento. Questa disillusione però è un tocca sana per le coppie,  difatti permette di vedere l’altro con dei limiti umani, nella sua natura, nella sua autonomia, non in funzione dei bisogni propri.  
E’ questa disillusione che, se superata, segna il passaggio dall’ innamoramento all'amore, ovvero il passaggio dal patto segreto al patto “dichiarato” la scelta   consapevole.  

il Patto dichiarato:  i partner dicono: “ti scelgo come sei, non per quello che vorrei che fossi". Come si può ben vedere la grande differenza tra il patto segreto e quello dichiarato è che nel primo la scelta è soprattutto inconscia, quindi inconsapevole, mentre nel secondo la scelta è consapevole quindi conscia,  E su questa scelta libera i due partner rivedranno la loro storia, i loro progetti, la loro relazione e l’immagine che hanno di , dell’altro e della loro relazione, in una ottica più realistica e sincera.
   Il desiderio di stare insieme è determinato anche da altri fattori come: l’età della coppia:
  1. due partner in giovane età, probabilmente, s’innamorano e scelgono di stare insieme:
  2. la coppia matura, in alta percentuale, sceglie di stare insieme perché desidera un figlio, per dividere le spese di gestione domestica, per la paura di rimanere soli o perché si condivide lo stesso lavoro oppure un hobby.
La teoria sistemica afferma che la scelta del partner è condizionata da una fusione tra bisogni personali e familiari che si miscelano in tre elementi[12]:
  1. il mito familiare: è la storia, la cultura e le tradizioni della famiglia d’origine che  trasmette valori e funzioni (comportamenti);
  2. il mandato familiare: la famiglia sceglie tutti i ruoli da ricoprire all'interno di essa e le scelte da fare;
  3. la ricerca del soddisfacimento di bisogni: riguarda i bisogni strettamente personali.
Quando una persona sceglie il partner, di solito, prende come modello il genitore di sesso opposto ma, secondo Silvia Veggetti Finzi, non è sempre così. Secondo la psicanalista è importante osservare quali sono i profili delle coppie che si sono scelte per la costruzione di una famiglia, ecco perché io, tu, gli altri[13] in una scelta che può essere complementare oppure opposta e in due dimensioni: quella orizzontale, in cui si collocano i legami di pari livello “gerarchico” (fratelli, sorelle, ex partner ecc…), e una verticale trigenerazionale, in cui si collocano i legami tra i vari livelli gerarchici (nonni, genitori, figli).

Da tale analisi la Veggetti Finzi elabora 5 tipologie di scelta di coppia[14]: 
1.     moglie come madre
2.     marito come madre
3.     moglie come padre
4.     marito come padre
5.     coniugi come fratelli
Silvia Vegetti Finzi 1994.

Può accadere che le attese della famiglia di un soggetto siano più alte rispetto a quelle dell’individuo stesso, in tali casi, si scontrano e confrontano i componenti individuali e le richieste familiari. Lo scopo è quello di trovare una forma di compromesso tra le richieste legate a, quello che Stierlin chiama, “mandato familiare”, e le esigenze personali. Ad es. una famiglia benestante vuole per il proprio figlio/a una persona altrettanto benestante, altrimenti, non verrà mai accettata o comunque mal vista.  A volte, i genitori vogliono per il proprio figlio ciò che avrebbero voluto per se stessi condizionandoli nelle scelte; in questo modo si sviluppa il così detto fenomeno delle ripetizione di situazioni passate.  Le caratteristiche che un individuo considera nella propria ricerca del partner devono rispecchiare le aspettative implicite negli elementi del mito familiare. Il grado di influenza del mito familiare[15] nella scelta del partner dipende dalla forza e dalla ricchezza di esso. Se il mito familiare è articolato e vario, le possibilità di sviluppo e di scelta saranno elevate, se invece all'interno di esso vi è una componente predominante sulle altre, essa avrà il predominio nella richiesta di soddisfazione. Ad esempio, se si inculca il pensiero familiare generale, che il destino delle donne è quello di vedersi incomprese ed insoddisfatte per colpa degli uomini, la persona cresciuta con questo tipo di pensiero avrà difficoltà nella scelta dell’eventuale partner e sarebbe, per forza di cose, più limitata. Ora, non tutti hanno tali tradizioni e durante la conoscenza tra gli individui della neo-coppia ognuno cerca di scoprire se i “due mondi” possono appartenersi.  In ultimo, per il soddisfacimento dei bisogni personali: viaggiare, studiare, frequentare una palestra, ecc., all'interno di una coppia, bisogna lasciarsi degli spazi e mantenere una certa “distanza”. Ciò sembra anche essere in rapporto con il grado di differenziazione raggiunto dall'individuo, cioè, con il suo grado di autonomia e di individuazione, e con la sua capacità di rielaborare il mito, intesa come modalità di risolvere i propri legami con le figure familiari più significative. La fine dell’idillio romantico e l’inizio della coppia consiste essenzialmente nel prendere coscienza che l’altro non sarà mai come noi lo avevamo pensato e che non potrà mai riempire i vuoti lasciati dai nostri bisogni ovvero il Patto Dichiarato.

Successivamente la scelta del matrimonio:
 III° contratto: presuppone un cambiamento significativo di contesto. Alcuni studi si sono concentrati sull’analisi delle differenze e similarità tra matrimonio e convivenza riscontrando differenze soprattutto a livello simbolico. Il rituale della cerimonia nuziale, come tutti i riti, ha una funzione di passaggio e costituisce una linea di demarcazione tra due diverse fasi del ciclo vitale, inoltre facilita la trasformazione a nuove modalità relazionali.
Dicks (1967) si riferisce al matrimonio come una “relazione terapeutica naturale” in quanto si verifica un incastro tra i due mondi interni dei partner. Secondo l’autore si manifesta una sorta di attribuzione reciproca a livello inconscio di bisogni e sentimenti a discapito dei propri confini individuali. 
Jackson ha creato una tipologia di coppia distinguendo tre diversi tipi di interazione:
  1. Simmetrico: in queste coppie il rapporto paritario si basa sul conflitto dove non si ha mai un attimo di tregua che può sfociare nelle così dette escalation simmetriche.
  2. Complementare: troviamo uno dei due partner in posizione one-up e l’altro in posizione one-down. Questo tipo di interazione estremizzata si riscontra nelle coppie sadomasochiste.
  3. Misto: mescolanza equilibrata tra i due. Ognuno di questi può avere un suo potenziale patologico, ma l’autore ritiene preferibile il modello reciproco, in quanto permette una maggiore flessibilità.
Anche le costellazioni  sistemiche e familiari di Bert Hellinger  ci ricordano,parlando degli ordini dell'amore  che, entrando nel sistema familiare del partner dobbiamo rispettare le gerarchie trovate inserirsi armonicamente rispettando i  miti ed i mandati familiari.


2.5. Modello dell’attaccamento
La teoria dell’attaccamento prende spunto da J. Bowlby che afferma: “il bambino ha una predisposizione innata al contatto  che gli permette di stabilire legami di attaccamento con le figure significative” [16].
Secondo Bowlby l’attaccamento è monotropico, cioè rivolto ad un oggetto privilegiato in genere la madre o un altro caregiver (padre, parenti). Le caratteristiche di attaccamento sono la ricerca di contatto, l’effetto “base sicura” e l’ansia da separazione. Il concetto di base sicura è stato sviluppato da M. Ainswort con la strange situation procedure (SSP). La SSP consiste in un esperimento di laboratorio, composto da otto episodi. Con l’intromissione di un estraneo il bambino dovrebbe ricercare il caregiver (base sicura); esso si rivela come uno dei migliori indici qualitativi per valutare se l’attaccamento è sicuro o insicuro. Durante questo esperimento il bambino può esplorare il mondo, certo di poter tornare alla base sicura. Mary Main, sulla base degli studi della Strange Situation per bambini, ideata da Mary Ainsworth[17], inventò l'Adult Attachment Interview (AAI), un'intervista semistrutturata per valutare la qualità dello stile di attaccamento degli adulti nei confronti dei bambini.
Alla fine del primo anno di vita del bambino emergono differenze nello stile di attaccamento:
 1)            sicuro;
2)            insicuro evitante;
3)            insicuro ambivalente;
4)            disorganizzato/disorientato.

L’attaccamento sicuro: bambini che protestano al momento della separazione, ma che sono facilmente consolabili, per tornare all'esplorazione dell'ambiente.
L’attaccamento evitante: bambini che non protestano al momento della separazione e concentrano la loro attenzione sull'ambiente; al momento della riunione ignorano la madre.
L’attaccamento ambivalente: bambini che piangono angosciati al momento della separazione e ricercano contatto al momento della riunione, ma sono difficilmente consolabili. La loro angoscia è mista a rabbia.
L’attaccamento insicuro/disorganizzato: mancanza di strategie coerenti, madre anaffettiva, padre disimpegnato (M. Main).

Tali forme di attaccamento costituiscono i Modelli Operativi Interni (MOI)[18] di Bowlby, ossia il bambino svilupperà le modalità per apprendere il comportamento del caregiver in alcune situazioni.       I MOI formano nel bambino schemi di eventi (copioni, script) che si organizzano in tracce di memoria, che gli permetteranno, in futuro, di mettere in atto strategie per ottenere cura e protezione in caso di bisogno. Ciò vuol dire che i MOI sono operativi per tutta la vita e che la scelta del partner e il rapporto del caregiver con il proprio figlio/a, una volta divenuto anch’esso genitore, sarà condizionato dal grado di sicurezza o insicurezza sviluppato nei primi anni di vita. E’ proprio dall’affermazione sui MOI di Bowlby - che i pattern di attaccamento riflettono i Modelli Operativi Interni sia del Sé che dell’altro - che Barholomew prende spunto per il suo Modello a quattro gruppi dell’attaccamento adulto.

I quattro stili di attaccamento di Barholomew[19] derivano dalla combinazione di due variabili bidimensionali:                                                        
Modello di sé                                 POSITIVO     NEGATIVO
sicuro
preoccupato
evitante
impaurito

positivo
modello dell’altro
negativo
   
L’attaccamento sicuro: soggetti a proprio agio con l'intimità e l'autonomia, derivante dalla combinazione fra la sensazione di essere meritevoli e l'idea che le persone siano sensibili.
L’attaccamento preoccupato: soggetti preoccupati per le relazioni, derivante dalla sensazione di non essere degni di attenzioni che si combina con una valutazione positiva degli altri.
L’attaccamento evitante: soggetti che rifiutano l'intimità e la dipendenza, risultato dell'interazione di una valutazione positiva di sé e di una negativa degli altri (si difendono dalle delusioni evitando il coinvolgimento emotivo e mantenendo uno stato di indipendenza e invulnerabilità).
L’attaccamento impaurito: soggetti con timore dell'intimità, caratterizzati da evitamento sociale, poiché hanno la sensazione di non essere degni di amore e si aspettano che gli altri siano inaffidabili e rifiutanti.

2.5.1. Sviluppi sull’attaccamento adulto
Nonostante le evidenze empiriche, molti ricercatori hanno abbandonato le misure categoriali favorendo modelli dimensionali, che si basano su rappresentazioni diverse costruite nel tempo, in relazione a legami con figure differenti, abbandonando l’idea che un'unica rappresentazione dell’attaccamento guidi il comportamento per tutta la vita dell’individuo.                                                

1.Essi propongono un modello evolutivo ovvero il “ciclo evolutivo dell’attaccamento[20] che non abbandona l’ipotesi del legame di attaccamento. Feneey, in proposito, sostiene che “tale modello è il risultato del sistema diadico che si interseca con atri sistemi familiari: quella d’origine e quella generata”. Essa integra i contributi della prospettiva intersoggettiva dell’Infant research con quella intergenerazionale o (trigenerazionale) del ciclo di vita della famiglia. La prospettiva intersoggettiva dell’Infant research di Stern si fonda sull’ipotesi che i fenomeni psicologici si sviluppino lungo una matrice relazionale. Pertanto, essa accorda centralità ai fenomeni interpsichici e interpersonali, come elementi indipendenti di un unico sistema rappresentato dalla diade madre-caregiver: unità privilegiata di analisi e osservazione[21]. Sia il funzionamento della diade, sia il modello relazionale sono il frutto di un adattamento, essi sono costruiti sulla base di reciproci processi di regolazione che ne giustificano l’unicità nell’integrazione delle rispettive storie affettive. Questa esperienza è la base per l’individuo dei successivi scambi con partner diversi. 

2.La prospettiva trigenerazionale del ciclo di vita della famiglia[22] si fonda sulla concezione che lo sviluppo della competenza relazionale del singolo, e della diade, evolve in relazione a quello degli altri membri della famiglia lungo tutto l’arco di vita. Secondo questa prospettiva la fase giovane-adulto rappresenta lo snodo cruciale dell’assetto dei legami della famiglia d’origine e di quella generata. Infatti, le modalità di soluzione del legame giovane-adulto con la famiglia d’origine entra necessariamente in gioco nella scelta del partner e nella costruzione del rapporto di coppia. Ogni partner all’interno della coppia deve conservare e definire la propria soggettività nell’interazione con l’altro. Essendo simultaneamente insieme con il partner e distinto dal partner. I due partner uniscono, oltre alle loro due soggettività e storie affettive, i due sistemi familiari di appartenenza, i quali continuano ad interagire, attraverso tale vincolo amoroso, condizionandolo nel tempo. Parimenti la stessa distanza andrà stabilita con i propri figli.

2.5.2. Il modello integrato: Il ciclo evolutivo dell’attaccamento
Dall’unione dei modelli, del ciclo di vita della famiglia e intersoggettiva dell’infant research, ricaviamo il modello integrato: “il ciclo evolutivo dell’attaccamento”. 
Secondo Carli, “Il ciclo evolutivo dell’attaccamento”[23] può essere sinteticamente descritto come una successione di relazioni diadiche che, asimmetriche nell’età infantile, diventano simmetriche o quasi simmetriche nell’età giovanile-adulta e tornano in parte, nella maturità, nuovamente asimmetriche come conseguenza dell’inversioni di ruoli intrinseca al rapporto genitore-figlio.
In tale cornice, la scelta del partner quasi sempre finisce per ricadere su persone che sono portate a colludere[24], con la tendenza dell’individuo a mantenere lo status quo degli equilibri familiari originali. Ciò porta a pensare che ci saranno diversi tipi di coppie, alcune sapranno dare le cure necessarie ad un bambino avendo maturato il sistema di cura su base di esperienze affettive sufficientemente adeguate, altre, ancorate al bisogno di accudimento infantile, sono orientate verso la scelta di non avere figli o verso una scelta genitoriale strumentale.





[1] M. COSTA, L. CORAZZA, Erotismo e strategie di scelta del partner. Psicologia Contemporanea, Giunti, Firenze 2006, p. 47.

[2] F. BACCHINI, C. LALLI, Che cos'è l'amor: ciò che avete sempre saputo sull'amore ma non siete mai riusciti a spiegarvi, Dalai, Milano 2003, p. 208.
[3] M. COSTA, L.  CORAZZA,  op. cit.,  p. 49.
[4] F. BACCHINI, C. LALLI, op cit., p. 116.
[5] B. Pease, A. Pease, Perché gli uomini sono fissati con il sesso... e le donne sognano l'amore? Bur Rizzoli, Milano 2010, p. 260. 
[6] La talking cure ("la cura del parlare, del discorrere"), ovvero lasciava che i pazienti, opportunamente rilassati e distesi comodamente su un divano (tramutatosi poi nell'iconografia della psicoanalisi nel famigerato lettino dell'analista), dessero libero sfogo alle parole e al flusso delle proprie idee, tentando di vincere l'azione di censura: delle tradizioni, della morale e degli imperativi sociali che impedivano ai fatti raccontati di presentarsi per cio' che erano.
[7] Freud e Jung avevano individuato due inconsci: Freud inconscio personale che era la parte più intima dell’individuo e Jung inconscio collettivo che era la parte della memoria storica dell’individuo ovvero il retaggio culturale della famiglia partendo dagli antenati.
[8] S.VEGETTI FINZI, Volere un figlio. La nova maternità tra natura e scienza,Mondadori, Milano 1997, p. 74. La scrittrice utilizza il sapere della psicoanalisi (la logica dell'inconscio, la funzione strutturante dell'Edipo, la costruzione interpsichica dell'identità, la priorità del narcisismo) per interrogare il desiderio onnipotente che presiede tanto alla domanda delle coppie sterili di avere un figlio a tutti i costi quanto all'accanimento terapeutico di fare un bambino in qualsiasi modo.
[9] L’invidia del pene, quando la bambina non si rende conto che lei è priva di pene come la madre e ritiene colpevole la madre avvicinandosi al padre ma non sempre è cosi, difatti, l’identificazione con la madre durante il complesso edipico negativo femminile(di elettra), potrebbe non avvenire in quanto l’evirazione per la femmina rappresenta per lei un fatto compiuto. La sua ferita narcisistica viene risolta nel tentativo di sostituire, nella fantasia, il pene perduto con un bambino avuto dal padre, in questo caso, il ginecologo viene vissuto come il padre che risolve la sua ferita narcisistica. Di contro, scrive Cesareo, nella riattivazione delle dinamiche edipiche la donna in gravidanza produce nel corpo ed evoca in fantasia la storia individuale, di fusione e separazione ….di ripetere cioè la propria relazione primaria con la madre”  M. MICELLI, op. cit., p. 74.
[10] Il padre sociale o patrigno è il rapporto tra il 2° compagno convivente o marito della donna, con i figli di primo letto della stessa.
[11] Secondo alcune ricerche le donne, come gli uomini, sono attratte inconsciamente da partner che non vogliono un figlio o che sono infertili. A tal proposito la fisica quantistica ci viene incontro, Fabio Marchesi, afferma nella
“legge dell’attrazione” che, quando noi immaginiamo o pensiamo qualcosa, attiriamo delle forze che fanno capitare tali cose. Le persone che hanno un amore egoistico, quindi non capaci di amare, utilizzano queste forze non per amore ma per opportunismo. Youtube.it Fisica quantistica e legge dell’attrazione, 3/7.
[12] E. Scabini, P. Donati, Identità adulte e relazioni familiari, Vita e Pensiero, Milano 1994, p. 223.
E. Giusti, A. Pitrone, Essere insieme. Terapia integrata della coppia amorosa, Sovera , Roma 2004, p. 34.
[14] Ibid.
[15] Ibid.
72 A. FARNETI, Elementi di psicologia dello sviluppo. Dalle teorie ai problemi quotidiani, Carocci, Roma 1998, p. 67.
[17] M. AMMANITI, D. N. STERN, Attaccamento e psicoanalisi, Laterza, Roma 2001, p. 63.
[18] 1. MOI rappresentazionale di sé in relazione: l’idea che ognuno ha di sé stesso all’interno delle relazioni da adulto, di quanto sia degno e meritevole di cure amore e protezione.
2. MOI: l’idea dell’altro all’interno della relazione con se stessi, di quanto sia possibile aspettarsi e ottenere amore cura e protezione.
3. MOI delle relazioni interpersonali: l’idea generale di quanto sia possibile aspettarsi e ottenere amore, cura e protezione all’interno delle relazioni con le altre persone.
[19] J. C. NORCROSS, Quando la relazione psicoterapeutica funziona,
Sovera Roma 2012, p. 167.

[20] D. Cavanna, A. Salvini, Per una psicologia dell’agire umano. Scritti in onore di Erminio Gius, Franco Angeli, Milano 2010, p. 269.
[21] Ibid
[22] P. GAMBINI, Psicologia della famiglia. La prospettiva sistemico-relazionale, Franco Angeli, Milano 2007, p. 97.
[24] La collusione è importante, vuol dire gioco di coppia, delusione. “Il bambino viene fatto entrare nella collusione della coppia ed assume spesso la funzione di sostenerla con la sua presenza e come oggetto dei meccanismi di proiezione e di identificazione proiettiva" M. MALAGOLI TOGLIATTI, G. MONTINARI, Famiglie divise. I diversi percorsi fra giudici, consulenti e terapeuti, Franco Angeli, Milano 2008, p. 180.

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