Questo schema è per i destrosi (eccetto i mancini e gli ambidestri per cui si realizza solitamente lo schema contrario di uno o più processi).
Per approfondire:
Se si intende riprodurre un processo uditivo digitale (quindi il dialogo interiore) in basso a sinistra si chiede al soggetto di pensare alle cose che più spesso si dice quando parla a se stesso. Volendo rievocare una sensazione tattile (processo cinestesico ricordato), in basso a destra si può domandare l’ultima volta in cui ci si è bagnati in spiaggia, o le sensazioni nel toccare la neve o il pane caldo.
Per suscitare una sensazione interiore (non tattile) si domanda ad esempio, l’ultima volta in cui ci si è sentiti davvero soddisfatti o impazienti.
Confrontando la distanza sinaptica, il numero di sinapsi e il livello di output delle informazioni, gli esperti sono stati in grado di dare una buona stima della capacità di calcolo del nostro cervello: 10 milioni di miliardi di operazioni al secondo. Una cifra incredibile ma documentata e riferita da Raph C. Merkle, membro della Singularity University (USA).
Un'ultima curiosità: l'impressionante numero di impulsi elettrici che viaggiano continuamente attraverso il cervello generano 25 watt di energia, l'equivalente necessario ad accendere una lampadina. Sarà per questo che l'intuizione è spesso rappresentata graficamente con una lampadina accesa?
Il cervello è diviso in tre questa distinzione è funzionale e non anatomica:
Il diritto dell'UE si divide in primario e derivato. I trattati (diritto primario) costituiscono le basi e contengono le norme fondamentali per tutte le azioni dell'UE.
Il diritto derivato, che comprende i regolamenti, le direttive e le decisioni, è fondato sui principi e sugli obiettivi fissati nei trattati.
nel IV secolo con la conversione dell'Imperatore Costantino I (battezzato in punto di morte da un vescovo ariano[7]) il quale fece indire il Concilio di Nicea per far emergere una sola corrente ed eliminare le altre. Contestualmente la Cristianità divenne una religione approvata ufficialmente e i vescovi Cristiani, vittime in precedenza del potere militare, ne passarono al comando[8].
Nel 380 Teodosio con l'Editto di Tessalonica la rese l'unica religione ufficiale dell'impero romano ricorrendo anche a mezzi cruenti per reprimere le resistenze dei pagani che è un culto politeistico ( da cui comunque noi abbiamo preso alcune tradizioni).
Circa cinque secoli dopo lo scandalo delle indulgenze spinse Lutero a causare un altro scisma e quindi a fondare il Protestantesimo
LA PARENTELA
La parentela è il vincolo che unisce coloro che discendono da una stessa persona o, come afferma il codice civile (art. 74 c.c.) dallo stesso stipite (detto anche capostipite).
Si distinguono due diverse tipologie di parentela:
Parentela diretta (o in linea retta) unisce le persone che hanno una discendenza diretta (ad es. padre e figlio, nonno e nipote etc.);
Parentela indiretta (o in linea collaterale) unisce le persone che, pur avendo un uno stipite comune, non discendono l'una dall'altra (ad es. fratelli, zii, cugini etc.).
Il rapporto di parentela ha conservato la sua importanza nella materia della successione ereditaria: infatti, l'art. 565 c.c. stabilisce che, in mancanza di testamento, l'eredità si devolve per legge ai parenti del defunto secondo un certo ordine, con il limite, sancito dall'art. 572 c.c., che la successione non può aver luogo tra i parenti oltre il sesto grado ( es: i figli di cugini sono già parenti di sesto grado).
Il rapporto di coniugio
Tra marito e moglie non esiste un vero e proprio rapporto di parentela ma in questo caso si parla di rapporto di coniugio.
Tale rapporto è disciplinato dagli artt. 143 e segg. c.c., ove sono elencati i diritti e i doveri dei coniugi
Il rapporto di coniugio non è condizione indispensabile per la creazione di vincoli di parentela in quanto due persone possono avere discendenti senza essere coniugate con rito religioso o civile.
Il rapporto di coniugio inoltre può essere interrotto in qualunque momento (divorzio e/o annullamento del matrimonio) senza che questo vada a modificare in alcun modo l'albero genealogico e le relazioni di parentela preesistenti, mentre in caso di separazione e divorzio non cessa il rapporto di affinità, l' affinità cessa se il matrimonio è dichiarato nullo. In caso di secondo matrimonio civile o concordatario la/il seconda/o moglie o marito acquisisce affinità con i parenti del/la coniuge.
L’articolo 143 bis, ed è relativo al cognome della moglie.
Questo articolo stabilisce che:
“la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze”.
In caso di separazione la moglie può mantenere il cognome del marito al contrario non lo mantiene con il divorzio o la nullità di matrimonio come stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 3869.
Il cognome comune delle persone unite civilmente
Premessa. La facoltà di eleggere un cognome comune
La nuova legge che disciplina l’unione civile e le convivenze di fatto prevede al comma 10 dell’art. 1 che “mediante dichiarazione all’ufficiale di stato civile le parti possono stabilire di assumere, per la durata dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi. La parte può anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome, se diverso, facendone dichiarazione all’ufficiale di stato civile
La perdita del cognome comune a causa della cessazione dell’unione civile
Un punto di notevole interesse è rappresentato dalla previsione per la quale la scelta del cognome comune produce effetto fintanto che dura l’unione, cosicché in caso di morte o di scioglimento dell’unione la parte che abbia acquisito il cognome dell’altra o che l’abbia aggiunto al proprio, dovrà cessare di utilizzarlo.
Con riguardo al profilo della forma, ci si domanda se in caso di scioglimento dell’unione per morte la cessazione dell’uso del cognome comune da parte del vedovo o della vedova consegua ad una dichiarazione da compiersi innanzi all’ufficiale dell’anagrafe o se invece ciò avvenga automaticamente ad impulso d’ufficio come conseguenza della registrazione del decesso dell’altra parte nei registri dello stato civile.
Diversamente, per quanto riguarda l’ipotesi dello scioglimento dell’unione per le cause di cui all’art. 1, 23 e 24, tanto nel caso in cui l’unione civile si sciolga per volontà, anche unilaterale, delle parti (art. 1, comma 24) trascorsi tre mesi dalla dichiarazione resa innanzi all’ufficiale dello stato civile, quanto nel caso in cui lo scioglimento si fondi su uno dei presupposti previsti dall’art. 3, n. 1) e n. 2), lett. a), c), d) ed e) della L. 1° dicembre 1970, n. 898 (secondo il richiamo espresso fattone dal comma 24 della L. n. 76/2016), la parte perde il diritto all’uso del cognome comune a far data dal passaggio in giudicato della sentenza di scioglimento dell’unione, in applicazione del richiamato art. 5, comma 1, L. n. 898/1970[4].
artt. 143 rapporto di coniugio
Per cio che concerne il cognome la moglie in caso di divorzio non lo mantiene con il divorzio ( scioglimento in matrimonio in caso di morte del coniuge) o la nullità di matrimonio come stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 3869.
e di scioglimento dell' unione civile comma 24 della L. n. 76/2016
cessazione degli effetti civili del matrimonio, che per la legge italiana cessa, mentre dal lato religioso i due sono ancora marito e moglie, venendo meno gli effetti civili, non quelli stabiliti dal diritto canonico.
Volendo effettuare una comparazione tra le regole che disciplinano il cognome delle parti dell’unione civile, da un lato, e dei coniugi, dall’altro, è possibile anzitutto constatare come mentre a seguito dello scioglimento dell’unione si verifichi tout court la cessazione dell’utilizzo del cognome comune, riacquisendo ciascuna il proprio, la moglie può usare il cognome del marito - che ha aggiunto al proprio col matrimonio - durante lo stato vedovile, fino all’eventuale passaggio a nuove nozze, e lo perde invece in caso di divorzio salva espressa autorizzazione da parte del giudice ad utilizzarlo, “qualora sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela” (ai sensi dell’art. 5, L. n. 898/1970).
In relazione alla vedovanza, il confronto tra la condizione della donna coniugata e quella della parte dell’unione civile lascia ipotizzare, in prima battuta, un profilo di incostituzionalità dell’art. 1, comma 10, L. n. 76/2016 in riferimento all’art. 3 Cost., nel senso che non si ravvede quale possa essere l’elemento di differenziazione tra l’unione civile e il matrimonio, con riguardo all’aspetto in discorso, tale da giustificare una siffatta diversità di trattamento delle due fattispecie. Ed, anzi, la tutela della identità personale dell’unito civilmente vedovo, che intenda conservare anche solo per ragioni morali il cognome dell’altro eletto a cognome comune, pare assumere autonoma e non trascurabile rilevanza.
Altre considerazioni debbono invece essere compiute con riguardo alla disciplina dell’utilizzo del cognome comune a seguito dello scioglimento dell’unione ai sensi dei commi 23 e 24 art. 1, L. n. 76/2016. Occorre anzitutto rilevare come il legislatore, coerentemente con quanto previsto dall’art. 1, comma 10, L. n. 76/2016, abbia all’art. 25 escluso expressis verbis l’applicabilità dei commi da 2 a 4 dell’art. 5, L. n. 898/1970, ove è disciplinato l’uso del cognome dell’ex marito da parte della donna divorziata. A ben vedere, il coordinamento non è preciso, laddove non si esclude l’applicazione anche del successivo comma 5 dell’art. 5, L. n. 898/1970, che disciplina l’impugnazione della sentenza di modifica della pronuncia che abbia autorizzato la donna divorziata a usare il cognome dell’ex marito.
Se si ha riguardo alla disciplina dell’utilizzo del cognome della donna coniugata a seguito del divorzio può osservarsi come l’art. 5, comma 2, L. n. 898/1970 preveda due distinti presupposti a fondamento della richiesta da parte della donna divorziata di utilizzare il cognome dell’ex marito, id est la corrispondenza di tale utilizzo ad un interesse suo personale, specialmente legato al prolungato uso di tale cognome nella vita sociale e lavorativa[5], ovvero la corrispondenza di tale utilizzo all’interesse dei figli, in ragione, dunque, della comune identificazione del nucleo familiare agli occhi dei terzi.
Nell’ambito della disciplina del cognome comune da parte dell’unito civilmente tale ultimo presupposto risulta assai marginale, tenuto conto che le parti dell’unione non possono avere figli comuni; non è questa la sede per affrontare dettagliatamente l’argomento, ma può in sintesi osservarsi come, ancorché la cassazione[6] abbia da ultimo ammesso l’adozione ex art. 44 l. ad. del figlio del convivente anche per coppie dello stesso sesso, ai sensi dell’u.c. dell’art. 20, L. n. 76/2016, è invece da escludere che le persone unite civilmente possano adottare, anche ai sensi dell’art. 44 l. ad. Ne consegue che all’apparenza non possano ravvisarsi ragioni di pregiudizio per la perdita del cognome fondato sulla lesione dell’interesse dei figli e dunque l’art. 5 l. div. a ragione non è in parte qua richiamata per le persone unite civilmente. Non può tuttavia escludersi il caso in cui una donna unita civilmente, la quale si ipotizza abbia acquisito il cognome comune dell’altra parte, abbia un figlio - o da un rapporto occasionale o ricorrendo all’estero alle pratiche procreazione assistita eterologa - e proceda al riconoscimento; tale figlio acquista il di lei cognome, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 262 c.c., e dunque si desume il cognome che ella ha al momento del riconoscimento, id est quello dell’altra parte. Nell’ipotesi in cui successivamente l’unione civile si sciolga e la madre perda il cognome comune, può venire in considerazione la valutazione del suo interesse al mantenimento del cognome dell’altra parte proprio in quanto la accomuna al figlio.
Doppio Cognome Paterno e materno ai figli
Una sentenza di tre anni fa della Corte Costituzionale, ha rappresentato una svolta sulla disciplina del cognome materno (Corte Cost., sent. n. 286/2016).
Con la pronuncia è stata dichiarata l’incostituzionalità delle norme sulla disciplina del cognome, dove non consentono ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno.
Oggi i genitori, se sono d’accordo, possono dare al figlio appena nato entrambi i cognomi, facendo seguire quello materno a quello paterno.
Genitore sociale
Ne con i figli di primo letto di uno dei partner in casi di separazione divorzio nullità di matrimonio civile o concordatario ne in casi di unioni civili o convivenza di fatto o di secondo matrimonio civile o concordatario quindi non mantiene nessuna responsabilità genitoriale di diritti obblighi e doveri come genitore sociale nei confronti del figlio sociale.
Legislatura 17ª - Disegno di legge n. 1320 ha consentito al genitore sociale tramite la delega chiesta al Tribunale dal/i genitori naturali che delega come terzo genitori ai doveri diritti ed obblighi nei confronti del/la bambino/a del/la partner ad esercitare la responsabilità genitoriale. In caso pregiudizievole o di negligenza o di morte del genitore nei confronti del bambino il/la partner di uno dei genitori biologici può chiedere l'adozione del bambino.
Fratria
Fratelli uterini stessa madre e padri diversi e fratelli consanguinei stesso padre e madri diverse sono parenti collaterali di secondo grado ma il rapporto successorio è la metà rispetto ai fratelli germani figli dello stesso padre e della stessa madre che invece è per intero.
I fratelli sociali sono i figli di primo letto uniti solo dal rapporto di secondo matrimonio o di convivenza o di unione civile di entrambi i genitori. Essi non hanno alcun diritto ne di parentela ne successoria.
Ie unioni civili, legge Cirinnà, sono rapporti affettivi matrimoniali con lo stesso sesso e non presuppongono affinità con le famiglie dei due partner. Ne con i figli di primo letto di uno dei partner quindi non mantiene nessuna responsabilità di diritti e doveri come genitore sociale.
Le convivenze di fatto, legge Cirinnà, ossia rapporti affettivi, registrate al comune, possono essere tra due persone di sesso opposto o dello stesso sesso e non presuppongono affinità con le famiglie dei due partner, Ne con i figli di primo letto di uno dei partner quindi non mantiene nessuna responsabilità di diritti e doveri come genitore sociale.
La relazione tra parentela e adozione
L’adozione può essere richiesta da coniugi con almeno tre anni di matrimonio o 3 anni sommati di convivenza più matrimonio genera un vincolo di parentela di primo grado tra i genitori adottanti e l’adottato uguale a quello che esiste tra genitori e figli nati durante il matrimonio o al di fuori del matrimonio.
Con l’adozione cessa ogni legame tra il minore e la sua famiglia di origine.
Il minore adottato assume e trasmette il cognome dei genitori che lo prendono in adozione, e diventa parente dei familiari del padre e della madre.
Sarà fratello, nipote, cugino, dei soggetti che fanno parte della famiglia paterna e della famiglia materna.
Nel calcolo dei gradi di parentela si dovranno utilizzare gli stessi metodi sopra scritti.
Anche per la determinazione della parentela in linea retta o in linea collaterale si dovrà considerare lo stipite in comune, rappresentato dal nonno o da un genitore, arrivando sino al sesto grado.
Affidamento familiare
L’ uomo in genere è portato ad accoppiarsi per procreare ma sono 5 gli aspetti che precedono l’attrazione:
1. Vicinanza, amicizia, studi, professione etc. 2 bellezza fisica, 3. Somiglianza, per valori atteggiamenti etc. 4. Complementarità ossia gli opposti, anche se nuove teorie dicono che sono più i simili che gli opposti 5. l’attrazione reciproca-
Come dice la teoria dell'equità i profitti ed i costi che noi diamo da ambo le parti devono essere equi per avere una relazione affettiva soddisfacente.
La persona sceglie il/la partner per complementarità in un ottica trigenerazionale, ossia la persona che stima di più che può essere il padre, la madre, i nonni/e o i fratelli/ sorelle.
. La chimica, nel suo senso più immediato, rappresenta l’attrazione fisica e biologica tra due persone. È una forza quasi tangibile, un’attrazione magnetica che si avverte fin dal primo incontro. Questa reazione biochimica, spesso involontaria e irrefrenabile, è alimentata da fattori come l’aspetto fisico, i feromoni e altri elementi biologici. È la scintilla iniziale che accende il desiderio e la passione, fondamentale nelle fasi iniziali di una relazione.
D’altro canto, l’alchimia, nelle relazioni amorose, si riferisce a un legame più profondo e complesso. È il risultato di un’interazione emotiva, intellettuale e spirituale tra due individui. Questo legame trascende la mera attrazione fisica, abbracciando la compatibilità dei valori, degli interessi e delle esperienze di vita. L’alchimia è ciò che rimane quando la novità della chimica inizia a sfumare; è la forza che sostiene e nutre una relazione nel tempo, permettendo alle coppie di crescere insieme e di approfondire il loro intimo connubio.
Sono tre i fattori importanti per la scelta dei partner come dice il triangolo dell' amore di Stemberg che con le varie combinazioni diventano 7:
1. Passione: intesa come grande attrazione fisica e voglia di vicinanza; rapporto di quotidianeita, empatia, unicita, dialogo, sintonia, comunicazione emotiva, confidenza, complicità.
2. Intimità: conoscenza dell’altro e fiducia in ciò che è, ciò che fa e ciò che prova. Vicinanza e preoccupazione per il suo benessere. Necessità di vicinanza e di scoperta mutua.
3. Decisione/Impegno: la decisione di stare insieme e l'impegno di mantenerlo nel tempo.
La Decisione: Si riferisce, nel breve termine, alla scelta della persona per cui si prova un sentimento d’amore;
L'Impegno nel lungo termine, al proprio impegno a mantenere vivo quell’amore attraverso scelte di tipo istituzionale (convivenza, matrimonio, figli).
Questi due aspetti della componente della Decisione/Impegno non vanno necessariamente insieme, in quanto:
1. si può decidere di amare qualcuno senza essere impegnati nell’amore a lungo termine,
2. si può essere impegnati in una relazione stabile senza amare pienamente l’altra persona.
Tutto ciò considerando altri 2 fattori:
1. la quantità d'amore: rappresentata dall' area all'interno del triangolo.( la grandezza).
2. l'equilibrio in amore: rappresentata dalla forma del triangolo.(equilatero, isoscele etc.).
Ovviamente i pilastri della relazione sono fiducia e rispetto e rapporto qualitativo e i vincoli nella relazione di coppia.
i sottogruppi diventano 7 vediamoli:
1. SIMPATIA INTIMITÀ
Si manifesta quando c’è intimità tra due persone, ma non esiste né passione, né impegno. Questo modo di amare è tipico dei rapporti d’amicizia. In generale, si tratta di relazioni che durano più a lungo, anche se non è coinvolto nessun impegno formale.
2. Infatuazione passione
Si parla d’infatuazione quando c’è passione, ma non esiste né intimità né impegno. È tipico dei cosiddetti “amori a prima vista” e, di solito, definisce relazioni brevi e scontate. Come indica il nome stesso, il sentimento può essere molto intenso e persistente, ma non profondo.
3. Amore vuoto impegno
È tipico delle relazioni nelle quali non esiste passione, né intimità, ma che persistono grazie all’impegno di entrambe le parti. È un tipo di legame, o fase, per la quale passano le coppie che stanno insieme da molto tempo.
4. Amore romantico passione più intimità
Nell’amore romantico troviamo passione e intimità, ma senza impegno. È un “camminare sulle nuvole”, godendosi la presenza dell’altro, ma senza la minima volontà di rendere vero il legame. In generale, questo tipo d’amore scompare quando si presentano avversità o difficoltà.
5. Amore-amicizia intimità più impegno
In questo tipo d’amore troviamo intimità e impegno, ma non passione. A entrambi piace essere in compagnia dell’altro e hanno preso la decisione di mantenere questo legame, anche se non c’è desiderio sessuale o romantico. È un modo d’amare tipico dei grandi amici o delle coppie più mature.
6. Amore fatuo passione più impegno
In queste relazioni, c’è una grande componente passionale e un forte impegno, ma non esiste intimità. Di solito, la decisione di rimanere insieme nasce dal desiderio sessuale o romantico, ma non dalla fiducia o dalla compatibilità. Queste relazioni sono tipiche delle persone molto insicure o dipendenti.
7. Amore vissuto passione più intimità più impegno
Rappresenta il modello ideale d’amore, dove troviamo tutti e tre i componenti essenziali: passione, intimità e impegno.
Sternberg sostiene che questo amore è poco comune, ma anche che la cosa più difficile non è trovarlo, bensì mantenerlo. Per riuscirci, bisogna ricordare che l’affetto va manifestato di continuo e che deve essere alimentato.
Per avere una relazione sana bisogna entrare nell'ottica che bisogna trovare sempre nuovi equilibri nel rispetto di entrambi i partner individualmente e per avere un NOI in Relazione.
La scelta del partner è condizionata dal altri 3 fattori:
MITO FAMILIARE ossia la storia la cultura e le tradizioni delle rispettive famiglie d’origine;
dal MANDATO FAMILIARE la famiglia sceglie tutti i ruoli da ricoprire e le scelte da fare
le RISORSE PERSONALI sono i bisogni personali ad es frequentare la palestra, il proprio lavoro i propri hobby.
Una cosa importante da ricordare è che: con l'altro non deve diventare un bisogno di stare insieme in quanto dobbiamo prima imparare a stare soli con noi stessi e poi decidere di stare insieme all' altra persona per il desiderio di stare insieme.
la coppia è formata da tre patti:
1. Il patto segreto tipico dell' innamoramento dura circa 6/9 mesi: formato da 2 parti: 1 parte emersa e 2 la parte sommersa.
Al centro il periodo di disillusione dura tra i 3 ed i 21 giorni.
2. patto dichiarato tipico dell' amore, questa fase di passaggio all'amore è molto variabile e può durare dai 18 mesi fino a un massimo di 4 anni.
3. Il patto convivenza o matrimonio dura tutta la vita.
Vediamoli nel dettaglio:
1. Il patto segreto innamoramento contiene la parte emersa e la parte sonnersa:
1. La parte emersa: è una parte cosciente costituita da norme esplicite e da accordi consapevoli (come l’impulso biologico sessuale e l’impulso rivolto alla riproduzione) e da norme sociali;
2. la parte sommersa: è formata da vincoli inconsci di natura affettiva – emotiva, relativi all’attesa di ognuno dei partner che l’altro corrisponda ad un partner ideale in grado di appagare le proprie aspettative e che si relazioni a lui per confermare una specifica immagine di sé.
In questa fase del patto segreto innamoramento ogni partner, tenderà a idealizzare l’altro e se stesso, creando una bolla di illusione narcisistica sulle buone qualità dell’altro e di se stessi, che vengono appunto gonfiate a livelli idealistici. Ora la coppia è formata, sarà poi il tempo, la quotidianità a far svanire questa illusione, e all'illusione fa seguito la delusione o disillusione.
Gli antropologi ci spiegano che l’umanità sembra far uso di tre distinte “tendenze” cerebrali.
La prima è quella in cui l'impulso sessuale guida gran parte dei nostri comportamenti.
La seconda si riferisce all'”amore romantico”, nel quale si creano relazioni di dipendenza con un alto costo emotivo e personale.
La terza è quella che costituisce l’attaccamento più sano, in cui la coppia costruisce una complicità significativa di cui beneficiano entrambi i membri.
Ma oltre a comprendere che cosa garantisca la stabilità e la felicità di una coppia, c’è un altro aspetto che ci interessa. Parliamo dell’innamoramento, parliamo della chimica dell’innamoramento e dell' amore di questo processo strano, intenso e sconcertante che a volte porta il nostro sguardo, la nostra mente fuori da ogni portata.
Sia la chimica dell’innamoramento sia la chimica dell'amore sono autentici e lo sono per un semplice motivo: ogni emozione viene fatta scattare da un preciso neurotrasmettitore, un componente chimico che il cervello libera in base a una serie di stimoli e fattori più o meno coscienti.
Nello specifico la chimica dell'innamoramento è scatenato da tre neurotrasmettitori:
- La dopamina
- La noradrenalina
- La feniletillamina PEA
1. La dopamina: sto bene con te, “ho bisogno” di starti vicino e non so perché
2. Noradrenalina: vicino a te tutto è più intenso
Sappiamo che una persona ci attrae perché ci provoca una giostra di sensazioni caotiche, intense, contraddittorie e a volte incontrollabili. Ci sudano le mani, mangiamo meno, dormiamo solo poche ore o per niente, pensiamo con meno lucidità. Così, senza quasi rendercene conto, ci ritroviamo trasformati in un piccolo satellite che orbita intorno a un unico pensiero: l’immagine della persona amata.
3. Tesoro, mi fai esplodere la “feniletilammina”PEA
La disillusione la parte centrale che può prevedere l' amore fa emergere dei lati anche negativi, forse non può far fronte a tutti quei bisogni inconsci di cui parlavo sopra, del partner. E il rapporto potrebbe subire una incrinamento. Questa disillusione però è un tocca sana per le coppie, difatti permette di vedere l’altro con dei limiti umani, nella sua natura, nella sua autonomia, non in funzione dei bisogni propri.
E’ questa disillusione che, se superata, segna il passaggio dall’ innamoramento all'amore, ovvero il passaggio dal patto segreto al patto “dichiarato” la scelta consapevole.
Parliamo dell'amore
2 fase il Patto dichiarato:
i partner dicono: “ti scelgo Per quello che sei non per quello che vorrei che fossi". Come si può ben vedere la grande differenza tra il patto segreto e quello dichiarato è che nel primo la scelta è soprattutto inconscia, quindi inconsapevole, mentre nel secondo la scelta è consapevole quindi conscia. E su questa scelta libera e conscia che i due partner rivedranno la loro storia, i loro progetti, la loro relazione e l’immagine che hanno di sé, dell’altro e della loro relazione, in una ottica più realistica e sincera.
Il 3 patto si può arrivare ad una convivenza o matrimonio.
Dopodiché nel passaggio dall' innamoramento all'amore saranno le azioni a generare emozioni ed ora intervengono altri 3 neurotrasmettitori:
La promessa di matrimonio è un istituto giuridico previsto in Italia dal codice civile italiano del 1942, dagli artt. dal 79 all'81.
Si attua attraverso una libera dichiarazione di volersi sposare e di voler effettuare le pubblicazioni fatta dai futuri sposi davanti all'ufficiale dello stato civile del comune di residenza; non occorre nemmeno la presenza di entrambi gli sposi in quanto basta uno soltanto di essi munito di delega. A questa dichiarazione segue l'affissione delle pubblicazioni per otto giorni e relativa registrazione presso l'albo pretorio dell'amministrazione comunale. Il matrimonio può essere celebrato trascorsi tre giorni dalla scadenza del predetto termine. Se le nozze sono celebrate dopo 180 giorni, tuttavia, le pubblicazioni si considerano come non avvenute.[1]
L'art. 79 stabilisce che «La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento». Il carattere non vincolante della promessa di matrimonio è volto a tutelare la libertà matrimoniale.
Gli unici effetti della rottura della promessa sono:
- la restituzione dei doni fatti a causa della promessa (art. 80 c.c.);
- il risarcimento del danno (art. 81 c.c.).
Il risarcimento è limitato al solo danno materiale, per le spese fatte e le obbligazioni contratte nel limite della condizione delle parti, esclusi i danni non patrimoniali.[2] Le spese vive non necessariamente sono quelle antecedenti la data della rottura, possono impattare nei mesi immediatamente successivi, ad esempio se si tratta di spese farmaceutiche o mediche (per psicologi, farmaci antidepressivi, retribuzione ridotta nel periodo di malattia, ecc.).
46. Differenze e similitudini delle nuove forme familiari: matrimonio ( civile o di culto religioso) eterosessuali, unione civile tra omosessuali e convivenza di fatto sia etero che omosessuali?
Dal 2016, oltre al matrimonio canonico e concordatario e civile, esistono altre due forme familiari: unione civile e convivenza di fatto.
A chi si rivolgono queste forme familiari?
Il MATRIMONIO sia religioso concordatorio tra stato e chiesa Cattolica e canonico solo chiesa cattolica si costituisce tra persone di sesso diverso., sia civile solo per lo Stato tra persone dello stesso sesso omosessuale o due sessi diversi eterosessuale.
L’UNIONE CIVILE si costituisce tra persone dello stesso sesso.
La CONVIVENZA DI FATTO si costituisce tra persone di sesso diverso o uguale.
Come si costituiscono?
Il MATRIMONIO civile viene celebrato da un ufficiale dello stato civile, il sindaco, in comune, il matrimonio di religione cattolica si chiama matrimonio concordatario ( civile + cattolico) che viene celebrato da un ministro di culto, il prete in Chiesa. Oppure matrimonio di altre religioni da un ministro del culto si chiama matrimonio acattolico.
L’UNIONE CIVILE si costituisce mediante una dichiarazione davanti ad un ufficiale di stato civile, il sindaco in comune.
La CONVIVENZA (coppia) DI FATTO si costituisce mediante dichiarazione all’anagrafe di stabile convivenza in comune.
Diritti spettanti per tutte e tre le forme familiari (matrimonio, unione civile e convivenza).
L’ordinamento italiano prevede che per alcuni aspetti fondamentali le tre forme familiari siano equiparate.
Sono previsti, quindi, alcuni diritti che spettano ad ogni coppia, qualunque sia la sua forma:
– Diritto di visita (per malattia)
– Diritto di visita (in carcere)
– Successione nel contratto di locazione
– Risarcimento danni (morte del partner)
– Diritto a utili dell’impresa familiare
– Diritto di abitazione nella casa familiare (per la convivenza tale diritto spetta per due anni o per un periodo pari alla convivenza, ma non oltre i cinque anni)
– Alimenti (per la convivenza solo per un periodo proporzionale alla convivenza stessa).
Diritti spettanti SOLO per matrimonio e unione civile.
Vi sono, poi, altri diritti che la legge prevede soltanto in caso di matrimonio o unione civile. Tali diritti sono, invece, negati alle coppie di fatto.
• Diritto all’eredità (per legge)
• Diritto a TFR del partner (in caso di morte)
• Pensione di reversibilità
• Diritto al 40% del TFR (in caso di divorzio)
• Assegno di mantenimento
Diritti spettanti SOLO per matrimonio.
Vi sono, infine, pochi diritti che spettano soltanto alle coppie unite in matrimonio.
• Obbligo di fedeltà
• Adozione (per unione civile e convivenza è ammessa solo in casi particolari).
46. divorzio breve per matrimonio concordatario, Sciogliere un Unione Civile o una convivenza coppia di fatto
Risp.
Chiudere un’unione civile: tre mesi dopo avere dichiarato all’ufficiale dello stato civile la volontà di separarsi, le coppie omosessuali possono direttamente divorziare;
I conviventi di fatto, invece, si possono lasciare senza alcuna formalità, solo che si dichiari all'ufficio anagrafe che non si convive più.
Per i matrimoni concordatari o civili La legge prevede quattro diverse procedure per arrivare alla separazione (divorzio breve l. 55 del 2015)Tra la separazione e il divorzio ci deve essere un termine, che varia a seconda della procedura che coniugi hanno adottato per separarsi.
Le tipologie di separazione sono:
La separazione consensuale
La separazione giudiziale
La separazione in Comune
La negoziazione assistita
Gli avvocati possono scegliere due tipologie per l'onorario:
1. Il compenso libero a seconda di ciò che chiede l'avv.
2. Il Gratuito patrocinio pagato dallo Stato, P.R., 30/05/2002 n° 115 parte terza artt. 74 -145. Chi non può permettersi di pagare un avvocato e le altre spese, qualora abbia la necessità di essere assistito in un processo, può nominarne uno a propria scelta senza doverlo pagare: il legale sarà compensato direttamente dallo Stato. L’assistenza gratuita dell’avvocato (cd. gratuito patrocinio ) è previsto per i processi civili, penali, tributari e amministrativi e consente a chi non gode di un determinato reddito e si trovi, quindi, in una situazione economica precaria, di accedere alla giustizia senza doverne sostenere i costi. chi ne ha diritto? Chi possiede un reddito imponibile, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 11.528,41. La domanda si prende all'Ordine degli Avvocati, e si manda al presidente del Tribunale ordinario della città.
Precisamente, devono trascorrere (Art. 3 n.2 lettera b) L. n. 898/1970).La separazione personale giudiziale art 151 c.c. si sceglierà se tra marito e moglie ci sono contrasti. Tempi 1 anno, dopo si farà la richiesta di divorzio stessa procedura e tempi. Una vera causa che si svolge davanti al tribunale con giudice e avvocati, che deciderà sulle opposte richieste dei coniugi emettendo una sentenza. Il disaccordo, di solito, è relativo a questioni economiche o ai rapporti con i figli.
La separazione personale consensuale in tribunale (art. 158 c.c.) si svolge davanti al tribunale con il giudice e gli avvocati, ed è possibile quando marito e moglie sono d’accordo nel separarsi e tra di loro non ci sono contrasti, né economici, né sull’affidamento di eventuali figli minori di età. tempi 6 mesi poi si farà la richiesta di divorzio stessa procedura e tempi.
Da 6 anni è possibile anche:
1. Separazione personale consensuale in Comune (L. n. 162/2014). Il procedimento si svolge in Comune alla presenza del sindaco o di un altro ufficiale di stato civile, però i due coniugi non devono avere figli comuni minori di età, maggiorenni, incapaci o portatori di handicap, mentre non è un ostacolo la presenza di figli nati da precedenti unioni. Non è necessaria la presenza di avvocati. Tempi 6 mesi poi si fa la richiesta di divorzio stessa procedura e tempi. Costi 16€.
2. Separazione personale consensuale con la Negoziazione Assistita (decreto di giustizia 132/14 convertito in L. n. 162/2014) è una procedura che si svolge con l’assistenza di avvocati di fiducia dei coniugi negli studi degli avvocati. Con o senza figli minori o maggiorenni. Tempi 1/3 mesi poi si fa la richiesta di divorzio stessa procedura e tempi.
La separazione consensuale in Comune o con la negoziazione assistita è possibile se i coniugi abbiano raggiunto un accordo su ogni aspetto personale e patrimoniale, vale a dire in caso di separazione consensuale.
Un ulteriore tipologia e data dalla possibilità di divorziare senza prima separarsi
La separazione non è sempre necessaria prima di divorziare.
In alcuni casi è possibile sciogliere il vincolo matrimoniale senza prima procedere alla separazione (Art. 3 n.1 e n.2 lettera a) L. n. 898/1970).
Si tratta di ipotesi poco frequenti, situazioni di particolare gravità che escludono qualsiasi possibilità di riconciliazione tra le parti.
Le cause:
Se il matrimonio non è stato consumato.
Se uno dei due coniugi ha subito una condanna per avere commesso gravi reati nei confronti dell’altro coniuge o di altri componenti della famiglia.
Se uno dei due coniugi ha cambiato sesso e ha ottenuto una sentenza che dispone una rettifica della sua iscrizione allo stato civile.
Se uno dei due coniugi, cittadino straniero, ha ottenuto all’estero una sentenza di annullamento o scioglimento del matrimonio, oppure ha contratto altre nozze all’estero.
47. Il procedimento di divorzio
Quando è trascorso il periodo della separazione è possibile divorziare.
La durata del procedimento con il quale si arriva allo scioglimento definitivo del vincolo matrimoniale, dipende dalla procedura alla quale si ricorre.
La legge per divorziare, prevede procedure uguali a quelle stabilite per la separazione.
Se le parti sono d’accordo sui contenuti del divorzio, possono utilizzare una procedura consensuale, davanti al tribunale, al Comune oppure la negoziazione assistita negli studi degli avvocati.
Se i due coniugi non hanno figli minori, incapaci o portatori di handicap, e se tra di loro non devono avvenire trasferimenti di beni, possono divorziare in Comune,attraverso una procedura meno difficoltosa, più rapida ed economica.
Le parti dichiarano di volere divorziare al sindaco o all’Ufficiale di stato civile, precisando l’entità di un eventuale assegno di mantenimento.
Sono previsti due incontri.
Il primo per fare la dichiarazione e il secondo, a distanza di almeno 30 giorni, per confermare la stessa.
Subito dopo l’accordo tra le parti viene trasmesso agli uffici competenti per l’annotazione sull’atto di matrimonio.
Se le parti sono d’accordo nella volontà di divorziare, ma non lo possono fare in Comune perché ci sono figli o perché tra loro deve avvenire un trasferimento di beni, possono ricorrere al divorzio consensuale in tribunale.
In questa sede i tempi si allungano.
Deve essere preparato un ricorso congiunto da presentare in cancelleria e attendere che il presidente del tribunale fissi la data dell’udienza, e potrebbero trascorrere anche molti mesi.
I tempi variano da un tribunale all’altro, secondo il numero dei giudici e il loro carico di lavoro. Dopo l’udienza, si dovrà attendere il deposito del decreto di omologazione, e anche in questo caso trascorre del tempo.
La negoziazione assistita rappresenta una soluzione più veloce, e avviene con l’assistenza di avvocati di fiducia dei coniugi.
In questo caso i tempi sono molto più brevi, e dipendono dalla velocità con la quale i legali dispongono la convenzione che dovrà essere trasmessa al Comune.
Diverso quando le parti hanno contrasti che devono essere risolti dal tribunale.
In simili circostanze devono ricorrere al divorzio giudiziale, con tempi che possono essere molto lunghi, anche anni.
La legge (D.L. n. 132/2014) prevede che, l’intero mese di agosto, le attività e i termini processuali restino sospesi. Questo significa che non si tengono udienze davanti ai giudici, e che nel calcolo dei termini si tiene conto del periodo di sospensione.
Se il matrimonio sia stato o meno celebrato in chiesa, si parlerà di cessazione degli effetti civili del matrimonio, determinato dal divorzio.
Lo Scioglimento del Matrimonio ossia il divorzio è diverso dall’Annullamento di matrimonio.
48. Annullamento di matrimonio per vizio
Risp.
Nel 2015 Papa Francesco nel Motu proprio del diritto canonico ha approvato due leggi per la riforma del Codice di diritto canonico
Ogni matrimonio si scioglie, mentre l’annullamento per vizio nella formazione del vincolo è rara eccezione. L’annullamento è il riconoscimento che mancavano i requisiti per una valido matrimonio.
Anche per i tempi ci sono delle novità dopo la riforma adesso per il processo ordinario la tempistica è di circa un anno. Per il processo breve, invece, bastano 30 giorni per decretare la nullità del matrimonio religioso. Per l'ordinario i costi sono da 525 € per la tassa alla Sacra Rota a gratis dopo aver dimostrato di non poter pagare, a cui però bisogna aggiungere l’onorario dell’avvocato rotale (che va da un minimo di 1.575€ ad un massimo di 2.995€), l’IVA e la Cassa di Previdenza Forense. Per l'annullamento breve basta invece il vescovo diocesano e basterà una sola sentenza.
Nel caso in cui per l’annullamento del vostro matrimonio religioso sia necessario il processo ordinario, la procedura da seguire è questa:
- per prima cosa dovete presentare il libello (la richiesta) al tribunale ecclesiastico competente;
- dopo che la richiesta è stata pervenuta, il Vicario giudiziale designa un collegio giudicante che ha il compito di raccogliere e analizzare tutti gli elementi di prova;
- se la richiesta è ritenuta valida il matrimonio religioso viene dichiarato nullo.
Nel dettaglio, le cause che rendono nullo il vincolo matrimoniale sono le seguenti:
- mancanza del consenso da parte di uno dei coniugi;
- nel caso in cui uno dei coniugi non tenga fede ad almeno una delle finalità essenziali del matrimonio religioso (fedeltà, procreazione e indissolubilità del matrimonio);
- quando un coniuge è vittima di violenza fisica dell’altro. Si può annullare un matrimonio anche in presenza di caratteri intimidatori da parte di un coniuge;
- quando il matrimonio non viene consumato, cioè qualora i coniugi non abbiano avuto un rapporto sessuale completo;
- impotenza sessuale di uno dei due coniugi;
- nei casi di “errore sulla persona”;
- recentemente tra le cause che possono portare all’annullamento del matrimonio religioso è stato introdotto il “mammismo”, termine coniato appositamente dalla Sacra Rota per definire il coniuge che non riesce a staccarsi dai genitori.
Inoltre, come vedremo di seguito, ci sono delle altre cause di nullità con cui è possibile ottenere l’annullamento del matrimonio tramite processo breve. Vediamo quali sono.Tra le cause di nullità del matrimonio per mezzo del processo più breve ci sono:
- la brevità della convivenza coniugale;
- l’aborto procurato;
- ostinata permanenza in una relazione extraconiugale;
- occultamento della sterilità, di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione.
La prassi sull’ affidamento condiviso è stata introdotto nel nostro ordinamento giuridico con la legge N. 54/2006, a seguito della quale è stato introdotto il principio della bigenitorialità.
Questo principio vuole fare intendere che il figlio dovrà mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore.
Con l’affidamento condiviso, è stato superato il concetto di potestà ed è stato introdotto quello di responsabilità genitoriale.
La responsabilità genitoriale ricadrà su entrambi i coniugi.
La cosa più importante è che il minore mantenga un rapporto continuativo ed equilibrato con i suoi genitori, ottenendo assistenza, educazione e attenzioni da parte di entrambi.
L’affidamento condiviso, in base al dettato della relativa legge, prevede che durante il procedimento di separazione o di divorzio della coppia, l’affidamento dei figli spetta ad entrambi i genitori.
Nell’affidamento condiviso è prevista cooperazione da parte di entrambi i genitori per le attenzioni e le responsabilità primarie della prole.
Un’altra differenza tra i due istituti sta nel fatto che con l’affidamento condiviso, in caso di contrasti tra i genitori, anziché ricorrere all’affidamento esclusivo, si ha la possibilità di suddividere in parti uguali le responsabilità e la durata della presenza del figlio presso i singoli coniugi, in modo disgiunto determinando una strada più facile da percorrere.
L’affidamento condiviso, oltre ad essere la regola, è quello più voluto e consigliato sia dal legislatore sia dai giudici che sono chiamati a rispondere sui procedimenti di separazione o divorzio, perché può risultare meno pesante da sopportare da parte del minore.
Il bambino nel momento in cui sta con uno dei genitori lo stesso è responsabile in toto del bambino e non deve alcuna informazione all' altro su dove si trova ne con chi all' altro genitore perché questo violerebbe la privacy dello stesso genitore che in quel momento si trova col bambino stesso.
La collocazione del figlio in caso di affidamento condiviso
Questo genere di affidamento è caratterizzato dalla collaborazione attiva da parte di entrambi i genitori.
Si deve decidere con chi fare andare a vivere il minore e dove sarà collocata la sua residenza.
Di solito la scelta ricade sulla madre che viene considerata più idonea all’educazione del figlio e sempre a lei spetterà la casa familiare.
Oggi con l’affidamento condiviso si vuole garantire alla prole il diritto a mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori e per rispettare questo presupposto, il giudice, quando in fase decisionale, fissa la residenza del minore calcolando le modalità e i tempi, in modo da garantire anche al genitore con il quale non abiterà l’adeguata presenza del figlio.
L’affidamento nelle coppie di fatto
Le coppie di fatto, vale a dire coloro che non sono legate dal vincolo del matrimonio, sono sempre più numerose e si deve capire come vengono tutelati i figli in caso di separazione.
In Italia non esistono leggi che disciplinano la separazione di conviventi, nonostante questo la legge non ha trascurato l’affidamento dei figli se si dovesse presentare questa situazione.
I figli naturali sono equiparati ai figli legittimi e godono degli stessi diritti e delle stesse tutele.Legge, 10/12/2012 n° 219, G.U. 17/12/2012.
Di conseguenza i genitori non sposati che decidono di separarsi, in mancanza di un accordo privato tra loro, si potranno rivolgere con un’ordinanza al tribunale ordinario per gestire l’affidamento del minore.
L’affidamento esclusivo
Quando nei confronti di uno dei genitori si dimostra una carenza o inidoneità educativa tale da considerare l’affidamento condiviso una soluzione pregiudizievole e contraria all’interesse del minore, la strada alternativa da percorrere è quella dell’affidamento esclusivo.
L’affidamento esclusivo viene considerato un’eccezione e non la regola e deve essere particolarmente motivato.
Ha bisogno della dimostrazione dell’idoneità del genitore al quale viene affidato e l’inidoneità dell’altro.
La circostanza che tra due genitori ci sia un’elevata litigiosità, non è sufficiente per ricorrere all’affidamento esclusivo, perché la modalità privilegiata in questi casi è l’affidamento condiviso e anche perché le parti potrebbero aumentare i conflitti tra loro.
Ci possono sempre essere delle eccezioni in casi di grave conflittualità, ’importante è che la litigiosità si mantenga entro determinati limiti che possono essere considerati tollerabili dalla prole e che non vadano a ledere i suoi interessi.
In caso di genitori con un rapporto particolarmente conflittuale, il tribunale può proporre delle soluzioni alternative in modo che il rapporto tra i genitori stessi si possa risanare.
casi nei quali è previsto l’affidamento esclusivo
Davanti a un genitore considerato inidoneo per eccesso di protezione tale da non consentire al bambino una vita serena in quanto sottoposto a continuo stress.
Quando sia il bambino a non volere stare con uno dei due genitori.
Se un genitore vada appositamente a manipolare psicologicamente il bambino per allontanarlo dall’altro genitore.
Se vengono violate da parte di uno dei genitori le modalità di visita.
Se uno dei genitori è dipendente da alcool, ha convinzioni discriminatorie o ha subito condanne penali per reati gravi.
Se uno dei due genitori è stato violento in presenza del figlio.
Se il minore ha vissuto da subito con un genitore per allontanamento spontaneo dell’altro da più di due anni e abita in un altro comune.
Il cosiddetto affido familiare è un istituto che permette a una famiglia, a una coppia o a un singolo di accogliere, per un periodo di tempo limitato, un minore italiano o straniero la cui famiglia stia attraversando un periodo di difficoltà o di crisi, tale da impedire l’accudimento del bambino o del ragazzo stesso.
Chi può diventare affidatario e come fare
Possono fare domanda di affido temporaneo non solo le coppie sposate, ma anche conviventi (con o senza figli) e i single. La legge, inoltre, non prevede vincoli di età degli affidatari rispetto al minore: da questo punto di vista, l’unico requisito da rispettare per richiedere l’affido è la maggiore età. Gli aspiranti affidatari devono però avere a disposizione uno spazio fisico nella propria casa per accogliere un’altra persona e dimostrare adeguate capacità educative per seguire opportunamente il minore. È fondamentale, inoltre, la consapevolezza dell’importanza della famiglia di origine nella vita del bambino e la disponibilità a mantenere i rapporti al meglio, nell’ottica di reinserire l’affidato non appena possibile. Chi desidera offrire la propria disponibilità ad accogliere un bambino attraverso il cosiddetto affido familiare deve rivolgersi ai servizi sociali del proprio territorio, che, attraverso una serie di incontri e colloqui, valutano l’idoneità dei richiedenti. Se tutto va bene, gli aspiranti affidatari vengono inseriti all’interno di un apposito elenco ufficiale, in attesa dell’affidamento di un bambino.
L' affidamento familiare viene disposto quando una famiglia non può temporaneamente accudire un minore
Affido familiare: come funziona
Di solito sono i Servizi sociali che stabiliscono la necessità di affidare temporaneamente un minore a una famiglia diversa da quella di origine. In alternativa, può essere il Tribunale per i minorenni a disporre per decreto l’allontanamento del bambino dai suoi genitori o tutori. La legge prevede che si cerchi un affidatario prima tra i familiari del minore, e solo in mancanza di una soluzione praticabile si può procedere con l’affidamento a degli estranei. Se neanche questa opzione si rivela praticabile, il bambino viene affidato a una comunità di assistenza. Durante il periodo di affido familiare, il bambino rimane di norma in contatto con i suoi genitori o con la famiglia di origine. La famiglia affidataria, intanto, deve assicurare al minore il mantenimento materiale, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive, rispondendo dunque a tutte le sue esigenze materiali e psicologiche in attesa che la famiglia originaria torni ad essere in grado di assolvere ai propri compiti di accudimento e cura. Nel momento in cui il bambino torna presso i suoi genitori, gli affidatari hanno diritto a mantenere i rapporti con lui.
Anche i single possono dare la loro disponibilità al cosiddetto affido familiare
Affido familiare, quanto dura
Pur essendo un provvedimento temporaneo, l’affidamento familiare può avere caratteristiche diverse a seconda delle circostanze. In caso di problematiche familiari molto gravi, l’affido è a lungo termine e dura fino a due anni, ma può essere prorogato dal Tribunale per i minorenni se si ritiene che la sospensione dell’affidamento possa recare un danno al minore. In caso di difficoltà meno importanti, l’affido familiare può essere a medio termine (non oltre i 18 mesi) o a breve termine (6-8 mesi). Una forma particolare di affido familiare, attuata soprattutto a carattere preventivo, è l’affidamento a tempo parziale, che prevede che il bambino trascorra con i genitori affidatari solo alcune ore del giorno, i fine settimana, o eventualmente brevi vacanze. In questo caso, dunque, il minore non viene allontanato dalla propria casa, e l’affidatario svolge una funzione di sostegno alla famiglia di origine in difficoltà. Può succedere, quando al termine del periodo di affidamento manchino ancora le condizioni per cui il minore possa rientrare nella famiglia di origine, che un provvedimento di affido venga reiterato, diventando una situazione non più temporanea. Si parla in questo caso di affido sine die, che termina comunque al raggiungimento della maggiore età, quando il ragazzo acquisisce la facoltà giuridica di poter decidere della sua vita.
55. Adozione internazionale: come adottare un bambino all’estero e nazionale
Con la dicitura adozione internazionale si intende l’adozione di un minore il cui stato di abbandono e di adottabilità sia stato dichiarato dalle autorità di un paese straniero. I primi passi verso l’adozione internazionale sono identici al percorso previsto in caso di adozione nazionale. Intanto, valgono gli stessi requisiti. La coppia richiedente deve essere sposata (con almeno tre anni di convivenza dimostrabile e senza interruzioni) e non superare i limiti di età previsti per le adozioni: entrambi i futuri genitori devono essere maggiorenni e il coniuge più giovane non può superare una differenza di età 45 anni rispetto al bambino. Una serie di deroghe sono previste in caso di adozione internazionale di bambini con problemi di salute importanti, oppure se la differenza di età tra i coniugi supera i 55 anni (in questo caso, in particolare, la differenza di età tra il figlio adottivo e il genitore più anziano non deve superare i 55 anni). Chi sceglie di adottare diversi fratelli, infine, dovrà calcolare i limiti anagrafici solo sul bambino più piccolo.
Come presentare domanda di adozione internazionale
La richiesta di adozione inizia con la presentazione di una domanda, o meglio di una dichiarazione di disponibilità all’adozione, presso il tribunale per i minorenni competente per indirizzo di residenza (se la coppia richiede all’estero, il tribunale competente è quello relativo all’ultimo domicilio o, in assenza di precedente domicilio in Italia, quello di Roma). È fondamentale rivolgersi in via preventiva al proprio foro di competenza per richiedere tutte le informazioni del caso. A seconda del tribunale, infatti, possono variare sia la modalità di presentazione della domanda (carta semplice, modulo prestampato, etc), sia la tipologia dei documenti da allegare: certificati medici, dichiarazione di assenso dei genitori dei coniugi che presentano la domanda, casellario giudiziale dei richiedenti, dichiarazione dei redditi, busta paga etc.
processo di adozione internazionale inizia presso il Tribunale dei minorenni
Le indagini degli assistenti sociali
Una volta presentata la domanda, il giudice minorile compie un primo esame e, se ravvisa la mancanza dei requisiti necessari, pronuncia immediatamente un decreto di inidoneità all’adozione internazionale. In caso contrario, invece, i documenti vengono trasmessi ai servizi sociali territoriali entro 15 giorni dalla presentazione. A questo punto, gli assistenti sociali hanno 4 mesi di tempo per iniziare la loro indagine sulla coppia, finalizzata a vagliare le intenzioni dei richiedenti, la loro situazione economica e lavorativa, la capacità di prendersi cura di un minore, l’idoneità dell’ambiente fisico e familiare in cui il bambino dovrebbe crescere. I due coniugi che hanno presentato domanda di adozione internazionale vengono di solito sottoposti anche a indagini mediche e psicologiche, oltre che ad accertamenti da parte degli organi di pubblica sicurezza. Una volta completata la raccolta di informazioni, gli assistenti sociali trasmettono la propria relazione al tribunale per i minorenni, che ha altri 2 mesi di tempo, eventualmente dopo aver richiesto ulteriori colloqui o verifiche, per rilasciare un decreto di idoneità all’adozione o, viceversa, attestare l’assenza dei requisiti necessari (in questo caso, i richiedenti hanno 10 giorni di tempo per ricorrere alla Corte d’appello).
La scelta dell’ente autorizzato e del paese di adozione
Una volta ottenuta l’idoneità, la coppia ha un anno di tempo per scegliere uno degli enti autorizzati dalla Commissione per le adozioni internazionali. Si tratta, più nel dettaglio, di agenzie pubbliche, associazioni e Onlus iscritte nell’apposito albo, e che hanno il compito di assistere i coniugi nella procedura di adozione internazionale, presentando la documentazione necessaria presso le autorità del paese di provenienza del bambino e trasmettendo il provvedimento del giudice straniero alle autorità italiane. Gli enti, di solito, promuovono anche incontri informativi per le coppie, con la presenza di psicologi altri esperti, e assistono le famiglie nel periodo che segue l’adozione. Rivolgersi ad un ente autorizzato è un passaggio obbligatorio, l’elenco delle associazioni e degli altri soggetti autorizzati è disponibile sul sito della Commissione per le adozioni internazionali. In questa fase, inoltre, viene anche scelto il paese di provenienza del bambino, individuato ovviamente tra quelli presso i quali opera l’ente autorizzato che è stato selezionato dalla coppia.
L’abbinamento e gli incontri all’estero
A questo punto, dopo un’attesa di durata variabile e di solito imprevedibile, l’ente autorizzato riceve dall’autorità del paese di provenienza una proposta di incontro con il minore, e organizza la partenza degli aspiranti genitori adottivi. La frequenza e la durata degli incontri nel paese originario del minore variano a seconda delle circostanze e delle autorità locali coinvolte. Se gli incontri si concludono con il parere favorevole delle stesse autorità locali, significa che si può procedere con l’abbinamento tra bambino e genitori, e l’ente autorizzato può trasmettere la documentazione in Italia, alla Commissione per le adozioni internazionali. Gli atti e i documenti vanno presentati anche nel caso in cui gli incontri con il minore non si concludano positivamente, individuando in modo chiaro le ragioni del mancato abbinamento e prevenendo eventuali fallimenti successivi.
L’ingresso del bambino in Italia
Una volta ricevuta la documentazione sugli incontri all’estero e sul consenso dei coniugi e delle autorità del paese di provenienza, la Commissione italiana per le adozioni internazionali può autorizzare l’ingresso e la permanenza in Italia del bambino adottato, dopo aver certificato che l’adozione sia conforme alla Convenzione de L’Aja sulla protezione dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale. Anche in questo caso, non è possibile fare una stima attendibile dei tempi che mediamente passano tra la trasmissione dei documenti da parte dell’ente autorizzato e il pronunciamento definitivo della Commissione. Una volta che il bambino è entrato nel nostro paese (e dopo un eventuale periodo di affidamento preadottivo), il Tribunale per i minorenni del luogo di residenza dei genitori nel momento del loro ingresso in Italia con il minore trascrive il provvedimento di adozione internazionale nei registri dello stato civile. Con questo passaggio, il bambino diventa definitivamente un cittadino italiano e un membro effettivo della nuova famiglia.
costi per una adozione internazionale ammontano in alcune migliaia di euro
Quanto costa l’adozione internazionale
I costi da sostenere per la procedura di adozione internazionale variano in base all’ente autorizzato scelto dai coniugi richiedenti e dal paese di provenienza del minore. Si tratta di cifre piuttosto variabili, nell’ordine comunque di alcune migliaia di euro (da circa quattromila fino a oltre diecimila euro, tra spese legate all’ente e costi accessori, anche post adozione). Sul sito della Commissione per le adozioni internazionali è disponibile, per ciascun ente, una indicazione sommaria del costo da sostenere per una adozione internazionale.
L’ordinamento legislativo nazionale disciplina in modo molto preciso il processo che consente a due genitori di adottare un bambino, ponendo davanti a loro le alternative dell’iter nazionale o internazionale.
Per prima cosa, è interessante chiarire che la dicitura adozione nazionale non si riferisce alla nazionalità del bambino, ma al fatto che a dichiararlo adottabile sia l’autorità nazionale competente, ovvero un tribunale per i minorenni italiano. È proprio al tribunale minorile competente per territorio di residenza che i coniugi devono infatti inviare la propria domanda di adozione, avviando un iter che può durare anche diversi anni. Se volete sapere come adottare un bambino, ecco dunque tutto quello che dovete conoscere.
Adozione nazionale, requisiti e limiti di età
Per poter presentare domanda di adozione nazionale, è necessario rispettare una serie di requisiti preliminari: in Italia l’adozione è consentita solo alle coppie eterosessuali e coniugate. I richiedenti, in particolare, devono essere sposati da almeno tre anni, o in alternativa, se il matrimonio è stato contratto più di recente, aver convissuto continuativamente per almeno tre anni prima delle nozze.
Perché la domanda di adozione sia considerata ammissibile, in questo lasso temporale non deve essersi verificata tra i due alcuna separazione di fatto, e gli aspiranti genitori adottivi devono poterlo provare al tribunale mediante prove documentali o testimonianze attendibili.
Esistono inoltre dei limiti di età di cui tenere conto se si vuole adottare un bambino: il membro più giovane della coppia deve avere una differenza di età non inferiore ai 18 e non superiore ai 45 anni rispetto al bambino (ad esempio, se il coniuge più giovane ha computo 47 anni, la coppia potrà adottare un bimbo non più piccolo di 2 anni). In alcuni casi, tuttavia, la legge consente di superare questi limiti anagrafici. Questo avviene, in particolare: se i coniugi hanno già dei figli (naturali o adottivi), di cui almeno uno minorenne; se l’adozione riguarda un fratello o una sorella di un minore già adottato dalla stessa coppia; se l’adozione riguarda contemporaneamente più fratelli, dei quali almeno uno abbia un’età che rientri nei limiti di legge.
È possibile una deroga anche qualora il bambino abbia dei gravi problemi di salute. Infine, se uno dei coniugi è più vecchio dell’altro di almeno dieci anni, la differenza di età rispetto al figlio adottivo non potrà superare i 55 anni rispetto al genitore più anziano (ad esempio: se i coniugi hanno rispettivamente 44 e 50 anni, potranno adottare un bimbo che abbia almeno 4 anni).
processo di adozione nazionale inizia con una domanda al tribunale dei minori
Come presentare domanda di adozione nazionale
Chi vuole intraprendere l’iter di adozione nazionale e risponde ai requisiti di legge, deve presentare una domanda, più propriamente definita dichiarazione di disponibilità all’adozione, al tribunale per i minorenni competente per indirizzo di residenza. Di solito, la sede si trova nel capoluogo di regione, anche se in alcune regioni ne esistono diversi. Se la coppia richiede all’estero, il tribunale competente è quello relativo all’ultimo domicilio o, in assenza di precedente domicilio in Italia, quello di Roma.
La modalità di presentazione dell’istanza (carta semplice, modulo prestampato etc) varia da un foro all’altro, e alcuni tribunali richiedono che la dichiarazione di disponibilità venga indirizzata preventivamente ai servizi socio-assistenziali, ai quali spetterà poi il compito di informare il foro competente. In questa fase, i genitori potrebbero dover già fornire una serie di indicazioni rispetto alla propria disponibilità ad accogliere più fratelli contemporaneamente, oppure ad adottare un bambino con problemi di salute di varia natura e severità. La domanda, inoltre, potrebbe dover essere corredata di una serie di documenti, come dei certificati medici, il casellario giudiziale dei richiedenti, documenti di natura economica (dichiarazione dei redditi, busta paga etc) e la dichiarazione di assenso all’adozione da parte dei “futuri nonni adottivi”. L’elenco dei documenti da allegare varia da tribunale a tribunale. La domanda ha una validità di tre anni dal momento della sua presentazione.
Le indagini necessarie in caso di adozione nazionale
Una volta presentata la dichiarazione di disponibilità, il giudice minorile la esamina e, qualora ravvisasse l’assenza dei requisiti necessari, pronuncia immediatamente un decreto di inidoneità. In caso contrario, invece, entro 15 giorni dalla presentazione tutti i documenti vengono trasmessi ai servizi sociali territoriali.
La legge stabilisce che entro i successivi 4 mesi i servizi degli enti locali debbano avviare la propria indagine, che servirà a conoscere la coppia e a valutarne le potenzialità genitoriali. Attraverso una serie di incontri, vengono sondate le reali intenzioni dei richiedenti, la loro situazione economica e lavorativa, la capacità di prendersi cura di un minore, l’ambiente fisico e familiare in cui il bambino dovrebbe crescere.
Ulteriori informazioni vengono raccolte attraverso indagini mediche e psicologiche, oltre che accertamenti da parte degli organi di pubblica sicurezza. In questa fase, inoltre, gli aspiranti genitori adottivi possono ottenere informazioni, chiarimenti e assistenza da parte degli operatori dei servizi. Una volta raccolte le informazioni necessarie, gli assistenti sociali trasmettono la propria relazione al tribunale per i minorenni, che ha altri due mesi di tempo per rilasciare un decreto di idoneità all’adozione o, al contrario, attestare l’assenza dei requisiti necessari (in questo caso, i richiedenti hanno 10 giorni di tempo per ricorrere alla Corte d’appello). Prima di pronunciarsi, il giudice minorile può richiedere ulteriori colloqui o accertamenti.
tempi di attesa per l’adozione nazionale non sono prevedibili
Adozione nazionale: l’abbinamento e l’incontro
Se il giudice si pronuncia favorevolmente, i coniugi richiedenti vengono inseriti nell’archivio delle coppie idonee ad adottare e devono attendere di essere opportunamente abbinati ad un minore che, trovandosi in stato di permanente abbandono, sia stato dichiarato adottabile dal tribunale per i minorenni mediante un apposito decreto.
I tempi dell’attesa sono variabili e non possono essere previsti: se non accade nulla nei tre anni successivi alla presentazione della domanda, occorre ripetere l’intero procedimento. Una volta che il giudice minorile abbia individuato l’abbinamento ottimale, alla coppia vengono inviate tutte le informazioni sul bambino, incluse quelle relative al suo stato di salute e, se disponibili, alla sua storia personale. A questo punto, i coniugi devono decidere se continuare o meno nel procedimento adottivo. In caso affermativo, si procede all’incontro tra minore e coniugi, nelle modalità e nei tempi fissati dal tribunale e dai servizi sociali che hanno in carico il bambino. Di solito, la reciproca conoscenza avviene all’interno della struttura che ospita il minore e alla presenza degli assistenti sociali.
L’affidamento pre-adottivo e il rischio giuridico
Dopo un periodo di durata variabile in cui la coppia e il bambino iniziano a conoscersi, il tribunale dà il via all’inserimento del minore nella famiglia, attraverso un periodo di affidamento preadottivo, che inizia quando viene emesso un apposito decreto e viene vigilato dai servizi sociali territoriali. Solo al termine di questo periodo, che deve durare 12 mesi, e a valle dell’invio al giudice minorile di una relazione conclusiva da parte degli assistenti sociali, l’adozione nazionale diviene definitiva.
Nell’iter di adozione nazionale, tuttavia, va tenuto conto di quello che viene comunemente chiamato “rischio giuridico”, ovvero della possibilità che il minore debba tornare alla famiglia di origine (genitori o parenti fino al quarto grado) anche durante il cosiddetto collocamento provvisorio, ovvero quando è già stato assegnato alla famiglia adottiva, ma non è ancora stato emesso il Decreto di affidamento preadottivo.
Questo vale, ad esempio, se la madre naturale ha deciso di non riconoscere il bambino (in questo caso, il collocamento provvisorio dura in genere poche settimane, dopodiché comincia l’affidamento preadottivo e il rischio giuridico ha termine), oppure se il minore è stato tolto alla custodia della famiglia naturale. In questa situazione, entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento di adottabilità, i parenti naturali possono presentare ricorso alla Corte di Appello, e successivamente anche alla Corte di Cassazione, facendo dilatare i tempi del collocamento provvisorio, in cui le sorti dell’adozione restano di fatto incerte.
Durante il collocamento provvisorio, il bambino è sotto la responsabilità di un tutore, presso il quale ha la residenza (anche se è domiciliato presso gli aspiranti genitori adottivi), non può recarsi all’estero e non risulta ancora nello stato di famiglia della coppia. La scelta iniziale di accettare un grado più o meno importante di rischio giuridico nell’adozione nazionale spetta ai richiedenti. Solo una volta che si è esaurito il rischio ed è terminato l’anno di affidamento preadottivo, il processo di adozione nazionale viene completato e il bambino entra nello stato di famiglia dei suoi nuovi genitori.
L' adozione nazionale termina dopo il periodo di affidamento preadottivo
Informazioni sui genitori naturali
I genitori adottivi possono accedere a informazioni sui genitori biologici solo in caso di motivi gravi (ad esempio legati alla salute del bambino), e sempre previa autorizzazione del tribunale per i minorenni. Una volta compiuti i 25 anni, oppure i 18 in caso di motivi gravi, anche l’adottato può accedere alle notizie disponibili sui genitori naturali presentando una domanda al tribunale dei minorenni, ma se la madre biologica avesse dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, non sarà possibile in alcun caso avere accesso alle informazioni.
Descrizione
L'adozione del configlio o figlio sociale adozione in casi particolari è un istituto giuridico che consente al figlio di essere adottato dal partner del proprio genitore.la legge individua delle situazioni di cui il giudice deve tener conto nel determinare la misura dell’assegno di mantenimento per i figli quali:
- Le esigenze attuali del figlio: ossia le concrete necessità quotidiane e prevedibili del minore, gli esborsi quotidiani necessari per prendersene cura (cibo, vestiario, cure sanitarie, ambiente domestico, ecc);
- Il tenore di vita goduto dal figlio durante la convivenza con entrambi i genitori: qui occorrerà guardare allo stile di vita che, prima della (eventuale) separazione, i genitori saranno stati in grado di offrire al bambino con riguardo alle abitudini quotidiane; anche dopo la separazione, infatti, l’obiettivo resta quello di garantire ai figli un tenore di vita il più vicino possibile a quello avuto in precedenza.
- I tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore. E’ questo un fattore che non si può stabilire in via meramente ipotetica, visto che il lettore ancora convive con la compagna. Potrebbe essere ad esempio che i conviventi siano disposti ad una soluzione di affidamento alternato , che prevede che il bambino viva per tempi paritari nella casa del papà e della mamma; la legge riconosce ai minori, infatti, il pieno diritto di mantenere, con entrambi i genitori e i parenti di ciascun ramo genitoriale, rapporti equilibrati e continuativi.
- Le risorse economiche di entrambi i genitori: e nel caso in esame, il lettore sembra essere – almeno allo stato attuale – l’unico soggetto in grado di portare reddito alla famiglia.
- La valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore: la legge, cioè, un valore economico (com’è giusto che sia) anche all’attività domestica dei genitori, come pure a quella di accudimento della prole. Attività queste solitamente svolta dalla donna e, che in mancanza, dovrebbero essere demandate a terzi soggetti con la necessità gli esborsi ad esse relativi (basti pensare ai costi di una colf, una baby sitter o una scuola privata).
richieste di mantenimento formulate da uno dei genitori, portano ad a quantificazione “di massima” di un assegno pari ad un quarto del presunto reddito del genitore obbligato (se la casa familiare viene assegnata al genitore che richiede l’assegno) ovvero pari ad un terzo (nel caso, più raro, in cui l’altro genitore non chieda o non ottenga l’assegnazione della casa). Così, ad esempio, se al genitore collocatario della prole e assegnatario della casa coniugale (quale sicuramente la compagna del lettore) non venga riconosciuto alcun assegno di mantenimento, la liquidazione del contributo al mantenimento del bambino potrà prevedere, una quantificazione dell’assegno di un quarto del reddito mensile del padre. Ciò naturalmente, sempre che non risulti l’esistenza di ulteriori fonti di reddito (anche” in nero”) da ambo le parti e tenuto conto della situazione economica complessiva.
A tale importo andrà aggiunto l’obbligo di contribuire nella misura del 50% al pagamento delle spese straordinarie; spese queste costituite dagli esborsi legati a necessità degli figli occasionali o imprevedibili, non quantificabili in via preventiva, (ad esempio le spese mediche relative all’acquisto di un apparecchio per i denti o degli occhiali da vista, ecc)”.
La sorte della casa familiare in caso di separazione dei conviventi
Così come per il mantenimento, anche l’assegnazione della casa familiare (ciò il diritto di continuare ad abitarvi) ad uno solo dei genitori (quello ritenuto più idoneo a vivere stabilmente con i figli) è un fattore indipendente:
- dal fatto che la coppia sia sposata o meno,
- come pure dal titolo di proprietà.
L’assegnazione disposta dal giudice può avere ad oggetto solo l’abitazione (insieme ad oggetti e arredi) nella quale la famiglia ha vissuto prima della separazione; ciò allo scopo di garantire stabilità alla prole, non allontanandola dal proprio habitat domestico e dalle consuetudini di vita avute durante la coabitazione della famiglia unita.
Ciò significa che se, ipoteticamente, il lettore non convivesse con la propria compagna, in caso di separazione egli dovrebbe senz’altro provvedere al mantenimento della figlio ma non rischierebbe in alcun modo che il giudice possa assegnare la casa paterna alla madre del bambino.
Vediamo, comunque, come la legge disciplina i casi in cui l’immobile sia concesso in comodato d’uso per soddisfare le esigenze abitative della famiglia (come sembra di capire che attualmente sia).
In pratica, anche se tra padre e figlio non è stato stabilito un termine di durata del contratto di comodato, se esso ha ad oggetto un immobile destinato alle esigenze abitative della famiglia, allora va inteso come un comodato di lunga durata, soggetto alle regole del comodato tradizionale.
– cessino le esigenze abitative della famiglia (non quindi con la separazione), ma col raggiungimento della autosufficienza economica del nipotino;
– quando sorga un suo bisogno urgente e imprevisto di riavere la casa (situazione difficile da ipotizzare per chi come lui risulti proprietario di diversi altri immobili!).
Da quanto detto si comprende che anche se il lettore dovesse acquistare la casa del padre, ciò non farebbe venire meno la possibilità che la sua compagna ne ottenga l’assegnazione in caso di separazione. Se, infatti, l’immobile è di proprietà esclusiva di una delle parti, il giudice, potrà comunque assegnarne il godimento al genitore presso cui abbia deciso di collocare i minori (di solito la mamma, specie se i minori sono in tenera età). In tal caso, tuttavia, nel disporre il contributo al mantenimento in favore del figlio, il tribunale potrà tenere conto del titolo di proprietà (della parte estromessa dal godimento del bene) e, quindi, del valore economico dell’assegnazione, eventualmente stabilendo un assegno di mantenimento di minor importo rispetto a quello astrattamente prevedibile.
Separazione tra conviventi: i possibili accordi
Ciò detto in linea generale, vediamo quali strade si potrebbero prospettare al lettore in caso di separazione dalla compagna, al di fuori di quella (contenziosa) in cui sia il giudice a decidere la misura dell’assegno per il bambino e la sorte della casa familiare.
La coppia potrebbe accordarsi in merito al mantenimento e all’affidamento del piccolo e al godimento della casa con maggiore libertà, sottoponendo al giudice le condizioni concordate per ottenerne la semplice approvazione (in termini giuridici “omologazione”). In tale ipotesi , infatti, la legge prevede che “il giudice prende atto, se non contrario all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori”.
Ciò detto, e parlando sempre in astratto, (visto che comunque il quesito concerne la mera eventualità della separazione tra i conviventi), è possibile ipotizzare delle possibili soluzioni in merito alla casa (specie per il caso in cui il lettore ne divenisse proprietario); soluzioni che il giudice potrebbe autorizzare ove le ritenga rispondenti agli interessi del bambino; in mancanza di accordo, invece, egli non potrà che decidere riguardo alla casa familiare di attuale abitazione e ai beni in essa contenuti, senza poter considerare l’utilizzo di diversi immobili.
Ad esempio la coppia può accordarsi:
- per la cosiddetta assegnazione parziale della casa, attraverso la sua suddivisione in due unità abitative distinte e separate. Questa forma di assegnazione è da escludersi in due casi: a) se le dimensioni o la struttura non ne consentano la divisione; b) quando tra la coppia vi sia una forte conflittualità;
- per l’affido alternato in casa: con esso il bambino rimane nella casa familiare dove, invece, sono i genitori a darsi il cambio. Ciò, per consentire al bambino di rimanere nel proprio habitat domestico senza doversi spostare. Questa soluzione è più facilmente praticabile quando ciascun genitore possa contare sull’esistenza di un altro immobile o dell’ospitalità di un altro familiare (come ad esempio quello dei propri genitori);
- l’utilizzo di un’altra casa di cui la coppia abbia la disponibilità: ad esempio, nel caso in esame, il padre del lettore potrebbe mettere a disposizione del nipotino (e della mamma) un appartamento diverso (magari più piccolo dall’attuale).
Il mantenimento dei figli se aumenta il reddito
Va comunque tenuto presente che la legge consente, come soluzione alternativa o integrativa dell’assegno di mantenimento, la possibilità di trasferire ai figli anche la proprietà di beni.
E’ altrettanto vero che pure il lettore avrebbe diritto a chiedere una riduzione del contributo da versare al figlio qualora l’attuale compagna dovesse trovare un’occupazione. Il contributo, infatti, è sempre proporzionato ai redditi e alle sostanze di ciascun genitore.
Guardare in questa direzione sarà molto più facile e naturale una volta che il bambino sarà nato, senza concentrarsi solo ed esclusivamente su se stessi. Solo con la pratica quotidiana sarà possibile valutare le effettive necessità della nuova famiglia, constatare se vi sia il supporto (da ambo le parti) di altri familiari (nella specie i nonni) e, di conseguenza, guidare la coppia alle soluzioni più adeguate al loro caso se, e solo se, la attuale convivenza della coppia, non dovesse proseguire.
L'art. 44 prevede deroghe per alcuni casi specifici:[51]
- quando gli adottandi sono uniti al minore - orfano di padre e di madre - da vincolo di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori,
- quando un coniuge adotta il figlio, anche adottivo, dell'altro coniuge,
- quando il minore è portatore di handicap[52] e orfano di entrambi i genitori,
- quando non sia possibile l'affidamento preadottivo.
La stepchild adoption (legge nº 184 del 4 maggio 1983) per coppie omosessuali è stata riconosciuta per via giurisprudenziale già dal 2014 prima della emanazione della Legge 20 maggio 2016 n. 76[53] che ha introdotto le unioni civili tra persone dello stesso sesso. La novella del 2016 non interviene in tema di stepchild adoption se non per prevedere espressamente che "resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti", non impedendo così l'evoluzione giurisprudenziale che consente la possibilità da parte dei tribunali di applicare le norme sull'adozione in casi particolari che dal 2007 è ammessa anche in coppie non legate da vincolo matrimoniale e quindi anche a coppie omosessuali.
Nel 2014 il Tribunale dei Minori di Roma ha ritenuto che nessuna legge esprima il divieto per un genitore omosessuale di richiedere l'adozione del figlio del partner. "Considerando che l'obiettivo primario è il bene superiore del minore, è stato permesso ad una donna di adottare la figlia naturale della compagna."[54] Per questo caso il tribunale si basò sull'art. 44 della legge del 4 maggio 1983.
Alcune settimane dopo l'entrata in vigore della legge Cirinnà, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del procuratore generale e ha confermato la sentenza della Corte d'Appello di Roma, con la quale era stata già confermata la sopra menzionata domanda di adozione al Tribunale dei Minori di Roma della minore proposta dalla partner della madre, con lei convivente in modo stabile. Con la sentenza 12962/16, pubblicata il 22 giugno 2016, i giudici della Suprema Corte hanno definitivamente confermato questa adozione, affermando che "non determina in astratto un conflitto di interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l'eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice". Secondo la Cassazione, inoltre, questa adozione "prescinde da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempreché, alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore".[55]
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