lunedì 19 giugno 2017

tesina specializzanda pedagogista in ginecologia ed ostetricia

ST UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FOGGIA
FACOLTA DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE PEDAGOGICHE LM 85






Tesina di Tirocinio di:
Salice Vittoria
Matricola n. 519322
150 ore dal 01/02/’10 al 15/03/’10




OO.RR. OSPEDALI RIUNITI DI FOGGIA
AZIENDA AUSL FG/3
Via Luigi Pinto, 1
.DIPARTIMENTO MATERNITA
1ª U.O. Ginecologia ed Ostetricia Universitaria
Direttore: Prof. Pantaleo Greco













Tutor Università
Prof. Giuseppe D’Anna
(Teoria e Storia della conoscenza)
Tirocinante specializzanda
Dott.ssa Vittoria Salice
Tutor Aziendale
Prof. Pantaleo Greco
(Ginecologo)







AMBIENTE FISICO IN GENERALE

La sede principale del servizio, gli Ospedali Riuniti di Foggia A.U.S.L. Fg/3, si trova in una zona centrale della città, precisamente in via Luigi Pinto n° 1; mentre, altre sedi secondarie sono decentrate nelle zone periferiche e nella provincia di Foggia.
Gli OO.RR. Ospedali Riuniti di Foggia sono formati da diversi plessi dislocati su una vasta area che si estende a destra di via Luigi Pinto, dove troviamo il P.S. (Pronto Soccorso o 118) e altri reparti, mentre, a sinistra sono ubicati due plessi adibiti a vari reparti, di cui uno interamente dedicato al Dipartimento Maternità.
Questi due plessi sono circondati da una vasta area di parcheggio con varie entrate riservate al personale.
Al plesso Maternità si accede attraverso due entrate/uscite e un corridoio che lo collega al plesso adiacente. Al centro del suddetto corridoio troviamo il bar, luogo di incontro tra i vari professionisti dei reparti, degenti e famiglie dei degenti.
Il piano interrato, che congiunge tutti i plessi degli OO.RR. Ospedali Riuniti, è adibito alla mensa, alla lavanderia e a vari laboratori.
Il Plesso presso il quale ho svolto il mio tirocinio, ospita la Maternità, o Dipartimento Materno infantile.
Il plesso Maternità si compone di 4 piani:
Piano terra
Al piano terra troviamo l’entrata principale, l’accettazione e, sulla destra, un corridoio lungo il quale troviamo: a sinistra i locali adibiti al parrucchiere per donna, gli ascensori e le scale ai piani, il reparto di rianimazione, l’accesso al corridoio che collega i due plessi adiacenti e il reparto di radiologia II ospedaliera; mentre, sulla destra troviamo i laboratori di diagnosi prenatale, la chiesetta, l’accesso alle scale per andare alla mensa. Al termine del corridoio si trova l’entrata/uscita secondaria del plesso che accede al parcheggio posteriore.
I laboratori di diagnosi prenatale sono:
neonatologia neonatale, psicologia infantile (dott. De Leonardis), neuropsichiatria infantile,
laboratorio analisi, chirurgia pediatrica, ginecologia/ostetricia universitaria e ospedaliera, precisamente:
ginecologia 1 universitaria:
centro menopausa; diagnosi prenatale centro fecondazione assistita, accettazione, sterilità di coppia;
ginecologia 2 ospedaliera:
accettazione, ambulatorio fisiopatologia della riproduzione, tri-test e amniocentesi, ambulatorio fisiopatologia della riproduzione.
1° piano
Al primo piano, sulla destra, si trova il reparto di chirurgia toracica; sulla sinistra, invece, troviamo il reparto di Ginecologia, suddiviso in: Ginecologia 1 universitaria del Primario Prof. Greco e Ginecologia 2 ospedaliera del Dott. Salvatore Russo, e la sala operatoria del day-surgery.
2° piano
Il secondo piano raccoglie vari servizi, quali: Follow–up neonatale, Ecografia neonatale, Sala operatoria di otorinolaringoiatria, Chirurgia pediatrica, Psicologia dell’età evolutiva, Struttura complessa di neonatologia e terapia intensiva.
3° piano
Al terzo piano troviamo: a destra, il reparto di Ostetricia 1 universitaria del prof. Pantaleo Greco; al centro, l’area nido, struttura complessa di neonatologia e terapia intensiva; a sinistra, una sala parto ove si eseguono parti naturali e due sale operatorie, dove si eseguono isterectomie, miomi e parti cesarei.
A destra della sala operatoria si trova l’Ostetricia 2 Ospedaliera del dott. Salvatore Russo.
4° piano
L’ultimo piano è adibito al reparto di neuropsichiatria infantile.


AMBIENTE FISICO IN PARTICOLARE

I reparti, presso i quali ho svolto il tirocinio, sono organizzati nel modo seguente:
- al piano terra, i laboratori di diagnosi prenatale precisamente i laboratori di ginecologia 1 Universitaria, dove si effettuano visite ginecologiche e consulenze;
- al 1° piano, il reparto di ginecologia 1 e 2 ma, solo le camere afferenti alla ginecologia 1 Universitaria, dove sono ricoverate pazienti con problematiche, come l’IVG e i tumori;
- al 3° piano, il reparto di ostetricia 1 Universitaria, dove sono ricoverate le partorienti e le puerpere.

Differenza tra ginecologia e ostetricia
La ginecologia è una branca della medicina che si occupa della fisiologia e della patologie inerenti l'apparato genitale femminile. Essa si avvale del medico specializzato in ginecologia, il ginecologo, che si occupa della donna in tutte le fasce d'età: la pubertà, il periodo fertile, la menopausa e la postmenopausa. La ginecologia si occupa, anche, delle problematiche legate alla sfera riproduttiva e delle tecniche di fecondazione assistita.
L’ostetricia è una specializzazione in campo medico. L' ostetrica è specializzata nell'assistenza alla donna durante la gravidanza, il parto ed il puerperio.


PERSONALE

Il personale dei reparti di ginecologia e ostetricia è formato da:
- Direttori dei reparti: Prof. Pantaleo Greco per la Ginecologia 1 Universitaria e
Dott. Salvatore Russo per la Ginecologia 2 Ospedaliera;
- Dott. Strutturati di ruolo interni o Dirigenti medici:
Dott. Antelmi, Dott. Arciuolo, Dott.ssa Basta, Dott. Capobianco, Dott. Ciccone (Universitaria), Dott. Cocciardi, Dott. Conte (Universitaria), Dott. D’Aloia (Universitaria), Dott. D’Ambrosio, Dott. Del Bianco, Dott. Di Gioia (Universitaria), Dott. De Mattheis, Dott. Giangrassi (Universitaria), Dott. Giardina (Universitaria), Dott. Lacerenza, Dott. Lo Muzio, Dott. Lops, Dott. Maruotti (Universitaria), Dott.ssa Matteo (Universitaria), Dott. ssa Murino (Universitaria), Dott. Nappi (Universitaria), Dott. Perna, Dott. Petruccelli (Universitaria), Dott. Scopelliti, Dott. Talia, Dott. Zingariello;
- Specializzandi ginecologi firmatari:
Barone Giovanni, Barone Ida (Universitaria), Cicerone Maria Gabriella (Universitaria), Marochella Sonia, Noviello Alessandra (Universitaria), Palumbo Donatella, Piro Virgilio, Santopietro Xenia (Universitaria), Scutiero Gennaro (Universitaria), Spada Alessandra (Universitaria).
In entrambi i reparti vi sono altri specializzandi, alcuni in medicina, altri in ginecologia e, di questi ultimi, solo quelli all’ultimo anno della specializzazione sono firmatari, stipendiati dall’Università e fanno, anche, il turno di notte.
L’intera struttura è aperta 24 ore su 24 con cambi di turno tra specializzandi ginecologi e dirigenti medici.
Legenda:
G= guardia di sala parto 8-20
R= guardia di reparto 8-20
M= attività di reparto 8-18 (Lu, Mart, Giov)
                                   8-14 ( Merc, Ve)
D= Day Surgery
H= Ambulatorio Isteroscopia
Σ= Ecografia
OS= ambulatorio gravidanza a rischio
S= Ambulatorio Sterilità/ginecologia endocrinologia
Altre figure professionali presenti nel reparto sono: le caposale, le ostetriche, le infermiere professionali, gli strumentisti e gli anestesisti delle sale parto e operatorie.


Compiti, funzioni e divisa

I primari si occupano dei pazienti, fanno il giro visite ed eseguono gli interventi, fissano riunioni, danno le direttive, esaminano gli specializzandi ginecologi e le laureande ostetriche. Essi indossano il camice bianco e la tuta verde in sala operatoria.
I ginecologi e specializzandi ginecologi: diagnosticano le patologie, compilano le cartelle ginecologiche, chiedono la firma per i diritti sulla privacy (Dlgs196/03) e la legge sulla trasparenza (Dlgs150/09), prescrivono farmaci etc. Essi indossano camice bianco e tuta verde in sala operatoria e sala parto.
Gli anestesisti eseguono anestesie di vario genere: anestesia locale, loco-regionale, generale e epidurale, l’anestesia indicata per i parti cesarei; inoltre, effettuano l’esame che rileva eventuali malformazioni del feto, l’amniocentesi. Essi indossano la tuta verde e la cuffia di stoffa di vari colori. Gli anestesisti non non appartengono all’organico di un unico reparto, essi intervengono nelle sale operatorie dei reparti più disparati.
L’andrologo è lo specialista che si occupa della fisiologia e delle disfunzioni dell'apparato riproduttore e urogenitale maschile. Egli afferisce al reparto di andrologia e viene chiamato solo per le diagnosi nei laboratori prenatali e consulenze.
L’endocrinologo, lo specialista che tratta pazienti affetti da malattie delle ghiandole endocrine, riconosce i disordini ormonali e ripristina il loro normale bilancio. Egli provvede, anche, allo studio e al trattamento della menopausa, dell'infertilità, del controllo delle nascite, dello sviluppo dei tumori e sviluppa nuovi farmaci. L’endocrinologo è chiamato solo in caso di necessità ed afferisce al reparto di endocrinologia.
Il pediatra è lo specialista che si occupa dei bambini da zero a 14 anni ed afferisce al reparto di pediatria e neonatologia-area nido. Egli indossa il camice bianco.
La psicologa studia il comportamento umano e i processi mentali dei pazienti e viene chiamata solo in casi particolari o su richiesta degli stessi. La psicologa indossa il camice bianco.
Le caposale accompagnano i medici durante il giro visite, si occupano delle cartelle cliniche e di sistemare le pz nelle stanze. Esse indossano il camice bianco con il bordino rosso.
Le ostetriche e laureande ostetriche assistono i parti naturali, diagnosticano tutto ciò che riguarda le gravidanze, eseguono piccole anestesie loco-regionali, si occupano di compilare le cartelle ostetriche etc. Esse indossano la tuta azzurra, bianca a strisce gialle nel caso delle laureande.
Le infermiere professionali si occupano dei pre-ricoveri ed esami ematochimici, delle cartelle infermieristiche, eseguono flebo e punture di vario genere. Esse indossano la tuta bianca a fasce azzurre.
Gli strumentisti sono addetti agli strumenti delle sale operatorie ed assistono ginecologi e ostetriche durante gli interventi. Essi indossano la tuta verde.

Il tirocinio che ho svolto nei reparti di ginecologia e ostetricia, come specializzanda pedagogista, ha avuto una durata complessiva di 150 ore a partire dal 1 febbraio 2010 al 15 marzo 2010.
L’orario potevo gestirlo a mia discrezione rispettando il limite massimo delle sette ore giornaliere, tra le ore 08 am e le ore 20 pm.
Indossavo il camice bianco e la tuta verde in sala operatoria o sala parto.

Alla domanda che tutte le degenti e il personale mi ponevano, non essendo abituati ad avere questa figura professionale all’interno dell’equipe, “chi è il pedagogista?”, rispondevo: “il pedagogista è un laureato in Scienze dell’Educazione specializzato in Pedagogia. Egli studia e riflette sull’educazione e sui  processi educativi (ricerca e applicazione), è dotato di una formazione multidisciplinare che comprende: la pedagogia, la psicologia, l'antropologia, la sociologia, la filosofia e le scienze dell’educazione”.

Altre domande che mi ponevano erano: “Con che strumenti e in quali settori opera?”
Il pedagogista, come libero professionista, opera grazie agli strumenti propri della pedagogia: pedagogia sperimentale, osservazione sistemica, colloqui, consulenza, questionari, indagine statistica e analisi critica della letteratura pedagogica.
Egli opera nel settore sanitario e nell’ambito del sociale, si occupa dell'educazione sia dei minori sia degli adulti, della formazione aziendale, della prevenzione, della ricerca e lavora come docente nelle scuole.
Cosa ci fa una pedagogista in ginecologia e ostetricia?”
“Mi occupo di pazienti con problematiche legate all’educazione dei piccoli e ai rapporti tra bambini appena nati e i loro fratellini, dando suggerimenti alle neo-mamme e alle loro famiglie; mi occupo delle donne con traumi pre e post partum, aiuto le donne a superare i traumi derivanti dalla scoperta di un tumore all’utero e a superare le implicazioni psico-emotive delle degenti soggette all’IVG; inoltre, presto consulenza in tema di sessualità agli adolescenti che ne fanno richiesta a seguito di una visita nel reparto di ginecologia. La pedagogia si fa carico dell'analisi di ogni problematica presentata in tali ambiti progettandone una possibile soluzione, che deve essere:
  • Contestuale: deve riferirsi ad un contesto specifico e concreto su cui agire;
  • Multidimensionale: devono comparire fattori interni (psicologici, sociali, etici, relazionali ecc...) che interagiscono costituendo un quadro problematico a più livelli di indagine;
  • Risolvibile: una problematica per poter essere definita pedagogica deve contenere una cosiddetta "Domanda educativa".


CENNI DI ANATOMIA
Il cervello umano o encefalo e il suo funzionamento

 


Secondo Maclean[1] il cervello dell’uomo/donna (l’encefalo) è costituito da tre cervelli che comunicano tra loro. Questa distinzione è funzionale e non anatomica:
·        il paleoencefalo o cervello rettiliano presiede forme ripetitive di comportamento;
·        il cervello paleomammifero o sistema limbico, ove si elaborano le emozioni in particolare quelle che presiedono all’autoconservazione e alla conservazione della specie. Esso funziona come selettore di valori e regola la nostra identità personale. Qui è situata, secondo Laborit[2], sia la memoria remota sia quell’affettiva.
La prima è strettamente legata all’ambito esperenziale secondo meccanismi che implicano contatti fra i neuroni (le sinapsi). L’esperienza di una situazione positiva o negativa suscita in un soggetto un vissuto di piacevolezza o di dispiacere che si ripresenterà in seguito, ogni volta che verrà riconosciuto lo stesso tipo di situazione, una sorta di “coazione a ripetere”. La memoria affettiva, invece, permette all’individuo di provare emozioni dai quali scaturiscono bisogni acquisiti, e non istintivi. Tali bisogni sono radicati nella storia personale di ciascun individuo e possono entrare in collisione con quelli degli altri (norme sociali o contesto in cui si vive). Questo provoca conflittualità, spesso inconscia, che Laborit definisce: patologia dell’inibizione comportamentale;
·        Il cervello neomammifero o neocorteccia, dove hanno sede le funzioni dell’intelligenza e del linguaggio.

Nel sistema limbico si trovano, secondo Morin[3], i due emisferi del cervello, messi in comunicazione dal corpo calloso, che svolgono dei compiti unici. Il loro funzionamento è incrociato: l’emisfero sinistro a controllare la parte destra del corpo e viceversa.


Emisferi cerebrali 


L'emisfero sinistro, essendo quello razionale, è sede del conscio ed elabora quindi le informazioni vitali a breve termine. Esso presiede a specifiche attività, quali: pensiero analitico, astratto, spiegazione, focalizzazione su oggetti, linearità, sequenzialità, serialità, razionalità/calcolo, controllo/dominanza sociale, maschile, tecnico, cultura/educazione occidentale.
L'emisfero destro, invece, è quello irrazionale-emotivo ed è sede dell'inconscio (come afferma Freud, “è quella parte di cervello che fa cose di cui non mi accorgo”). Esso elabora informazioni a medio e lungo termine e presiede alle attività di: pensiero intuitivo, concreto, comprensione, focalizzazione su persone, simultaneità, sintesi, globalità, estetica/arte, comunicazione psicoaffettiva, femminile, artista, cultura/educazione orientale.
Tutti noi, usiamo entrambi gli emisferi, ma alcuni di noi sono razionali e altri più emotivi.








Il secondo cervello l’intestino


I due cervelli, il cranico e l'enterico, sono connessi dal nervo vago. Oltre al cervello cranico, anche l'intestino si emoziona, soffre, gioisce. E' la scoperta di Mintsai Liu e Michael Gershon della Columbia University di New York.Ciò che la scienza ha battezzato come «secondo cervello» vive sì nel ventre di ciascuno di noi, ma è una sorta di chiave che regola stress, ansia e tensione. La natura ha previsto di investirlo di proprietà legate alle funzioni derivanti dalle emozioni, dai sentimenti ed all'inconscio del soggetto. Il cervello enterico, dunque, può pensare, prendere decisioni e provare sensazioni autonomamente da quello cranico, come insegna la neurogastroenterologia. La colite, l'ulcera, i bruciori di stomaco ecc. sono tutte malattie causate principalmente dallo stress.

Ormoni neurotrasmettitori e sostanze chimiche proprie dell’innamoramento

Tutte le volte che ci s’innamora si attiva un’autentica tempesta d’ormoni, neurotrasmettitori e sostanze chimiche che ci permettono di percepire intense sensazioni fisiche:
i ferormoni scatenano l'attrazione fisica;
la feniletilamina è la vera responsabile dello stato euforico e stimola la libido;
la dopamina, responsabile dello stato di benessere;
il testosterone, l'ormone del desiderio sessuale;
la noradrenalina provoca eccitazione, euforia ed entusiasmo;
l’adrenalina provoca un aumento del battito cardiaco, della respirazione e della pressione sanguigna, da cui ha origine il rossore del volto;
l’ossitocina è prodotta durante l'orgasmo, la stimolazione dei genitali e, durante l'allattamento, per la stimolazione dei capezzoli. E’ chiamato ormone dell'amore perché si ritiene che generi sensazioni affettive, protettive e di benessere. Nell'uomo è anche responsabile del periodo refrattario che segue l'eiaculazione;
l’endorfina ha un'azione rilassante, calmante, analgesica ed entra in gioco quando una relazione diventa meno passionale e più affettiva.
Secondo la teoria dell'apprendimento, l'esperienza positiva vissuta s’imprime nel sistema nervoso come un ricordo piacevole da riprovare. Nel caso degli innamorati, è proprio l'associazione tra “incontro” e “piacere” che spinge i due interessati a ripetere l'esperienza.
Per C.G. Jung “L’incontro fra due personalità è come il contatto fra due sostanze chimiche, se si verifica una reazione, entrambe si trasformano”.




L’AFFETTIVITA’ E I BISOGNI DI UN INDIVIDUO

L’affettività riguarda la sfera dei sentimenti e delle emozioni ed è strettamente legata con il corpo e con la mente.
L’emozione sorge improvvisamente come reazione a stimoli diversi, ha breve durata ed è più visibile dall’esterno (piacere, riso, eccitazione, gioia, ira, paura, rammarico, pianto, sdegno, dolore, vergogna, turbamento).
I sentimenti, invece, riguardano l’interiorità della persona, essendo legati a credenze e valori sono più duraturi e meno visibili dall’esterno (amore, amicizia, tenerezza, fraternità, solidarietà, odio, gelosia, pudore, invidia, orgoglio, avversione, indifferenza).


La piramide dei bisogni di Maslow



L’uomo ha sette tipologie di bisogni che Maslow rappresenta con una piramide: 1) fisiologici; 2) salute e sicurezza; 3) emozioni, affetti, intimità e creatività; 4) amicizia, famiglia, vacanze, arte, natura; 5) progettualità; 6) autorealizzazione, ricerca;                   7) spiritualità.
Secondo Maslow, un individuo si sentirà appagato solo se riuscirà a soddisfare i bisogni seguendo l’ordine della piramide, partendo dal basso verso l’alto.

METODI, TECNICHE E STRUMENTI PER UNA CONSULENZA PEDAGOGICA

Ai fini dell’attività di consulenza, bisogna tenere ben presente gli assiomi della comunicazione[4], precisamente:
1.      “non si può non comunicare”;
2.      “gli esseri umani comunicano sia in modo digitale sia in modo analogico”;
3.      “ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione…”;
4.      “la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione fra i partecipanti”;
5.      “tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari”.


Modalità comunicative
La comunicazione è circolare e può essere[5]:
1.      verbale: utilizza le parole;
2.      paraverbale: gestione della voce, suono, tono, pause dialogiche, spinte ed accelerazioni, velocità, timbro, volume, inflessioni dialettali;
3.      non verbale: espressione del volto, gesti, tono della voce, etc.

Per ciò che concerne la comunicazione verbale e paraverbale occorre fare molta attenzione in quanto non tutto quello che viene comunicato arriva al ricevente. Anzi, di solito:
il soggetto vuole dire 100
in realtà dice 80
il ricevente sente 50 (a causa dei disturbi dell'ambiente)
capisce 30
ricorda 20
All’interno della comunicazione qualsiasi disturbo, sia di tipo fisico sia di tipo psicologico, causa una distorsione del messaggio e gli impedisce di arrivare al destinatario in modo corretto e completo.

Il processo comunicativo non verbale a sua volta si divide in:

·        simbolico visivo (visiva): abbigliamento, pettinatura, status symbol, ecc.;
·        visiva: gestione dello sguardo;
·        paralinguistica (auditiva): suono, tono, pause dialogiche, spinte ed accelerazioni, velocità, timbro, volume, inflessioni dialettali;
·        analogica: disegni, immagini;
·        cinesica: gestione dei movimenti, (del corpo, delle mani, espressioni del viso);
·        digitale: gestione del toccamento, fastidio/piacere proporzionale alla vicinanza del centro del corpo a seconda del tipo di rapport;
·        prossemica, gestione degli spazi:
1.      area pubblica: oltre 10 m dal soggetto, l’inconscio non ha nessuna reazione;
2.      sociale: da 3 a 0 mt l’inconscio in pre-allarme;
3.      personale: da 0,5 mt a 3 mt inconscio in allarme se non c’è rapport;
4.      intima: sotto i 0,5 mt inconscio in panico se non c’è rapport.

Nel processo comunicativo, il setting è il luogo dove avviene la consulenza, esso ha variabili esterne ed interne:

·        la variabile esterna è costituita dall’ambiente (sia nell’accezione di contesto culturale, sociale, politico sia nell’accezione di contesto fisico);

·        le variabili interne sono: l’interpretazione, la cultura, lo stato d’animo, la capacità di trasmettere e di percepire.





Strumenti di comunicazione

I principali strumenti di comunicazione sono:

·        la ridondanza è utilizzata per facilitare la comunicazione e ridurre il rischio che il destinatario decodifichi in maniera sbagliata il messaggio che ha ricevuto. L’atto di comunicazione per essere tale deve concludersi con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, pena la nullità dello stesso;
·        la resilienza, è il processo di riadattamento di fronte ad avversità, traumi, tragedie, minacce, o anche significative fonti di stress come problemi familiari e relazionali, Resilienza significa "riprendersi" dalle esperienze difficili. Questa è una caratteristica che le persone hanno oppure no. Riguarda comportamenti pensieri e azioni.
·         l’insight è “vedere dentro” un individuo e scoprire la soluzione di un problema da tanto tempo incubato, una soluzione che nasce da un’idea improvvisa, vissuta come forma di esperienza interiore, che permette di rivisualizzare l’intera situazione nella sua globalità, giungendo così in breve tempo alla soluzione cercata;
·         il feedback è un meccanismo di retroazione, un’informazione di ritorno che permette all'emittente, mentre sta comunicando, di percepire se il messaggio è stato ricevuto, capito, approvato, ecc. e dunque di reagire, cercando la via più efficace per raggiungere il risultato che si è prefisso. Nelle normali comunicazioni facciamo un grande uso di feed-back per "aggiustare la mira" rispetto a quello che stiamo dicendo. Se siamo impegnati a convincere qualcuno di qualcosa, mentre parliamo osserviamo periodicamente l'interlocutore per cercare segnali che ci assicurino che stia ascoltando, che stia seguendo il ragionamento, che abbia capito. Se riceviamo segnali in senso contrario, ripetiamo il concetto che stiamo esprimendo, usiamo altri esempi oppure alziamo il tono di voce fino a quando non riusciamo a raggiungere il nostro obiettivo (o decidiamo di rinunciare);
·         Il flashback è quando l’interlocutore  ricorda un’azione passata o comunque una determinata azione;
·         Il déjà vù si ha quando l’interlocutore crede di aver già vissuto un’azione non determinata e non precisa;
·         Il silenzio da rispettare. L. Pinkus[6] afferma che “si tratta di un momento emotivo nel quale i vissuti e le problematiche vengono sistemate, ridefinite e ristrutturate, alla ricerca di soluzioni nuove, più adeguate e persino originali”;
·         Lo sguardo può dire molto, ma, soprattutto, è un grosso indice per le richieste d’aiuto.


Sviluppo del metodo di consulenza

Notevole importanza è sicuramente data dai fattori ambientali, un setting è tranquillo, quando la persona può parlare liberamente e comprendere che quel tempo è dedicato a lei (non più di 45 minuti). Il consulente deve accogliere il paziente col sorriso e con il dovuto distacco, deve rispettare le paure del pz. la sua intimità e limitare il contatto personale.
In ogni seduta è bene prendere appunti sui contenuti emersi, sugli interventi sostanziali e sulle reazioni del pz, sugli obiettivi, sugli interventi che si ritengono ancora necessari e sulle aspettative.

Durante il tirocinio, in ogni seduta, iniziavo con l’ascoltare la paziente, che mi parlava del problema, ed esprimeva i suoi sentimenti. In un secondo momento, le comunicavo di aver individuato il problema e le ponevo domande chiuse o aperte, invitandola a riflettere e stimolandola al dialogo. Nel momento in cui mi rendevo conto dei cambiamenti e percepivo che era giunta alla soluzione, le attribuivo il merito.
Il rapporto tra consulente e paziente deve essere asimmetrico o complementare per il riconoscimento reciproco delle rispettive aree di competenza. Un atteggiamento estremamente disponibile di comprensione e rispetto, ma che non esime dall’esporre critiche (se è il caso), è il primo criterio per entrare in empatia (mettersi nei panni di..) con la “cliente”[7].
Personalmente cercavo di utilizzare sempre l’entropatia, “un autentico modo di rientrare in relazione con l’altro basato sulla capacità spirituale di accedere e di comprendere l’altro” (Husserl [8]). L’entropatia:
  • è vedere con gli occhi dell’altro “come se io fossi al suo posto”;
  • i contenuti psichici dell’altro mi sono suggeriti dal suo comportamento e sono comprensibili dal mio comportamento in circostanze simili;
  • comprendo l’altro, quando mi metto nei suoi panni;
  • è un commercio esistenziale di esperienze, spirituale (porta ad un mondo comune ovvero stesso oggetto intenzionale di esperienze diverse).
C. Rogers[9] sottolinea il fatto che il pedagogista può sentire il mondo dell’altro senza mai perdere di vista la qualità del “come se” riuscendo a sentire: l’odio, la paura, l’ira, il turbamento dell’altro senza aggiunte proiettive. Ovviamente, questo non può avvenire se non si sospendono i giudizi (l’epochè):
    1. metto tra parentesi l’ingenua e acritica accettazione in un mondo ingenuo in altre parole atteggiamento mondano (non faccio uso della sua convinzione, che il mondo sia diverso da quello che appare).
    2. chiudo tra parentesi la mia concezione del mondo che sarà ripresa più tardi;
    3. sospendo il giudizio per tornare alle cose stesse;
    4. tento di liberarmi dai miei pregiudizi che m’impedirebbero di vedere le cose come stanno realmente e come sono dalla persona che ho di fronte.
Successivamente, con l’aiuto del residuo fenomenologico, elimino anche gli ultimi preconcetti. Così facendo ottengo una rigenerazione integrale ovvero rifiuto le mie convinzioni e non rendo oggettivo il contenuto della mia coscienza[10]
C. Ziglio[11] afferma che “vedere è diverso dall’osservare”, ognuno è in grado di vedere solo ciò che sa riconoscere (o ciò che vuole) e che il “vedere” diventa troppo superficiale rispetto all’”osservare”. Chi è in grado di osservare, osserva tutto di una persona con il famoso “occhio clinico” ed è in grado di riconoscere anche le trappole che ogni professionista del settore dovrebbe sapere e riconoscere per minimizzare gli errori.
Le trappole individuate dall’autore sono:
  • i pregiudizi: il pedagogista potrebbe essere condizionato dai pregiudizi nei confronti della pz., essi potrebbero invalidare l’intera consulenza. E’ indispensabile per il pedagogista liberare la mente, aprirla a 360°, se si vuole sviluppare un rapporto d’empatia con la pz.;
  • la superficialità: non sottovalutare nessun aspetto né di contenuto né di relazione con la pz.;
  • le proiezioni: distorcono la realtà che stiamo osservando perché attribuiamo a contesti culturalmente diversi dei significati che appartengono, invece, al nostro paradigma culturale;
  • le aspettative: potentissime nel deformare la realtà, possono portare ad una grossa delusione da parte di entrambi ma, soprattutto, nella pz per non aver risolto il problema;
  • il punto di vista: del pedagogista determina una visione delle cose secondo il ruolo che si assume, la propria sensibilità e le conoscenze acquisite.
Galileo affermava che “Ciò che osserviamo dipende dal nostro atteggiamento mentale”.
Durante una consulenza è importante prestare attenzione alle dinamiche che potrebbero invalidare l’intero rapporto, quali:
  1. il transfert è la gamma dei sentimenti che il paziente ha per il terapeuta;
  2. il controtransfert è la gamma dei sentimenti che il terapeuta ha verso il paziente. Tali sentimenti possono essere indotti dal transfert dell’altro, oppure possono partire dal vissuto personale del terapeuta di cui egli deve essere consapevole.
Lavorare sui sentimenti reciproci ha un’altissima valenza poiché la relazione diventa più autentica e la persona tenderà a trasferire nei suoi rapporti quotidiani la libertà d’espressione, arricchendo il suo mondo.
  1. il burn out è un fenomeno multidimensionale in cui interagiscono:
·        fattori socioambientali concernenti aspetti fisici e organizzativi del luogo di lavoro, ad es. tensioni e sovraccarico di lavoro;
·        variabili individuali riferibili a caratteristiche motivazionali e tratti della personalità, es. le caratteristiche del compito lavorativo, cioè la mancanza di feedback nel lavoro svolto da parte di colleghi e utenti.
Husserl [12] afferma che “In questo modo, si può indagare su esperienze soggettive, circostanze personali e condizioni sociali”.



Un metodo che si rivela efficace durante una consulenza è la PNL o programmazione neuro linguistica.
Richard Bandler e John Grinder[13] sono stati i fautori di questo metodo di comunicazione.
La Programmazione è l’insieme dei processi mentali che avvengono nell’individuo nel momento in cui riceve un’informazione o uno stimolo.
Per Neuro si intende l’esperienza elaborata dal nostro sistema nervoso attraverso i cinque sensi.
Linguistica perchè la risposta, conseguente all’elaborazione che il nostro sistema nervoso ha eseguito in relazione agli stimoli ricevuti, può essere verbale o non verbale.
La PNL è molto potente, quindi va usata eticamente, essa funziona con l’uso del subconscio.
Per utilizzare questo metodo bisogna avere un buon rapport, ossia la situazione di disponibilità, d’attenzione e di reciproca fiducia che si riesce ad instaurare col pz (feeling) comunicando con canali comunicazionali bidirezionali. Il rapport nasce, quando due individui separati condividono la stessa mappa del territorio nello stesso mondo, portiamo i pz dove vogliamo, attraverso un sentiero che è loro familiare.
L’esperienza soggettiva può essere vissuta attraverso tre aree di percezione, siamo in rapport quando:
·         vediamo le cose nello stesso modo dell’altro (vista);
·         le udiamo come suonano a lei/lui (udito);
·         le sentiamo allo stesso modo (sensazioni/tatto).

Una delle abilità basilari per il rapport è il ricalco. Attraverso il ricalco il consulente fa tornare indietro il modello di comportamento del paziente.
Il ricalco è il rispecchiamento di se stessi, pertanto risulta rassicurante e confortevole. Esso rimanda agli archetipi più profondi della relazione madre figlio, quando un individuo ci ritiene simile a lui, a livello inconscio, non ci teme, si fida e ci si sente a proprio agio. Il rispecchiamento o rapport è l’inizio del processo attraverso il quale portiamo gli altri in rapport con noi; non è vero che gli opposti si attraggono, più c’è rapport tra due persone più la relazione diventa profonda e di fiducia.
Il rispecchiamento richiede eleganza, ad es: rispecchiare, in ritardo, assumendo la stessa posizione e usando le parti del corpo opposte.
Il ricalco può essere:
·         non verbale: agendo sulla postura (rispecchiamento);
·        verbale: mostrandosi d’accordo con la persona, ponendo domande aperte o chiuse con il suo canale d’entrata (visivo, auditivo, cinestesico);
·        Milton model è un modello costituito da una comunicazione che conduce al superamento dei contrasti e dei conflitti attraverso un processo di generalizzazione;
·        Metamodello è, invece, un modello costituito da una comunicazione che conduce alla diversificazione attraverso un processo di dettaglio.

MILTON MODEL

METAMODELLO
Tu mi rendi triste
in che modo ti rendo triste?

Se io ti dico questo allora tu potrai capirmi
In che modo dovrei capirti?


·        ricalco delle affermazioni: consiste nel ripetere, durante la conversazione, ciò che ha detto la pz creando un effetto ipnotico;
·        ricalco ritmico: consiste nel ricalcare le parole con lo stesso ritmo quando la persona espira; questo strumento è molto potente perché direttamente correlato ai sistemi emozionali;
·        ricalco dello stato tensional-emotivo della persona;
·        ricalco del sistema rappresentazionale preferito in due modi:
1.      facendo domande per verificare i predicati, ad es “cosa ti colpisce di più in una persona?” Se la persona è cinestesica si darà più spazio alle sensazioni, se è visiva alle immagini e se è auditiva alle parole;
2.      le persone muovono gli occhi secondo il sistema rappresentazionale preferito in quel momento per stimolare parti del nostro cervello, ciò segue un sentiero prevedibile e ben definito.


Eyes Accessing Cues o indicazioni ocular di accesso

Se guardano in alto sono visive
Vc (Visivo Costruito): guardando in alto a destra accediamo ad una cosa che ci stiamo immaginando o che deve ancora accadere;
Vr (Visivo Ricordato): guardando in alto a sinistra accediamo ad un immagine visiva ricordata.
Se guardano al centro lateralmente sono auditive
Ac (Auditivo Costruito): guardando lateralmente a destra, in questi casi, di solito, attraverso un suono che si sta creando si accede al pensiero auditivo costruito;
Ar (Auditivo Ricordato): guardando lateralmente a sinistra, attraverso un suono già sentito e che si sta ricordando si accede al pensiero auditivo ricordato.
Se guardano in basso sono cinestesiche
K (Cinestesico): guardando in basso a destra abbiamo tutte le sensazioni corporee ed emozionali;
Ad (Cinestesico): guardando in basso a sinistra, in questi casi si ha un “dialogo interno”.
Per i mancini questi accessi risultano invertiti.
All’uopo risulta calzante l’espressione ”Gli occhi sono lo specchio dell’anima”. Attraverso gli occhi del proprio interlocutore si comprende ciò che pensa, prova ed immagina in quel momento.



La Comunicazione Verbale

Ognuno di noi ha un modo di comunicare, c'è chi parla per immagini, chi per suoni, chi per odori…e utilizza termini appropriati al tipo di canale comunicazionale preferito.
Attraverso l’ascolto del proprio interlocutore si comprende se è Visivo, Auditivo o Cinestesico.
Una volta afferrato questo gancio essenziale, si è capaci di usare le parole che gli fanno comprendere al meglio quello che vuole dire.
Per esempio:
I Visivi tendono a vedere il mondo per immagini, hanno la tendenza a parlare in fretta. Amano esprimersi per metafore visive, dicendo le cose come appaiono loro. I termini, che i Visivi usano comunemente, sono: vedere, guardare, definire, luce, colori, prospettiva, osservare, sguardo, delineare, tracciare, dipingere, disegnare...
Gli Uditivi, invece, si mostrano più selettivi nella scelta delle parole. Hanno voce più sonora, il loro eloquio è più lento, più ritmico, più misurato. poichè le parole hanno per loro grande importanza, stanno attenti a quel che dicono. Amano espressioni come “questo mi suona bene”. Amano descrivere le proprie esperienze soprattutto con termini come sentire, ascoltare, armonia, musica, parole, scrittura, lingua, traduzione, conversazione, audio, sintonizzarsi, cantare, leggere... I
I Cinestesici, ancora più lenti nel parlare, reagiscono, soprattutto, a ciò che sentono tattilmente. La loro voce è di solito più profonda, spesso le parole escono loro da bocca lente, si servono di metafore tratte dal mondo fisico: le cose per loro sono “pesanti” e “intense”, aspirano ad “entrare in contatto” con la realtà. Il loro universo semantico è fatto di parole come: sensazione, emozione, toccare, concreto, pratico, sentimento, percepire, solido, sperimentare, sentire, costruire, tastare, abbracciare, approfondire...

Ciascuno di noi ha in sé gli elementi delle tre modalità ma un sistema predomina su tutti.

Husserl[14] sostiene che “…la storia è un momento della comprensione di noi stessi in quanto cooperiamo al suo determinarsi”.

La Sessualità

Secondo C. Fabris [15] la sessualità è il modo in cui ci sperimentiamo come uomo e come donna nella relazione con gli altri. La sessualità attiene, dunque, all’essenza stessa d’ogni persona, riguarda il corpo, l’immagine di sé, il modo di sentire e manifestare le emozioni, di intessere delle relazioni, ecc…
Le fasi della sessualità per Freud[16] sono:
  1. prima infanzia: dalla nascita fino ai 4 anni;
  2. infanzia corrispondente al periodo edipico (4-6 anni);
  3. tarda infanzia o latenza: dai 6 anni all’epoca prepuberale;
  4. adolescenza e giovinezza: dagli 11fino ai 18 anni;
  5. maturità, età avanzata: dalla conclusione dell’età riproduttiva al termine della vita.
In età puberale la ricerca è autocentrata (masturbazione) ricerca del piacere da soli; mentre, in adolescenza si arriva a quella eterocentrata ricerca del piacere dall’altro/a.


Il Tirocinio: Informazioni e consulenze nei laboratori a piano terra.

Durante il tirocinio, nei laboratori al piano terra, venivano preadolescenti (di 10-11 anni), accompagnate dalle mamme per chiedere informazioni sul menarca (prime mestruazioni) e sull’igiene degli indumenti intimi, e adolescenti (14-18 anni) per chiedere informazioni sui primi rapporti sessuali.
Educare l’adolescente su queste tematiche, in reparti di ginecologia, è importante sia per il pz. che per il professionista in quanto si instaura un rapporto di fiducia che permette alla persona di confidare eventuali dubbi e disagi della propria sfera sessuale ed affettività.

1 CASO
Una mamma recatasi in reparto con la figlia si è rivolta a me chiedendomi: “Perché mia figlia (di 11 anni) ha delle macchie rosse? E’ precoce o ha subito una violenza?”
Dopo un’attenta visita ginecologica, ove non sono risultati segni di violenza, io ed una collega specializzanda ginecologa abbiamo spiegato, sia alla madre sia alla figlia, che la ragazza dall’adrenarca era passata alla fase della pubertà.
In questa fase si assiste a cambiamenti fisici attraverso i quali il corpo di una bambina si trasforma in quello di un’adulta capace di riprodursi.
Durante questo cambiamento il corpo acquisisce caratteristiche sessuali secondarie femminili:
  1. telarca: lo sviluppo delle ghiandole mammarie e di conseguenza del seno;
  2. pubarca: la crescita dei peli sul pube, si verifica in media tra gli 8 e i 12 anni di età;
  3. menarca: l'inizio delle mestruazioni.
All’inizio della pubertà si ha il menarca (il primo flusso mestruale) che rappresenta l'inizio del periodo fertile. L'età media della sua comparsa è tra i 10 e i 16 anni. Il menarca è un importante indicatore sullo stato di salute della donna durante l'età della crescita, oltre che indicare il buon funzionamento dell'apparato riproduttore. A provocare lo sfaldamento dell'endometrio, quindi il menarca, è la notevole quantità di androgeni liberati dall'ovaio, a sua volta stimolato sempre per via ormonale dalla ghiandola ipofisi. Gli androgeni, in genere, provocano anche un forte scatto nella crescita in altezza.
“Cos’è il ciclo mestruale?” Le mestruazioni sono quel processo fisiologico di tutto il periodo fertile che, a partire dalla prima mestruazione (menarca), accompagna la donna dalla pubertà fino alla menopausa (40/50 anni). Essa corrisponde alla cessazione delle mestruazioni (nel caso dell’uomo si parla di andropausa, 68-70 anni). Il ciclo mestruale è quel periodo che dura tra i 3 e i 7 giorni ovvero dal primo giorno di mestruazione fino all’ultimo e si ripete ogni mese. Il mese ciclico ha una durata variabile tra i 21 e i 35 giorni, mediamente è di 28, e nell'adolescente può essere spesso irregolare. Ad ogni ciclo mestruale matura un ovulo in una delle due ovaie della donna (ovulazione), rispettivamente un mese a destra e un mese a sinistra. Nei primi 13 giorni del ciclo mestruale l'endometrio si inspessisce per prepararsi ad accogliere l’ovulo fecondato e dare l'avvio a un'eventuale gravidanza. In assenza di fecondazione l'endometrio inizia a regredire, si stacca e viene espulso attraverso la vagina dopo 28 g. Questo processo produce il sanguinamento che caratterizza la mestruazione.
Se l’ovulo viene fecondato dal seme maschile inizia una gravidanza e cessano le mestruazioni per riprendere dopo la gravidanza.
La dismenorrea si ha in presenza di mestruazioni con perdite abbondanti e molto dolorose.
Al contrario, si parla di amenorrea in caso di assenza di mestruazioni.


“Da cosa può dipendere il ritardo delle mestruazioni?”
Un eventuale ritardo delle mestruazioni può dipendere, oltre che da una gravidanza, da condizioni di stress, da cambiamenti climatici o di stili di vita, da disfunzioni ormonali.
“Cosa devo fare? La ragazza può usare assorbenti sia esterni sia interni (Tampax) già dalla 2° mestruazione? Ma non si svergina?” La ragazza può scegliere di usare tranquillamente assorbenti esterni oppure interni. L’assorbente interno, o tampone, non comporta alcun rischio per la verginità, difatti, l’imene è abbastanza interna e permette alla ragazza di poter inserire il tampone tranquillamente senza creare problemi.
La ragazza può andare in bagno, praticare attività sportive e andare in piscina o al mare può tranquillamente farsi la doccia, usarlo di notte e di giorno; il tampone deve essere cambiato ogni 4-8 ore al massimo. Si consiglia di usare la misura piccola o media per evitare di contrarre la TSS (la Sindrome da Shock Tossico), malattia rara che può essere fatale. Questa sindrome è causata dalle tossine prodotte dal batterio Staphylococcus aureus che si trova comunemente nel naso e nella vagina.
I sintomi tipici della TSS, anche se potrebbero non manifestarsi tutti contemporaneamente, sono: febbre alta improvvisa (oltre 39°C), vomito, diarrea, eruzioni cutanee simili all'eritema, vertigini, dolori muscolari, svenimenti.
In stadi successivi della malattia si può assistere anche alla desquamazione della pelle.

I salvaslip normali, per perizoma, mini, bianchi o neri?” “No, noi li sconsigliamo. Il loro uso può provocare: prurito intimo, bruciore vaginale, perdite giallo-verdastre, irritazione vaginale. Il salvaslip crea un ambiente caldo umido che favorisce lo sviluppo di infiammazioni, invece, un consiglio che diamo è di usare indumenti intimi di cotone e non colorati e di evitare l'uso di ammorbidenti durante i lavaggi”.

“Mia figlia vuole usare il perizoma come le sue amiche.”. “Noi sconsigliamo l’uso di: perizoma, tanga, brasiliana, bikini o monokini. Alcuni studi clinici, effettuati su donne che indossano regolarmente questi indumenti intimi, hanno evidenziato una maggior incidenza di patologie infiammatorie e, in qualche caso, d’infezioni in zona anale, perianale e pubica rispetto a chi indossa regolarmente uno slip. Negativi anche calze autoreggenti perché il silicone potrebbe portare a foruncoli o formazione di peli incarniti nella zona inguinale. Naturalmente questo non significa che non ci si possa concedere un completino colorato, ricamato e magari sintetico, a patto poi di riservare maggior attenzione all’igiene intima. Dopo il lavaggio, gli indumenti intimi vanno risciacquati a lungo con abbondante acqua per eliminare ogni residuo di sapone.

 

“Quale detergente intimo devo usare???”“Utilizza il detergente intimo, 1 o 2 volte la giorno, con un grado di ’acidità PH 4 o 5. Lavarsi troppo frequentemente, così come utilizzare saponi alcalini, è controproducente. Per asciugarti usa rotoli di carta asciuga o un asciugamano personale. Usa le salviettine solo in viaggio. L’utilizzo di lavande vaginali, sia interne sia estene, non deve essere abituale ma subordinato al consiglio del ginecologo. Mentre il borotalco può usarlo tranquillamente, anzi, utilizzato anche sotto il seno evita irritazioni e cattivi odori dato dall’eccessiva sudorazione. ”

 

Altri consigli dati alla ragazza: “In caso di terapia antibiotica prolungata assumi fermenti lattici per ricostituire la normale flora batterica. Ricordarsi di usare il preservativo durante un rapporto sessuale e informarsi sulle abitudini igieniche del proprio partner. Inoltre, è importante che per la depilazione usi la ceretta “a freddo” ed evita quella “a caldo”, rasoi, saponi e creme depilatorie per evitare punti neri, peli incarniti e brufoli. Per la tua salute è impotante svolgere attività fisica e seguire un buon regime alimentare, no alle diete “fai da te” ma, se necessario, rivolgersi ad dietologo o dietista. I trattamenti estetici, come ad es. le lampade abbronzanti, saune, massaggi, ecc., vanno fatti con le dovute precauzioni e dopo una visita medica che assicuri il buon stato fisico della persona”.

2 CASO
Un altro caso ha riguardato una ragazza di 14 anni arrivata al reparto di ginecologia accompagnata dalla mamma.
La mamma: “Mia figlia ha 14 anni e vuole avere il suo primo rapporto sessuale. Io sono d’accordo, ma sento un forte disagio ad affrontare l’argomento con lei e così ho pensato di rivolgermi a persone specializzate che possano rispondere alle sue incessanti domande”.
Io: “Ha fatto benissimo! Lei è un ottimo esempio per tutte le mamme che si trovano a dover affrontare questo momento particolare per le loro figlie. In questo modo lei permette a sua figlia di vivere il rapporto sessuale in modo responsabile e sereno. Se vuole può essere presente alla conversazione con sua figlia”.
La mamma: “No, ci parli lei”.
Io: “Come vuole”.
La ragazza, per ragione di privacy (Dlgs.196/03), la chiamerò con nome diverso: Fabiana.
Le domande di Fabiana
Cos’è l’imene? L’imene è una membranella mucosa posta circa a metà della vagina, che si lacera con il primo rapporto e può sanguinare leggermente. Per tale motivo è sempre stata considerata il segno caratteristico della verginità fisica. In alcuni casi, però, può essere talmente elastico da non lacerarsi durante il primo rapporto, rimanendo integro. In questi casi quindi non si avverte dolore, né perdita di sangue.
Si ma….la verginità cos’è? Sia per la donna sia per l’uomo si parla di verginità quando non si hanno avuto mai avuto rapporti sessuali completi. La verginità nella donna ha un correlato fisico nell’integrità dell’imene. La scelta di rimanere vergini varia di fatto da individuo a individuo, in base a ragioni interiori, personali, ma anche sociali e culturali, alla religione di appartenenza; ad una scelta morale, per chi la considera un valore interiore da salvaguardare o da offrire al partner che si è scelto. Ora, l’importante è che tu ti senta pronta a farlo con la consapevolezza che questa persona non sia, per forza, per tutta la vita ma, importante per te in questo momento. Nel “qui ed ora” è: con chi vuoi e se lo vuoi condividere.
Cos’è la “prima volta”? La “prima volta” marca l’inizio della vita sessuale relazionale. La prima volta è un evento significativo che crea emozione, inquietudine, apprensione.
Per le ragazze, la “prima volta” è spesso accompagnata dal timore del dolore fisico, oltre che dalla consapevolezza o dalla paura di perdere definitivamente la verginità.
I ragazzi, invece, scontano di massima la paura di non essere all’altezza della situazione (ansia da prestazione).

Tanto la prima volta non si può rimanere incinta… Nulla di più sbagliato! La possibilità di una gravidanza è implicita nel fare l’amore, salvo che non ci si protegga con contraccettivi. La scelta contraccettiva è molto importante perché da questa dipendono la tua serenità e la salute riproduttiva.

Se decido di farlo….sarò capace? Il timore di non essere all’altezza è molto diffuso, soprattutto se il partner ha già avuto altre esperienze. La strategia migliore è non “mitizzare” troppo questo momento, parlare apertamente con il partner della propria inesperienza e, insieme, con complicità e fiducia, vivere quest’esperienza. Non insistere se non và. La cosa più sbagliata è, invece, fingere una competenza inesistente… finiresti con l’essere immediatamente smascherata.

Se poi non mi vuole più? Beh, tutto sommato non sarebbe una grave perdita, una persona che ragiona secondo criteri ormai obsoleti non merita la tua fiducia e il tuo amore.
Ehi, non ci pensare nemmeno! Tu vali perché sei una persona speciale, hai scelto di condividere questo momento con la persona di cui sei attratta e innamorata, che ti rispetta e prova per te affetto e stima. Se non è così, non è la persona giusta!

Ho sentito parlare di autoerotismo e masturbazione E’ un modo naturale per sperimentare il piacere ed è un'esperienza legata alle prime sensazioni di piacere. Costituisce una tappa fondamentale nello sviluppo sano e naturale della propria sessualità.

Come avviene la scoperta nei maschi? Nei ragazzi è frequente sia l'erezione, in certe circostanze con un'immagine femminile, sia l'emissione di liquido seminale durante il sonno, definito polluzione notturna.

E nelle ragazze? Con la stimolazione involontaria della zona genitale con un oggetto, ad es. un cuscino, oppure lavandosi fino a provare sensazioni piacevoli, accarezzandosi in vari modi, senza necessariamente stimolare solo la clitoride.

Una mia amica è omosessuale, come faccio a capire se lo sono anch’io? L’adolescenza è il momento in cui si costruisce un’identità fisica, psichica, sentimentale e sessuale. È il periodo della sperimentazione, della ricerca di nuove strade non battute, della costruzione di nuovi modi di voler bene e amare, di stringere amicizie, relazioni, passioni. Alla fine di questo lungo percorso, la cui durata è soggettiva, ci si ritrova eterosessuali, omosessuali o bisessuali.
L’eterosessuale è colui che prova attrazione verso persone dell’altro sesso.
L’omosessuale, al contrario, prova interesse, prevalente o esclusivo, per persone dello stesso sesso (uomo con uomo “gay”e donna con donna “lesbica”).
Il bisessuale, invece, ha la capacità di relazionarsi dal punto di vista sessuale con entrambi i sessi, pur mantenendo uno dei due impulsi come prevalente.

Se si propone una donna? Non bisogna aver paura, come l’etero, l’omosessuale può scegliere di amare una sola persona. Non bisogna discriminarla, lei ha emozioni e sentimenti. Puoi dire sempre no, se vuoi.

Qual è la maggiore età sessuale? La maggiore età in Italia, dal punto di vista sessuale, si raggiunge al quattordicesimo anno d’età.

Come si fa a riconoscere l’amore vero? La differenza tra una cotta passeggera e una storia importante? Per alcuni, innamorarsi è questione di un momento, per altri, invece, è un processo più lento e graduale. Spesso capita di intrattenere un’amicizia per mesi, se non addirittura anni e poi un bel giorno ci si rende conto, all'improvviso, di essere innamorati di una persona, che vediamo con occhi diversi, che è diventata speciale. L'innamoramento è accompagnato da tutta una serie d’intense e travolgenti sensazioni ed emozioni, particolarmente all'inizio di un rapporto amoroso. In genere si attraversano tre fasi:
- l'attrazione fisica iniziale: all'inizio i sintomi son gli stessi, si passano ore aspettando che squilli il telefono, si vola al sospirato appuntamento con le gote in fiamme, le farfalle nello stomaco e il cuore palpitante e ti sembra che debba scoppiare da un minuto all'altro dall'emozione;
- l'infatuazione: è il momento in cui la storia continua sempre più bella, ancora più forte dei primi giorni;
- il legame affettivo: a poco a poco si comincia ad amare la presenza dell’altro. Lui diventa sempre più importante, finché ci si rende conto che non si riesce a vivere senza, quello che state vivendo è vero amore;
- Il colpo di fulmine: arriva in modo improvviso, lo guardi per la prima volta ed è come se vi conosceste da sempre, ma è raro.

Quali sono le zone erogene? Sono le parti del corpo che producono sensazioni particolarmente eccitanti. Sono diverse per l’uomo e la donna. Includono i genitali, ma anche i capezzoli, l’ombelico, il collo, le orecchie, ecc.; molte sono legate all’esperienza ed alle preferenze individuali. Più aumenta la confidenza e la complicità reciproca, più si riesce a comprendere come dare piacere al proprio partner. William Masters e Virginia Johnson[17], padri della sessuologia moderna, ci insegnano che ogni persona ha una diversa risposta sessuale. Ricorda che ciò che piace a te non necessariamente vale per gli altri. È importante riuscire a parlare e ad esprimere i propri bisogni, a saper dire no ad eventuali richieste del partner a noi poco gradite.

Come si arriva all’orgasmo? È vero che ne abbiamo uno clitorideo e uno vaginale? Si. L'orgasmo è una reazione del corpo durante l'atto sessuale, conseguenza di un'intensa eccitazione delle zone erogene e degli organi sessuali. Sia l’uomo che la donna possono avere l'orgasmo. Negli uomini si presenta come un picco rapido d’eccitazione seguito dall'eiaculazione, mentre, nelle donne può consistere in un periodo più esteso di sensazioni di piacere con alcuni picchi di estremo piacere...
Nelle donne, l'orgasmo può essere vaginale e clitorideo e possono verificarsi contemporaneamente.
L'orgasmo clitorideo si ha in quanto la clitoride è sensibilissima alle stimolazioni. Essa può essere stimolata in vari modi: attraverso uno sfregamento e pressione con il corpo del partner o con stimoli manuali.
L'orgasmo vaginale, invece, si raggiunge con la penetrazione attraverso la quale si raggiunge il punto G. Una donna sperimenta un orgasmo completo quando sia l'utero che la vagina, compresi i muscoli pelvici e quello anale, sono sottoposti a contrazioni ritmiche. Alcune donne riescono ad avere orgasmi multipli quasi in successione. Le donne possono espellere del fluido durante l'orgasmo, la cosiddetta eiaculazione femminile.
In alcuni casi si possono verificare incidenti di percorso, ad es. il sesso provoca ansia e delusione, se le prestazioni si rivelano insoddisfacenti o impossibili.
Talvolta questi problemi sono determinati da malattie, uso di alcuni farmaci, abuso di alcool e uso di droga. Altre volte sono provocati da emozioni spiacevoli come paura, sensi di colpa, ansia da prestazione, eccessive aspettative nei confronti del sesso, ecc…
Le difficoltà più comuni che si possono verificare nell’uomo sono quelle legate all’erezione (disturbi dell’erezione). Altre difficoltà possono riguardare la gestione dei tempi del rapporto sessuale (eiaculazione precoce e/o ritardata).
Nelle donne, invece, queste difficoltà si manifestano come: frigidità o incapacità totale o parziale di provare piacere, dispareunia (rapporti sessuali dolorosi) e vaginismo (contrattura dei muscoli della vagina che impedisce la penetrazione).


Le infezioni IST O MST

L’espressione “Infezioni Sessualmente Trasmissibili (IST)” raggruppa le malattie trasmesse durante l’atto e il contatto sessuale. Secondo l’OMS è preferibile a quell’usata in precedenza, “Malattie Sessualmente Trasmissibili (MST)”, in quanto sottolinea il frequente decorso sintomatico di queste infezioni che, altrimenti, nei casi conclamati, si manifestano con sintomi acuti o come forme croniche.

Rivolgendomi alla ragazza: “Fabiana sai che ci sono infezioni sessualmente trasmissibili?”
Fabiana: “Si ma quali sono?”
Io: “Fra le infezioni sessualmente trasmissibili più importanti abbiamo:
1.      i batteri: gonorrea, infezioni uro-genitali, anorettali, sifilide;
2.      i virus: HIV/AIDS, herpes genitale, HPV, condiloma, epatite B e C;
3.      i parassiti: candida, condilomi”.

Fabiana: “Dott. ssa vorrei prendere la pillola, o ci sono altri metodi contraccettivi?”
Io: “Esistono tantissimi metodi contraccettivi appartenenti a quattro gruppi:
  1. metodi ormonali: la pillola, il cerotto a rilascio transdermico, l’anello vaginale, la spirale. Tra questi, secondo me, data la tua giovane età, puoi scegliere la pillola o il cerotto, sicure al 99,9% ma non ti preserva dalle IST;
  2. metodi di barriera: il profilattico o preservativo e il diaframma. Tra questi, ti consiglio di scegliere il preservativo, il metodo più sicuro per preservarsi sia dalle IST che da gravidanze indesiderate;
  3. metodi chimici: gli spermicidi sono pomate che, usate insieme ad altri tipi di contraccettivi, diminuiscono il rischio di gravidanze indesiderate. Io li sconsiglio, preferisco gli altri metodi.
  4. metodi naturali: il coito interrotto, il metodo Billings, il metodo Ogino Knauss, il metodo sinto termico, la temperatura basale . I metodi naturali, se non usati bene, possono essere ad alto rischio di gravidanze indesiderate.
Fabiana: “Se sbaglio a prendere la pillola cosa succede?”: non sei più “coperta” e devi adottare altri metodi contraccettivi; se, nel frattempo hai avuto rapporti a “rischio”, puoi sempre chiedere al ginecologo di prescriverti la pillola del giorno dopo: la Levonelle oppure la Norlevo,una da 1,5 mg o due da 750 mg entro 72 ore dal rapporto”.

Al termine del colloquio, la ragazza dice di aver deciso e di sentirsi pronta. Mi ringrazia, chiama la mamma che, per quanto imbarazzata, si dice più tranquilla e dopo i saluti vanno via.
Tanti sono i casi di ragazze, soprattutto studentesse di scuole medie e superiori, che venivano con genitori o parenti per avere informazioni riguardanti i metodi anticoncezionali. Dopo aver avuto qualche informazione, sia sulle IST che sui rischi di gravidanza, la maggior parte di loro sceglieva di utilizzare la pillola o il cerotto, altre, invece, optavano per il preservativo.
In altri casi, venivano ragazze accompagnate dai loro compagni per chiedere di fare un test di gravidanza nella speranza di essere incinte.


I test di gravidanza

Oggi è facile verificare se è iniziata una gravidanza, basta fare uno dei seguenti esami:
1.      esame delle urine (il più frequente);
2.      esame del sangue;
3.      ecografia.


Il test delle urine

L’esame più frequente è quello delle urine. Per farlo, occorrono dei contenitori di raccolta delle urine, esistono dei kit in vendita in tutte le farmacie. Questo esame si basa sul test dell'urina, il computer indica con colori differenti l’esito, positivo o negativo, e, in caso positivo, indica anche da quanti giorni è iniziata la gravidanza.



Il Tirocinio: Informazioni e consulenze nel reparto di Ginecologia al I° piano


IVG la Legge 194 del 22/05/78

Oggi in Italia qualsiasi donna può richiedere l'interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. L'intervento può essere effettuato presso le strutture pubbliche del S.S.N. in modo totalmente gratuito. L'Ivg può essere praticata, anche, dopo i primi 90 giorni ma solo nel caso in cui la gravidanza o il parto comporti un grave pericolo per la vita della donna, oppure quando siano state accertate gravi anomalie del feto. Nel caso delle minorenni, secondo la Legge 194 art. 12, è necessario l'assenso da parte di chi esercita la potestà o la tutela. Tuttavia, se, entro i primi 90 giorni, chi esercita la potestà o la tutela è difficilmente consultabile o si rifiuta di dare l'assenso, è possibile ricorrere al giudice tutelare. La donna ha anche il diritto a lasciare il bambino in affido all'ospedale per una successiva adozione, e a restare anonima.
In base all’Art. 9 comma 5, il ginecologo può astenersi dal fare un IVG per obiezione di coscienza, in tal caso può farlo un altro ginecologo. Prima di effettuare l’IVG viene chiesto alla donna di firmare un documento sul diritto alla privacy 196/03.

Le forme d’aborto sono di vario tipo, oltre all’ivg volontaria provocata, abbiamo: l’aborto naturale (o aborto interno), l’aborto tubarico e l’aborto pre-termine o tardiva nei casi in cui il feto è morto o ha qualche malformazione.
Esistono due metodi abortivi: per aspirazione e tramite la pillola abortiva.
Un aborto non compromette la possibilità di avere future gravidanze normali. In caso di aborti ripetuti si rendono necessarie indagini specifiche.


IVG Metodo chirurgico (per aspirazione)

L'aspirazione puo' generalmente essere effettuata entro le 14 settimane, partendo dal primo giorno dell'ultima mestruazione. L'intervento è eseguito in ospedale, sia in day-surgery sia con ricovero.
L'intervento operatorio avviene sotto narcosi (anestesia generale). Il collo dell'utero è dilatato cautamente con dilatatori metallici fino ad un diametro da 6 a 12 mm. Viene in seguito inserita una canula fine per l'aspirazione che rimuove i tessuti embrionali dalla cavità uterina. L'operazione dura circa 20 minuti. Generalmente, una visita di controllo viene effettuata nelle due settimane seguenti l'intervento. Nella cartella clinica si trova un consenso informato che spiega come avviene l’intervento chirurgico.


La pillola abortiva

Dal 2009 in Italia è arrivata la pillola abortiva: la Mifegyne con prostaglandina RU 486.
Questa pillola può essere prescritta entro la 7ª settimana o 49 giorni a partire dal primo giorno dell'ultima mestruazione. L'interruzione della gravidanza viene effettuata in clinica con due farmaci: la Mifegyne (RU 486) e la prostaglandina. La Mifegyne blocca gli effetti dell'ormone progesterone interrompendo lo sviluppo della gravidanza; mentre, la prostaglandina induce contrazioni uterine e provoca l'espulsione dei tessuti embrionali. In presenza di personale medico, la donna assume tre compresse di Mifegyne e, due giorni dopo, due compresse di prostaglandina. Dopo l’assunzione dei farmaci, la donna rimane in osservazione per alcune ore, durante le quali avviene l’espulsione dei tessuti embrionali. Circa due settimane dopo tale operazione, la donna deve sottoporsi ad una visita di controllo.





IVG, aspetti Psico-socio-pedagogici

Come più volte evidenziato da diverse ricerche sull’aborto provocato (IVG), durante il tirocinio, ho potuto constatare che la maggior parte delle donne che fa ricorso all’aborto, mostra una sorta di “coazione a ripetere”, sembra scelgano l’aborto come mezzo contraccettivo.
Infatti, quando chiedevo alle pazienti: come “la” stai vivendo???”
Loro tranquille rispondevano: “non è mica la prima volta!”
Ciò accade perché la donna, pur desiderando la gravidanza, come realizzazione della propria identità femminile, non riesce ad accettare il bambino.
Durante il tirocinio molti casi di IVG riguardavano ragazze minorenni, il più delle volte sottoposte all’intervento per scelta dei genitori.
Uno dei casi riguarda una ragazza di un paese della provincia di Foggia. La ragazza, di 15 anni, aspettava un figlio da un ragazzo di otto anni più grande. Il dramma dei genitori derivava da più fattori, oltre al fatto che la ragazza fosse minorenne, i genitori non accettavano il padre del bambino perché cugino della mamma della ragazza e perché facente parte di una famiglia legata al clan della “sacra corona unita”. Inoltre, i genitori, incastrati in un tessuto sociale pieno di pregiudizi, erano spaventati dall’eco dei pettegolezzi che “il fatto” avrebbe provocato all’interno del paese.
Infatti, le parole della mamma erano: “cosa diranno al ritorno in paese? Tutti ora sapranno che mia figlia non è più vergine? L’unica ragazza della sua età, in tutto il paese, ancora vergine era lei e ora….oddioooooo ….”
In un primo momento ho cercato di focalizzare l’attenzione della madre su problematiche più gravi della verginità.
Le ho spiegato che, nel caso specifico, la ragazza adolescente, in questa fase della sua crescita, è alla ricerca di una propria identità personale sessuale e sociale, e di un’autonomia dai genitori.
Questo processo è avvenuto con l’avvicinamento ad un uomo più grande, in cui ha ritrovato protezione e di cui è particolarmente affascinata perché “proibito” dai genitori. Tutto ciò l’ha portata a desiderare un figlio da questo compagno.
Ho spiegato, ancora, che imporre alla ragazza di sottoporsi all’IVG è sbagliato, anche per le conseguenze psicologiche che la ragazza avrebbe potuto avere.
In un secondo momento ho invitato la ragazza a parlarmi del suo coinvolgimento emotivo con il ragazzo e di come stesse vivendo la decisione dei genitori di farla abortire.
All’inizio non è stato semplice, visto il suo stato d’animo, ma poi pian piano sono riuscita a metterla a suo agio e dopo un pianto “liberatorio” abbiamo iniziato a dialogare. Dopo aver esposto il suo pensiero, i suoi sentimenti e il “suo punto di vista”, ho coinvolto nella conversazione anche la madre. Durante il confronto tra le due donne, ho notato una “distonia comunicativa” tra loro e, in diversi momenti, sono intervenuta per chiarire i concetti dell’una e dell’altra.
Alla fine, madre e figlia sono entrate in “sintonia comunicativa” e la conversazione si è conclusa in un lungo abbraccio tra loro. In quel momento la madre incredula ha detto: “Non ci posso credere, è la prima volta che mi abbraccia, non lo ha mai fatto, neanche da piccola”.
A quel punto la madre, con un animo più dolce e sereno, ha cercato di rassicurare il marito e a convincerlo a cambiare opinione sulla relazione tra la figlia e il compagno.
Il padre disponibile ha accettato la relazione a patto che la ragazza abortisse e tornasse a scuola.
Dal suo canto, la madre della ragazza nutriva la speranza che, superata questa fase di crescita, la figlia potesse, un giorno, allontanarsi da quell’uomo, ormai non più “proibito”.
Il giorno successivo la ragazza è stata sottoposta all’intervento dell’IVG e dimessa dopo qualche ora. Prima di lasciare il reparto, l’intera famiglia ha voluto salutarmi e ringraziarmi. Per me una gran soddisfazione!


Il Tirocinio: Informazioni e consulenze nel reparto di ostetricia al 3°piano

La gravidanza è un periodo molto particolare per una donna sia da un punto di vista biologico che psicologico e pedagogico.
Durante il mio tirocinio, spesso, le donne gravide venivano in medicheria e mi ponevano domande riguardanti la vita intrauterina nei diversi mesi di gestazione. Se educare significa portare fuori, dare alla luce, quale momento migliore per educare se non la gravidanza e il parto?
Ogni volta, cercavo di spiegare loro che, durante la gestazione, la donna ha la possibilità di riprovare la fusione originaria da cui la sua stessa vita ha preso le mosse; di ripetere, cioè, la propria “relazione primaria con la loro madre”. Il bambino in utero da dei segnali che la donna deve cercare di codificare. Molte forme elementari d’apprendimento sono già evidenti durante questo periodo. Prima della nascita il bambino sente la voce e il battito cardiaco della madre, la voce del padre, la musica proveniente dall’esterno, percepisce la luce. Egli reagisce ad ogni input proveniente dal mondo esterno; un bimbo si rasserena se si ascolta della musica di suo gradimento, se percepisce una luce troppo forte, porta le mani agli occhi e potrebbe arrivare a cambiare posizione, se la mamma ingerisce sostanze dolci, deglutisce una quantità maggiore di liquido amniotico perché più gradevole, viceversa se la mamma ingerisce sostanze amare.
Una coppia mi ha chiesto: “Il rapporto sessuale può compromettere la salute del bambino?”
Non solo il rapporto sessuale non è pericoloso per il feto, in quanto protetto dal liquido amniotico, ma una vita sessuale gratificante si ripercuote positivamente sul rapporto di coppia e aiuta la donna a vivere serenamente la gravidanza.




Il parto

Durante il parto: “Rilassatevi e parlate al vostro bambino in grembo, dovete inviargli messaggi positivi e rassicuranti come: “io sono qui, il luogo in cui tu verrai è meraviglioso. Io e il papà siamo qui per proteggerti. Tutto andrà per il meglio, saremo bravissimi e io non vedo l'ora di poterti tenere tra le mie braccia".
Un uomo mi ha chiesto: “Cos’è il travaglio e cosa comporta? “Nella fase del travaglio, il corpo passa da contrazioni non dolorose alle prime contrazioni valide. E’ importante che, prima e durante il travaglio, il padre rassicuri la madre, difatti, se la madre riceve messaggi negativi, se sente di non trovarsi nel posto adatto per mettere alla luce il proprio bambino, se non si sente ascoltata, protetta e rassicurata, il travaglio può risentirne negativamente. Occorre, dunque, che la donna venga rassicurata.
La donna deve sapere perché prova dolore durante il travaglio, il parto e il post-parto:
  1. il dolore è necessario: se non lo provassimo non ci renderemmo conto di cosa avviene all'interno o all'esterno del nostro corpo.
  2. il dolore rafforza, ci avvisa, ci preserva.
  3. quando proviamo dolore istintivamente ci fermiamo, riflettiamo, chiediamo aiuto.

Metodi per controllare il dolore
La donna deve sapere come si svolgerà il parto, deve essere consapevole del suo corpo e della sua bellezza sia prima che dopo il parto, deve accettare il suo nuovo status di mamma, deve elaborare le sue emozioni e i suoi sentimenti, deve avere un buon sostegno dal compagno e dalla famiglia, deve aver fiducia sia del luogo dove avverrà il parto sia dell’equipe che l’assisterà. E’ importante che abbia una buona preparazione al parto, deve essere ben informata sui metodi naturali (riflessologia, fiori di bach, etc), deve sapere che, in caso di dolore, può ricorrere ad una terapia farmacologica (effetto placebo). Spesso basta sapere di avere una scappatoia o una possibilità di scelta perchè la percezione del dolore scemi naturalmente.

Il travaglio e il parto
Al momento delle doglie, la partoriente è trasferita prima in sala travaglio e poi in sala parto. Se lo desidera, può chiedere che il proprio partner o un altro congiunto (madre, zia, sorella, amica) assista al parto. Molte pazienti all’ultimo mese di gravidanza, che ho incontrato, hanno richiesto la mia presenza in sala parto, il mio esser-ci infondeva loro fiducia e tranquillità.

La sala parto
La sala parto assomiglia ad una sala operatoria: è noto che il lettino da parto, su cui la donna viene distesa con le gambe sollevate, è quanto di più irrazionale e disfunzionale ci sia per la partoriente, mentre, permette alle ostetriche e al ginecologo di lavorare comodamente[18].
Sono due le violenze fatte alle donne durante e dopo il parto:
-la non libertà di scegliere come partorire;
-la separazione della partoriente dal suo bambino. Dopo il parto, la pz viene portata in stanza, mentre il “cucciolo” viene portato al nido.

Per quanto concerne il primo aspetto, esso comporta tre soluzioni:
  1. il parto naturale: permette di assumere la posizione a lei più comoda con la possibilità di vedere il bimbo nascere, attraverso lo specchio posto di fronte alla donna, e toccargli la manina;
  2. il parto in acqua: avviene in una vasca, ed è assistito dalle ostetriche;
  3. il parto alla leboyer: avviene in una sala con luci soffuse e musica new age.

Nella maternità di Foggia praticano solo due tipi di parti, quello naturale e quello cesareo.
Parto naturale: avviene sul lettino con gambe sollevate, senza specchio. Se il bambino “è in posizione”, in altre parole a testa in giù e podice in su, si effettua il parto dalla vagina.
Se, invece, il bambino è in posizione “podalica”, cioè con il podice, ovvero i piedini, il culetto o la spalla, in giù e la testa in alto, si procede col parto cesareo con taglio orizzontale sull’addome. In tal caso, dall’anestesista viene effettuata la peridurale, permettendo così alla madre di rimanere sveglia e veder nascere il proprio bambino.
Per quanto riguarda la seconda “violenza” subita dalle neo-mamme, occorre fare una premessa:
il bambino, alla nascita, quando viene “legato” alla madre attiva le sue risorse endogene come:
  1. l’imprinting: registrazione cerebrale della prima immagine vista dal bambino alla nascita e delle percezioni sensoriali;
  2. il bonding: può essere visto come una “perfetta sincronia” (unione che si instaura tra madre e piccolo in questi primissimi contatti). Tale sincronia permette, per esempio, alla mamma di sentire le mammelle turgide un attimo prima che il bimbo le reclami, conferendole un senso di competenza e adeguatezza. Queste sensazioni, con il passare del tempo, si trasformano in un legame di attaccamento in cui i ritmi interni ed esterni della madre e del piccolo devono trovare una sincronia ottimale.
Le teorie dell’attaccamento ipotizzano l’esistenza di un “periodo critico” (baby blues o depressione post partum) per la madre e per il bambino, se non si stabilisce subito un legame madre-bambino.
Invece, in maternità, usano separare la madre dal bambino subito dopo il parto. Il bambino viene portato alla madre, solo, dopo diverse ore per l’allattamento.


Nascita pre-termine

Il bambino è un anello di congiunzione tra vita intrauterina ed extrauterina, si considera prematuro quando nasce prima delle 37 settimane di gestazione (dovrebbe nascere entro le 41 settimane). Oggi, la medicina permette la sopravvivenza in buone condizioni, anche, di bambini di 26/28 settimane gestazionali, con un peso compreso tra i 700 e gli 800 gr.
La prematurità è frequentemente accompagnata da patologie di varia entità, per questa ragione è necessario ricostruire per il bambino un ambiente il più simile a quell’intrauterino (incubatrice a temperatura e umidità costanti, asetticità, ecc.), controllare in modo continuo le sue condizioni.( termoregolazione, battito cardiaco, pressione sanguigna, frequenza respiratoria, etc.) e, se ha difficoltà a deglutire, attuare un’alimentazione a sonda.
Il neonato prematuro è a rischio non solo dal punto di vista organico ma anche da quello psicologico, in quanto gli vengono a mancare quelle braccia che dovrebbero contenerlo una volta uscito dal riparo intrauterino. La diade simbiotica madre-bambino è bruscamente interrotta, occorre dunque intervenire subito sul bimbo per evitare danni futuri.
In questo senso la madre:
·        può sentirsi svuotata e vive il parto come un aborto;
·        può sentirsi gravemente in colpa e reagisce come se avesse subìto il così detto “lutto anticipato” (come se il bambino fosse già morto e, pertanto, inutile curarsi di lui);
·        può aiutarsi con meccanismi di difesa che vanno dall’euforia alla negazione (“non è successo niente, non c’è stata alcuna nascita”).
In queste situazioni gioca un ruolo fondamentale la figura del padre. Il suo compito sta nel rassicurare la neo-mamma e contenere le sue paure, fungere da tramite fra lei e il piccolo, espletare le funzioni che sarebbero state proprie della madre.
Numerosi sono gli interventi di sostegno che possono evitare di far percepire all madre e al piccolo questo distacco. Per esempio, si porta la madre nel reparto di neonatologia, se la madre è allettata, le vengono mostrate le foto del suo bambino per rassicurarla sullo stato di salute del piccolo. Inoltre, si chiede alla madre di aspirare regolarmente dalla mammella il latte da dare al bambino. Questo allattamento a distanza diviene come un secondo cordone ombelicale che ricostruisce il legame precedentemente interrotto.
Durante il periodo di gravidanza, la madre matura delle aspettative sul figlio, lo immagina come un bel bambino cresciuto e, invece, si ritrova con un piccolo bambino pre-termine aggrinzito, con movimenti disarmonici, con proporzioni diverse da un neonato normale e l’impatto può essere duro. Il bambino, dal suo canto, è capace di rispondere agli stimoli e di interagire con l’esterno. È molto importante che la madre, ad esempio, si faccia afferrare il dito oppure prenda in braccio suo figlio cosicché lei si riappropri del suo ruolo materno.
 
 
Baby blues e Depressione post-partum (la depressione dopo il parto)

Il periodo post-partum è molto delicato per la donna. In molti casi, può accadere che la madre avverta un senso d’ansia, tristezza e irritabilità, che abbia spesso voglia di piangere e si senta inadeguata a crescere il proprio figlio.
Questi lievi stati depressivi, che si verificano nell’80% delle partorienti, prendono il nome di “baby blues” (come li denominò il notissimo pediatra e psicoanalista inglese Donald Winnicott) e durano da poche ore a qualche giorno. Si manifestano nei primissimi mesi del post- partum e scompaiono da soli, quindi non destano preoccupazione perché, di solito, non hanno conseguenze. Solitamente possono essere associati allo stress e alla stanchezza che deriva dalla nuova condizione di madre, nonché ai cambiamenti psicologici ed emotivi legati alla maternità e ai sbalzi ormonali tipici della fase di allattamento. In molti casi non richiedono l’intervento di uno specialista.

Una condizione sicuramente più problematica e duratura è la depressione post partum, disturbo che compare solitamente tra la quarta e la sesta settimana dopo il parto, (comunque entro i primi 12 mesi dal parto). Essa aumenta e può persistere per diversi mesi (dai 3 ai 9 in media). Il 10% delle donne italiane soffre di questo disturbo dopo il parto.
I sintomi più frequenti sono: indolenza, affaticamento e costante mancanza d’energie, esaurimento, disperazione, inappetenza, insonnia o sonnolenza eccessiva, confusione, tristezza e pianto inconsulto, disinteresse o paura di far male al bambino o a se stessa, improvvisi cambiamenti d’umore, perdita d’interesse verso le attività che prima provocavano piacere.
Nei casi più gravi (circa una mamma su mille), la depressione post-partum può evolvere in una vera e propria psicosi post-partum, caratterizzata da stati di agitazione, confusione, pessimismo, disagio sociale, insonnia, paranoia, allucinazioni, tendenze suicide o omicide nei confronti del bambino.

Come affrontarla

La condizione depressiva post partum non ha influenza solo sulla madre, ma anche sul bambino e sul padre. Spesso le madri, per non sentirsi troppo inadeguate, negano o nascondono tale condizione, peggiorandone l’esito o cronicizzando la patologia.
Per evitare che ciò accada è importante che la mamma assuma una serie di buone abitudini che le rendano la vita più facile, ad esempio: limitare i visitatori nei giorni del rientro a casa dopo il parto, dormire nelle stesse ore in cui dorme il neonato, seguire una dieta adeguata che eviti eccessi e l’assunzione d’eccitanti come alcool e caffè. Di grande aiuto nella prevenzione del problema è mantenere una solida rete affettiva, circondarsi di amici e familiari al fine di sostenere e rafforzare il rapporto di coppia. E’ importante che il partner sia presente e sostenga la propria compagna, sia materialmente (aiutare nei lavori domestici e nelle faccende quotidiane) che emotivamente (mostrare un atteggiamento di ascolto e di comprensione), che la aiuti a razionalizzare le difficoltà. Il padre, dunque, riveste un ruolo di “contenitore” della diade madre-bambino. Anche in lui, tuttavia, la nascita del bambino può provocare una profonda “crisi”, in quanto lo costringe bruscamente ad assumere un nuovo ruolo, quello di padre di uno “sconosciuto” e di compagno di una donna divenuta “madre”. E’ necessario che abbia, quindi, un certo equilibrio e un buon grado di maturità. Anche per l’uomo, come per la donna, le esperienze passate e il rapporto con le figure genitoriali giocano in questo periodo critico un ruolo importante.
Se per la madre tale problematica evolve in una vera e propria psicosi post-partum, è importante rivolgersi ad uno specialista e, se necessario, ricorrere a misure tempestive, come: il ricovero e la terapia farmacologica.


Il CASO

Ho avuto modo di fare un intervento pedagogico in sala operatoria durante un parto podalico. Il caso riguardava una partoriente che, durante il parto (cesareo), era entrata in panico in quanto immaginava il figlio morto. Con le mie parole ho cercato di tranquillizzarla e di spiegarle che il suo stato d’animo veniva percepito dal bambino e avrebbe influenzato il benessere psicologico del nascituro. Alla fine dell’intervento, grazie al mio aiuto, la donna era stanca ma sollevata e rivolgendosi a me, ha chiesto: “per favore mi da un fazzoletto?” A quel punto, porgendoglielo l’ho guardata e le ho detto che il bambino era appena nato, che era sano e che era appena diventata mamma. Poi, mi sono rivolta all’ostetrica e le ho chiesto di porgere il bambino alla madre affinché potesse attaccarlo al seno e di aspettare che fosse la mamma a restituirlo spontaneamente. Ho spiegato all’ostetrica che, in questa fase, è importante che si stabilisca un primo contatto tra madre e  figlio. Il giorno dopo il parto, mi sono recata dalla puerpera che, felice, mi ha ringraziata per averla aiutata a superare il”momento critico” e mi ha chiesto una foto ricordo di me con il suo bambino in braccio.


Cos’è il Puerperio? Il puerperio è il periodo compreso fra il parto e la ripresa della normale attività ovarica ed ha una durata approssimativa di sei settimane.


Il cambiamento pedagogico nel puerperio

Dal punto di vista pedagogico, essere mamma può temporaneamente mettere in ombra la parte più sensuale di una donna, raffreddando in parte o completamente la sfera intima della coppia. A ciò si aggiungono le modificazioni fisiche che inevitabilmente fanno si che la neomamma si percepisca come meno attraente, oltre che meno interessata alla sessualità. A volte, invece, capita che il suo desiderio di fisicità, ora espresso in modo più tenero, sia sufficientemente appagato dall’accudimento del bambino. Si viene a creare così un rapporto d’ipercuria nella diade tra madre e bambino, dove il padre potrebbe esserne escluso e sentirsi inadeguato. Il nervosismo che caratterizza le prime settimane dopo il parto, dovuto alla necessità di ritrovare nuovi ritmi in funzione del neonato (es. sonno, pappe, nuovi impegni, timori di inadeguatezza, ecc), può ripercuotersi sul rapporto di coppia. Il partner deve essere paziente e assecondare la volontà e il desiderio sessuale della compagna. Non deve procurarle ansie, nel caso in cui i primi rapporti dovessero provocare "fastidio". Gli organi genitali devono riprendersi dallo stress del parto, cosa che avviene in tempi brevi ma variabili da donna a donna. Entrambi devono impegnarsi a cercare la complicità, devono aiutarsi e condividere gioie e fatiche di questo primo periodo. Sdrammatizzare, ogni tanto, prendendosi un po’ in giro è più efficace del crearsi falsi problemi, lasciando che il tempo gradualmente riporti tutto ad una nuova normalità.


Consulenza psico-pedagogica durante il giro visite in ostetricia.

Una delle domande più importanti che mi ponevano le mamme, durante il mio giro visite in ostetricia, era: Quanto è importante il mio latte per il bambino?
I turni che si danno madre e figlio durante le pause di allattamento costituiscono il primo pattern di interazione del dialogo umano: la prima forma di socializzazione.
Il bambino introietta con il latte il calore materno, quindi impara la gioia del ricevere e sperimenta il sentimento di gratitudine; se, dunque, l’esperienza sarà positiva si svilupperà un certo ottimismo verso la realtà e sarà possibile superare i successivi stati depressivi; se, viceversa, l’esperienza sarà negativa prevarrà un sentimento di sfiducia e di inadeguatezza.
Bowlby, [19] nella sua teoria dell’attaccamento, sostiene che: lo sviluppo armonioso della personalità di un individuo, dipende principalmente, da un adeguato attaccamento alla figura materna o un suo sostituto, e che il legame, che unisce il bambino alla madre, non è una conseguenza del soddisfacimento del bisogno di nutrizione, bensì è un bisogno primario, geneticamente determinato, la cui funzione è garantire la crescita e la sopravvivenza biologica e psicologica del bambino.




Il neonato

Il neonato è il bambino dalla nascita fino ai tre mesi.
Quando seguivo i medici durante il giro visite nel reparto di ostetricia, mi presentavo alle mamme e chiedevo loro se avevano bisogno di alcuni consigli per l’educazione dei propri figli. La consulenza avveniva in gruppo, a tutte le mamme di ciascuna camera. Le domande che mi ponevano le mamme riguardavano, soprattutto, i cinque sensi del bambino, il pianto, l’allattamento, etc:

Il primo punto importante è: non lasciarsi influenzare e confondere dalle abitudini, dai consigli di mamme, di amici, etc. E’, invece, fondamentale rimanere in ascolto del proprio bambino e seguire il proprio istinto. Pertanto, “osservate il vostro bambino ed entrate sempre più in contatto con lui, comprendetelo e sarà lui a dirvi cosa fare e come muovervi”.
Il bambino è dotato di alcuni riflessi come, ad esempio, il riflesso di suzione che consente al neonato di attaccarsi alla tettarella del biberon o al seno della madre e di nutrirsi del latte materno.
Le domanda delle mamme: “ma il bambino vede?”
Nel primo mese, il suo orizzonte non va oltre le pareti della culla: la sua visione è indistinta e riesce a vedere in modo corretto solamente oggetti o volti distanti 20-25 centimetri dalla punta del suo naso. Invece, dai quattro ai sei mesi, il bambino sviluppa completamente la vista ed è capace di seguire il moto degli oggetti in qualsiasi direzione.
Per contro, già da prima della nascita ha uno spiccato udito, difatti, ciò che lo attrae maggiormente è il suono della voce umana, soprattutto, quella materna. Il bambino è attratto da suoni ritmici come quelli dei carillon ed è infastidito da rumori particolarmente forti e acuti; mentre, la mancanza di rumori può renderlo nervoso.
Inoltre, il bambino riconosce immediatamente l’odore della mamma, è capace di distinguere benissimo i quattro sapori base, ossia: amaro, dolce, salato e acido. Ciò conferma la sua predisposizione ad un’alimentazione a base di latte e la nostra tendenza da adulti a "coccolarci" con qualcosa di dolce quando siamo tristi o in preda dello sconforto: il sapore dolce nutre e rassicura.
Infine, anche il tatto è estremamente sviluppato sin dalla nascita, lo dimostra il fatto che il bambino si sente al sicuro tra le braccia della madre.

Ciò che maggiormente allarma una madre, nel primo mese di vita del bambino, procurando ansia e tensione, sono le grida di pianto che avvolgeranno la casa nel momento in cui il bebè avrà la necessità di comunicare un suo bisogno o una sua sensazione interna che lo spaventa, essendo, specialmente all'inizio, tutto nuovo e sconosciuto per lui. E' importante mantenere la calma affinché si possa più rapidamente individuare la causa del pianto che può essere tanto fisica, come la fame, il freddo o un dolore, quanto emotiva, a risposta di un evento esterno inatteso che lo turba, come un improvviso senso di abbandono e solitudine.
Per quanto riguarda il sonno, il neonato, al di là di ogni credenza, non dorme molto, anzi, sembra quasi soffrire d'insonnia. Il bebè, cioè, ha dei disturbi del sonno, che spesso generano altrettanti disturbi del sonno di mamme e papà. Il numero delle ore di sonno del bebè può dare una prima idea della sua indole:
Il bimbo insonne dorme profondamente dopo la poppata di latte e si risveglia poco dopo chiedendo attenzioni e compagnia.
Il dormiglione, invece, sembra immune dalla morsa della fame ed accade spesso che lasci il seno o la tettarella per addormentarsi.
Chiaramente, occorre adottare delle strategie: nel caso in cui dorma poco, conviene adattarsi, tenendolo nella carrozzina con dei giochi che lo intrattengano, portandolo fuori a passeggiare oppure tenendolo nel marsupio nel momento in cui si debbano sbrigare delle faccende.
Nel caso, invece, in cui dorma tanto, occorre organizzare l'orario delle poppate ed abbreviare l'intervallo tra un pasto e l'altro durante il giorno. Inoltre, stimolarlo e parlargli in continuazione tiene alta l'attenzione del bambino che quindi è "costretto" a rimanere ad occhi aperti.
Se scambia il giorno per la notte, si può cercare di accelerare il processo con degli accorgimenti pratici che rendano più chiara la differenza tra giorno e notte, come tenere il bambino tutto il giorno nella carrozzina e portarlo nel suo letto solo la sera. In proposito va detto che alcune ricerche hanno dimostrato che, nella diade madre-bambino, se la madre è il bambino sono in due stanze diverse, quando la madre è in fase REM (dormi-veglia), il bambino è in fase NO REM (di sonno profondo) e viceversa, il che fa pensare ad una specie di veglia reciproca. L’adulto comunque deve imparare a rispettare i ritmi del bambino e sincronizzarli con i propri.
Per ciò che concerne il gioco, per i bambini l’attività ludica è importante. Il gioco per i bambini ha importanti funzioni adattive: di puro esercizio di attività riflesse, di scoperta e di esplorazione del proprio corpo e del corpo altrui, di esplorazione del mondo degli oggetti (suoni, colori, qualità delle superfici, etc.), di scambio comunicativo, di socializzazione, di apprendimento. In un bambino appena nato molte situazioni della vita quotidiana diventano gioco: cantargli le canzoncine, fargli ascoltare la musica, presentargli oggetti colorati o sonori, fargli esplorare l’ambiente tenendolo in braccio, il bagnetto, il pasto etc.., più tardi, permettergli di sporcarsi con la pappa o strappare carta colorata, ecc., ancora più tardi, i momenti di interazione con i genitori, l’esplorazione a carponi e il gioco del nascondarello.


La Famiglia

La famiglia secondo L. Bianchi [20],è un sistema aperto e un’entità dinamica, soggetta a continui cambiamenti psicologici e sociali.
La famiglia è un sistema aperto e dinamico a livello psicologico per la regola della circolarità delle comunicazioni. Un evento negativo o positivo di un membro o di tutto il nucleo si ripercuoterà all’interno di tutta la famiglia, scatenando reazioni a catena.

La famiglia è un sistema in relazione ad altri sistemi. A livello sociale, è in relazione al macrosistema sociale, che è in rapida evoluzione per ciò che concerne le abitudini e costumi e comprende anche i valori. Ciò che avviene nel macrosistema produce dei cambiamenti anche nei microsistemi, anche, grazie ai mass-media, ad es. è cambiato il concetto di paternità.

Durante una consulenza familiare dobbiamo “contestualizzarla” ovvero capire tutte le variabili socio-culturali che incidono sul suo modo di essere: i suoi ruoli sociali, economici, relazionali. Inoltre, è necessario vedere la famiglia nella sua globalità nonché i caratteri personali di ogni componente .

L’evoluzione storica ed economica ha condotto a sostanziali modifiche nel modello familiare che da patriarcale si è trasformata in nucleare. In proposito, M. Galli e H. Harrison[21] sostengono che: a livello culturale, il diffondersi di una mentalità individualistica e competitiva ha portato ad una sempre più nuclearizzazione (coppie con un figlio o monogenitoriali). Purtroppo non è così nel sud Italia, in cui esiste ancora il modello di famiglia patriarcale, allargata e transgenerazionale, anche se si va ridimensionano l’alta generatività per dar posto all’affermazione sociale. Accanto a ciò, la parità dei diritti dei sessi ha fatto sì che sempre più uomini e donne prolunghino la vita da single e rinuncino a divenire genitori in nome di bisogni diversi, come: il denaro, la carriera, il raggiungimento di un identità sociale; e a causa di varie problematiche, quali: la scolarizzazione prolungata, la diminuzione di posti di lavoro, la crisi degli alloggi. Tutto ciò rende questa identità un miraggio lontano. A tutto questo si aggiunge la permissività dei genitori che non induce nei figli il desiderio di lasciare la famiglia d’origine per sentirsi responsabili della propria vita, ma, al contrario, li spinge a restare a lungo in casa per comodità.

Le donne mi ponevano domande quali: “come ci si deve comportare nel caso in cui ci sia già un bambino/a in famiglia?” In tal caso, occorre preparare il figlio maggiore, soprattutto se ancora piccolo, ad accettare l’arrivo del fratellino o sorellina che lui considererà un ”intruso”. Prima di tutto occorre dimostrargli che l’affetto per lui non è assolutamente cambiato. Occorre che il padre gli stia molto vicino, gli parli facendogli capire ciò che sta accadendo e, quando la mamma è in ospedale per il parto, è necessario che il bambino venga coinvolto emotivamente e fisicamente. Il padre deve stimolarlo a disegnare o scrivere qualcosa da portare e regalare alla madre quando andrà a trovarla in maternità, facendolo sentire importante ed essenziale per la mamma, il bambino deve capire che la mamma non lo ha abbandonato. In questa fase, il comportamento del papà, le sue azioni, parole, pensieri, emozioni e sentimenti sono fondamentali, in quanto diviene il ponte, l’elemento di collegamento e di comprensione frail bambino e la madre. “Rendete il bambino partecipe e integratelo nei vostri rapporti, non fatelo sentire come se fosse d'impaccio o di disturbo al vostro lavoro: coinvolgetelo facendovi aiutare”. Al di là di tutte le buone intenzioni, è naturale e molto facile che il figlio maggiore si trovi a provare della gelosia, soprattutto, se è un bambino d’età compresa tra i due ed i sei anni. Infatti, i ragazzi più grandi hanno meno difficoltà ad accettare l'arrivo di un fratellino, tanto che divengono protettivi e dispensatori di attenzioni e cure.
I maschietti, tra i tre e i cinque anni, nel loro sviluppo affettivo hanno il complesso edipico freudiano (amore per la madre), mentre, le femminucce quello d’elettra Junghiano (amore per il padre). Questa fase si risolve spontaneamente con un'identificazione progressiva con il genitore del proprio sesso. In concomitanza e stretta correlazione con il complesso di edipo, esiste un altro processo, la cosiddetta angoscia (o paura o complesso) di castrazione: il bambino teme di essere punito con la castrazione per la sua rivalità verso il padre. Ciò lo porta ad abbandonare una situazione pericolosa identificandosi con lui.
La bambina, invece, prova un senso d’inferiorità sentendosi castrata e per questo volge il suo affetto dalla madre al padre, figura dominante e prestigiosa.
Per i bambini questo periodo diventa importantissimo e bisogna superarlo nel migliore dei modi. La nascita di un nuovo fratellino o sorellina potrebbe portare il bambino a viverla in modo sbagliato ovvero a rapportarsi più al papà che alla mamma, in quanto la mamma deve badare al piccolo e lui si sentirebbe defraudato dell’amore edipico verso di lei legandosi più al padre. Questo processo potrebbe portare, da adolescenti, a scelte come la devianza, la tossicodipendenza e l’alcooldipendenza o altre forme di dipendenza patologica, in quanto il bambino “non perdona la madre di avergli tolto il ruolo di principe della casa”. Per le bambine, è importantissimo questo momento in quanto loro devono passare quel momento di “innamoramento del padre” identificandosi con la madre; questa identificazione potrebbe non avvenire se la mamma è molto occupata col piccolo e porterebbe la bimba ad identificarsi, “per dispetto”, col padre ed avere problemi di origine sessuale da adolescente. Di positivo c’è il fatto che i bambini con fratellini sperimentano la condivisione al gioco e sono meno soli di fronte agli adulti. Di rilevante importanza sono, anche, gli aiuti esterni alla coppia, provenienti da nonni, amici o vicini; tali aiuti devono consistere in compiti ben precisi, affinché non si creino confusioni o invischiamenti. La coppia resta, comunque, il fulcro principale sul quale deve ruotare l'intero assetto familiare.
Se nascono dei gemelli, è utile allattare i gemelli contemporaneamente, porgendo un seno ciascuno ed alternando la loro posizione ad ogni pasto. Al sospetto di una mancanza di latte, parlare con il pediatra e ricorrere al sistema misto, ossia dando in modo alternato a ciascuno dei gemelli il biberon e il seno. Non conviene allattarli separatamente: in questo modo si sfalsano i tempi delle poppate e del sonno. Bisogna accettare di non poter assecondare entrambi contemporaneamente, nel caso in cui piangano simultaneamente, e comprendere che solo così è possibile donare ad entrambi la loro sana dose di coccole. Se, invece, si hanno figli unici, occorre sapere che essi si sentono il principe o la principessa della casa e perdere questa priorità spaventa il piccolo quando è in arrivo il fratellino o sorellina.
Per finire, occorre sapere che se il bimbo rimane figlio unico tenderà ad avere un rapporto molto stretto con i propri amici oppure chiederà un animale domestico che andrà a sostituire il fratellino o, ancora, si creerà l’amico immaginario,.
Oggi il ruolo materno o paterno, può essere sostituito da altre figure, come ad es. le figure della compagna del padre o del compagno della madre.
Nel nuovo modello di famiglia allargata è importante, per il benessere dei figli, che si instaurino dei buoni rapporti tra gli “ex”, tra i nuovi compagni degli “ex” e tra i fratellastri e sorellastre (fratelli germani o di padre e fratelli uterini o di madre).

Altre figure importanti per i bambini sono i nonni.
Il legame tra nonni e nipoti è basato su quello che Ada Fonzi [22] definisce “un amore senza Edipo” ovvero un amore libero dalle conflittualità generazionali e più sereno, in quanto il loro ruolo non deve essere di tipo educaativo.
I nipoti per i nonni rappresentano la continuità biologica e attivano una sorta di rivitalizzazione e di proiezione verso il futuro. Il compito dei nonni verso i nipoti è prendersi cura di loro, di coccolarli senza eccessi. Esistono differenze fondamentali fra il nonno e la nonna: la nonna accudisce e si prende cura della casa, il nonno è il compagno di giochi e di passeggiate. Esiste, secondo Ferenzi[23] il complesso del nonno paterno: il nonno avendo potere sul figlio, riduce l’immagine onnipotente che il bambino ha di suo padre. Queste dinamiche si verificano nelle famiglie patriarcali e autoritarie. Altro è la costrizione (oggi quasi scomparsa) di dare lo stesso nome dei nonni ai primogeniti, questo per confermare la loro (dei nonni) discendenza. Questi comportamenti implicano varie gelosie anche tra nipoti (fratelli e cugini).
Nella società attuale si è sostituita alla famiglia patriarcale quella nucleare. In essa vige la matrilinearità che porta le giovani madri ad appoggiarsi prevalentemente alle proprie madri e più in generale alla loro famiglia d’origine. In questo caso i nonni più coinvolti sono i nonni materni. Esistono delle situazioni in cui la presenza dei nonni è patogena: il caso più frequente è quello dei nonni che si sostituiscono ai genitori, i quali assumono un ruolo fraterno nei confronti dei propri figli e delegano le funzioni genitoriali ai nonni. Ciò significa, per i bambini, che i genitori sono immaturi e incapaci di svolgere il loro ruolo e che i nonni sono intrusivi e sono stati poco capaci di rendere i figli autonomi.
Talvolta, sono le circostanze economiche e lavorative che costringono i neogenitori a far assumere la responsabilità educativa ai nonni. Anche in questo caso i nonni diventano iperprotettivi e causano nei nipoti diverse forme di disadattamento, patologia chiamata “sindrome di re Salomone”.






I diritti dei nipoti, specie nei casi di genitori separati.
Nel caso di genitori separati può accadere che si creano problemi di rapporto e frequentazione, in particolare tra il bambino e i nonni da parte del genitore non affidatario o comunque non convivente. La casistica in giurisprudenza è rilevante: se si pensa a quante separazioni vengono attribuite all’influenza nella coppia dei genitori dell’uno o dell’altro, si capisce quanto sia frequente che il genitore con cui i bambini convivono e che abbia accusato problemi con i suoceri, tenda ad evitare e, addirittura, ad ostacolare la frequentazione dei figli con i nonni ex suoceri.
La riforma del codice civile attuata con la legge n. 54/2006 ha riformulato l’art. 155 c.c. introduce il principio secondo cui: anche in caso di separazione dei genitori, il figlio minore ha il diritto [omissis] di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Il principio essenziale a cui si ispira tutta questa riforma è la tutela dell’equilibrio e della qualità della vita dei figli minori in caso di separazione o divorzio e il diritto a mantenere e coltivare i rapporti con i nonni e tutti i parenti ne è considerato un aspetto essenziale.

L’importanza degli asili nidi

Nel caso di una mamma lavoratrice che non può accudire il figlio durante le ore di lavoro, la scelta migliore rimane l’asilo nido, organizzati per garantire il massimo della sicurezza e dell’igiene e ad accogliere in modo adeguato il bambino. Meglio rivolgersi prima alla struttura più vicina alla propria abitazione, chiedere informazioni, osservare il comportamento delle educatrici e dei bambini, le attività e i giochi che vengono proposti e valutare se la soluzione proposta si adatta alle proprie esigenze. Nel caso, invece, in cui la scelta cade sulla baby sitter, bisogna prendere informazioni sulle sue credenziali oppure informarsi presso le scuole di puericultura o le agenzie che offrono, a tal proposito, figure specializzate. Una volta che abbiamo di fronte la baby sitter, parliamo con lei, poniamole delle domande anche di semplice conoscenza, invitiamola a passare con noi e il bambino alcune ore. In questo modo è possibile valutare la sua attitudine a tale lavoro, apprezzare la sua dolcezza e senso di responsabilità nei confronti del piccolo e, attraverso i due filtri di valutazione: uno più concettuale ed uno più empatico e sottile, si è in grado di fare la scelta giusta.
Può capitare che il bambino si affezioni ad un oggetto (es un orsetto di pezza o una coperta), chiamato oggetto transizionale, esso sostituisce la mamma quando questa è assente. Questo oggetto, per essere tale, deve essere: insostituibile, in genere sporco e maleodorante, caldo (se il b. è nato d’inverno) e freddo (se il b. è nato d’estate); guai a lavare o pulire quel oggetto che, proprio quell’odore, lo rende rassicurante. Il fenomeno transizionale consiste in un comportamento ripetitivo da parte del bambino come: toccare il lobo dell’orecchio dell’adulto, girare la ciocca dei capelli o la punta di una federa o della coperta fra le dita.
Questi oggetti e fenomeni permetteranno al bambino di raggiungere quell’autonomia che gli permetteranno di sentirsi solo senza angoscia e di conquistarsi così uno spazio mentale in cui sviluppare il pensiero.


Avere rapporti sessuali con i bambini in casa.
Com’è possibile fare l'amore liberamente con i bambini nell'altra stanza? La soluzione più facile per sentirsi a proprio agio nel fare l’amore e vivere in coppia quel momento di grande comunione è farlo con la porta della camera chiusa a chiave.

Chiudere a chiave la porta non significa isolarsi e trascurare i bambini ma concedersi un angolo di autonomia per soddisfare le esigenze emotive e sessuali di coppia. Ciò va fatto non prima di aver soddisfatto quelle di genitori, vale a dire avendo portato a termine tutti i riti della buona notte a cui è abituato il bambino:

la filastrocca o la fiaba, i progetti per il giorno seguente, il bacio, la carezza, la luce spenta...

Fatto questo ed accertatici che ai bambini, adeguatamente all’età, davvero non necessiti nulla, oltre a un buon sonno, chiudere la porta sarà come rispettare il proprio “rito” di coppia

Nel caso in cui i bambini avessero bisogno dei genitori e bussassero alla porta della camera da letto, si ha tutto il tempo per ricomporsi, emotivamente e fisicamente, e affrontare questa nuova evenienza. Senza sensi di colpa.


Il Tirocinio: Informazioni e consulenze nel reparto di Ginecologia al I° piano

Tumori (miomi e carcinomi) e menopausa

La donna viene trasferita, nelle sale operatorie del terzo piano, solo al momento, di effettuare questo tipo di interventi.

Gli interventi più frequenti sono:

Mioma: tumore benigno, massa corposa che si forma nell’utero.

Carcinoma: tumore maligno.

Raschiamento: pulizia dell’utero dopo un intervento.

Tipi di intervento di asportazione di tumori all’utero:

L’isterectomia: asportazione dell’utero.
Esistono due tipi di isterectomie: quella monolaterale e quella bilaterale. Esse prevedono rispettivamente l’asportazione di una o entrambe le tube di falloppio e/o delle ovaie, sia nella patologia maligna che in quella benigna.
Si parla di laparoisterectomia, quando si agisce attraverso l’addome, e di colpoisterectomia, quando si agisce attraverso la vagina.

Per quanto riguarda il mioma (tumore benigno), ciò che preoccupa e spaventa le pazienti è l’intervento. In questi casi, durante il tirocinio, assistevo le pazienti in sala operatoria per trasmettere loro calma e fiducia.
Diverso è il caso del carcinoma (tumore maligno). Le pazienti con questo tumore hanno bisogno di ascolto empatico, di autenticità, di ritrovare la gioia di vivere attraverso le strategie di coping.





IL CASO: Una donna di 35 anni a cui è stata effettuata la colpo isterectomia

La diagnosi di tumore porta sempre con sé un forte impatto emotivo iniziale che, nel caso in cui la neoplasia interessi l’apparato genitale, si complica con le preoccupazioni legate alla capacità riproduttiva e sessuale. La donna in esame, sposata con un marito innamorato e premuroso, mostrava segni di riluttanza verso il marito dopo aver scoperto di avere un carcinoma; mentre il marito cercava in tutti i modi un dialogo amorevole con lei. Il timore della donna era che l’amore del partner potesse trasformarsi in “senso del dovere” o compassione”.
Durante una consulenza le dissi: “Tornare a star bene come prima si può. Anzi, la malattia potrebbe rappresentare un’occasione per migliorare la sua esistenza e il rapporto di coppia, apprezzando, insieme a suo marito, le piccole cose quotidiane, dando un maggior valore al tempo e alle persone, vivendo più intensamente anche la sessualità. Esistono ovuli e pomate che possono contribuire a farle vivere meglio la sua sessualità. Allo stesso tempo, è bene comunicare i propri stati d’animo al partner. Rabbia, paura, ansia, depressione, insicurezza si affrontano meglio se vengono condivise”.
Rivolgendomi al marito, gli dissi: “La sua compagna ha bisogno di sentirsi rassicurata sui sentimenti che prova per lei. Deve sentirsi, pertanto, amata e desiderata nello stesso modo in cui lo era prima della malattia. Fino a quando sua moglie non sarà in grado di accettare la malattia e i cambiamenti che il suo corpo subirà, sarà difficile recuperare una vita sessuale soddisfacente. Dovrà darle la giusta dose quotidiana di tenerezza e attenzioni, dialogare con lei in modo da arginare lo stress, i timori e la stanchezza fisica causati dalle cure”.
Dopo varie sedute la donna ha mostrato di essere pronta ad iniziare la sua nuova sfida e di volerla vivere e condividere con il marito.


Menopausa

Ho avuto modo di parlare anche con donne in menopausa e in post menopausa. In quei casi facevo counseling di gruppo nelle camere e, se le pazienti lo richiedevano, parlavo loro in privato.


Il sesso in menopausa


Ricordo di una donna anziana che simpaticamente ripeteva: “Se prima della menopausa la tua vita sessuale è stata piena e gratificante, continuerà ad esserlo anche dopo”.

La sessualità in menopausa comporta diversi vantaggi, primo fra tutti quello di non correre il rischio di una gravidanza indesiderata.
Questo vantaggio è confermato da molte donne che dicono di sentirsi più libere, di vivere pienamente e serenamente la propria sessualità in età matura.
Molte dichiarano che la menopausa le ha rese più disinibite e capaci di esprimere desideri ed emozioni che hanno per lungo tempo voluto nascondere.
Si parla di sindrome del “nido troppo vuoto” quando si hanno figli adulti ed autonomi che vanno via di casa, oggi però si assiste al fenomeno inverso. Infatti, molte donne lamentano il loro “nido troppo pieno” ovvero i figli non vanno più via di casa per situazioni sociali, economiche o a causa di relazionali instabili. Quando, invece, i figli diventano autonomi, le donne sentono di potersi nuovamente concentrare su se stesse, alla riscoperta della propria sessualità. Per molte donne la menopausa segna una vera e propria rinascita che investe tutta la personalità femminile, non soltanto la sfera sessuale.
L’importante è adeguarsi ai cambiamenti che progressivamente avvengono nel proprio corpo e in quello del partner (in caso d’andropausa) e che implicano delle cambiamenti nel modo di fare l’amore.
La premessa per mantenere vivo un rapporto intimo e affettuoso nasce naturalmente da una buona comunicazione tra la coppia.

Quali sono i fattori che favoriscono l’attività sessuale in postmenopausa?
  • Aver avuto una vita sessuale attiva, regolare e gratificante durante l'età fertile;
  • un atteggiamento positivo e di accettazione del passare degli anni;
  • un buon affiatamento con il partner, vivere bene l'intimità di coppia e una buona comunicazione tra i due partner;
  • l'accettazione dei cambiamenti del proprio corpo;
  • la buona salute fisica ed emotiva.


Conclusioni

Nello svolgere il mio tirocinio come pedagogista, a seconda dei casi che si sono presentati, ho potuto applicare il metodo non direttivo Rogersiano integrato con altri strumenti, metodologie, tecniche e strategie proprie della pedagogia , psicologia, filosofia, sociologia e antropologia. Alcuni esempi: il metodo comportamentale, il metodo cognitivo, la PNL, l’AT, ecc. Ho trovato molto interessante e stimolante lavorare in équipe con specializzande ginecologhe ed ho potuto constatare, grazie ai consensi raccolti tra pazienti e colleghi, quanto sia utile la figura del pedagogista all’intero di una struttura ospedaliera nel reparto di ginecologia e ostetricia. Ciò perché sono tante le problematiche legate alle varie fasi della vita di una donna che possono essere affrontate e superate con la pedagogia.
Vista l’esistenza della figura del pedagogista clinico, spero che venga presto riconosciuta all’interno delle nostre strutture ospedaliere, soprattutto, nei reparti in cui è maggiormente richiesta, come ad esempio quello di ginecologia ed ostetricia.
Posso ritenermi, dunque, soddisfatta per l’esperienza fatta e il risultato raggiunto.



Data 14-04-’10                                                    Firma tirocinante specializzanda pedagogista
                                                                                                       Dott.ssa Vittoria Salice



[1] Per una pedagogia delle emozioni, M.G. Contini.
[2] Per una pedagogia delle emozioni, M.G. Contini.
[3] Per una pedagogia delle emozioni, M.G. Contini.
[4] La pragmatica della comunicazione, P. Watzlawich.
[5] Elementi di Psicologia sociale, F. Emiliani, B. Zani.
[6][6] Psicopatologia della vita quotidiana L.Pinkus

[7] La terapia centrata sul cliente, C.Rogers
[8] l’esistere pedagogico, ragioni e limiti di una pedagogia, come scienza fenomenologicamente fondata ,P. Bertolini
[9] La terapia centrata sul cliente, C.Rogers
[10] Seminario: Fenomenologia husserliana, D. Demetrio e Zanarini ricercatori, Università di Bologna.
[11] Lei vede ma non osserva…, C. Ziglio
[12] l’esistere pedagogico, ragioni e limiti di una pedagogia, come scienza fenomenologicamente fondata, P. Bertolini
[14] l’esistere pedagogico, ragioni e limiti di una pedagogia, come scienza fenomenologicamente fondata, P. Bertolini
[15]  99 desideri proibiti, C. Fabris
[16] elementi di psicologia dello sviluppo Dalle teorie ai problemi quotidiani, A.Farneti
[17] Il sesso e i rapporti amorosi, William Masters e Virginia Johnson
[18] elementi di psicologia dello sviluppo Dalle teorie ai problemi quotidiani A.Farneti

[19] psicologia dell'educazione, C. Pontecorvo
[20] Sociologia della famiglia, C. Saraceno
[21] lo spazio dell’incontro M.Callari Galli e antropologia psicologica, G.Harrison

[22] psicologia dell’educazione,  F.Carugati, P. Selleri
[23] psicologia dell’educazione,  F.Carugati, P. Selleri

Nessun commento:

Posta un commento