3.3.2. Il matrimonio
Definiamo
innanzitutto il matrimonio come un’istituzione
che sancisce l’unione tra un uomo e una donna le cui funzioni sono: la
produzione di una discendenza legittima e la costituzione di stabili alleanze.
Queste funzioni cambiano da cultura a cultura e da epoca a epoca. La nostra
istituzione è una scelta libera e consapevole di coloro che contraggono il
vincolo. Tale scelta si fonda (o dovrebbe) sull’innamoramento e il sentimento
d’amore ma non sempre è così perché spesso sfocia nella convivenza (P.
Bertolini)[1].
Il matrimonio ha
sempre presentato diversificazioni a livello geografico, demografico, antropologico,
e storico.
Possiamo
raggrupparli per parentela, per genere, per promiscuità (etnia o religione), per
età.
I matrimoni tra
parenti sono di due tipi: esogamici ed endogamici[2]:
La tipologia più semplice di famiglia è quella nucleare, costituita da un uomo, una donna e i loro figli.
La famiglia estesa, invece, è caratterizzata dalla presenza di più famiglie nucleari legate tra loro o per via materna o per via paterna che risiedono in uno stesso luogo.
La tipologia più semplice di famiglia è quella nucleare, costituita da un uomo, una donna e i loro figli.
La famiglia estesa, invece, è caratterizzata dalla presenza di più famiglie nucleari legate tra loro o per via materna o per via paterna che risiedono in uno stesso luogo.
La
regola che determina la residenza caratterizza anche la stessa
configurazione della famiglia:
regola patrilocale o virilocale: quando il figlio maschio si sposa continua a vivere nella casa paterna, portando con sé la moglie e figli; nel caso, invece,
regola matrilocale o uxorilocale: è la figlia femmina a rimanere in casa delle madre con il marito e la prole.
regola patrilocale o virilocale: quando il figlio maschio si sposa continua a vivere nella casa paterna, portando con sé la moglie e figli; nel caso, invece,
regola matrilocale o uxorilocale: è la figlia femmina a rimanere in casa delle madre con il marito e la prole.
Nelle
società primitive, il matriarcato, rappresentava l'opportunità sociale
che la filiazione facesse riferimento almeno ad un genitore certo,
affinché si potesse costituire una linea ereditaria altrettanto certa.
Il matrimonio esogamico presuppone che
il coniuge deve essere preferibilmente scelto all’esterno del gruppo di
appartenenza. In riferimento a quanto detto in precedenza relativamente ai gruppi
a discendenza unilineare (patrilineari o matrilineari), il matrimonio tra
cugini incrociati (figli e figlie di fratelli germani di sesso differente) è un
esempio classico e, piuttosto diffuso, a livello etnografico di unione
esogamica. Esso si presenta come una forma di matrimonio preferenziale più che
un vero e proprio obbligo sociale, perché favorisce scambi (di beni e persone)
e alleanze. Oggi i matrimoni esogamici prediligono la diversità demografica, ossia
città, nazioni e continenti diversi.
I matrimoni endogamici, invece, avvengono
tra individui scelti nello stesso clan o stirpe, quindi, tra quelli ritenuti
parenti. Ad esempio, i beduini del deserto si sposano tra cugini, fratelli e
sorelle e non accettano membri esterni, per tal motivo si definiscono la “razza
pura”. Oggi viene detto matrimonio endogamico quello che predilige lo stesso
status demografico, cioè la propria città,
nazione, continente.
Il matrimonio omogamico indica la scelta di un coniuge che
condivide il medesimo status sociale, più precisamente, in virtù della
posizione occupata nel sistema di stratificazione sociale dal nucleo familiare
di origine, stesso grado culturale, etc.
Il matrimonio eterogamico, o matrimono misto, indica le coppie i
cui partner presentano caratteri dissimili per status sociale e grado culturale
e religioso.
matrimonio morganatico ci
si sposava con diverso status economico e per questo erano matrimoni
segreti. Esso impedisce il passaggio alla moglie dei titoli e dei
privilegi del marito.
I matrimoni per scelta sessuale[3], invece, sono:
I matrimoni poligami, in generale esso
rappresenta l’unione matrimoniale di un uomo con più donne o di una donna con
più uomini. Esso si divide in due tipi:
1.
matrimonio
poliginico ove un uomo si unisce a più donne, molto sviluppatain Oriente nella cultura islamica.
2.
matrimonio
poliandrico ove una donna si unisce a più uomini, molto diffusa in Oriente, in particolare in India, nello Shri Lanka e in Tibet
Gli antropologi hanno riscontrato l’esistenza di due tipi di poliandria:
- poliandria fraterna (o adelfica): un’unica donna si sposa con un uomo e tutti i componenti maschili della famiglia di quest’ultimo (solitamente con i fratelli);
- poliandria associata: a un matrimonio inizialmente monogamico si aggiunge un secondo marito, che viene incorporato nell’unione precedente.
Queste forme
di matrimonio avvengono perché a livello demografico si registra più un’alta
natalità maschile che femminile o viceversa. La donna è considerata solo uno
strumento di scambio e non d’amore, difatti, in questi casi, la paternità non è
sempre certa. Infatti, per la donna della poliandria adelfica, che può sposare
un uomo ed avere tanti amanti, il matrimonio non è fondato sull’amore, bensì
essa è uno strumento per procreare e dare al marito una paternità (anche se
incerta); nel caso in cui la donna è sterile, quindi, viene mandata di nuovo in
famiglia o addirittura ripudiata.
Il matrimonio bigamo è quello in cui un
uomo unito precedentemente ad una donna in matrimonio si unisce anche ad
un'altra, risultando, in definitiva, unito a due donne. Tale tipo di matrimonio
in Italia è considerato reato art. 556 c.p..
Il matrimonio monogamo è una forma di unione
matrimoniale eterosessuale a carattere esclusivo, in cui un
individuo ha un unico coniuge dell’altro sesso, ed è quello vigente in Italia e
in Occidente. Un appunto da fare è che in alcune parti dell’Italia meridionale
vige ancora il modello patriarcale (il pater familias), in questo tipo di
famiglia succede alle volte che alcune donne vengano date in mogli per uno
scambio di terreni, case, denaro.
esistono tre tipi di matrimoni monogami:
matrimonio civile : a tutti gli effetti di Legge è un matrimonio ma solo civile, ufficiato da un Ufficiale dello Stato Civile, non religioso. Art. 143, art. 144, art. 147, art 148 e art 20 e art. 30 della costituzione.
matrimonio concordatario: esso si sviluppa dopo la promessa di matrimonio e il corso prematrimoniale che avviene un paio di mesi prima del matrimonio celebrato in Chiesa ufficiato dal parroco dove vengono letti anche gli art. dello Stato Civile oltre che Religioso. art. 143, 144, 147, 148, 27, 30, 315/bis, art 5 del 27/05/'29 art 8 n° 1 accordo del 08/02/'84.
Matrimonio Canonico: svolto solitamente per chi ha svolto già un matrimonio civile in comune, e deve completare con un matrimonio in Chiesa.
Matrimonio Canonico: svolto solitamente per chi ha svolto già un matrimonio civile in comune, e deve completare con un matrimonio in Chiesa.
matrimonio Canonico senza effetti civili: che ha effetti solo religiosi non valido in Italia per effetto del Concordato. Anche se ultimamente le cose stanno cambiando per merito delle convivenze anche se per tale Matrimonio devi dimostrare la convivenza con un certificato da comune tale si chiama convivenza more uxorio.
I matrimoni omosessuali[4]
avvengono tra persone dello stesso sesso (2 uomini o 2 donne), non tutti i
paesi hanno riconosciuto questa tipologia di unione, nonostante le forze
politiche pro matrimonio omosessuale sostengono che il rapporto omosessuale è
una sana espressione della sessualità, che il diritto al matrimonio è un
diritto individuale inalienabile della persona e che vige il principio della
parità tra i sessi. Allo stato attuale, solo in alcuni Paesi come: i Paesi Bassi,
i Belgio,
la Spagna,
il Portogallo,
il Canada,
il Sudafrica,
la Svezia,
la Norvegia,
la Danimarca,
l’Islanda,
l’Argentina,
il Messico
(solo nella capitale) e sei stati USA: Massachusetts,
Connecticut,
Iowa, Vermont,
New Hampshire,
New York,
e il distretto di Washington DC, e ammesso il matrimonio
omosessuale.
unioni bisex: In relazione al genere sessuale,
esistono anche unioni bisex ossia
uomini che hanno relazioni con uomini e donne e viceversa, indifferentemente. Queste
non sono ascrivibili al matrimonio ma, le statistiche dimostrano che un’alta
percentuale di persone (uomini e donne) sposate regolarmente ha relazioni più o
meno segrete con persone dello stesso sesso. Il matrimonio contratto in
violazione dell’(art. 86 c.c.) è sanzionato penalmente (art. 556 c.p.: reato di
bigamia).
Abbiamo accennato che esistono matrimoni
promiscui per religioni ed etnie, tali matrimoni permettono alle persone di
potersi sposare con entrambi i riti della religione di appartenenza della
coppia. Questo tipo di matrimoni, però, porta la coppia con figli ad avere
problemi riguardanti determinate tradizioni culturali e religiose, ad esempio,
se la coppia vive in Italia non sempre decide di dare l’educazione religiosa a
scuola. La Chiesa Cristiano-Cattolica ha influito per secoli su alcune
questioni che oggi non sono ritenute più valide dalla maggior parte delle
persone, ad es. sull’aborto, sul divorzio, sulla fecondazione medicalmente
assistita, sulle seconde nozze, su figli naturali, etc. Queste ed altre
questioni, inerenti, alcuni dogmi della Chiesa con il crescere di separazioni,
divorzi, e annullamenti di matrimoni da parte della Sacra Rota, hanno
indebolito molto l’istituzione del matrimonio tanto che c’è un aumento di
matrimoni civili e convivenze e una diminuzione di matrimoni con rito
Cattolico.
In epoca Repubblicana[5]
si presupponeva la sottomissione della
donna all'autorità (manus) di un uomo e si realizzava attraverso il
trasferimento della patria potestas dal
padre allo sposo, che veniva ad avere perciò sulla moglie un potere analogo
a quello esercitato sui figli e sugli schiavi. Questo matrimonio, detto cum manu, fu progressivamente sostituito
da quello libero (sine manu), fondato
unicamente sul consenso degli sposi senza riti, l’unico requisito era l’età minima
da matrimonio richiesta, ritenuta sufficiente per esprimere validamente il
consenso, dodici anni per le donne e quattordici per gli uomini. Con il
concilio di Trento fra il 1579 e il 1730, le ordinanze reali imposero
l'esplicito consenso dei genitori per gli uomini con meno di trent'anni e le
donne con meno di venticinque. Il decreto del settembre 1792 consegnava in
Francia al diritto civile, la materia matrimoniale, aboliva il consenso dei
genitori e gli impedimenti canonici e introduceva il divorzio. Il Codice Civile
Napoleonico, che venne via via esteso a gran parte dell'Europa, ristabilì il
potere del padre sui figli ed estese quello del marito sulla moglie, ma non
toccò il principio del matrimonio civile. Questo finì per diventare
generalizzato nell'Europa del XIX secolo e fu reintrodotto anche in Italia con
il codice civile del 1865, ma i Patti lateranensi del 1929 istituirono un
doppio regime, riconoscendo effetti civili ai matrimoni celebrati secondo il
rito cattolico. Durante il regime fascista l’età minima per contrare matrimonio
per le donne era 14 anni e 16 per l’uomo (con possibilità di ulteriore
riduzione a 14 e 12). L’assenso al matrimonio doveva essere dato dal genitore e
la scelta dei giovani era spesso motivata da ragioni di onore o di interesse.
Questo modello si adattava più a uomini e donne di scarsa scolarizzazione e
redditi modesti proveniente dal lavoro dei campi, botteghe, fabbriche. Mussolini,
poco prima della II guerra mondiale, emanò una legge che prevedeva l'imposta sul celibato con il proposito
di favorire i matrimoni e, di conseguenza, incrementare il numero delle nascite.
Secondo l'ideologia fascista, una popolazione numerosa era indispensabile per
perseguire gli obiettivi di grandezza nazionale, che si pretendeva spettassero
all'Italia, oltre che per avere un esercito
il più numeroso possibile. In Italia la situazione è cambiata dopo la legge del
1975. L’età minima per sposarsi è stata portata a 18 anni e, solo, in casi
particolari a 16, mentre, l’obbligo del consenso dei genitori è stato sostituito
dall’autorizzazione del tribunale minorile[6].
Il 2°co. dell’art. 84, della suddetta Legge, riconosce la possibilità che il
tribunale, su istanza dell’interessato, valutata la sua maturità psico-fisica e
la fondatezza delle ragioni addotte (sentito il pubblico ministero, i genitori
o il tutore), possa (con decreto emesso in camera di consiglio) ammettere al
matrimonio il minore che abbia compiuto i sedici anni, purché sussistano gravi
motivi. E’ curioso come, invece, la
maggiore età sessuale in Italia si raggiunge al quattordicesimo anno di età.
A livello statistico, la tabella sotto
riporta chiaramente come negli anni tra il 2005 e il 2010 ci sia stata una
netta diminuzione di matrimoni. Le cause sono da imputare alla mancanza di
lavoro, all’autonomia della donna, alla paura di affrontare un divorzio, alla
scarsa credenza religiosa, alla infertilità latente o manifesta, etc.
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