mercoledì 22 aprile 2015

famiglia parentela e la legge sul doppio cognome ai figli





Storia evolutiva della famiglia
Nell’arco dei secoli la famiglia ha subito profondi mutamenti, sia nei Paesi Occidentali che nei Paesi Orientali, a causa di diversi fattori, quali: la religione, la politica, etc. In questo paragrafo parlerò del processo evolutivo del sistema parentale, partendo dai sistemi patriarcali e matriarcali fino ad arrivare ai nuovi modelli monogenitoriali, e in secondo luogo delle modifiche che il matrimonio ha subito nel corso dei secoli.
  
 Famiglia e Parentela



Limitatamente in ambito antropologico, è grazie all'opera di Morgan (1818-1881), antropologo americano, che gli istituti della parentela e della discendenza sono definitivamente entrati a far parte delle problematiche di interesse scientifico.


Definiamo innanzitutto i concetti di famiglia, di parentela e di discendenza:
P. Bertolini[1] definisce la famiglia come un gruppo di persone direttamente legate da rapporti di parentela, all’interno del quale i membri adulti hanno la responsabilità di allevare i bambini. Una cooperazione economica, una relazione sessuale socialmente approvata, una durata temporale di una certa continuità, una residenza spaziale comune, la protezione della prole, l’inculturazione[2], una rete di diritti e doveri, caratterizzano questa forma di raggruppamento sociale. Essa si presenta come un ponte tra natura e cultura perché risponde tanto alle esigenze biologiche che a quelle culturali.
La parentela[3] è l’insieme dei rapporti fondati sul matrimonio o linee di discendenza tra consanguinei (nonni, madri, padri, figli, fratelli, sorelle, zii, cugini) ed affini (suocero nuora genero) entro il 6° grado o un rapporto sostitutivo ad es. l’adozione, fondato su vincoli educativi.

Per discendenza intendiamo una conseguenza naturale della procreazione, mentre per parentela il riconoscimento sociale e culturale della discendenza.
La famiglia oggi, come in passato, è stata travolta da una ondata di cambiamenti che hanno prodotto e stanno producendo su di essa e sulla sua struttura profonde modificazioni.
Cercando di tracciare un percorso storico riguardante l’evoluzione delle strutture familiari che si sono succedute in Europa, non possiamo fare a meno di notare anzitutto la difficoltà nel cercare di ricostruire storicamente tale evoluzione e, secondariamente, come numerose siano state le strutture familiari che, nel corso dei secoli, sono sorte, si sono diffuse e sono scomparse.
La parentela designa in senso stretto il rapporto che deriva da una comune genealogia, a un sistema di discendenza. La parentela è il vincolo con le persone che discendono da uno stesso stipite (art. 74 c.c.). Essa ingloba i consanguinei in linea retta e collaterale  discendenti da uno stesso progenitore (art. 75 c.c.) e gli affini (art. 78 c.c.), ovvero i congiunti con il quale si entra in rapporto dopo il matrimonio. Specificatamente, la parentela naturale è limitata tra il genitore e il figlio naturale (ossia nato fuori dal matrimonio) riconosciuto o giudizialmente dichiarato (artt. 258 e 277 c.c.)[4]. In questo modo si vengono a formare non solo due famiglie ma anche due parentele che danno luogo ad una costellazione di parentela: nonni, genitori, figli, fratelli, sorelle, cognati, generi, nuore, suoceri, zii, nipoti, cugini etc. Nella linea retta si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escluso lo stipite (art. 76 c.c.). Nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti fino allo stipite comune e da questo discendendo all'altro parente, sempre restando escluso lo stipite,  la parentela si conta fino al 6° grado (artt. 77 e 572 c.c.)[5].

 computo dei parenti:
SOGGETTO
genitori parenti in linea retta ascendente di 1° grado
nonni parenti in linea retta ascendente di 2° grado
bisnonni parenti in linea retta ascendente di 3° grado
figli parenti in linea retta discendente di 1° grado
nipoti parenti in linea retta discendente di 2° grado
bisnipoti parenti in linea retta discendente di 3° grado
fratelli e sorelle parenti in linea collaterale di 2° grado
nipoti (figli di fratelli) parenti in linea collaterale di 3° grado
pronipoti (figli di figli di fratelli) parenti in linea collaterale di 4° grado
figli di pronipoti parenti in linea collaterale di 5° grado
zii paterni e materni parenti in linea collaterale di 3° grado
cugini parenti in linea collaterale di 4° grado
figli di cugini parenti in linea collaterale di 5° grado
figli di figli di cugini parenti in linea collaterale di 6° grado
prozii (fratelli dei nonni) parenti in linea collaterale di 4° grado
cugini dei genitori parenti in linea collaterale di 5° grado
figli dei cugini dei genitori parenti in linea collaterale di 6° grado.



Nel Diritto Romano e Giustiniano la parentela,  ha rilevanza giuridica fino al settimo grado: da questo grado in poi i parenti si denominano:
genericamente maiores (ascendenti) e posteri(discendenti).
estese il riconoscimento della parentela fino al settimo grado, considerandola entro questo limite come impedimento al matrimonio: il limite però dal quarto Concilio Lateranense del 1215 fu ristretto al quarto grado
Secondo il nuovo Codex Iuris Canonici, che è ritornato al sistema romano, l’impedimento alle nozze nella linea retta è all’infinito, nella collaterale si limita al quarto grado (can. 1091)
Oltre alla parentela naturale, esiste anche una parentela legale, che nasce dall’adozione e che comporta un impedimento matrimoniale (can. 1094), nella linea retta in qualsiasi grado, nella linea collaterale nel secondo grado.

La parentela in alcune società è differenziata per genere, così avremo dei lignaggi o clan[1]:
La tipologia più semplice di famiglia è quella nucleare, costituita da un uomo, una donna e i loro figli.
La famiglia estesa, invece, è caratterizzata dalla presenza di più famiglie nucleari legate tra loro o per via materna o per via paterna che risiedono in uno stesso luogo.
La regola che determina la residenza caratterizza anche la stessa configurazione della famiglia:


[1] C. SARACENO, M. NALDINI, Sociologia della famiglia, Il Mulino, Bologna 2001, p. 62-63.


La parentela in alcune società è differenziata per genere, così avremo dei lignaggi o clan[6]:
-      relazione agnatica e la filiazione patrilineare dove a prevalere è il sesso maschile e si è parenti solo dei fratelli del padre, escludendo sia le sorelle del padre sia i fratelli e sorelle della madre.
In tal caso vale la regola patrilocale o virilocale  quando il figlio maschio si sposa continua a vivere nella casa paterna, portando con sé la moglie e figli
-      relazione uterina e filiazione matrilineare dove a prevalere è il sesso femminile, escludendo i fratelli e le sorelle del padre e i fratelli della madre.
In tal caso vale la regola matrilocale o uxorilocale   è la figlia femmina a rimanere in casa delle madre con il marito e figli. Nelle società primitive, il matriarcato, rappresentava l'opportunità sociale che la filiazione facesse riferimento almeno ad un genitore certo, affinché si potesse costituire una linea ereditaria altrettanto certa.
-      relazione e filiazione bilineare dove ciascun individuo appartiene a due linee di parentela diverse e a due sistemi di filiazioni diverse.
Le filiazioni patrilineari, matrilineari e bilineari non impedivano e non impediscono, tutt’ora, i rapporti incestuosi con i “non ritenuti parenti” fino al quinto grado.
-      relazione indifferenziata o cognatica: quella a cui apparteniamo noi vi è un indifferenziazione del sesso ma i figli appartengono ad entrambe le famiglie e possono ereditare da qualsiasi dei suoi ascendenti. Questo è il modello delle società contemporanee, ma non in forma pura, in quanto il cognome essendo solo del padre porta ancora l’identificazione della sola famiglia in linea maschile.
La parzialità espressa dal cognome porta la tensione implicita nei vincoli di parentela per la non scelta privilegiata ed esclusiva e per esprimere un’equidistanza ed un’equiappartenenza. La parentela, infatti, esprime una discendenza, un appartenenza, un controllo, una protezione delle regole, un affettività, degli obblighi, dei doveri e dei diritti. Come scrive Segalen[7]:“tramite il lignaggio, il gruppo domestico si trova collegato alla catena di coloro che l’anno preceduto e gli succederanno nel medesimo luogo, e tramite la parentela, all’insieme dei parenti con i quali si persegue tutto ciò che fa la trama della vita sociale: litigi, amicizie, o lodi”. Questa situazione, oggi, in alcune parti dell' Unione Europea è cambiata, ad es. in Spagna un bambino porta entrambi i cognomi dei propri genitori, questo a mio avviso è positivo sia per la donna che sente anche di aver dato la propria identità al figlio, sia per il figlio che sente di avere non solo l’identità delle due famiglie d’origine ma anche la consanguineità.

Un altro problema è la terminologia delle parentele, Lévi Strauss ne individua 5[8]: Eschimo, Hawaiano, Omaha, Crow, Sudanese. 
 Il nostro sistema Occidentale essendo di tipo indifferenziato o cognatico è di tipo Eschimo[9], ad es. se indichiamo cugino/a o zio/a non distinguiamo materno o paterno e questi parenti vengono chiamati per nome, come, d’altronde, facciamo per le sorelle e i fratelli. Il temine nipote può indicare il figlio/a del figlio/a o il figlio/a del fratello o sorella o del cugino/a, per indicare cognato/a possiamo riferirci indistintamente alle due famiglie.

Facendo un excursus dei sistemi parentali, tra nucleari ed estese[10], dalle società primitive ad oggi, possiamo notare le differenze già tra società primitive e quelle ellenistiche e romane. Mentre, nelle società primitive pur essendo già presente la famiglia nucleare, la rete di parentela e i sistemi tribali[11] prevalevano sui singoli legami, nelle società tradizionali ellenistiche e romane, maggiore rilievo acquista la nuclearità della famiglia, e il tipo di legame che prevale è quello fondato sull’autorità di tipo patriarcale con discendenza  patrilineare.
Dopo la caduta dell’Impero romano, la famiglia ha subito un processo di frammentazione e di dispersione; sono comparse nuove formazioni di tipo comunitario o gruppi familiari molto estesi, con norme rigide alternative a quelle dello Stato, che ha perso la sua centralità
Alla fine del Medioevo, la configurazione delle famiglie in Europa si è molto diversificata. Nella famiglia urbana prevalevano le forme nucleari, in quella rurale erano più diffuse le forme estese o multiple; ancora, nell’Europa Mediterranea e Orientale, dove il potere statale era debole, risultava più diffuso il fenomeno delle “grandi famiglie”, mentre, nel centro e nel nord Europa, dove il potere politico più organizzato, prevalevano le famiglie nuclearizzate.
Con l’inizio della Rivoluzione Industriale e con i grandi cambiamenti culturali e sociali che l’hanno accompagnata, è diventato difficile mettere a fuoco i nuovi modelli familiari che si sono succeduti a ritmi vertiginosi. Nel periodo di piena industrializzazione, prevaleva un modello di famiglia di tipo borghese che assumeva un atteggiamento di tipo privatistico ed espressivo, favorito dal rapido accesso alla società dei servizi e dei consumi. Nell’epoca post- industriale, il modello prevalente di forma familiare era quella a carattere nucleare, relativamente privatizzato e isolato dalla parentela. E’ proprio in questa formazione sociale che la famiglia sembrava depotenziarsi a tal punto da diventare sempre meno significativa per la vita sociale.
Negli ultimi cinquant’anni è iniziato, ed è tutt’ora in corso, un processo di trasformazione della famiglia, nelle sue forme interne ed esterne, verso una maggiore complessità, differenziazione ed anche frammentazione al punto che in ambito psicosociale si preferisce adottare il termine “famiglie” al posto di “famiglia”. Nonostante la maggiore fragilità, le incertezze e i grandi timori, essa rimane, comunque, il sistema di reti di solidarietà sul quale le persone continuano ad investire e a costruire il proprio senso di identità ed appartenenza.
Da un punto di vista strutturale, possiamo osservare un completamento della tendenza alla “contrazione” della famiglia, vale a dire una riduzione, sempre maggiore del numero dei suoi componenti, tanto che sono in costante aumento le famiglie unipersonali, composte cioè da un unico individuo. Da un punto di vista funzionale, stiamo assistendo a un restringimento del ruolo pubblico della famiglia e alla valorizzazione degli aspetti legati alla soddisfazione dei bisogni affettivi ed emotivi dei suoi componenti.
Il dilatarsi del periodo di studio, e di formazione, il ritardato ingresso nel mondo del lavoro, la su precarietà e la crescente globalizzazione, che costringe la persona a spostarsi in altri Paesi e a non avere più una dimora fissa, sono fenomeni che si correlano con il ritardato accesso al matrimonio e la posticipazione della nascita del primo figlio.
La risultante di queste trasformazioni è il prolungamento del periodo di convivenza e d’interdipendenza tra genitori e figli giovani-adulti, anche se recentemente si sta verificando il fenomeno di autonomia, indipendenza e libertà che porta sempre più i giovani a vivere da soli.
Benché la maggior parte delle persone si uniscono in matrimonio e mettono al mondo figli, si è andata manifestando una crescente disaffezione nei confronti del modello di famiglia tradizionale, fondata sul matrimonio, con un aumento delle convivenze, delle separazioni e dei divorzi, delle famiglie ricomposte e ricostituite.
Attualmente non vi è più coincidenza tra la famiglia intesa come l’insieme degli individui legati da vincoli legali (per matrimonio e generatività) e la famiglia intesa come soggetti conviventi sotto lo stesso tetto. La famiglia viene definita sempre più in base ai legami affettivi, come sistema interpersonale basato sulle relazioni di attaccamento, in altre parole, sulle relazioni intime più significative nel processo di individuazione, crescita e cambiamento di ogni suo singolo componente.
Tra i fattori che hanno contribuito alla messa in crisi del matrimonio e che hanno favorito il processo di trasformazione del sistema famiglia possiamo individuare: lo sviluppo e terziarizzazione dell'economia, che hanno favorito l'ingresso delle donne nel mondo del lavoro rendendole economicamente indipendenti dagli uomini; la crescente secolarizzazione della società, cioè il venir meno del controllo religioso sulla vita sociale e la tendenza a considerare la fede come un fatto privato; la scolarizzazione di massa; l'emergere di movimenti collettivi, tra cui il femminismo, che hanno messo in discussione l'autoritarismo patriarcale e il modello tradizionale di famiglia.
Anche l'aver posto l'amore come fondante il matrimonio ha contribuito a rendere più fragile l'unione coniugale. Infatti, paradossalmente, nelle società premoderne, in cui in tutte le classi sociali il matrimonio era un'alleanza tra le famiglie e i sentimenti erano del tutto irrilevanti, la stabilità coniugale era garantita dagli interessi economici e di potere, che stavano alla base di tale alleanza. Da quando, invece, il matrimonio d'amore ha preso il posto di quello combinato, le aspettative della coppia sono aumentate e l'unione rischia di perdere la sua ragion d'essere quando l'amore viene meno.



[1] P. BERTOLINI, Dizionario di pedagogia e scienze dell’educazione, Zanichelli, Bologna 2008, p. 199.
[2] Il processo d’inculturazione avviene nella prima infanzia in modo inconscio ed è il processo attraverso il quale il bambino apprende dalle generazioni più anziane (genitori, nonni, zii) il vivere nella cultura in cui è nato: 1. il repertorio di valori atteggiamenti; 2. gli strumenti per premiare /punire il bambino; 3. i modelli di comportamento corrispondenti alla propria stratificazione sociale per mantenere la reciproca dipendenza degli strati sociali su cui si fonda il sistema di produzione.
[3] P. BERTOLINI, op. cit., p. 407.
[4] E. GIACOBBE, Le persone e la famiglia,  Utet Giuridica, Milano 2011, p. 48.
[5] Ivi, p. 227.
[6] C. SARACENO, M. NALDINI, Sociologia della famiglia, Il Mulino, Bologna 2001, p. 62-63.
[7] Ivi, p. 67.
[8] Ivi, p. 64.
[9] Esso è designato sul gruppo culturale in cui è stato individuato per la prima volta.
Cognome


 Finalmente un Disegno di Legge (D.D.L.) che ci permette (almeno per ora la libera scelta di aggiungere il cognome materno a quello paterno con la speranza che entro ottobre ( entro 1 anno) diventi Legge e tolga questo maschilismo e patriarcalismo frutto di una società ormai obsoleta. E dia un idetità alla persona completa e unica all' interno delle due famiglie di appartenenza.

Disegni di legge
Atto Camera n. 1943
XVII Legislatura
modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di cognome dei coniugi e dei figli
approvato con il nuovo titolo
"Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli"

Iniziativa Parlamentare


24 settembre 2014:  approvato in testo unificato
Successione delle letture parlamentari
C.1943
T. U. con C.360, C.2044, C.2123 (Gov.), C.2407, C.2517
approvato in testo unificato
24 settembre 2014
assegnato (non ancora iniziato l'esame)
3 ottobre 2014
Presentato in data 10 gennaio 2014; annunciato nella seduta ant. n. 150 del 13 gennaio 2014.


·  A.C. 360
GARAVINI ed altri; NICCHI ed altri; CARFAGNA e BERGAMINI; UN DISEGNO DI LEGGE DI INIZIATIVA DEL GOVERNO; GEBHARD ed altri: Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli, in esecuzione della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo 7 gennaio 2014 (360-1943-2044-2123-2407)
24 settembre 2014 - Approvato
La Commissione ha elaborato un testo unificato dei progetti di legge nn. 360, 1943, 2044, 2123, 2407 e 2517

XVII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
   N. 360-1943-2044-2123-2407-A



PROPOSTE DI LEGGE
n. 360, d'iniziativa dei deputati
GARAVINI, ROBERTA AGOSTINI, FONTANELLI, CENTEMERO, CAPUA, DI LELLO, BLAZINA, BOSSA, CARELLA, CAUSI, CENNI, CIMBRO, COCCIA, CRIVELLARI, D'INCECCO, FABBRI, GIANNI FARINA, FEDI, FIORIO, GASPARINI, GINOBLE, GIULIANI, GNECCHI, GOZI, IORI, LATTUCA, MALPEZZI, MANZI, MARTELLA, MARTELLI, MARZANO, MATARRESE, MATTIELLO, MOGHERINI, MORETTI, OLIVERIO, PALMIZIO, PELUFFO, PIAZZONI, SALVATORE PICCOLO, PORTA, QUARTAPELLE PROCOPIO, RAMPI, FRANCESCO SANNA, VALIANTE, VELO, VERINI
Modifiche al codice civile in materia di cognome dei coniugi e dei figli
Presentata il 20 marzo 2013
n. 1943, d'iniziativa dei deputati
NICCHI, DI SALVO, DURANTI, PANNARALE, BOCCADUTRI, FAVA, KRONBICHLER, LACQUANITI, LAVAGNO, MARCON, MELILLA, QUARANTA, SCOTTO, ZAN
Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di cognome dei coniugi e dei figli
Presentata il 10 gennaio 2014


NOTA: La II Commissione permanente (Giustizia), il 10 luglio 2014, ha deliberato di riferire favorevolmente sul testo unificato dei progetti di legge nn. 360, 1943, 2044, 2123 e 2407. In pari data, la Commissione ha chiesto di essere autorizzata a riferire oralmente. Per il testo dei progetti di legge si vedano i relativi stampati.
n. 2044, d'iniziativa dei deputati
CARFAGNA, BERGAMINI
Modifiche al codice civile in materia di cognome dei coniugi e dei figli
Presentata il 4 febbraio 2014
DISEGNO DI LEGGE
n. 2123,
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(LETTA)
dal ministro della giustizia
(CANCELLIERI)
dal ministro degli affarihttp://cdncache1-a.akamaihd.net/items/it/img/arrow-10x10.png esteri
(BONINO)
e dal ministro del lavoro e delle politiche sociali, con delega alle pari opportunità
(GIOVANNINI)
Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli, in esecuzione della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo 7 gennaio 2014
Presentato il 21 febbraio 2014
e
PROPOSTA DI LEGGE
n. 2407, d'iniziativa dei deputati
GEBHARD, ALFREIDER, PLANGGER, SCHULLIAN
Modifiche al codice civile in materia di cognome dei coniugi e dei figli
Presentata il 26 maggio 2014
(Relatore: MARZANO)

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PARERE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE
(Affarihttp://cdncache1-a.akamaihd.net/items/it/img/arrow-10x10.png costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
        Il Comitato permanente per i pareri,

            esaminato il testo unificato delle proposte di legge n. 360 Garavini ed abbinate, recante «Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli»,
            preso atto che il testo unificato in esame modifica la vigente disciplina civilistica in materia di attribuzione del cognome ai figli, anche in relazione alla recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che prevede la possibilità di attribuire a questi ultimi il cognome materno;
            ricordato che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato recentemente l'Italia per la violazione degli articoli 8 e 14 della Convenzione EDU concernenti, rispettivamente, il diritto al rispetto della vita privata e familiare (norma che involge comunque ogni aspetto della identificazione personale) e il divieto di ogni forma di discriminazione. In particolare, la sentenza 7 gennaio 2014 della CEDU (Cusan e Fazio c. Italia) ha definito la preclusione all'assegnazione al figlio del solo cognome materno una forma di discriminazione basata sul sesso che viola il principio di uguaglianza tra uomo e donna;
            ricordate, altresì, le raccomandazioni n. 1271 del 1995 e n. 1362 del 1998 del Consiglio d'Europa che hanno affermato che il mantenimento di previsioni discriminatorie tra donne e uomini riguardo alla scelta del nome di famiglia non è compatibile con il principio di eguaglianza sostenuto dal Consiglio stesso, raccomandando agli Stati inadempienti di realizzare la piena eguaglianza tra madre e padre nell'attribuzione del cognome dei loro figli, di assicurare la piena eguaglianza in occasione del matrimonio in relazione alla scelta del cognome comune ai due partners, di eliminare ogni discriminazione nel sistema legale per il conferimento del cognome tra figli nati nel e fuori del matrimonio;
            evidenziato che la Corte costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi sull'attribuzione ai figli del solo cognome paterno nella sentenza n. 61 del 2006, nella quale ha affermato che «l'attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna», richiamando, altresì, «il vincolohttp://cdncache1-a.akamaihd.net/items/it/img/arrow-10x10.png – al quale i maggiori Stati europei si sono già adeguati – posto dalle fonti convenzionali, e, in particolare, dall'articolo 16, comma 1, lettera g), della Convenzione sulla eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 14 marzo 1985,
n. 132, che impegna gli Stati contraenti ad adottare tutte le misure adeguate per eliminare la discriminazione nei confronti della donna in tutte le questioni derivanti dal matrimonio e nei rapporti familiari e, in particolare, ad assicurare “gli stessi diritti personali al marito e alla moglie, compresa la scelta del cognome...”»;
            sottolineato che il testo unificato interviene su una materia – l'ordinamento civile – di competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione;
            rilevato, con riferimento alle specifiche disposizioni del provvedimento, che esso prevede una disciplina identica per l'attribuzione del cognome ai figli nati nel matrimonio e ai figli nati fuori del matrimonio riconosciuti da entrambi i genitori, nel rispetto del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione, secondo l'ottica di completa equiparazione tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio che ha ispirato la recente riforma della filiazione;
            evidenziato, tuttavia, che il nuovo articolo 262, quinto comma, del codice civile – come sostituito dall'articolo 2 del testo unificato – detta una disciplina sulla trasmissione del cognome in caso di doppio cognome di uno dei genitori valida solo per i figli nati fuori del matrimonio. In particolare, per questi ultimi, in caso di doppio cognome di uno dei genitori, questi trasmette al figlio un solo cognome a sua scelta;
            rilevata la mancanza di una disposizione transitoria volta a consentire l'applicazione della nuova disciplina in materia di cognome anche ai genitori di figli minorenni,
        esprime
PARERE FAVOREVOLE
        con le seguenti osservazioni:
            a) valuti la Commissione di merito l'opportunità di coordinare la disposizione di cui all'articolo 1, capoverso Art. 143-ter, comma quarto, con quella di cui all'articolo 2, capoverso Art. 262, comma quinto, al fine di evitare differenze di disciplina suscettibili di determinare ingiustificate disparità di trattamento tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio;
            b) valuti la Commissione di merito l'opportunità di introdurre nel testo una disposizione transitoria volta a consentire l'applicazione della nuova disciplina in materia di cognome anche ai genitori di figli minorenni.
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TESTO UNIFICATO
della Commissione
Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli.
Art. 1.
(Introduzione dell'articolo 143-quater del codice civile, in materia di cognome del figlio nato nel matrimonio).
      1. Prima dell'articolo 144 del codice civile è inserito il seguente:
      «Art. 143-quater.(Cognome del figlio nato nel matrimonio). – I genitori coniugati, all'atto della dichiarazione di nascita del figlio, possono attribuirgli, secondo la loro volontà, il cognome del padre o quello della madre ovvero quelli di entrambi nell'ordine concordato.
      In caso di mancato accordo tra i genitori, al figlio sono attribuiti i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico.
      I figli degli stessi genitori coniugati, nati successivamente, portano lo stesso cognome attribuito al primo figlio.
      Il figlio al quale è stato attribuito il cognome di entrambi i genitori può trasmetterne al proprio figlio soltanto uno, a sua scelta».
Art. 2.
(Modifica dell'articolo 262 del codice civile, in materia di cognome del figlio nato fuori del matrimonio).
      1. L'articolo 262 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 262. – (Cognome del figlio nato fuori del matrimonio). – Al figlio nato fuori del matrimonio e riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori si
applicano le disposizioni dell'articolo 143-quater.
      Se il riconoscimento è fatto da un solo genitore, il figlio ne assume il cognome.
      Quando il riconoscimento del secondo genitore avviene successivamente, il cognome di questo si aggiunge al cognome del primo genitore. A tale fine sono necessari il consenso del genitore che ha effettuato per primo il riconoscimento e quello del minore che abbia compiuto i quattordici anni di età.
      Le disposizioni del terzo comma si applicano anche quando la paternità o la maternità del secondo genitore è dichiarata giudizialmente.
      Nel caso di riconoscimento di entrambi i genitori, se uno di loro ha due cognomi, ne trasmette al figlio soltanto uno, a sua scelta.
      In caso di più figli nati fuori del matrimonio dai medesimi genitori, si applica quanto previsto dall'articolo 143-quater, terzo comma.
      Al figlio al quale è attribuito il cognome di entrambi i genitori si applica quanto previsto dall'articolo 143-quater, quarto comma».
Art. 3.
(Modifiche agli articoli 299 del codice civile e 27 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di cognome dell'adottato).
      1. L'articolo 299 del codice civile è sostituito dal seguente:
      «Art. 299. – (Cognome dell'adottato). – L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. Nel caso di adottato con due cognomi, a norma dell'articolo 143-quater, egli indica quale dei due cognomi intende mantenere.
      Se l'adozione avviene da parte di coniugi, essi possono decidere concordemente il cognome da attribuire ai sensi dell'articolo 143-quater. In caso di mancato accordo, si segue l'ordine alfabetico».

      2. All'articolo 27 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, il primo comma è sostituito dai seguenti:
      «Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio degli adottanti.
      All'adottato si applicano le disposizioni dell'articolo 143-quater del codice civile».
Art. 4.
(Cognome del figlio maggiorenne).
      1. Il figlio maggiorenne, al quale è stato attribuito il solo cognome paterno o il solo cognome materno sulla base della normativa vigente al momento della nascita, può aggiungere al proprio il cognome materno o il cognome paterno con dichiarazione resa, personalmente o con comunicazione scritta recante sottoscrizione autenticata, all'ufficiale dello stato civile, che procede all'annotazione nell'atto di nascita.
      2. Il figlio nato fuori del matrimonio non può aggiungere al proprio il cognome del genitore che non abbia effettuato il riconoscimento ovvero la cui paternità o maternità non sia stata dichiarata giudizialmente.
      3. Nei casi previsti dal comma 1, non si applicano le disposizioni previste dal titolo X del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, e successive modificazioni.
Art. 5.
(Modifiche alle norme regolamentari in materia di stato civile).
      1. Con regolamento emanato, su proposta del Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono apportate alla disciplina dettata in materia di ordinamento dello stato civile dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, le modificazioni necessarie per adeguarla alle disposizioni della presente legge.
Art. 6.
(Clausola di invarianza finanziaria).
      1. Dall'attuazione delle disposizioni della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le pubbliche amministrazioni interessate provvedono ai compiti previsti dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Art. 7.
(Disposizione finale).
      1. Le disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 3 si applicano alle dichiarazioni di nascita rese dopo l'entrata in vigore del regolamento emanato ai sensi dell'articolo 5 e alle adozioni pronunciate con decreto emesso successivamente all'entrata in vigore del regolamento medesimo.
      2. Le disposizioni dell'articolo 4 si applicano alle dichiarazioni rese all'ufficiale dello stato civile dopo l'entrata in vigore del regolamento emanato ai sensi dell'articolo 5.



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