Storia evolutiva della famiglia
Nell’arco dei
secoli la famiglia ha subito profondi mutamenti, sia nei Paesi Occidentali che
nei Paesi Orientali, a causa di diversi fattori, quali: la religione, la
politica, etc. In questo paragrafo parlerò del processo evolutivo del sistema
parentale, partendo dai sistemi patriarcali e matriarcali fino ad arrivare ai nuovi
modelli monogenitoriali, e in secondo luogo delle modifiche che il matrimonio
ha subito nel corso dei secoli.
Famiglia e Parentela
Limitatamente in ambito antropologico, è grazie
all'opera di Morgan (1818-1881), antropologo americano, che gli istituti della
parentela e della discendenza sono definitivamente entrati a far parte delle
problematiche di interesse scientifico.
Definiamo innanzitutto
i concetti di famiglia, di parentela e di discendenza:
P. Bertolini[1]
definisce la famiglia come un gruppo
di persone direttamente legate da rapporti di parentela, all’interno del quale
i membri adulti hanno la responsabilità di allevare i bambini. Una cooperazione
economica, una relazione sessuale socialmente approvata, una durata temporale
di una certa continuità, una residenza spaziale comune, la protezione della
prole, l’inculturazione[2],
una rete di diritti e doveri, caratterizzano questa forma di raggruppamento
sociale. Essa si presenta come un ponte tra natura e cultura perché risponde
tanto alle esigenze biologiche che a quelle culturali.
La parentela[3]
è l’insieme dei rapporti fondati sul matrimonio o linee di discendenza tra
consanguinei (nonni, madri, padri, figli, fratelli, sorelle, zii, cugini) ed
affini (suocero nuora genero) entro il 6° grado o un rapporto sostitutivo ad
es. l’adozione, fondato su vincoli educativi.
Per discendenza intendiamo una conseguenza naturale della procreazione, mentre per parentela il riconoscimento sociale e culturale della discendenza.
Per discendenza intendiamo una conseguenza naturale della procreazione, mentre per parentela il riconoscimento sociale e culturale della discendenza.
La famiglia oggi,
come in passato, è stata travolta da una ondata di cambiamenti che hanno
prodotto e stanno producendo su di essa e sulla sua struttura profonde
modificazioni.
Cercando di
tracciare un percorso storico riguardante l’evoluzione delle strutture
familiari che si sono succedute in Europa, non possiamo fare a meno di notare
anzitutto la difficoltà nel cercare di ricostruire storicamente tale evoluzione
e, secondariamente, come numerose siano state le strutture familiari che, nel
corso dei secoli, sono sorte, si sono diffuse e sono scomparse.
La parentela designa in senso stretto il rapporto che
deriva da una comune genealogia, a un sistema di discendenza. La parentela è il
vincolo con le persone che discendono da uno stesso stipite (art. 74 c.c.). Essa
ingloba i consanguinei in linea retta e collaterale discendenti da uno stesso progenitore (art. 75
c.c.) e gli affini (art. 78 c.c.), ovvero i congiunti con il quale si entra in
rapporto dopo il matrimonio. Specificatamente, la parentela naturale è limitata
tra il genitore e il figlio naturale (ossia nato fuori dal matrimonio) riconosciuto
o giudizialmente dichiarato (artt. 258 e 277 c.c.)[4].
In questo modo si vengono a formare non solo due famiglie ma anche due
parentele che danno luogo ad una costellazione di parentela: nonni, genitori, figli, fratelli, sorelle, cognati, generi, nuore,
suoceri, zii, nipoti, cugini etc. Nella linea retta si computano altrettanti gradi quante sono le
generazioni, escluso lo stipite (art. 76 c.c.). Nella linea
collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti
fino allo stipite comune e da questo discendendo all'altro parente, sempre
restando escluso lo stipite, la parentela si conta fino al 6° grado (artt.
77 e 572 c.c.)[5].
computo dei parenti:
SOGGETTO
genitori parenti in linea retta ascendente di 1°
grado
nonni parenti in linea retta ascendente di 2° grado
bisnonni parenti in linea retta ascendente di 3°
grado
figli parenti in linea retta discendente di 1°
grado
nipoti parenti in linea retta discendente di 2°
grado
bisnipoti parenti in linea retta discendente di 3°
grado
fratelli e sorelle parenti in linea collaterale di
2° grado
nipoti (figli di fratelli) parenti in linea
collaterale di 3° grado
pronipoti (figli di figli di fratelli) parenti in
linea collaterale di 4° grado
figli di pronipoti parenti in linea collaterale di
5° grado
zii paterni e materni parenti in linea collaterale
di 3° grado
cugini parenti in linea collaterale di 4° grado
figli di cugini parenti in linea collaterale di 5°
grado
figli di figli di cugini parenti in linea
collaterale di 6° grado
prozii (fratelli dei nonni) parenti in linea
collaterale di 4° grado
cugini dei genitori parenti in linea collaterale di
5° grado
figli dei cugini dei genitori parenti in linea
collaterale di 6° grado.
|
Nel Diritto Romano e Giustiniano la
parentela, ha rilevanza giuridica fino al settimo grado: da questo grado in poi i parenti si
denominano:
genericamente maiores (ascendenti)
e posteri(discendenti).
estese il riconoscimento della parentela fino
al settimo grado, considerandola entro questo limite come impedimento al matrimonio: il limite però dal quarto Concilio Lateranense del 1215 fu ristretto al quarto grado.
Secondo il nuovo Codex Iuris Canonici, che è ritornato
al sistema romano, l’impedimento
alle nozze nella linea retta è all’infinito, nella collaterale si limita al quarto grado (can. 1091).
Oltre alla parentela naturale, esiste anche
una parentela legale, che nasce dall’adozione e che comporta un impedimento
matrimoniale (can. 1094), nella
linea retta in qualsiasi grado, nella linea
collaterale nel secondo grado.
La parentela in alcune società è differenziata per genere, così avremo dei lignaggi o clan[6]:
-
relazione agnatica e la filiazione patrilineare dove a
prevalere è il sesso maschile e si è parenti solo dei fratelli del padre,
escludendo sia le sorelle del padre sia i fratelli e sorelle della madre.
In tal caso vale la regola patrilocale o virilocale quando il figlio maschio si sposa continua a vivere nella casa paterna, portando con sé la moglie e figli
In tal caso vale la regola patrilocale o virilocale quando il figlio maschio si sposa continua a vivere nella casa paterna, portando con sé la moglie e figli
-
relazione uterina e filiazione matrilineare dove a
prevalere è il sesso femminile, escludendo i fratelli e le sorelle del padre e
i fratelli della madre.
In tal caso vale la regola matrilocale o uxorilocale è la figlia femmina a rimanere in casa delle madre con il marito e figli. Nelle società primitive, il matriarcato, rappresentava l'opportunità sociale che la filiazione facesse riferimento almeno ad un genitore certo, affinché si potesse costituire una linea ereditaria altrettanto certa.
In tal caso vale la regola matrilocale o uxorilocale è la figlia femmina a rimanere in casa delle madre con il marito e figli. Nelle società primitive, il matriarcato, rappresentava l'opportunità sociale che la filiazione facesse riferimento almeno ad un genitore certo, affinché si potesse costituire una linea ereditaria altrettanto certa.
-
relazione e filiazione bilineare dove ciascun individuo
appartiene a due linee di parentela diverse e a due sistemi di filiazioni
diverse.
Le filiazioni patrilineari, matrilineari e bilineari non impedivano e non
impediscono, tutt’ora, i rapporti incestuosi con i “non ritenuti parenti” fino
al quinto grado.
-
relazione indifferenziata o cognatica: quella a cui apparteniamo noi vi è un
indifferenziazione del sesso ma i figli appartengono ad entrambe le famiglie e possono
ereditare da qualsiasi dei suoi ascendenti. Questo è il modello delle società
contemporanee, ma non in forma pura, in quanto il cognome essendo solo del
padre porta ancora l’identificazione della sola famiglia in linea maschile.
La parzialità espressa dal cognome porta la tensione implicita nei
vincoli di parentela per la non scelta privilegiata ed esclusiva e per
esprimere un’equidistanza ed un’equiappartenenza. La parentela, infatti,
esprime una discendenza, un appartenenza, un controllo, una protezione delle
regole, un affettività, degli obblighi, dei doveri e dei diritti. Come scrive
Segalen[7]:“tramite
il lignaggio, il gruppo domestico si trova collegato alla catena di coloro che
l’anno preceduto e gli succederanno nel medesimo luogo, e tramite la parentela,
all’insieme dei parenti con i quali si persegue tutto ciò che fa la trama della
vita sociale: litigi, amicizie, o lodi”. Questa situazione, oggi, in alcune
parti dell' Unione Europea è cambiata, ad es. in Spagna un bambino porta
entrambi i cognomi dei propri genitori, questo a mio avviso è positivo sia per la
donna che sente anche di aver dato la propria identità al figlio, sia per il
figlio che sente di avere non solo l’identità delle due famiglie d’origine ma
anche la consanguineità.
Un altro
problema è la terminologia delle parentele, Lévi Strauss ne individua 5[8]:
Eschimo, Hawaiano, Omaha, Crow, Sudanese.
Il
nostro sistema Occidentale essendo di tipo indifferenziato o cognatico è di
tipo Eschimo[9],
ad es. se indichiamo cugino/a o zio/a non distinguiamo materno o paterno e questi
parenti vengono chiamati per nome, come, d’altronde, facciamo per le sorelle e
i fratelli. Il temine nipote può indicare il figlio/a del figlio/a o il
figlio/a del fratello o sorella o del cugino/a, per indicare cognato/a possiamo
riferirci indistintamente alle due famiglie.
Facendo un
excursus dei sistemi parentali, tra nucleari ed estese[10], dalle
società primitive ad oggi, possiamo notare le differenze già tra società
primitive e quelle ellenistiche e romane. Mentre, nelle società primitive pur
essendo già presente la famiglia nucleare, la rete di parentela e i sistemi
tribali[11] prevalevano
sui singoli legami, nelle società tradizionali ellenistiche e romane, maggiore
rilievo acquista la nuclearità della famiglia, e il tipo di legame che prevale
è quello fondato sull’autorità di tipo patriarcale con discendenza patrilineare.
Dopo la caduta
dell’Impero romano, la famiglia ha subito un processo di frammentazione e di
dispersione; sono comparse nuove formazioni di tipo comunitario o gruppi
familiari molto estesi, con norme rigide alternative a quelle dello Stato, che
ha perso la sua centralità
Alla fine del
Medioevo, la configurazione delle famiglie in Europa si è molto diversificata.
Nella famiglia urbana prevalevano le forme nucleari, in quella rurale erano più
diffuse le forme estese o multiple; ancora, nell’Europa Mediterranea e Orientale,
dove il potere statale era debole, risultava più diffuso il fenomeno delle
“grandi famiglie”, mentre, nel centro e nel nord Europa, dove il potere
politico più organizzato, prevalevano le famiglie nuclearizzate.
Con l’inizio
della Rivoluzione Industriale e con i grandi cambiamenti culturali e sociali
che l’hanno accompagnata, è diventato difficile mettere a fuoco i nuovi modelli
familiari che si sono succeduti a ritmi vertiginosi. Nel periodo di piena
industrializzazione, prevaleva un modello di famiglia di tipo borghese che
assumeva un atteggiamento di tipo privatistico ed espressivo, favorito dal rapido
accesso alla società dei servizi e dei consumi. Nell’epoca post- industriale,
il modello prevalente di forma familiare era quella a carattere nucleare,
relativamente privatizzato e isolato dalla parentela. E’ proprio in questa
formazione sociale che la famiglia sembrava depotenziarsi a tal punto da
diventare sempre meno significativa per la vita sociale.
Negli ultimi
cinquant’anni è iniziato, ed è tutt’ora in corso, un processo di trasformazione
della famiglia, nelle sue forme interne ed esterne, verso una maggiore
complessità, differenziazione ed anche frammentazione al punto che in ambito
psicosociale si preferisce adottare il termine “famiglie” al posto di
“famiglia”. Nonostante la maggiore fragilità, le incertezze e i grandi timori,
essa rimane, comunque, il sistema di reti di solidarietà sul quale le persone continuano
ad investire e a costruire il proprio senso di identità ed appartenenza.
Da un punto di
vista strutturale, possiamo osservare un completamento della tendenza alla
“contrazione” della famiglia, vale a dire una riduzione, sempre maggiore del
numero dei suoi componenti, tanto che sono in costante aumento le famiglie
unipersonali, composte cioè da un unico individuo. Da un punto di vista
funzionale, stiamo assistendo a un restringimento del ruolo pubblico della
famiglia e alla valorizzazione degli aspetti legati alla soddisfazione dei
bisogni affettivi ed emotivi dei suoi componenti.
Il dilatarsi del
periodo di studio, e di formazione, il ritardato ingresso nel mondo del lavoro,
la su precarietà e la crescente globalizzazione, che costringe la persona a
spostarsi in altri Paesi e a non avere più una dimora fissa, sono fenomeni che
si correlano con il ritardato accesso al matrimonio e la posticipazione della
nascita del primo figlio.
La risultante di
queste trasformazioni è il prolungamento del periodo di convivenza e
d’interdipendenza tra genitori e figli giovani-adulti, anche se recentemente si
sta verificando il fenomeno di autonomia, indipendenza e libertà che porta
sempre più i giovani a vivere da soli.
Benché la
maggior parte delle persone si uniscono in matrimonio e mettono al mondo figli,
si è andata manifestando una crescente disaffezione nei confronti del modello
di famiglia tradizionale, fondata sul matrimonio, con un aumento delle convivenze,
delle separazioni e dei divorzi, delle famiglie ricomposte e ricostituite.
Attualmente non
vi è più coincidenza tra la famiglia intesa come l’insieme degli individui
legati da vincoli legali (per matrimonio e generatività) e la famiglia intesa come
soggetti conviventi sotto lo stesso tetto. La famiglia viene definita sempre
più in base ai legami affettivi, come sistema interpersonale basato sulle
relazioni di attaccamento, in altre parole, sulle relazioni intime più
significative nel processo di individuazione, crescita e cambiamento di ogni
suo singolo componente.
Tra i fattori
che hanno contribuito alla messa in crisi del matrimonio e che hanno favorito
il processo di trasformazione del sistema famiglia possiamo individuare: lo
sviluppo e terziarizzazione dell'economia, che hanno favorito l'ingresso delle
donne nel mondo del lavoro rendendole economicamente indipendenti dagli uomini;
la crescente secolarizzazione della società, cioè il venir meno del controllo
religioso sulla vita sociale e la tendenza a considerare la fede come un fatto
privato; la scolarizzazione di massa; l'emergere di movimenti collettivi, tra
cui il femminismo, che hanno messo in discussione l'autoritarismo patriarcale e
il modello tradizionale di famiglia.
Anche l'aver
posto l'amore come fondante il matrimonio ha contribuito a rendere più fragile
l'unione coniugale. Infatti, paradossalmente, nelle società premoderne, in cui
in tutte le classi sociali il matrimonio era un'alleanza tra le famiglie e i
sentimenti erano del tutto irrilevanti, la stabilità coniugale era garantita
dagli interessi economici e di potere, che stavano alla base di tale alleanza.
Da quando, invece, il matrimonio d'amore ha preso il posto di quello combinato,
le aspettative della coppia sono aumentate e l'unione rischia di perdere la sua
ragion d'essere quando l'amore viene meno.
Finalmente un Disegno di Legge (D.D.L.) che ci permette (almeno per ora la libera scelta di aggiungere il cognome materno a quello paterno con la speranza che entro ottobre ( entro 1 anno) diventi Legge e tolga questo maschilismo e patriarcalismo frutto di una società ormai obsoleta. E dia un idetità alla persona completa e unica all' interno delle due famiglie di appartenenza.
Disegni di
legge
Atto Camera n. 1943
XVII
Legislatura
modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia
di cognome dei coniugi e dei figli
approvato con il nuovo titolo
"Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli"
approvato con il nuovo titolo
"Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli"
Iniziativa Parlamentare
On. Marisa Nicchi
(SEL)
24 settembre
2014: approvato
in testo unificato
Successione delle letture parlamentari
|
||
C.1943
|
24
settembre 2014
|
|
assegnato
(non ancora iniziato l'esame)
|
3 ottobre
2014
|
Presentato in data 10 gennaio 2014;
annunciato nella seduta ant. n. 150 del 13 gennaio 2014.
· A.C. 360
GARAVINI ed
altri; NICCHI ed altri; CARFAGNA e BERGAMINI; UN DISEGNO DI LEGGE DI INIZIATIVA
DEL GOVERNO; GEBHARD ed altri: Disposizioni in materia di attribuzione del
cognome ai figli, in esecuzione della sentenza della Corte europea dei diritti
dell'uomo 7 gennaio 2014 (360-1943-2044-2123-2407)
24 settembre
2014 - Approvato
La
Commissione ha elaborato un testo unificato dei progetti di legge nn. 360,
1943, 2044, 2123, 2407 e 2517
XVII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
|
N.
360-1943-2044-2123-2407-A
|
PROPOSTE DI LEGGE
n. 360, d'iniziativa dei deputati
GARAVINI, ROBERTA AGOSTINI, FONTANELLI, CENTEMERO,
CAPUA, DI LELLO, BLAZINA, BOSSA, CARELLA, CAUSI, CENNI, CIMBRO, COCCIA,
CRIVELLARI, D'INCECCO, FABBRI, GIANNI FARINA, FEDI, FIORIO, GASPARINI, GINOBLE,
GIULIANI, GNECCHI, GOZI, IORI, LATTUCA, MALPEZZI, MANZI, MARTELLA, MARTELLI,
MARZANO, MATARRESE, MATTIELLO, MOGHERINI, MORETTI, OLIVERIO, PALMIZIO, PELUFFO,
PIAZZONI, SALVATORE PICCOLO, PORTA, QUARTAPELLE PROCOPIO, RAMPI, FRANCESCO
SANNA, VALIANTE, VELO, VERINI
Modifiche al codice civile in materia di cognome dei coniugi e dei figli
Presentata il 20 marzo 2013
n. 1943, d'iniziativa dei deputati
NICCHI, DI SALVO, DURANTI, PANNARALE, BOCCADUTRI,
FAVA, KRONBICHLER, LACQUANITI, LAVAGNO, MARCON, MELILLA, QUARANTA, SCOTTO, ZAN
Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di cognome dei
coniugi e dei figli
Presentata il 10 gennaio 2014
NOTA: La II Commissione
permanente (Giustizia), il 10 luglio 2014, ha deliberato di riferire
favorevolmente sul testo unificato dei progetti di legge nn. 360, 1943, 2044,
2123 e 2407. In pari data, la Commissione ha chiesto di essere autorizzata a
riferire oralmente. Per il testo dei progetti di legge si vedano i relativi
stampati.
n. 2044, d'iniziativa dei deputati
CARFAGNA, BERGAMINI
Modifiche al codice civile in materia di cognome dei coniugi e dei figli
Presentata il 4 febbraio 2014
DISEGNO DI LEGGE
n. 2123,
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(LETTA)
dal ministro della giustizia
(CANCELLIERI)
dal ministro degli affari
esteri
(BONINO)
e dal ministro del lavoro e delle politiche sociali, con delega alle pari
opportunità
(GIOVANNINI)
Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli, in esecuzione
della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo 7 gennaio 2014
Presentato il 21 febbraio 2014
e
PROPOSTA DI LEGGE
n. 2407, d'iniziativa dei deputati
GEBHARD, ALFREIDER, PLANGGER, SCHULLIAN
Modifiche al codice civile in materia di cognome dei coniugi e dei figli
Presentata il 26 maggio 2014
(Relatore: MARZANO)
PARERE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari
costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
Il
Comitato permanente per i pareri,
esaminato
il testo unificato delle proposte di legge n. 360 Garavini ed abbinate, recante
«Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai figli»,
preso
atto che il testo unificato in esame modifica la vigente disciplina civilistica
in materia di attribuzione del cognome ai figli, anche in relazione alla
recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, che prevede
la possibilità di attribuire a questi ultimi il cognome materno;
ricordato
che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato recentemente l'Italia
per la violazione degli articoli 8 e 14 della Convenzione EDU concernenti,
rispettivamente, il diritto al rispetto della vita privata e familiare (norma
che involge comunque ogni aspetto della identificazione personale) e il divieto
di ogni forma di discriminazione. In particolare, la sentenza 7 gennaio 2014
della CEDU (Cusan e Fazio c. Italia) ha definito la preclusione
all'assegnazione al figlio del solo cognome materno una forma di
discriminazione basata sul sesso che viola il principio di uguaglianza tra uomo
e donna;
ricordate,
altresì, le raccomandazioni n. 1271 del 1995 e n. 1362 del 1998 del Consiglio
d'Europa che hanno affermato che il mantenimento di previsioni discriminatorie
tra donne e uomini riguardo alla scelta del nome di famiglia non è compatibile
con il principio di eguaglianza sostenuto dal Consiglio stesso, raccomandando
agli Stati inadempienti di realizzare la piena eguaglianza tra madre e padre
nell'attribuzione del cognome dei loro figli, di assicurare la piena
eguaglianza in occasione del matrimonio in relazione alla scelta del cognome
comune ai due partners, di eliminare ogni discriminazione nel sistema
legale per il conferimento del cognome tra figli nati nel e fuori del
matrimonio;
evidenziato
che la Corte costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi sull'attribuzione ai
figli del solo cognome paterno nella sentenza n. 61 del 2006, nella quale ha
affermato che «l'attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una
concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel
diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più
coerente con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale
dell'uguaglianza tra uomo e donna», richiamando, altresì, «il vincolo
– al quale i maggiori Stati europei si sono già adeguati – posto dalle fonti
convenzionali, e, in particolare, dall'articolo 16, comma 1, lettera g),
della Convenzione sulla eliminazione di ogni forma di discriminazione nei
confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979, ratificata e
resa esecutiva in Italia con legge 14 marzo 1985,
n. 132, che
impegna gli Stati contraenti ad adottare tutte le misure adeguate per eliminare
la discriminazione nei confronti della donna in tutte le questioni derivanti
dal matrimonio e nei rapporti familiari e, in particolare, ad assicurare “gli
stessi diritti personali al marito e alla moglie, compresa la scelta del
cognome...”»;
sottolineato
che il testo unificato interviene su una materia – l'ordinamento civile – di
competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117,
secondo comma, lettera l), della Costituzione;
rilevato,
con riferimento alle specifiche disposizioni del provvedimento, che esso
prevede una disciplina identica per l'attribuzione del cognome ai figli nati
nel matrimonio e ai figli nati fuori del matrimonio riconosciuti da entrambi i
genitori, nel rispetto del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della
Costituzione, secondo l'ottica di completa equiparazione tra figli nati nel
matrimonio e figli nati fuori del matrimonio che ha ispirato la recente riforma
della filiazione;
evidenziato,
tuttavia, che il nuovo articolo 262, quinto comma, del codice civile – come
sostituito dall'articolo 2 del testo unificato – detta una disciplina sulla
trasmissione del cognome in caso di doppio cognome di uno dei genitori valida
solo per i figli nati fuori del matrimonio. In particolare, per questi ultimi,
in caso di doppio cognome di uno dei genitori, questi trasmette al figlio un
solo cognome a sua scelta;
rilevata
la mancanza di una disposizione transitoria volta a consentire l'applicazione
della nuova disciplina in materia di cognome anche ai genitori di figli minorenni,
esprime
PARERE FAVOREVOLE
con
le seguenti osservazioni:
a)
valuti la Commissione di merito l'opportunità di coordinare la disposizione di
cui all'articolo 1, capoverso Art. 143-ter, comma quarto, con quella di
cui all'articolo 2, capoverso Art. 262, comma quinto, al fine di evitare
differenze di disciplina suscettibili di determinare ingiustificate disparità
di trattamento tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio;
b)
valuti la Commissione di merito l'opportunità di introdurre nel testo una
disposizione transitoria volta a consentire l'applicazione della nuova
disciplina in materia di cognome anche ai genitori di figli minorenni.
TESTO UNIFICATO
della Commissione
Disposizioni in materia di attribuzione del cognome ai
figli.
Art. 1.
(Introduzione dell'articolo 143-quater del codice civile, in
materia di cognome del figlio nato nel matrimonio).
1.
Prima dell'articolo 144 del codice civile è inserito il seguente:
«Art. 143-quater. – (Cognome del figlio nato nel matrimonio). – I genitori coniugati, all'atto della dichiarazione di nascita del figlio, possono attribuirgli, secondo la loro volontà, il cognome del padre o quello della madre ovvero quelli di entrambi nell'ordine concordato.
In caso di mancato accordo tra i genitori, al figlio sono attribuiti i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico.
I figli degli stessi genitori coniugati, nati successivamente, portano lo stesso cognome attribuito al primo figlio.
Il figlio al quale è stato attribuito il cognome di entrambi i genitori può trasmetterne al proprio figlio soltanto uno, a sua scelta».
«Art. 143-quater. – (Cognome del figlio nato nel matrimonio). – I genitori coniugati, all'atto della dichiarazione di nascita del figlio, possono attribuirgli, secondo la loro volontà, il cognome del padre o quello della madre ovvero quelli di entrambi nell'ordine concordato.
In caso di mancato accordo tra i genitori, al figlio sono attribuiti i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico.
I figli degli stessi genitori coniugati, nati successivamente, portano lo stesso cognome attribuito al primo figlio.
Il figlio al quale è stato attribuito il cognome di entrambi i genitori può trasmetterne al proprio figlio soltanto uno, a sua scelta».
Art. 2.
(Modifica dell'articolo 262 del codice civile, in
materia di cognome del figlio nato fuori del matrimonio).
1.
L'articolo 262 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 262. – (Cognome del figlio nato fuori del matrimonio). – Al figlio nato fuori del matrimonio e riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori si
«Art. 262. – (Cognome del figlio nato fuori del matrimonio). – Al figlio nato fuori del matrimonio e riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori si
applicano le
disposizioni dell'articolo 143-quater.
Se il riconoscimento è fatto da un solo genitore, il figlio ne assume il cognome.
Quando il riconoscimento del secondo genitore avviene successivamente, il cognome di questo si aggiunge al cognome del primo genitore. A tale fine sono necessari il consenso del genitore che ha effettuato per primo il riconoscimento e quello del minore che abbia compiuto i quattordici anni di età.
Le disposizioni del terzo comma si applicano anche quando la paternità o la maternità del secondo genitore è dichiarata giudizialmente.
Nel caso di riconoscimento di entrambi i genitori, se uno di loro ha due cognomi, ne trasmette al figlio soltanto uno, a sua scelta.
In caso di più figli nati fuori del matrimonio dai medesimi genitori, si applica quanto previsto dall'articolo 143-quater, terzo comma.
Al figlio al quale è attribuito il cognome di entrambi i genitori si applica quanto previsto dall'articolo 143-quater, quarto comma».
Se il riconoscimento è fatto da un solo genitore, il figlio ne assume il cognome.
Quando il riconoscimento del secondo genitore avviene successivamente, il cognome di questo si aggiunge al cognome del primo genitore. A tale fine sono necessari il consenso del genitore che ha effettuato per primo il riconoscimento e quello del minore che abbia compiuto i quattordici anni di età.
Le disposizioni del terzo comma si applicano anche quando la paternità o la maternità del secondo genitore è dichiarata giudizialmente.
Nel caso di riconoscimento di entrambi i genitori, se uno di loro ha due cognomi, ne trasmette al figlio soltanto uno, a sua scelta.
In caso di più figli nati fuori del matrimonio dai medesimi genitori, si applica quanto previsto dall'articolo 143-quater, terzo comma.
Al figlio al quale è attribuito il cognome di entrambi i genitori si applica quanto previsto dall'articolo 143-quater, quarto comma».
Art. 3.
(Modifiche agli articoli 299 del codice civile e 27
della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di cognome dell'adottato).
1.
L'articolo 299 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 299. – (Cognome dell'adottato). – L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. Nel caso di adottato con due cognomi, a norma dell'articolo 143-quater, egli indica quale dei due cognomi intende mantenere.
Se l'adozione avviene da parte di coniugi, essi possono decidere concordemente il cognome da attribuire ai sensi dell'articolo 143-quater. In caso di mancato accordo, si segue l'ordine alfabetico».
«Art. 299. – (Cognome dell'adottato). – L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. Nel caso di adottato con due cognomi, a norma dell'articolo 143-quater, egli indica quale dei due cognomi intende mantenere.
Se l'adozione avviene da parte di coniugi, essi possono decidere concordemente il cognome da attribuire ai sensi dell'articolo 143-quater. In caso di mancato accordo, si segue l'ordine alfabetico».
2. All'articolo 27 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, il primo comma è sostituito dai seguenti:
«Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio degli adottanti.
All'adottato si applicano le disposizioni dell'articolo 143-quater del codice civile».
Art. 4.
(Cognome del figlio maggiorenne).
1.
Il figlio maggiorenne, al quale è stato attribuito il solo cognome paterno o il
solo cognome materno sulla base della normativa vigente al momento della
nascita, può aggiungere al proprio il cognome materno o il cognome paterno con
dichiarazione resa, personalmente o con comunicazione scritta recante
sottoscrizione autenticata, all'ufficiale dello stato civile, che procede
all'annotazione nell'atto di nascita.
2. Il figlio nato fuori del matrimonio non può aggiungere al proprio il cognome del genitore che non abbia effettuato il riconoscimento ovvero la cui paternità o maternità non sia stata dichiarata giudizialmente.
3. Nei casi previsti dal comma 1, non si applicano le disposizioni previste dal titolo X del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, e successive modificazioni.
2. Il figlio nato fuori del matrimonio non può aggiungere al proprio il cognome del genitore che non abbia effettuato il riconoscimento ovvero la cui paternità o maternità non sia stata dichiarata giudizialmente.
3. Nei casi previsti dal comma 1, non si applicano le disposizioni previste dal titolo X del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, e successive modificazioni.
Art. 5.
(Modifiche alle norme regolamentari in materia di
stato civile).
1.
Con regolamento emanato, su proposta del Ministro dell'interno, ai sensi
dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive
modificazioni, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, sono apportate alla disciplina dettata in materia di ordinamento dello
stato civile dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica
3 novembre 2000, n. 396, le modificazioni necessarie per adeguarla alle
disposizioni della presente legge.
Art. 6.
(Clausola di invarianza finanziaria).
1.
Dall'attuazione delle disposizioni della presente legge non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le pubbliche amministrazioni
interessate provvedono ai compiti previsti dalla presente legge con le risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Art. 7.
(Disposizione finale).
1.
Le disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 3 si applicano alle dichiarazioni
di nascita rese dopo l'entrata in vigore del regolamento emanato ai sensi
dell'articolo 5 e alle adozioni pronunciate con decreto emesso successivamente
all'entrata in vigore del regolamento medesimo.
2. Le disposizioni dell'articolo 4 si applicano alle dichiarazioni rese all'ufficiale dello stato civile dopo l'entrata in vigore del regolamento emanato ai sensi dell'articolo 5.
2. Le disposizioni dell'articolo 4 si applicano alle dichiarazioni rese all'ufficiale dello stato civile dopo l'entrata in vigore del regolamento emanato ai sensi dell'articolo 5.
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