lunedì 27 aprile 2015

dall' affido congiunto a quello condiviso 54/06 e la legge sulla tutela del minore 154/13



3.4.4. Dall’affido congiunto all’affido condiviso
Poniamoci la domanda: Perché inseriamo in questo paragrafo l’affidamento? Per capire, dopo la separazione o il divorzio, con chi vivono i figli. La Legge 74/87 parla di affidamento congiunto o alternato[1]. Tale affidamento, mentre, funziona in alcuni paesi dell’Unione Europea, più sviluppati dell’Italia, nel nostro paese non ha funzionato. L'affido congiunto si verifica quando il figlio, in caso di separazione o divorzio dei coniugi, vive nella casa coniugale, di solito con la madre, se non per gravi problemi, ma viene affidato ad entrambi i genitori ai quali è richiesto di cooperare nella gestione dei minori ed è strutturato in modo da condividere sia le responsabilità specifiche che la genitorialità, con questo termine intendiamo la cura e protezione della prole.  L’affidamento alternato, anche in questo caso il bambino vive in casa con la madre, nel caso in cui i genitori, con eguale potestà, alternativamente ovvero in tempi e luoghi diversi curano e gestiscono in modo indipendente tra di loro i rapporti con i figli.
Queste due modalità causano diversi problemi.
Nell’affido congiunto il “mobbing genitoriale”, secondo Gaetano Giordano (2004)[2], “consta dell’adozione da parte di un genitore, separato o in via di separazione dall’altro genitore, di comportamenti aggressivi preordinati e/o comunque finalizzati ad impedire all’altro genitore, attraverso il terrore psicologico, l’umiliazione e il discredito familiare, sociale, legale, l’esercizio della propria genitorialità, svilendo e/o distruggendo la sua relazione con i figli, impedendogli di esprimerla socialmente e legalmente, intromettendosi nella sua vita privata”. Ciò crea problemi al bambino a livello scolastico, familiare e sensi di colpa, andando contro la Convenzione Europea sui Diritti del Fanciullo di cui l’Italia ha aderito dal 1996 che riconosce il bambino come soggetto di diritto in quanto persona e di essere curato, amato e rispettato. Nell’affidamento alternato il genitore affidatario impedisce al genitore non affidatario di vedere il figlio, questo comportamento crea sofferenza al bambino che mette in atto strategie per non far soffrire i genitori e per riuscire a vederli entrambi.  Bowlby parla in questo caso di Modelli Operativi Interni (MOI)[3], essi formano nel bambino schemi di eventi (copioni script) che si organizzano in tracce di memoria e che permetteranno al bambino, in futuro, di mettere in atto strategie per ottenere cura e protezione in caso di bisogno. i MOI sono operativi per tutta la vita, ciò vuol dire che anche da adulto, quando diventerà genitore, egli a sua volta sarà un mobber.                                                            Alcuni movimenti di protesta promossi dalle organizzazioni a tutela dei diritti dei padri separati, hanno ragionato sulla precedente normativa che  portava in via quasi esclusiva all'affidamento della prole alla madre (circa 90% dei casi, contro il 10% tra affidi condivisi ed esclusivi ai padri). Questa condizione era operata perché si riteneva che i padri non fossero in grado di prendersi cura dei figli. M. Ravenna, invece, sostiene che “i padri sono perfetti sostituti delle madri”. L’affidamento giuridico solo alla madre dei figli ha portato alle situazioni di madri che abusavano della loro posizione privilegiata nei confronti dei figli ed arrivavano letteralmente a ricattare i mariti separati chiedendo aumenti nel mantenimento dietro minaccia di negare le visite ai figli. Un altro caso gravissimo registrato è quello di madri separate che usavano il proprio ascendente sui figli per metterli contro il padre e le sue eventuali nuove compagne. Con l'andare del tempo il numero di questi casi è aumentato a dismisura raggiungendo vette altissime, e questo ha portato i legislatori a meditare sulla possibilità di cambiare la legge vigente per garantire i diritti dei padri, consentendo loro una maggiore presenza nella vita dei figli. Con l'entrata in vigore della nuova Legge n. 54/’06, (cd. legge sull'"affido condiviso") si è operata una rivoluzione copernicana sancendo il principio di bigenitorialità[4], esso è il principio ideologico in base al quale un bambino ha una legittima aspirazione, ovvero una sorta di diritto naturale a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche nel caso questi siano separati, divorziati, o conviventi, ogni qual volta non esistano impedimenti che giustifichino l'allontanamento di un genitore dal proprio figlio. Tale diritto si baserebbe, in questa impostazione, sul fatto che essere genitori è un impegno che si prende nei confronti dei figli e non dell'altro genitore, per cui esso non può e non deve essere influenzato da un'eventuale separazione.  Questo principio promuove dunque la pratica dell'affido condiviso come tutela del benessere dei minori a continuare a ricevere cure, educazione ed affetto da entrambi i genitori. Le novità più importanti sono rappresentate dal riconoscimento di pari diritti e doveri a entrambi i genitori nei confronti dei figli (siano essi naturali o legittimi). Si parla in proposito di "parigenitorialità". Vengono riconosciuti anche diritti, di contatto continuativo con i nipoti, ai nonni e ai parenti più stretti (art. 155). Si è così compiuto un passo fondamentale per un cambiamento del Diritto di Famiglia, alla luce del mutare della mentalità e della società. L'affido condiviso è dunque oggi la forma di affidamento dei figli. Non viene esclusa, tuttavia, l'eccezione dell'affido a un solo genitore quando il comportamento dell'altro genitore nei confronti del figlio sia contrario all'interesse del minore stesso.  L'affido condiviso consente l'esercizio della potestà anche in modo disgiunto[5], cosicché ciascun genitore è responsabile in toto quando i figli sono con lui/lei. Contrariamente all’affido congiunto, che richiede sempre la completa cooperazione fra i genitori, l'affido condiviso disgiunto è applicabile e utile soprattutto in caso di conflitto (di solito col divorzio giudiziale), poiché suddivide in modo equilibrato le responsabilità specifiche e la permanenza presso ciascun genitore, mantenendo inalterata la genitorialità di entrambi, ma disaccoppiandoli nel tempo e nello spazio. ciascun genitore è tenuto a provvedere autonomamente e direttamente al loro mantenimento (Cass. 18/87/2006). Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, fatta all'Aja il 19 ottobre 1996"  la nuova legge 154/13 istituisce anche la tutela del minore che sia figlio naturale o legittimo  Per prevenire eventuali problemi di educazione contraddittoria sono consigliate consulenze pedagogiche di impostazione e monitoraggio periodico. Il progetto educativo individualizzato (PEI) prevede il calendario genitoriale, di come viene ripartito il periodo di permanenza del figlio da ciascun genitore: a giorni alterni, un w.e. da uno e uno dall’altro, una settimana ciascuno, un mese ciascuno; un proposta, che non è stata attuata, era, per non far cambiare casa al figlio, di conservare la casa coniugale e per sei mesi a turno il padre e la madre si alternavano ma ciò comportava avere tre case e risultava essere molto oneroso per la coppia separata. Non è semplice passare dalla coppia all’essere genitore single. Per gestire bene il conflitto di coppia e la triangolazione genitoriale sarebbe utile come complemento la terapia di coppia e individuale, unita alla consulenza pedagogica, che possono mettere i genitori in condizione di affrontare il problema genitoriale in modo più efficace, per riportarli a svolgere con profitto e con soddisfazione personale la loro funzione di genitori.


[1] M. MALAGOLI TOGLIATTI, Affido congiunto e condivisione della genitorialità un contributo alla discussione in ambito psicogiuridico, Franco Angeli, Milano 2002, p. 36.
[3]    1. MOI rappresentazionale di sé in relazione: l’idea che ognuno ha di sé stesso all’interno delle relazioni da adulto di quanto sia degno e meritevole di cure amore e protezione;
       2. MOI l’idea dell’altro all’interno della relazione con se stessi di quanto sia possibile aspettarsi e ottenere amore cura e protezione;
       3. MOI delle relazioni interpersonali l’idea generale di quanto sia possibile aspettarsi e ottenere amore, cura e protezione all’interno delle relazioni con le altre persone.
[4] E. GIANNELLA, M. PALUMBO, G. VIGLIAR, Mediazione familiare e affido condiviso. Come separarsi insieme, Sovera, Milano 2007, p.63.

[5] G. Cassano, op cit., p. 555.

 


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