pedagogista

pedagogista
Pedagogista e Pedagogista Giuridico ( CTU e CTP)

venerdì 5 settembre 2014

tesina sulla comunicazione verbale paraverbale e non verbale

tesina sulla comunicazione

CENNI DI ANATOMIA

. l'uomo ha una laringe più bassa degli altri animali ciò gli consente di pronunciare e moduare suoni fonemi, ma non può come gli animali bere e respirare contemporaneamente come invece può il  neonato fino ai 7 mesi che riesce a respirare e poppare contemporaneamente perchè ha la laringe più alta che man mano si abbassa permettendo a lui di pronunciare anche suoni e fonemi.


Il cervello umano o encefalo, e il suo funzionamento
     Secondo Maclean dice (M.G. Contini in per una pedagogia delle emozioni) il cervello dell’uomo/donna (più correttamente encefalo “). Il cervello è formato dalla materia grigia che è il corpo dei neuroni più negli uomini, e della corteccia celebrale e  dalle sinapsi più nelle donne che sono le connessioni e dalla materia bianca data dai fasci di fibre nervose (sia ascendenti che discendenti) che uniscono l'encefalo e il midollo spinale. 
Inoltre si divide in:
Emisfero dx irrazionale emotivo ed inconscio.
Emisfero sx razionale e conscio.

Entrambi hanno il controllo incrociato sul corpo e comunicano tra loro.
Questa distinzione dei tre cervelli è funzionale e non anatomica:

• il paleoencefalo o 
cervello rettiliano, l'istinto, si trova vicino al midollo spinale e nella parte centrale, come l’ipotalamo, che controlla il sistema endocrino e regola i bisogni alimentari, sessuali, l’emotività ecc. presiede forme ripetitive di comportamento
presiede attività istintive e rappresenti la sede di comportamenti emotivi (per es., il comportamento sessuale, la fame, la sete, la cura della prole, ecc.).

• il cervello paleomammifero o sistema limbico parte centrale ossia le emozioni: ove si elaborano le emozioni in particolare quelle che presiedono all’autoconservazione e alla conservazione della specie. Esso funziona come selettore di valori, regola la nostra identità personale. Qui è situata, secondo Laborit sia la memoria remota sia quella affettiva. La memoria remota è strettamente legata all’ambito esperienziale, secondo meccanismi che implicano contatti fra i neuroni (le sinapsi). L’esperienza di una situazione positiva o negativa per il soggetto, suscita in lui un vissuto di piacevolezza o di dispiacere che si ripresenterà in seguito, ogni volta che verrà riconosciuto lo stesso tipo di situazione, una sorta di “coazione a ripetere”.
 La memoria affettiva permette all'individuo di provare emozioni dai quali scaturiscono bisogni acquisiti, e non istintivi. Tali bisogni sono radicati nella storia personale di ciascuno e possono entrare in collisione con quelli degli altri (norme sociali o contesto in cui si vive). Questo provoca conflittualità, spesso inconscia, che Laborit definisce “patologia dell’inibizione comportamentale”.

• Il cervello neo-mammifero o neocorteccia parte esterna, la ragione: dove hanno sede le funzioni dell’intelligenza e del linguaggio. Alla neocorteccia corrispondono, secondo Morrini due emisferi del cervello, messi in comunicazione dal corpo calloso, che svolgono dei compiti unici.
 Il loro funzionamento è incrociato: l’emisfero sinistro a controllare la parte destra del corpo e viceversa.

 • L'emisfero sinistro, essendo quello razionale, è sede del conscio ed elabora quindi le informazioni vitali a breve termine Esso presiede a specifiche attività quali: pensiero analitico, astratto, spiegazione, focalizzazione su oggetti, linearità, sequenzialità, serialità, razionalità/calcolo, controllo/dominanza sociale, maschile, tecnico, cultura/educazione occidentale 
 Due  sono le funzioni del cervello responsabili del pensiero e del linguaggio entrambi nell'emisfero sinistro: l'area di wernike controlla la comprensione di significati, l'area di broka la produzione del linguaggio e l'elaborazione della sintassi.

• L'emisfero destro, invece, è quello irrazionale-emotivo ed è sede dell'inconscio(per definirlo come diceva Freud “è quella parte di cervello che fa cose di cui non mi accorgo”). Esso elabora informazioni a medio e lungo termine e presiede alle attività di: pensiero intuitivo, concreto, comprensione, focalizzazione su persone, simultaneità, sintesi, globalità, estetica/arte, comunicazione psicoaffettiva, femminile, artista, cultura/educazione orientale.

Tutti noi, usiamo entrambi gli emisferi, ma alcuni di noi sono razionali e altri più emotivi. Di solito noi usiamo di più l'emisfero sinistro che, a incrocio ci fa usare più la parte destra del nostro corpo pensiamo ad es. a quanto scriviamo, esso è più razionale, articola la parola, la matematica ed è sequenziale. L'emisfero destro invece è irrazionale dove è posizionato l'inconscio, il sogno, la creatività, l'irrazionalità, il nostro programma mentale. 
Nel grembo materno, le emozioni della mamma influiscono sullo stato emozionale. Quando il bambino viene al mondo, la mente, è quasi totalmente priva di influenze e condizionamenti, difatti, reagisce secondo schemi precostituiti. Durante la crescita la mente passa attraverso tre fasi:

 1. Fase sensoriale: il bambino non è in grado di distinguere il negativo dal positivo;

 2. Fase percettiva: è in grado di riconoscere il significato del piacere e della sofferenza ma non di identificarne la fonte;

 3. fase riflessiva: è in grado di identificare la fonte buona o cattiva ovvero il genitore buono o cattivo.

La nostra mente può essere paragonata a un dischetto vergine, che, vien scritto, man mano che i genitori, i docenti, il gruppo dei pari, la società, il mondo intero, ci forniscono informazioni. Il potere dell'inconscio: è ad es. se mia madre, mi ha sempre detto, che sono un imbecille questo concetto si imprimerà nell'inconscio, in modo da farmi comportare da imbecille, e porterà nella mia vita disgrazie a cui io stesso darò un’altra giustificazione ad es. distrazione etc.... Il messaggio inoltre va sempre dato in positivo per la legge dell'attrazione (F. Marchesi), infatti, ciò che ci succede di negativo si attua in quanto, le energie si spostano sui pensieri negativi, ovvero, siamo noi con i nostri pensieri negativi che smuoviamo delle energie, che si materializzano, ad es. se un padre non vuole che il proprio figlio prenda l’aereo, darà la spiegazione, della sua paura, che l’aereo possa cadere, tale pensiero negativo si potrebbe materializzare, difatti, non bisognerebbe mai pensare in negativo e comunque formulare il proprio pensiero in positivo . La parte irrazionale ovvero l'inconscio ha il potere sulla nostra vita che arriva ad occupare il 90% rispetto al 10% della parte razionale.


Il cervello enterico
 I due cervelli, il cranico e l'enterico, sono connessi dal nervo vago dove si racchiudono emozioni e sensazioni. Anche l'intestino si emoziona, soffre, gioisce. E' la scoperta di Mintsai Liu e Michael Gershon della Columbia University di New York. Ciò che la scienza ha battezzato come «secondo cervello» vive sì nel ventre di ciascuno di noi ma è una sorta di chiave che regola stress, ansia e tensione. La natura ha previsto di investirlo di proprietà legate alle funzioni derivanti dalle emozioni, dai sentimenti ed all'inconscio del soggetto. Il cervello enterico, dunque, può pensare, prendere decisioni e provare sensazioni autonomamente da quello cranico, come insegna la neuro-gastroenterologia (vedi la colite, l'ulcera, i bruciori di stomaco, ecc., malattie causate dallo stress).
Ormoni neurotrasmettitori e sostanze chimiche proprie dell’innamoramento

Quando ci si innamora si attiva un’autentica tempesta di ormoni, neurotrasmettitori e sostanze chimiche che ci permettono di percepire intense sensazioni fisiche:

Ferormoni, scatenano l'attrazione fisica;

Feniletilamina, la vera responsabile dello stato euforico, stimola la libido;

Dopamina, la responsabile dello stato di benessere;

Testosterone, l'ormone del desiderio sessuale;

Noradrenalina provoca eccitazione, euforia ed entusiasmo;

Adrenalina provoca un aumento del battito cardiaco, della respirazione e della pressione sanguigna, da cui ha origine il rossore del volto;

Ossitocina è prodotta durante l'orgasmo, la stimolazione dei genitali e durante l'allattamento per la stimolazione dei capezzoli. Viene chiamato ormone dell'amore perché si ritiene che generi sensazioni affettive, protettive e di benessere. Nell'uomo è anche responsabile del periodo refrattario che segue l'eiaculazione;

Endorfine hanno un'azione rilassante, calmante, analgesica ed entrano in gioco quando una relazione diventa meno passionale e più affettiva.

Secondo la teoria dell'apprendimento, l'esperienza positiva vissuta si imprime nel sistema nervoso come un ricordo piacevole da riprovare. Nel caso degli innamorati è proprio l'associazione tra “incontro” e “piacere” che spinge i due interessati a ripetere l'esperienza.



L’affettività le emozioni i sentimenti

L’affettività: riguarda la sfera dei sentimenti e delle emozioni ed è strettamente legata con il corpo e con la mente;

L’emozione: sorge improvvisamente come reazione a stimoli diversi, ha breve durata ed è più visibile dall'esterno: piacere, riso, eccitazione, gioia, ira, paura, rammarico, pianto, sdegno, dolore, vergogna, turbamento;

I sentimenti invece riguardano l’interiorità della persona essendo legati a credenze e valori sono più duraturi e meno visibili dall'esterno: amore, amicizia, tenerezza, fraternità, solidarietà, odio, gelosia, pudore, invidia, orgoglio, avversione, indifferenza.

La Piramide di Maslow

I bisogni fondamentali sono stati classificati dallo psicologo americano Abraham Maslow e raggruppati in 7 categorie, secondo una gerarchia biologica ed esistenziale (la famosa Piramide di Maslow, 1954): i bisogni non sono isolati e a sé stanti, ma tendono a disporsi in una gerarchia di dominanza e di importanza. Il punto di partenza di Maslow, iniziatore della psicologia umanistica, è che in ognuno di noi è presente un “seme”, un potenziale, un principio di autorealizzazione che dev’essere espresso in quanto è la nostra essenza personale autentica, unica e irripetibile. Questo principio di autorealizzazione dà origine alle motivazioni interiori, ai desideri profondi, ma si scontra con la realtà nel momento in cui prima di poter soddisfare i bisogni “superiori” (dell’anima), bisogna soddisfare i bisogni “inferiori” (del corpo, ma non solo): la critica mossa a Maslow e alla sua piramide gerarchica è proprio quella di considerare più importanti e fondamentali i bisogni materiali, ma va specificato che non si tratta di una gerarchizzazione di tipo morale, bensì della presa di coscienza di un dato di fatto. Non ci sarà energia sufficiente per conseguire gli obiettivi superiori se si è preoccupati per il cibo o il vestito o la casa; anzi, da questa classificazione si può ricavare l’urgenza di soddisfare i propri bisogni materiali il prima possibile, per avere più tempo ed energie per dedicarsi a quelli spirituali.

I Bisogni Fondamentali  Per “bisogni” intendiamo le esigenze psico-biologiche irrinunciabili che vanno soddisfatte al fine di sopravvivere, crescere, esprimere i propri talenti, realizzare il proprio destino. Come esseri umani percepiamo il sentimento della pace e della giustizia quando un nostro bisogno viene soddisfatto, un nostro desiderio appagato. Al contrario, tutto ciò che contrasta con questo soddisfacimento viene percepito come ingiusto e genera a sua volta un desiderio di rivalsa, di compensazione. Alla base del funzionamento della coscienza si trovano quindi una serie piuttosto ampia di bisogni da soddisfare, a livello individuale, familiare e sociale.


La piramide dei bisogni di Maslow: L'uomo ha sette tipologie di bisogni che Maslow rappresenta con una piramide: 1) fisiologici; 2) salute e sicurezza; 3) emozioni, affetti, intimità e creatività; 4) amicizia, famiglia, vacanze, arte, natura; 5) progettualità; 6) auto-realizzazione, ricerca; 7) spiritualità. Secondo Maslow, un individuo si sentirà appagato solo se riuscirà a soddisfare i bisogni seguendo l'ordine della piramide, partendo dal basso verso l'alto. Quindi dal 1 fisiologici fino ad arrivare al 7 la spiritualità.

1. I Bisogni Fisiologici
Respirazione (aria), nutrimento (acqua e cibo), eliminazione delle scorie, riposo, riproduzione.
Nella scala delle priorità i bisogni fisiologici sono i primi a dovere essere soddisfatti in quanto alla base di tali bisogni vi è l’istinto di sopravvivenza, il più potente e universale motore dei comportamenti sia negli uomini che negli animali.Il nostro cervello non fa distinzione tra realtà concreta o immaginaria e simbolica: l’aria è sinonimo di libertà, di spazio vitale, di territorio personale in cui muoversi liberamente; il nutrimento è collegato all’amore che si riceve dal padre e dalla madre; liberarsi dalle scorie riguarda anche le problematiche del passato e delle relazioni dolorose; la riproduzione concerne tutta la sfera relazionale del rapporto con i figli, con il partner, con la società.
Inutile aggiungere quanto oltre alla soddisfazione o meno di questi bisogni sia importante anche la qualità di tale soddisfazione: respirare aria pulita, mangiare cibo sano e genuino, dormire bene, in un ambiente confortevole e senza stress.
2. I Bisogni di Sicurezza
Riguardano la capacità di mantenere il corpo in salute, di mantenerlo in una buona forma fisica, l’esigenza di trovare un riparo, una casa, un ambiente che protegga dalle intemperie, dai nemici e dai pericoli e che consenta il riposo e l’intimità con i propri cari. A questo livello troviamo anche il bisogno della sicurezza economica e dell’autonomia, quindi di un lavoro stabile e adeguatamente retribuito: il benessere è un obiettivo da raggiungere quanto prima, non deve essere il miraggio che ci aspetta dopo la pensione o il frutto dei sacrifici di una vita.
3. I Bisogni di Appartenenza
Questi bisogni sono i bisogni sociali, di relazione, di cooperazione, di intimità, di affetto. Appartenenza e amore sono bisogni legati alla relazione con i genitori e con la famiglia di origine. Attraverso il legame con i genitori il figlio sviluppa la coscienza della dimensione affettiva e relazionale, la nascita dai genitori sancisce l’appartenenza di un figlio alla stirpe, diritto biologicamente irrinunciabile. L’esclusione o la separazione dal gruppo familiare o sociale è una ingiustizia intollerabile che crea un profondo dolore. Da bambini, dopo essere stati nutriti, accuditi e coccolati, abbiamo bisogno di essere visti e riconosciuti per quello che siamo, abbiamo bisogno di essere apprezzati per le nostre qualità, incoraggiati ad imparare e sostenuti quando cadiamo. Se questo bisogno non viene soddisfatto fin da piccoli, non possiamo dare a noi stessi e agli altri la giusta importanza. Critiche ingiustificate, disprezzo da parte dei genitori, umiliazioni e opposizioni possono creare nel bambino ferite profonde che lo renderanno da adulto incapace di esprimersi e di agire efficacemente per affermarsi.
Fin qui i bisogni “inferiori”, cioè quelli fondamentali o primari, che spesso però occupano tutte le nostre energie o diventano lo scopo ultimo della vita: in realtà ci sono due ulteriori livelli, i bisogni superiori.
4. I Bisogni di Stima e amicizia  ; -
L’autostima, il riconoscimento altrui, la soddisfazione di sè, la consapevolezza delle proprie capacità e competenze e il riconoscimento dei propri talenti: è il livello del rispetto di sè che nasce dal successo, dalla capacità di conseguire i risultati prefissi, dall’autocontrollo.
5. I Bisogni di Autorealizzazione- 
L’autorealizzazione è l’appagamento ultimo e nel contempo la spinta primaria e la ragion d’essere della specie umana: il bisogno di esprimere la propria unica e irripetibile verità e i propri talenti in un’opera creativa che lasci il segno del proprio passaggio su questa Terra. Parliamo di missione e di vocazione come espressione di un diritto irrinunciabile alla felicità e al compimento del proprio destino. Una vocazione ostacolata può spezzare il cuore, può distruggere una vita. Si tratta del bisogno di creatività, di libertà di espressione profonda del proprio sè; è l’accettazione profonda di sè stessi, realizzata personalmente ed espressa e riconosciuta dagli altri.
6. bisogno di progettualità e di rcerca- tutti noi abbiamo bisogno di porre obbiettivi fare progetti o ricercare il meglio per noi stessi;
7. Bisogno di spiritualità  appartenenza o di connessione transpersonale  
 una ulteriore categoria di bisogni, cosiddetti spirituali, che hanno a che vedere con il sentimento di connessione e di appartenenza non soltanto alla vita, alla famiglia, alla specie e alla società, ma ad un ordine cosmico trascendente ed eterno, che in qualche modo possa dare un minimo appagamento a quel bisogno così tipicamente umano di immortalità e infinitezza. Lo chiameremo bisogno di connessione transpersonale.


 Metodi, tecniche e strumenti per una consulenza pedagogica

la comunicazione è la trasmissione di informazioni che riguarda gli uomini gli animali e le macchine
la parola è  prerogativa solo dell'uomo 
il linguaggio: linguaggio animale semplice, linguaggio umano  elaborato, tecnologico artistico, musicale etc.
Il linguaggio verbale umano è la comunicazione attraverso le parole, ed è uno strumento di adattamento all' ambiente.
le lingue sono 5000 nel mondo e sono italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese, greco moderno, arabo, etc.
le lingue si dividono in antiche come il greco antico e il latino e moderne come il greco moderno e l'italiano e  lingue globali come: inglese spagnolo arabo
le varianti linguistiche sono il dialetto in una zona geografica limitata, il linguaggio professionale, il gergo ad es. giovanile, varianti sociali legata alle classi sociali.
monogenesi linguistica sostiene che tutte le lingue sono provenienti da una stessa lingua l'africano
poligenesi linguistica sostiene che le lingue sono provenienti da più lingue nell' ambente di nascita in diverse aree globali, esse enfatizzano le differenze rispetto alle somiglianze.
idioma: lingua materna, Italiano.
frase idiomatica: espressione figurata di un concetto compreso da tutti
fonema:unità minime del parlato ne sono circa 30 in italiano Il fonema rappresenta la più piccola parte SONORA, in una successione di parole data, priva di significato, che combinandosi con altri fonemi realizzano le parole. Sostituito all'interno di una parola può mutare il significato della stessa. Nella lingua orale il fonema è costituito dalle onde sonore emesse da chi parla in vista del messaggio. Nella lingua scritta talvolta può non corrispondere ad una singola lettera (es. /c/ duro in italiano seguito dalla vocale e, che si scrive che), tetto e detto è il risultato dello scambio tra il fonema /t/ e il fonema /d/. 
I morfemi sono sequenze di uno o più fonemi che costituiscono la più piccola unità linguistica dotata di significato. ad es. noi, lui, gru.
 parole insiemi di morfemi dotati di significato che permettono di dare un nome alle cose, ci guidano nella vita quotidiana.
frasi unità linguistiche significative che descrivono la realtà
più frasi costituiscono un discorso lingua parlata o un testo lingua scritta.
le differenze tra un testo scritto una lingua parlata  che danno maggior o minor enfasi e chiarezza ad un discorso si chiama contesto extralinguistico.
ABILITA' FONOLOGICA - uso dei suoni, vocali e consonanti, della nostra lingua.
• ABILITA' GRAMMATICALE-SINTATTICA - utilizzo delle regole che permettono la costruzione della frase. • ABILITA' SEMANTICA - conoscenza del significato delle parole e delle frasi.
 ABILITA' PRAGMATICA - utilizzo del linguaggio a fini relazionali.
 • FONOLOGIA - Sezione della linguistica riguarda le regole di combinazione dei fonemi della lingua. Il sistema fonologico italiano comprende le vocali e le consonanti.
 • FONETICA - Scienza che studia i tratti distintivi dei suoni che svolgono attività fonemica (in quanto mezzo fisico di comunicazione).
              
 MORFOLOGIA - Sezione della linguistica studio le diverse modalità con cui si realizzano, anche in vista della loro funzionalità, le parole di una lingua. I fonemi che da soli non hanno significato, tranne nei suoni vocalici (monosillabi a, e, i, o), combinandosi in sequenza formano morfemi, che rappresentano le più piccole unità linguistiche capaci di comunicare significati.
 SINTASSI - Si occupa delle regole di relazione tra le parole in vista della formazione di frasi, utilizzando sia l'ordine particolare delle parole che elementi particolari chiamati morfemi. Questi possono essere combinati (dando luogo alle desinenze) oppure isolati (congiunzioni, preposizioni, particelle con funzioni diverse).
 SEMANTICA -Ramo della linguistica che studia il significato dei simboli e dei loro raggruppamenti. Riguardo le lingue, studia il significato delle parole, delle frasi e dei singoli enunciati.
 VOCALE - Suono prodotto dall'emissione d'aria che non incontra occlusioni, ostacoli o restringimenti nel canale e nella cavità orale. Si realizzano vocali brevi, lunghe, vocali aperte, chiuse, vocali toniche, atone. Nella lingua italiana le vocali sono sette (e / o, possono avere un suono aperto o chiuso) ma i segni che le rappresentano sono cinque.
• CONSONANTE - La consonante (dal latino con-sonare) offre il suo suono ad un altro suono. Da un punto di vista fonetico è un suono (aperiodico, a differenza del suono periodico rappresentato dalla vocale) articolato dalla lingua che viene pronunziato col canale orale chiuso o semichiuso e che non può formare sillaba da solo (si contrappone alla vocale, che è sonorizzata con il canale orale aperto e può far sillaba da sola).
• EGOCENTRISMO - Nell'epistemologia genetica di J. Piaget è la caratteristica iniziale del pensiero infantile secondo cui il bambino non considera la possibilità di punti di vista diversi dal proprio.
 SINCRETISMO - SINCRETICO - Tendenza del pensiero infantile a percepire secondo una modalità globale dove il "tutto è legato al tutto" (Piaget).
• REALISMO - Caratteristica del pensiero infantile, nella visione piagetiana, di riconoscere come reale solamente ciò che è percepibile (presente ai sensi) e oggettivo.

parlando si compiono le azioni Austin elaborò la teoria degli atti linguistici:

1.   Atto locutorio: l'atto di costruire un enunciato attraverso il lessico e le regole grammaticali di una determinata lingua per veicolare un dato significato (non è, si badi, un mero atto fonetico, ma possiede una componente anche fàtica e retica; una scimmia che emetta il verso "àigo" ha compiuto un atto solamente fonetico, ben diverso da chi razionalmente afferma "I go").
2.   Atto illocutorio: l'intenzione che viene perseguita "nel dire", cioè con il fatto stesso di pronunciare l'enunciato. Entra qui in gioco la nozione di forza illocutoria, che non è un'intensità di azione, bensì l'intenzione linguistica che sta nell'enunciato, la direzione verso la quale l'enunciato tende, il modo in cui l'enunciato va interpretato. La forza illocutoria ha un carattere convenzionale: i metodi attraverso la quale viene espressa saranno infatti oggetto dello studio di filosofi successivi. Un atto illocutorio può essere diretto, se formulabile attraverso un verbo performativo, come ad esempio "Battezzo questa nave Queen Elizabeth", oppure indiretto, se realizzato attraverso la "forma" di un atto locutorio che mira in realtà a realizzarne un altro. Si pensi al caso di chi dice "Freschino qui dentro!" (una constatazione) con l'intenzione di far chiudere la finestra senza chiederlo esplicitamente.
3.      Atto perlocutorio: il fine che si raggiunge con il dire, l'effetto dell'atto illocutorio. Si parla     di obiettivo perlocutorio quando l'effetto ottenuto dall'atto perlocutorio coincide con l'intenzione di chi ha emesso l'atto illocutorio, e di seguito perlocutorio quando l'atto illocutorio ottiene un effetto diverso da quello desiderato (la sequela perlocutoria è una sequenza di seguiti perlocutori).
Un esempio può essere quello del genitore apprensivo che intima al figlio adulto in procinto di mettersi in viaggio in automobile "Mi raccomando: non correre!". L'atto illocutorio del genitore è una raccomandazione, che potrebbe rientrare fra gli atti esercitivi, volto a indurre il figlio alla prudenza: l'obiettivo potrebbe però scostarsi dall'effettivo seguito se il figlio si dovesse irritare.

il processo di crescita linguistico
La lallazione (o bubbling): è una fase dello sviluppo del linguaggio infantile. Essa consiste nell’emissione di suoni sotto forma di singole sillabe articolate, che in seguito vengono ordinate in un lungo “monologo” o “balbattamento”.  

periodo prelinguistico  (da 0 a 1 anno) In questo primo periodo la produzione dei suoni è correlata allo sviluppo anatomicofisiologico del tratto vocale:     

1.nascita: suoni vegetativi (starnuti colpi di tosse etc) suoni vocali ( gridi e gemiti); periodo, detto fonazione, (che va dalla nascita al 1° mese di vita), i prodotti vocali sono denominati nuclei quasi risonanti  verso la cavità nasale e il neonato sembra vocalizzare a bocca chiusa o semichiusa, perché sono prodotti dalla vibrazione laringea difatti i neonati hanno la laringe più alta fino ai 7 mesi, rispetto all' uomo maturo che è più bassa ciò gli consente di poppare e respirare contemporaneamente e di vocalizzare ovvero di avere la padronanza della capacità respiratoria e di produrre il movimento delle corde vocali necessarie al linguaggio,

2. a 2 mesi fase di cooing sound (verso del tubare)  prime consonanti ad es. g, t, d.

3. tra i i 2 e 3 mesi si manifesta un primo controllo grossolano della lingua detta fase dei suoni gutturali ad es daba, tada.

4. A 3 mesi inizia la fase del balbettio, costituita da vocali semplici o unite a consonanti (ma-na-da-go). In questo periodo le vocalizzazioni diventano protoconversazioni: il bambino sembra rispondere all’adulto che gli parla, rispettando veri e propri “turni di conversazione”.

5.A 4 mesi compare lo “stadio dell’espansione” nel quale il bambino, in relazione alle modificazioni anatomiche, produce un ampio repertorio di suoni (pernacchie, gridolini, strilli e borbottii)  

6. a 5 mesi interazione aritmica di sillabe la sillaba dunque è l'indicazione grafica di una vocale o di un gruppo di vocali o di un gruppo di lettere contenente almeno una vocale che si pronunzia con una sola emissione di fiato es. a-e-i-o-uai -au-ei-eu-iu-oi-du-tada-dau



6. (intorno ai 6 mesi) le lallazioni marginali o bubbing marginale che alternano consonanti a nuclei risonantici. I suoni sono associati a movimenti articolatori. La lallazione è un’attività molto importante ai fini dell’interazione comunicativa tra il bambino e i suoi genitori perché, sebbene i suoni emessi non abbiano un significato linguistico, attraverso di essi (con delle variazioni del ritmo e del tono di voce con il quale vengono emessi) il bambino impara a comunicare vari stati d’animo: gioia, dolore, rabbia. Per il bambino la lallazione è fine a se stessa, come un gioco, è autoimitazione. Nei suoni prodotti, infatti, non vi è ancora un vero significato linguistico; si tratta piuttosto di un allenamento motorio dei muscoli fonatori che danno al bimbo piacere nell’ascoltarsi.

7. Intorno ai 6-7 mesi compare la lallazione canonica o bubbling canonico il bambino è in grado di produrre sequenze consonante-vocale con le stesse caratteristiche delle sillabe (ad es. “da”, “ma”) oppure anche in modalità reduplicata (per es. “ma-ma-ma”, “pa-pa-pa”, “ta-ta-ta”, “da-da-da”), dando l’impressione agli adulti che produca delle vere e proprie parole quali “mamma” o “papà”. Secondo alcune interpretazioni scientifiche, d’altronde, è possibile che, attorno al periodo di inizio della lallazione, il neonato cominci anche a distinguere il sé dagli altri, avvertendo il bisogno di comunicare verso l’esterno: la genesi della parola “mamma” sarebbe, quindi, da ricercarsi nel tentativo del bambino, pronunciando “ma…ma…ma…”, di rinforzare l’attenzione sul proprio sé in formazione ed in contemporanea interazione con l’ambiente.

8. Lallazione modulata dai 7 ai 9 mesi, l'articolazione dei suoni diviene più chiara in entrata, particolarmente con la madre, ma anche in uscita.
E' da precisare che il cervello del bambino è in grado di rappresentare ed evocare oggetti e/o situazioni molto prima di essere in grado di pronunciare una parola.
In tale periodo il bambino, con la comparsa della rappresentazione mentale giunge alla comprensione delle prime parole. Espande il suo patrimonio comunicativo con atti illocutori: offre, porge, indica, prende, ecc. Realizza scambi verbali di tipo ludico sia in sequenza che simultaneamente (all'unisono), rafforzando il sentimento di fiducia nell'altro.

9. Dai  9 - 11 mesi inizia la Lallazione comunicativa ovvero la fase iniziale dell'imitazione. Il bambino inizia ad associare la parola al linguaggio non verbale.

10. Verso i 10- 12 mesi compare la lallazione variata o bubbling variato nella quale la produzione di suoni consonantici si espande notevolemente. Solitamente i suoni tipici di questa fase sono /m/ /p/ /b/ /t/ /d/ la maggior parte dei bambini produce strutture sillabiche complesse e lunghe che caratterizzano (per es. “da-du”). Sempre a questa età compaiono i primi suoni simili a parole o “proto-parole” che, pur avendo una forma fonetica identica, assumono un significato specifico quando vengono utilizzate in determinati contesti (ad es “cocò” riferito solamente al proprio peluche a forma di gallina). Anche se è possibile identificare un corso di sviluppo normale nell'acquisizione della lallazione che è il risultato della facilità di articolazione e della salienza percettiva dei suoni, singoli bambini possono divergere da questo corso per cause legate sia alla particolare lingua che ascoltano, sia alla propria maturità fisica e funzionale. I bambini differiscono tra loro non soltanto nei suoni che preferiscono produrre, ma anche nella stabilità di queste preferenze.  I bambini hanno una memoria plastica capacità di recepire più informazioni possibili,  è quindi consigliabile che gli adulti parlino con loro, non ripetendo le loro lallazioni bensi insegnando loro le parole esatte. Inoltre il bambino ha capacità di comprendere più lingue e se c'è la possibilità di conoscere più lingue insegnarle al bambino sin da subito ha un effetto positivo.
Col passare del tempo, il bimbo comprende che questi suoni emessi da lui, generano una reazione negli altri, incrementando il piacere della comunicazione e il desiderio di sviluppare questa capacità ulteriormente. La lallazione è anche un’attività fondamentale per lo sviluppo senso-motorio e per la coordinazione dei movimenti articolari. Si tratta, infatti, di una fase nella quale si forma un’attività ritmica associata ad emissione di suoni: per es., è tipico il battere le mani e gli oggetti che vengono tenuti in mano. Gradualmente, in essa il bambino intuisce l’importanza della relazione con gli adulti e, in qualche modo, prova piacere a stimolare le reazioni ambientali, soprattutto quando si generano artificialmente comportamenti di approvazione e divieto. 

9. periodo di transizione: (compreso fra i 12 e i 18 mesi) olofrasi prime parole ovvero con una parola il bambino può intendere ciò che vuole pappa, mamma, palla, etc.Comincia con la comparsa delle prime parole e continua fino ad un vocabolario di 50 parole. La lallazione in questa fase può permanere nel gioco, ma per comunicare il bambino inizia ad utilizzare le parole, suoni onomatopeici, esclamazioni spesso accompagnate da gesti che fanno capire meglio ciò che vuole dire. Iniziano anche le associazioni di 2 parole, le gratificazioni che gli giungeranno lo aiuteranno a migliorare ed arricchire il suo vocabolario. 

10. periodo dello sviluppo fonemico (dai 18 mesi ai 4 anni). Aumenta la lunghezza delle parole e compaiono parole plurisillabiche; intorno ai 2 anni si conoscono circa 100 parole; 
 tra i 4 e i 6 anni un migliaio di parole e regole grammaticali il vocabolario continua ad incrementare
nel tentativo di produrre parole più complesse, compaiono gli errori di semplificazione.
iper regolarizzazione applicare le regole imparate erroneamente anche quando non vi è bisogno 
10.1. tra i 18-24 mesi frasi binarie due parole soltanto 
10.2.. tra i 24-30 mesi frasi telegrafiche 

i 3 livelli dello sviluppo linguistico:
fonetico che si conclude vs i 6 anni quando il b. è capace di produrre tutti i suon della lingua
morfologico apprendimento delle strutture specifiche (grammaticali e sintattiche) della lingua materna, assai più lungo e complesso
semantico apprendimento di vocaboli e loro significato.


11. periodo della stabilizzazione (tra i 4 e gli 8 anni) si divide in:  
11.1Dai 4 ai 6 anni i bambini stabilizzano la pronuncia dei fonemi che si presentavano instabili e completano l’inventario fonetico. 
 11.2. Intorno ai 6 anni sviluppano la conoscenza esplicita della natura fonemica del sistema sonoro: apprendono che le parole possono essere segmentate in unità discrete e che i suoni che apprendono possono essere rappresentati da simboli grafici. 
11.3. Tra i 5 e gli 8 anni si colloca la fase più significativa della conoscenza metalinguistica (metalinguistica= capacità di usare il linguaggio per analizzare, studiare, conoscere il linguaggio stesso, scomponendo il linguaggio stesso ad ogni livello… fonologico, grammaticale, semantico, pragmatico) Per esempio la competenza metafonologica (capacità di segmentazione delle parole in sillabe e fonemi) si sviluppa gradualmente e si esercita poi in rapporto con l’alfabetizzazione).

12. Quando, però, questo processo inizia tardivamente, si presentano quadri di sviluppo diversi. I bambini sordi, ad esempio, generalmente hanno grosse difficoltà ad apprendere il linguaggio orale, hanno ritardi nell’inizio del babbling, che può iniziare anche dopo i 10 mesi d’età. Nei bambini con Sindrome di Down, invece, le capacità prelinguistiche non sono molto diverse da quelle dei soggetti con sviluppo normale, anche se presentano:
·          Ritardo lieve nell’inizio del bubbling canonico.
·          Frequenza bassa di produzione di sillabe a 16 mesi.
·          Grave ritardo nello sviluppo di comportamenti motori.
·          Ritardo lessicale.

La maggiore differenza starebbe, invece, nella comparsa delle prime parole e nello sviluppo linguistico successivi, tanto che l’ampliamento del vocabolario risulta lento, così come l’uso delle parole.

i disturbi del linguaggio sono di 3 categorie:
disturbi centrali causati da un danno celebrale, produzione e comprensione detti afasie  se il danno è di broca sono compromesse le capacità sintattiche, se di wernike incapace di comprendere significati parla senza sapere  il significato privo, disturbi per isolamento emarginazione disagio sociale carenze di cure parenterali sono mancati elementi essenziali di sviluppo linguistico. come nel caso di bambini selvaggi.
disturbi di produzione linguistica è la balbuzie
disturbi di comprensione di significati sono le agnosie uditive incapacità di riconoscere i suoni
Un caso particolare sono le deprivazioni linguistiche  incapacità di produrre suoni e di comprendere i significati.

Teorie dell' apprendimento del linguaggio

Skinner: apprendimento avviene nell' ambiente in cui si cresce ed è un  aspetto della socializzazione e culturale teoria comportamentista;
teoria generativista e innatista Chomosky LAD apprendimento innato  di un programma per l'acquisizione del linguaggio ovvero un softweare che da input e autput.. egli critica skinner  che trascura l'apprendimento di regole grammaticali, velocità con cui si arriva a padroneggiare una lingua etc.
BASIL BERNSTEIN elabora la teoria della DEPRIVAZIONE VERBALE secondo la quale le differenze socioeconomiche influiscono in modo determinante sul linguaggio e quindi sul rendimento scolastico. La famiglia operaia e contadina possiede un CODICE RISTRETTO, la famiglia della classe media un CODICE ELABORATO
WILLLIAM LABOV riprende la distinzione proposta da Bernstein, ma sostiene che non è tanto la classe sociale di appartenenza a determinare il codice, ma il CONTESTO in cui avviene la comunicazione. Pertanto il codice elaborato si identifica con lo stile formale e il codice ristretto con quello casuale del linguaggio ordinario.



La comunicazione (dal latino cum = con, e munire = legare, costruire e communico = mettere in comune, far partecipe) non è soltanto un processo di trasmissione di informazioni (secondo il primo modello di Shannon-Weaver '49 lineare o mono-direzionale o Verticale che era un primo modello tradizional meccanico viene dalla teoria matematico informativa o teoria dell' informazione). In italiano, il termine "comunicazione" ha il significato semantico di "far conoscere", "rendere noto". La comunicazione è un processo costituito da un soggetto che ha intenzione di far sì che il ricevente pensi dica o faccia qualcosa. Esso rappresenta un bisogno fondamentale dell’essere umano per poter sviluppare le relazioni con gli altri esseri viventi, e ad un livello superiore, per poter costituire delle società. Il modello monodirezionale manca di feedback, difatti fu creato 
un secondo modello dalla (Teoria Relazionale della Comunicazione) detto interattivo/sistemico che è Circolare o Bidirezionale o Orizzontale negli anni '50(Scuola di Palo Alto):
 Jakobson,  che si occupa in un primo momento delle funzioni della comunicazione (monodirezionalità) ed in un secondo momento dà risalto al feedback(circolarità);
  Whazhlawitch (approccio sistemico) circolarità, degli assiomi della comunicazione; 
Bateson(approccio psicologico -sistemico-relazionale)circolarità di .come gli individui attraverso la comunicazione giocano la propria identità. 
Nell’approccio psicologico,  come attraverso la comunicazione si costruisce la 
propria rete di relazioni. 
Per Bateson (1951) si hanno in ogni atto comunicativo due livelli distinti: quello della notizia
che riguarda il contenuto degli enunciati prodotti, e quello del comando, che costituisce 
un’indicazione per l’interlocutore del modo in cui intendere le cose dette. 
La comunicazione risulta così essere costituita di due parti: la comunicazione che riguarda i 
contenuti scambiati e la metacomunicazione, che è un sovrastrato comunicativo che ha per 
oggetto la comunicazione di tipo contenutistico. In questo modo la metacomunicazione fornisce un 
quadro di riferimento per la comunicazione. 
Tramite la comunicazione si definisce la relazione interpersonale e si definisce sé e l’altro. 
I messaggi costituiscono una sequenza ininterrotta di stimoli, risposte e rinforzi, che danno 
luogo a una modalità comunicativa di cui è difficile individuare l’origine. 
Il flusso della comunicazione può dar luogo a conflitti in quanto gli individui tendono a 
linearizzare e a segmentare arbitrariamente il processo circolare e continuo della comunicazione. 
Bateson ha individuato che vi sono due tipi di relazioni possibili: quella simmetrica, che si 
fonda sulla percezione di uguaglianza nei rapporti, e quella complementare, che si fonda sulla 
percezione di una differenza. 
Bateson ha sviluppato la teoria del doppio legame, una situazione paralizzante che porta alla 
schizofrenia, mettendo in risalto la possibilità della comunicazione di presentare simultaneamente 
messaggi multipli. 
La comunicazione quindi non è solo costituita da atti verbali volontari, bensì implica una 
moltitudine di comportamenti corporei, studiati dalla cinesica e dalla prossemica, che 
influiscono sul contenuto verbale.
Nel 67 le ricerche ci portano ad un terzo modello definito dialogico della comunicazione  Whazhlawitch e Galimberti circolare o pluridirezionale  secondo cui: entrambi gli interlocutori sono contemporaneamente (e non in momenti diversi) emittente e ricevente durante l’interazione. In quest’ottica la comunicazione diventa un processo in cui i soggetti creano una relazione, contribuendo a realizzare congiuntamente il significato degli scambi e a costruire un progetto comunicativo comune questo metodo è usato con strumenti come internet, facebook, twitter, etc..
Noi ci occuperemo del secondo modello circolare o bidirezionale.

Il processo comunicativo ha una intrinseca natura bidirezionale. Per Roman Jakobson (1976) si distinguono diversi elementi che concorrono a realizzare un singolo atto comunicativo. La comunicazione consiste fondamentalmente nella trasmissione di un Contenuto (messaggio, informazione), ad un Emittente (o mittente): è la persona che avvia la comunicazione attraverso un messaggio. Ricevente (o destinatario): accoglie il messaggio, lo decodifica, lo interpreta e lo comprende; Codice: linguistico, immagine, tono impiegata per "formare" il messaggio; Canale (o contatto): il mezzo di propagazione fisica del codice (verbale o non verbale, uditivo, visivo, olfattivo, ecc. onde sonore o elettromagnetiche, scrittura, bit elettronici). Contesto: l'"ambiente" significativo all'interno del quale si situa l'atto comunicativo. Referente: l'oggetto della comunicazione, a cui si riferisce il messaggio. La codifica: è l’attività che svolge l’emittente per trasformare idee, concetti e immagini mentali in un messaggio comunicabile attraverso un codice. La decodifica: è il percorso contrario svolto dal ricevente che trasforma il messaggio da codice in idee, concetti e immagini mentali. Rumore: causa sia di tipo fisico che psicologico, causa una distorsione del messaggio e gli impedisce di arrivare al destinatario in modo corretto e completo.Oltre al rumore acustico, vanno considerati tutti quegli aspetti che possono influire su ciascun passaggio della comunicazione: l’emittente può esprimersi in maniera poco chiara o confusa, non sapendo esattamente quello che vuole comunicare; il codice può non essere condiviso o risultare parzialmente oscuro; il canale può non essere adatto; il ricevente può essere distratto; per una efficace comunicazione, l’emittente dovrebbe accertarsi che il ricevente abbia integrato tutta l’informazione che era stata inviata. Ridondanza: quando un messaggio trasmesso è prevedibile e contiene poca informazione. Entropia: poco prevedibile ed alta percentuale d’informazione.
 I modelli della comunicazione sono lineari o monodirezionali e circolari o bidirezionali. La linearità o la circolarità di un modello dipende dalla presenza o meno di un feedback. Il feedback: è un meccanismo di retroazione ' o retro-comunicazione, una informazione di ritorno, che permette all'emittente, mentre sta comunicando, di percepire se il messaggio è stato ricevuto, capito, approvato, ecc. e dunque di reagire, cercando la via più efficace per raggiungere il risultato che si è prefisso. Esistono 2 tipi di feedback: Negativo, quando agisce in modo che il sistema funzioni sempre allo stesso modo, entro margini controllati di tolleranza; Positivo, quando mantiene il sistema in continuo cambiamento.

La teoria dell’informazione dice che: l'informazione è tutto ciò che contribuisce ad eliminare una incertezza. L’incertezza è data dal numero di alternative possibili tra i diversi stati di un sistema. L’informazione è una grandezza misurabile e l’unità di informazione è il bit (binary unit). 1 bit è la quantità di informazione necessaria per eliminare l’incertezza tra due eventi equiprobabili e mutuamente escludentisi. Se M è il numero degli stati equiprobabili di un sistema, o per sapere in quale stato esso si trova è necessaria una quantità di informazione pari a: Q = log2 M.  La scelta della base 2 per il logaritmo è legata alla definizione di bit (cioè al fatto che l’incertezza iniziale è tra due eventi). Per calcolare Q si possono utilizzare le proprietà dei logaritmi: Q = log 10 M / log 10 2 = 3,32 log 10 M. Probabilità = la formalizzazione matematica dei fenomeni casuali, secondo la teoria classica, formulata da Laplace nel 1814, la probabilità di un evento si definisce come il rapporto tra il numero dei casi in cui l’evento può verificarsi e il numero dei casi possibili. P = 1 certezza; P = 0 impossibilità; P = 0,5 tra due stati equiprobabili (testa o croce?). 

Mentre facciamo consulenza dobbiamo tenere ben presente gli assiomi della comunicazione secondo la scuola di Palo Alto P. Watzlawich precisamente che presenta un modello circolare bidirezionale: Gregory Bateson e Paul Watzlawich (approccio sistemico-relazionale) negli anni 50 applicano la teoria cibernetica, Wilner all'interazione animale e umana e studiano un modello circolare retroattivo (feedback) della comunicazione. (La cibernetica è la scienza che studia i fenomeni della comunicazione (vedi Teoria dell'informazione), sia negli organismi naturali quanto nei sistemi artificiali).Morris individua  e analizza il codice comunicativo secondo  tre punti di vista
  • la sintassi: che comprende i problemi relativi alla trasmissione delle informazioni e analisi delle regole grammaticali;  
  • la semantica: che centra l'attenzione sui significati simbolici del messaggio, analisi dei significati attribuiti ai segni • Referenti Ogden e Richards;  
  • la pragmatica: che indaga sull'influenza che la comunicazione ha sul comportamento, (soprattutto) analisi della relazione fra codici, individui che li utilizzano e i comportamenti connessi all'uso.
Funzioni della comunicazione
I Cinque Assiomi della Comunicazione
La Scuola di Palo Alto, nelle persone di Gregory BatesonPaul WatzlawickJanet Helmick BeavinDon D. Jackson ed altri, negli anni Sessanta fissò tutta una serie di nozioni teoriche elaborate a partire dalla sperimentazione sul campo e definì la funzione pragmatica della comunicazione, vale a dire la capacità di provocare degli eventi nei contesti di vita attraverso l’esperienza comunicativa, intesa sia nella sua forma verbale che in quella non-verbale.
Facendo riferimento al concetto di retroazione sviluppato dalla teoria della cibernetica, si può affermare che, all’interno di un qualsiasi sistema interpersonale (come una coppia, una famiglia, un gruppo di lavoro, una diade terapeuta-paziente), ogni persona influenza le altre con il proprio comportamento ed è parimenti influenzata dal comportamento altrui. La stabilità e il cambiamento inerenti al sistema sono determinati da tali circuiti di retroazione: l’informazione in ingresso può venire così amplificata (è il caso della retroazione positiva) e provocare un cambiamento nel sistema, oppure può venire neutralizzata (e allora si parla di retroazione negativa Willner) e mantenere la stabilità dello stesso.
I sistemi interpersonali caratterizzati da un tipo di comunicazione patologica, vedi il caso delle famiglie con un membro schizofrenico, sono di solito estremamente stabili, quasi cristallizzati; il ruolo e l’esistenza del paziente sono indispensabili per la stabilità del sistema familiare, che reagirà con un loop di retroazioni negative in risposta a qualsiasi tentativo di cambiamento della sua organizzazione (omeostasi del sistema familiare).

I cinque assiomi della comunicazione umana
1. È impossibile non comunicare 1.       “Non si può non comunicare”; cioè tutto quello che si manifesta in modo verbale o non è da considerarsi una forma di comunicazione;
Qualsiasi comportamento, in situazione di interazione tra persone, è ipso facto una forma di comunicazione. Di conseguenza, quale che sia l’atteggiamento assunto da un qualsivoglia individuo (poiché non esiste un non-comportamento), questo diventa immediatamente portatore di significato per gli altri: ha dunque valore di messaggio. La comunicazione quindi può essere anche involontaria, non intenzionale, non conscia ed inefficace.
Anche i silenzi, l’indifferenza, la passività e l’inattività sono forme di comunicazione al pari delle altre, poiché portano con sé un significato e soprattutto un messaggio al quale gli altri partecipanti all’interazione non possono non rispondere. La domanda non è quindi “se” una persona stia comunicando, ma “cosa” stia comunicando, anche tramite il silenzio o l’assenza. Ad esempio, non è difficile che due estranei che si trovino per caso dentro lo stesso ascensore si ignorino totalmente e, apparentemente, non comunichino; in realtà tale indifferenza reciproca costituisce uno scambio di comunicazione nella stessa misura in cui lo è un’animata discussione.
2. I livelli comunicativi di contenuto e relazione.        “Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione…”, in modo che il secondo classifica il primo, arrivando così alla meta-comunicazione, cioè al fatto che ogni atto comunicativo impone un comportamento;
Ogni comunicazione comporta di fatto un aspetto di metacomunicazione che determina la rela-zione tra i comunicanti. Ad esempio, un individuo che proferisce un ordine esprime, oltre al contenuto (la volontà che l’ascoltatore compia una determinata azione), anche la relazione che intercorre tra chi comunica e chi è oggetto della comunicazione, nel caso particolare quella di superiore/subordinato.
Bateson definisce due aspetti caratteristici di ogni comunicazione umana: uno di notizia e uno di comando; in sostanza si parla di un aspetto di contenuto del messaggio e di un aspetto di relazione dello stesso. In altre parole, ogni comunicazione, oltre a trasmettere informazione, implica un impegno tra i comunicanti e definisce la natura della loro relazione. Il ricevente accoglie un messaggio che possiamo considerare oggettivo per quanto riguarda l’informazione trasmessa, ma che contiene anche un aspetto metacomunicativo che definisce un modello che rientra in un’ampia gamma di possibili relazioni differenti tra i due comunicanti. Gli scambi comunicativi “patologici” sono caratterizzati da una lotta costante per definire i rispettivi ruoli e la natura della relazione, mentre l’informazione trasmessa dai comunicanti passa nettamente in secondo piano (anche se questi ultimi sono inconsapevoli di ciò). L’aspetto di relazione di una comunicazione è definito dai termini in cui si presenta la comunicazione stessa, dal non-verbale che ad essa si accompagna e dal contesto in cui questa si svolge. Perché l’aspetto di relazione della comunicazione umana è così importante? Perché, con la definizione della relazione tra i due comunicanti, questi definiscono implicitamente sé stessi.
Una delle funzioni della comunicazione consiste nel fornire ai comunicanti una conferma o un rifiuto del proprio Sé. Attraverso la metacomunicazione si sviluppa la consapevolezza del Sé, la coscienza degli individui coinvolti nell’interazione. È essenziale che ognuno dei comunicanti sia consapevole del punto di vista dell’altro e del fatto che anche quest’ultimo possieda questa consapevolezza (concetto di percezione interpersonale); la mancanza di coscienza della percezione interpersonale è definita impenetrabilità da Lee. È stato osservato che nelle famiglie con un membro schizofrenico si possono rilevare modelli comunicativi caratterizzati da impenetrabilità e da disconferma del Sé, che solitamente risultano devastanti per colui che si trova a ricevere messaggi che, sul piano della relazione, trasmettono comunicazioni del tipo “tu non esisti”.
3. La punteggiatura della sequenza di eventi  “La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione fra i partecipanti”, Gli scambi comunicativi esigono quindi delle punteggiature, per capire meglio il significato e per consentire al ricevente di porre domande; 
La natura di una relazione dipende anche dalla punteggiatura delle sequenze di scambi comunica-tivi tra i comunicanti. Questa tende a differenziare la relazione tra gli individui coinvolti nell’interazione e a definire i loro rispettivi ruoli: essi punteggeranno gli scambi in maniera che questi risultino organizzati entro modelli di interazione più o meno convenzionali. La punteggiatura di una sequenza di eventi, in un certo senso, non è che una delle possibilità d’interpretazione degli eventi stessi, per cui anche i ruoli dei comunicanti sono definiti dalla propensione degli individui stessi ad accettare un certo sistema di punteggiatura oppure un altro. Watzlawick fa l’esempio della cavia da laboratorio che dice: “Ho addestrato bene il mio sperimentatore. Ogni volta che io premo la leva lui mi dà da mangiare”; quest’ultimo non accetta la punteggiatura che lo sperimentatore cerca di imporgli, secondo la quale è lo sperimentatore stesso che ha addestrato la cavia e non il contrario.
Il terzo assioma decreta dunque la connessione tra la punteggiatura della sequenza degli scambi che articolano una comunicazione e la relazione che intercorre tra i comunicanti: il modo di interpretare la punteggiatura è funzione della relazione tra i comunicanti. Infatti, poiché la comunicazione è un continuo alternarsi di flussi comunicativi da una direzione all’altra, un movimento circolare di informazioni, le variazioni di direzione del flusso comunicativo sono scandite dalla punteggiatura e il modo di leggerla è determinato dal tipo di relazione che lega i comunicanti.
4. Comunicazione numerica e analogica “Gli esseri umani comunicano sia in modo digitale che in modo analogico”,Il digitale si riferisce alle parole e alla loro sintassi logica, mentre l’analogico alla comunicazione non verbale;
Il quarto assioma attribuisce agli esseri umani la capacità di comunicare sia tramite un modulo comunicativo digitale (o numerico) sia con un modulo analogico. In altre parole se, come ricordiamo, ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione, il primo sarà trasmesso essenzialmente con un modulo digitale e il secondo attraverso un modulo analogico.
Quando gli esseri umani comunicano per immagini la comunicazione è analogica; questa comprende tutta la comunicazione non-verbale. Quando comunicano usando le parole, la comunicazione segue il modulo digitale. Questo perché le parole sono segni arbitrari e privi di una correlazione con la cosa che rappresentano, ma permettono una manipolazione secondo le regole della sintassi logica che li organizza.
Nella comunicazione analogica questa correlazione invece esiste: in ciò che si usa per rappresentare la cosa in questione è presente qualcos’altro di simile alla cosa stessa. La comunicazione numerica possiede un grado di astrazione, di versatilità, nonché di complessità e sintassi logica enormemente superiore rispetto alla comunicazione analogica, ma anche dei grossi limiti per quanto riguarda la trasmissione dei messaggi sulla relazione tra i comunicanti; al contrario, mentre la comunicazione analogica risulta molto più ricca e significativa quando la relazione è l’oggetto della comunicazione in corso, al tempo stesso può risultare ambigua a causa della mancanza di sintassi, di indicatori logici e spazio-temporali.
5. L’interazione complementare e simmetrica (Bateson) 
 “Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari”, a seconda che siano basati sull'uguaglianza o sulla differenza. Si ha un interazione simmetrica quando la comunicazione fra i due è alla pari, ad es. tra due amici, mentre, si ha un’interazione complementare o asimmetrica quando uno dei soggetti assume una posizione superiore (one up) rispetto all'altra inferiore (one down) ad es. tra il pedagogista e il paziente. Gli scambi fondati sulla simmetria sono basati sul rispetto e sul riconoscimento reciproco delle rispettive aree di competenza, mentre per quelle asimmetriche è necessario, per giungere allo stesso risultato, che venga motivato il comportamento tenuto. 
Quest’ultimo assioma si riferisce ad una classificazione della natura delle relazioni che le suddivide in relazioni basate sull’uguaglianza oppure sulla differenza. Nel primo caso si parla di relazioni simmetriche, in cui entrambi i partecipanti tendono a rispecchiare il comportamento dell’altro (ad es. nel caso della diade dirigente-dirigente, o dipendente-dipendente); nel secondo si parla di relazioni complementari, in cui il comportamento di uno dei comunicanti completa quello dell’altro (ad es. dirigente-dipendente).
Nella relazione complementare uno dei due comunicanti assume la posizione one-up (superiore) e l’altro quella one-down (inferiore); i diversi comportamenti dei partecipanti si richiamano e si rinforzano a vicenda, dando vita ad una relazione di interdipendenza in cui i rispettivi ruoli one-up e one-down sono stati accettati da entrambi (ad es. le relazioni madre-figlio, medico-paziente, istruttore-allievo, insegnante-studente). Va da sé, comunque, che “i modelli di relazione simmetrica e complementare si possono stabilizzare a vicenda” e che “i cambiamenti da un modello all’altro sono importanti meccanismi omeostatici”. É fondamentale avere chiaro il concetto che le relazioni simmetriche e quelle complementari non devono assolutamente essere equiparate a “buona” e “cattiva”, né le posizioni one-up e one-down vanno accostate ad epiteti quali “forte” e “debole”; si tratta solo di una suddivisione che ci permette di classificare ogni interazione comunicativa in uno dei due gruppi.
bateson ha individuato oltre alla circolarità della comunicazione anche la teoria del doppio legame I messaggi costituiscono una sequenza ininterrotta di stimoli, risposte e rinforzi, che danno luogo a una modalità comunicativa di cui è difficile individuare l'origine. Il flusso della comunicazione può dar luogo a conflitti in quanto gli individui tendono a linearizzare e a segmentare arbitrariamente il processo circolare e continuo della comunicazione.

Bateson ha individuato che vi sono due tipi di relazioni possibili:

quella SIMMETRICA, che si fonda sulla percezione di uguaglianza nei rapporti;

quella COMPLEMENTARE, che si fonda sulla percezione di una differenza.
Bateson ha sviluppato la teoria del doppio legame, una situazione paralizzante che porta alla schizofrenia, mettendo in risalto la possibilità della comunicazione di presentare simultaneamente messaggi multipli.

La comunicazione quindi non è solo costituita da atti verbali volontari, bensì implica una moltitudine di comportamenti corporei, studiati dalla cinesica e dalla prossemica, che influiscono sul contenuto verbale.

Roman Jackobson definisce inoltre le diverse funzioni della comunicazione e le mette in rapporto con gli elementi comunicativi, a seconda dell’elemento su cui si pone l’attenzione (riferendosi in particolare alla comunicazione verbale/linguistica):
  • mittente-la funzione emotiva riguarda l’emittente, il quale esprime quello che sta provando, vivendo, sentendo, vuole condividere con il mondo un suo vissuto, una sua opinione, una sua intenzione; in generale è la comunicazione espressa alla prima persona singolare: “Io penso che... , sto facendo questo... , mi sento così e cosà, oggi ho visto questo... , domani voglio andare in quel posto...”;
  • destinatario-la funzione conativa riguarda il ricevente, ed è la comunicazione tesa a far fare qualcosa a qualcuno; si esprime sotto forma di imperativi, o di richieste, e comprende anche le domande più semplici, come “Che ora è?”, o “Come stai?”; è conativa la funzione comunicativa dei semafori, ad esempio, che attraverso il codice condiviso dei colori fanno muovere o fermarsi persone o veicoli;
  • messaggio-la funzione poetica riguarda il messaggio, ovvero è volta a valorizzare la forma oltre che il contenuto del messaggio, anzi a volte prescinde anche il contenuto, come nel caso dell’arte; una stessa cosa si può dire infatti con una frase, con una poesia, con una canzone, con un quadro, con qualsiasi mezzo espressivo, e il destinatario accoglie e valuta sia il contenuto che la forma, ma lo scopo dell’emittenrte è dare valore alla forma (“Te lo dico con una poesia”);
  • canale-la funzione fàtica riguarda il canale, e consiste in tutte quelle comunicazioni di test o di messa a punto dello strumento utilizzato per comunicare: dalle semplici domande “Mi senti? Capisci quello che dico?” al “Pronto? Prova, uno due, tre”, e hanno lo scopo di mantenere viva la comunicazione;
  • codice-la funzione metalinguistica riguarda il codice, e serve ad assicurarsi che sia chiaro e condiviso il codice utilizzato, o attraverso il contenuto parla del codice: sono metalinguistiche tutte le lezioni di lingua italiana per noi che parliamo italiano, così come sarebbe metalinguistico un film che parli di un regista che sta girando un film;
  • contesto- la funzione referenziale è strettamente legata al contesto, e ha un valore principlamente contestuale e deittico: frasi come “Vieni qui!” hanno senso solo se riferite al contesto; oppure “Prendi questo!” ha senso solo se so a cosa ti stai riferendo.



Vi sono alcune funzioni del linguaggio non verbale definite da Ricci Bitti e Zani che possono essere considerate in rapporto a quello verbale.

Andiamo ad illustrarle:


  • Ripetizione e complementazione  La CNV serve a rafforzare ciò che è detto verbalmente. Può anche integrare o modificare il messaggio verbale. Ad esempio, durante una conversazione verbale riguardo ad un certo sentimento che l’utente vuole evidenziare, egli assocerà alle parole alcuni movimenti del corpo tendenti verso l’operatore

  • Sostituzione- il messaggio verbale può essere sostituito da quello non verbale. Ad esempio, una persona che sta seduta con il volto fra le mani, piegata su sé stessa, può manifestare uno stato di dolore.

  • Accentuazione – E’ la sottolineatura di alcune componenti del messaggio verbale. Ad es. se, durante la conversazione, l’operatore chiede all'utente di essere più preciso, la sua espressione verbale potrà essere accompagnata da gesti;

  • Relazione e regolazione- Sono aspetti non verbali che servono a regolare il flusso verbale nel corso di un interazione. Ad esempio, un cenno del capo o uno sguardo che agevoli l’inizio della comunicazione;

  • Contraddizione – Il messaggio non verbale può contraddire ciò che è detto verbalmente. Un esempio può essere l’accensione veloce di una sigaretta nel corso di un counseling.

Ricci Bitti e Zani (1983), danno anche le definizioni che riguardano la comunicazione implicita.

Andiamo a vederle dettagliatamente:


  • Informativa, in riferimento ai gesti convenzionali, come ad es. avvicinare una mano alle labbra per mandare un bacio;
  • Interattiva, in riferimento a quei gesti e a quegli sguardi che favoriscono l’interazione; i gesti possono aiutare la persona a comunicare e l’interlocutore a capire meglio, mentre lo sguardo può incoraggiare o imbarazzare colui che parla;
  • Espressiva o comunicativa, in riferimento a quei segni che vanno dall'esteriorizzazione della propria immagine (aspetto fisico, abbigliamento, movimenti, etc.) all'inflessione dialettale;
  • Referenziale, in riferimento a quelle sottolineature paralinguistiche e alle espressioni facciali che incidono sul parlato.

Per quanto concerne i contenuti espressi in modo verbale e non verbale, è importante precisare che essi possono coincidere ma anche essere in contrasto.

Intendo dire che il linguaggio non verbale può essere considerato in rapporto diretto con quello verbale, rapporto che vede sovente i contenuti espressi in contrasto fra loro.

Dopo aver effettuato una breve analisi delle principali funzioni della CNV, analizziamo altre modalità significative che coinvolgono sia l’operatore sia l’utente all'interno di un counseling.


  • Il comportamento spaziale – Quando parliamo di comportamento spaziale ci riferiamo alla posizione di vicinanza/lontananza assunta dagli individui nello spazio. Ad es. se l’operatore assume un ruolo di dominanza l’utente eviterà di mettersi in una posizione “face to face”e di avere uno sguardo diretto. Infatti, secondo Ekman e Friesen la postura che assume un cliente può svelare ansie e insicurezze, quindi la maggiore o minore rigidità che assume quando è a confronto con l’operatore è in grado di rivelare le tensioni e la capacità di controllo.

  • Le espressioni del volto- Ci si riferisce a tutti i mutamenti del volto nel corso dell’interazione. Ad es. l’inarcamento delle sopracciglia i cambiamenti di posizione degli occhi, della bocca del naso. Un cenno a parte merita lo sguardo, che può esprimere tutto ciò che si cerca di omettere o servire per indicare di aver capito ciò che è stato espresso dall’altro. Non dobbiamo comunque dimenticare che uno sguardo troppo intenso può creare imbarazzo o disagio.

  • Aspetti non verbali del parlato- Si possono riscontrare tre tipi di variazioni: le variazioni linguistiche, che comprendono la scelta della lingua (ad es. l’uso del dialetto o dell’italiano), l’uso di un linguaggio semplice o elaborato e la scelta della forma e dei tempi; le variazioni non linguistiche che comprendono il tono della voce, il modo di emettere le parole e il ritmo del discorso; infine le vocalizzazioni, nelle quali sono compresi gli stati emotivi, come nell’atto di piangere di ridere e di tossire.

  •  Il silenzio- Può assumere diversi significati, come, ad es. derivare da un momento di insight e di riflessione. In proposito Pinkus (1980) afferma che si tratta di “un momento emotivo nel quale i vissuti e le problematiche vengono sistemate, ridefinite e ristrutturate , alla ricerca di soluzioni nuove, più adeguate e persino originali”. Può anche derivare da aspetti emozionali, fantasie e sentimenti che il soggetto prova in un determinato momento e che, a causa della loro individualità, o per il fatto stesso di provare a rappresentarli, fanno sospendere al soggetto il flusso della parola.


Per capire bene i fenomeni della comunicazione è necessario saper riconoscere tre categorie di persone:

-          Tipi differenza: Quelli che istintivamente si concentrano su ciò che manca o su ciò che è diverso: cercano le differenze le diversità;

-          Tipi somiglianza: si focalizzano su ciò che esiste, su ciò che possono sentire, vedere e notano e cercano le somiglianze;

-          I tipi entrambi: che in modo alterno, utilizzano le due possibilità.


Se non si coglie questo si finisce per fare un “dialogo fra sordi”.


Secondo alcuni autori, le persone possono avere principalmente tre stili relazionali:

1. lo stile dominante aggressivo

2. lo stile sottomesso o gregario

3. lo stile assertivo


L’assertività (o stile assertivo) è uno stile di relazione che ci permette di affermare le nostre idea senza essere né aggressivo, né sottomesso!

Secondo alcuni autori, le persone possono avere principalmente tre stili relazionali:



1. lo stile dominante

2. lo stile sottomesso o gregario

3. lo stile assertivo

L’assertività (o stile assertivo) è uno stile di relazione che ci permette di affermare le nostre idea senza essere né aggessivo, né sottomesso!

Il modo migliore per comunicare non è parlare, ma ascoltare e adattarsi allo stile comunicativo dell’altro.

Un modo per capire le intenzioni dell’altro è conoscere il suo stile comunicativo.

Bisogna avere sempre presente questo schema e capire se l’altro è dominante e sottomesso, in modo tale da adeguarsi alla sua comunicazioni e relazionarsi in maniera più efficace.


  • Stile comunicativo dominante

Comunicazione non verbale

1. Lo stile dominante tende ad utilizzare una gestualità che si esprime secondo la verticalità

2. Lo stile dominante ha i palmi rivolti verso il basso o nascosti

3. Utilizza un tono alto di voce

4. Non usa segregati verbali (ad esempio “ehm..”, “cioè”, “mmm…”)

5. Utilizza una gestualità sicura, fluida, generalmente indicatoria (indica oggetti o persone)

Comunicazione verbale

1. Accusa o critica l’altro

2. Ritiene il suo punto di vista corretto, è molto legato alle sue idee e non accetta che l’altro abbia un proprio punto di vista

3. Interrompe l’altro, non gli permette di parlare, insiste a ribadire il suo punto di vista

 4. Giudica senza diritto di replica “le persone che fanno X sono necessariamente Y”


  • Stile sottomesso

Comunicazione non verbale

1. Tende ad utilizzare una gestualità che si orienta verso l’orizzontalità

2. Ha i palmi rivolti verso l’alto o che vengono mostrati

3. Utilizza un tono di voce basso, inferiore a quello del suo interlocutore

4. Usa diversi segregati verbali (ad esempio “ehm…”, “cioè”, “mmm”)

5. Utilizza una gestualità frammentata, insicura, rigida

Comunicazione verbale

Parla spesso per luoghi comuni, per cose che “si devono fare”, “che è normale fare”, che “è giusto fare”: usano spesso frasi impersonali. Usare frasi impersonali, talvolta può essere utile, ma tendenzialmente significa non assumersi la responsabilità delle frasi che si pronunciano, proprio perché non hanno soggetto. Alcuni esempi sono “è giusto fare X”, “si deve fare Y” e non “io ritengo che sia giusto fare così” o “secondo me bisognerebbe fare così”.

1. Dice raramente il suo punto di vista o solamente se viene interpellato

2. Teme la risposta dell’altro

3. Preferisce “non fare” per non attribuirsi la responsabilità di quello che svolge.

4. Utilizza frasi stereotipate

5. Viene interrotto dall’altro.


  • Percorso verso l’assertività

Lo stile dominante e lo stile sottomesso non sono di per sé negativi. Possono essere utilizzati e hanno un potenziale persuasivo, ma non conviene utilizzarli sempre. Un leader che è sempre dominante tenderà ad essere visto come troppo rigido e alla lunga verrà sabotato. Un leader sottomesso invece non riuscirà sempre a far valere le sue idee.

Una delle modalità per ridurre il proprio livello di sottomissione è quello di utilizzare l’io-messaggio (Nanetti, 2007)

L’io-messaggio è una delle principali modalità di comunicazione assertiva, consiste nel dichiarare il proprio punto di vista secondo questa forma

Anziché utilizzare la forma “è giusto fare X”, “è bene fare X”, “bisogna fare X”

utilizzate la formula

Io penso/ritengo/credo che X

Anziché dire “è giusto criticare gli altri quando sbagliano” è più responsabilizzante dire “io ritengo che sia giusto criticare gli altri quando sbagliano”.

Mi raccomando, utilizzatela solo se avete uno stile sottomesso: utilizzare unicamente questa forma vi farà percepire come egocentrici! Se invece la vostra tendenza è quella di utilizzare delle frasi impersonali, o parlare utilizzando molti luoghi comuni conviene utilizzarla, per situarsi e porre dei termini di confronto.


[1] l’esistere pedagogico, ragioni e limiti di una pedagogia, come scienza fenomenologicamente fondata, P. Bertolini
[2] PNL, Richard Bandler e John Grinder

Efficacia della comunicazione


L’efficacia delle nostre comunicazione,(secondo i linguisti) come emerge da uno studio di Mehrabian e Wiener (1967) è costituito per il 93% dagli effetti della comunicazione non verbale, e dal 7% verbale , ed utilizza circa 1/5 della nostra attività celebrale. 
 E' interessante lo studio del 1972 di Albert Mehrabian che definisce l'efficacia della comunicazione più dettagliatamente e quindi avremo: solo per il 7% al verbale ovvero al contenuto della comunicazione, al 55% non vebale ovvero al linguaggio del corpo (il sistema cinestesico: movimento dei bulbi oculari, mimica facciale, gesti delle mani, postura) e al 38% al paraverbale ovvero agli elementi paralinguistici (tono, frequenza, ritmo).
 E ancora una volta il nostro grado di sensibilità alla comunicazione non-verbale ci viene trasmesso in generale dalla società e dalla cultura in cui nasciamo, ma in particolare dalla famiglia di origine: lo stesso gesto può significare cose diverse in culture diverse, ma ad esempio la confidenza corporea con l’abbraccio o il bacio deriva in gran parte dalle abitudini familiari.

Modalità comunicative

La comunicazione è circolare e può essere:


1. Comunicazione verbale: utilizza le parole;

2. Comunicazione paraverbale: gestione della voce, suono, tono, pause dialogiche, spinte ed accelerazioni, velocità, timbro, volume, inflessioni dialettali;

 3. Comunicazione non verbale: espressione del volto, gesti, tono della voce, etc.

Per ciò che concerne la comunicazione verbale e paraverbale occorre fare molta attenzione perché non tutto quello che viene comunicato arriva al ricevente. Anzi, di solito:


il soggetto vuole dire 100 in realtà dice 80

il ricevente sente 50 (a causa dei disturbi dell'ambiente)

 capisce 30

ricorda 20


Nella comunicazione qualsiasi disturbo, sia di tipo fisico che di tipo psicologico, causa una distorsione del messaggio e gli impedisce di arrivare al destinatario in modo corretto e completo.


Il processo comunicativo non verbale a sua volta si divide in:

• simbolico visivo (forte valenza simbolica) abbigliamento, pettinatura, status symbol, ecc.;

• paralinguistica (relazione) e gestione della voce (auditiva), suono, tono, pause dialogiche, spinte ed accelerazioni, velocità, timbro, volume, inflessioni dialettali;

• cinesica: gestione dei movimenti: movimenti del corpo, delle mani, espressioni del viso;

• visiva gestione dello sguardo;

• analogica: disegni, immagini;

• digitale: gestione del toccamento, fastidio/piacere proporzionale alla vicinanza del centro del corpo a seconda del tipo di rapport;


  • • prossemica (gestione degli spazi):

Nel libro La dimensione nascosta, l’antropologo Edward T. Hall osservò che la distanza alla quale ci si sente a proprio agio con le altre persone dipende dalla propria cultura: i sauditi, i norvegesi, gli italiani e i giapponesi hanno infatti diverse concezioni di vicinanza. Gli arabi preferiscono stare molto vicini tra loro, quasi gomito a gomito, gli europei e gli asiatici si tengono invece fuori dal raggio di azione del braccio. Dalle sue osservazioni nasce la prossemica, che è la disciplina semiologica che studia i gesti, il comportamento, lo spazio e le distanze all’interno di una comunicazione, sia verbale che non verbale e in generale la disposizione dei vari elementi di un sistema nello spazio.
Hall ha osservato che la distanza relazionale tra le persone è correlata con la distanza fisica; ha definito e misurato quindi Hall individua quattro “zone” interpersonali:
  • La distanza intima (0 - 45 cm).
  • La distanza personale (45 - 120 cm) per l’interazione tra amici.
  • La distanza sociale (1,2 - 3,5 metri) per la comunicazione tra conoscenti o il rapporto insegnante-allievo.
  • La distanza pubblica (oltre i 3,5 metri) per le pubbliche relazioni.
Curiosa ad esempio è la differenza di prossemica collegata al genere sessuale: i maschi si trovano più a loro agio a lato di una persona, invece le femmine di fronte. O la prossemica dell’ascensore: gli europei in ascensore si pongono a cerchio con la schiena appoggiata alle pareti, mentre gli americani si pongono in fila con la faccia rivolta alla porta. Interessante è pure la prossemica degli ecclesiastici, che chiamando “figli” le persone che incontrano, accorciano la distanza relazionale e, di conseguenza, quella spaziale.

le distanze sono diverse per la PNL:

1. area pubblica oltre 10 m dal soggetto, inconscio nessuna reazione;

2. sociale da 3 a 0 mt inconscio in pre-allarme;

3. personale da 0,5 mt a 3 mt inconscio in allarme se non c’è rapport;

4. intima sotto i 0,5 mt inconscio in panico se non c’è rapport;

Dalla punta dei piedi fino all'ultimo capello dunque comunichiamo, ma con quale intenzionalità? Esistono segnali che possiamo controllare più facilmente, e segnali più involontari meno controllati. In genere, a parte alcune eccezioni, tanto più un segnale si allontana dal volto, tanto meno è controllato e consapevole. Infatti, siamo abbastanza consapevoli della posizione delle spalle, della mimica facciale, (se ridiamo o piangiamo ne siamo spesso consapevoli ed attenti), la posizione delle braccia, e delle gambe è invece meno consapevole e meno sotto il nostro controllo. 



Considerando solo la comunicazione facciale ci sono delle differenze, i muscoli più grandi sono facilmente controllabili, mentre la pigmentazione della pelle, il battito delle palpebre, le micro-espressioni (FACS) sono molto meno controllabili, più un segnale è involontario, meno è mediato dalla coscienza. Meno un segnale è mediato dalla coscienza più probabilmente sarà rivelatore delle intenzioni e del punto di vista altrui. La stragrande maggioranza delle informazioni sono comunicate tramite l’espressione facciale. Come afferma Paul Ekman, dobbiamo essere in grado di osservare sia in maniera molecolare in termini di micro-movimenti, di micro-espressioni del viso, che molare. per non perdere di vista i grandi movimenti.

La comunicazione non verbale: gli occhi

L’apertura

Maggiore è l’apertura oculare maggiore è l’attenzione. La posizione della palpebra a mezz'asta è tipica sia della noia sia della stanchezza sia del disinteresse, così come l’aumento del battito palpebrale.

Occhi ben aperti sono invece segnale di attenzione.

E’ importante valutare un importante limite nell'apertura degli occhi. Quando l’occhio è così aperto che si vede tutta la sclera (al di sopra e al di sotto dell’occhio, AU5), assieme a una certa configurazione del viso, siamo probabilmente di fronte ad una reazione di sorpresa.

Secondo Sulger (Gesti verità, Armenia, Milano 1989)

  1. Lo sguardo fisso sta ad indicare la volontà di defilarsi, di non impegnarsi nelle relazioni con gli altri
  2. Lo sguardo estremamente mobile indica una certa vivacità di pensiero e di comportamento accompagnata da instabilità
  3. Lo sguardo rivolto verso l’alto sarebbe invece caratteristica di chi tende a fuggire dalle situazioni attuali
  4. Lo sguardo rivolto verso destra è una caratteristica di chi fugge il presente e vive intensamente il futuro
  5. Lo sguardo verso sinistra è tipico delle persone introverse che vivono una vita interiore molto sviluppata rifuggendo le relazioni personali.
La grandezza della pupilla è un segnale di interesse. Importante considerare questo: la grandezza della pupilla aumenta anche nel caso in cui ci sia poca luce.

Spesso le persone con grandi occhi e che hanno le pupille dilatate piacciono di più, non è un caso se ai tempi delle nostre nonne utilizzavano in cosmetico oggi in disuso, l’atropina (Atropa Belladonna), questo cosmetico, che era un veleno se ingerito, se usato come collirio, dilata la pupilla.

Il restringimento della pupilla è invece sintomo di disinteresse.

Mantenere un medio contatto visivo è traducibile in “ti ascolto”, “ti sono vicino”, “ci tengo a te”, “sono attento a ciò che mi dici”, mentre evitare il contatto visivo può significare “non sono interessato”, “sono timido”, “non ti ascolto”, “provo vergogna”.

Mantenere un certo contatto visivo dunque è utile sia per far provare all'altro emozioni positive, a comunicare che “ci siamo” nella comunicazione, sia per leggere la comunicazione dell’occhio, 

ma quando diventa un problema?

Diventa un problema in due casi: 

  1. Quando lo sguardo è insistente (ovvero fisso e molto prolungato), l’altro potrebbe sentirsi violato nella propria intimità
  2. Quando l’altro non vuole parlarci e non vuole essere con noi. Capite che dire “ti ascolto” “ti sono vicino” ad una persona che non ci vuole essere vicina può diventare un problema.
La soluzione più efficace è quella di alternare momenti di contatto di visivo a momenti neutri in modo tale da non perdere troppe informazioni.E’ stato stimato che la quantità ideale di contatto visivo in una conversazione deve essere pari al 25% dell’interazione. Nel restante 75% della comunicazione dove rivolgo lo sguardo?Di certo non in un punto casuale della stanza, per terra o molto distante dal nostro interlocutore, se facessimo così rovineremmo tutto, in quanto daremo segnali di disinteresse. Un modo per continuare a comunicare interesse senza essere troppo invadenti è quello di guardare altri punti del volto, o comunque in direzione della persona.

Quando dare contatto visivo e quando no?

Usate il contatto visivo come se fosse un amplificatore. Il contenuto che volete trasmettere con maggiore enfasi, il contenuto che volete sia maggiormente memorizzato deve essere associato al contatto visivo.

La comunicazione del volto è la più utile e più ricca, ma allo stesso tempo è anche la più complessa.

In termini di interpretazione possiamo grossolanamente suddividere i significati associati a movimenti di singoli muscoli facciali da quelli derivati da configurazioni facciali complesse (2 o più muscoli in concomitanza).

In questa parte dell’articolo analizzeremo prima le configurazioni facciali semplice (singolo muscolo) per poter poi analizzare quelle complesse.

Tra tutti i muscoli del volto, che sono circa 150 quelli maggiormente responsabili delle espressioni facciali sono detti muscoli mimici pellicciai.

Nel volto, possiamo osservarne diversi dalla risposta neurovegetativa, dal linguaggio del corpo in generale e gli indicatori verbali, estratti dalla ricerca su Statement Validity Assessment (SVA) e Criteria Based Content Analysis (CBCA).

Tali muscoli servono anche per vedere le affermazioni menzognere. La ricerca sulla menzogna è concorde sul fatto che mentire è un’attività cognitivamente ed emotivamente impegnativa, i correlati neurofisiologici, psicologici ed emozionali della menzogna, spesso, producono indizi di falso, verbali e non verbali, osservabili mediante particolari tecniche di osservazione.


  • i due muscoli buccinatori, formano la parete delle guance, sono utilizzati per soffiare o quando si “sbuffa”, in questi casi si esprime malcontento o noia davanti a una situazione sgradita o ripetuta.
  • il muscolo frontale o corrugatone della fronte, denota sorpresa, curiosità, ma anche disappunto o impressionabilità.
  • l’orbitale che muove le sopracciglia è un indicatore di attenzione. In particolare attenzione, sorpresa, meraviglia agiscono sulle sopracciglia alzandole e facendo aprire maggiormente l’occhio, al fine di aumentare la loro capacità visiva.
  • orbicolare della bocca, si ritiene sia collegato a sensazioni di avidità.
  • orbicolare interno della bocca, viene utilizzato per chiudere la bocca, serrare le labbra. Le labbra serrate indicano una certa chiusura nei confronti degli altri e un atteggiamento freddo, privo di empatia
  • orbicolare degli occhi: le contrazioni possono mostrar concentrazione (palpebrale) senso di soddisfazione (occhio superiore). 
  • Muscolo traverso, quello che fa arricciare il naso e fa contrarre le narici, è tipico del disgusto.
  • Platisma, sono una coppia di muscoli superficiali che dal bordo della mandibola si inseriscono nella clavicola. Denotano concentrazione e nervosismo.
  • Il muscolo piramidale, situato tra le due orbite oculari, fa arricciare l’attaccature superiore del naso, denota dubbio o perplessità.
  • I muscoli sopracciliari, collocati sopra le sopracciglia, indicano un tentativo di concentrarsi.
  • Il quadrato del mento: provoca un rigonfiamento poco pronunciato, collegato ad un’auto ed etero sensazione di forza e di volitività (Mussolini).
  •  Porre le mani chiuse sui fianchi vuole lanciare un forte segnale di corporeità, di realismo, sensualismo.
  • I muscoli masticatori hanno la funzione di sollevare la mandibola.


Nel processo comunicativo, il setting (il luogo dove avviene la consulenza) ha variabili esterne ed interne:

• La variabile esterna è costituita dall'ambiente (sia nell'accezione di contesto culturale, sociale, politico sia nell'accezione di contesto fisico);

• Le variabili interne sono: l’interpretazione, la cultura, lo stato d’animo, la capacità di trasmettere e di percepire.


I principali strumenti di comunicazione sono:

• la ridondanza, viene utilizzata per facilitare la comunicazione e ridurre il rischio che il destinatario decodifichi in maniera sbagliata il messaggio che ha ricevuto. L’atto di comunicazione per essere tale deve concludersi con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, pena la nullità dello stesso;

• la resilienza, è il processo di riadattamento di fronte ad avversità, traumi, tragedie, minacce, o anche significative fonti di stress come problemi familiari e relazionali. Resilienza significa "riprendersi" dalle esperienze difficili. Questa non è una caratteristica che le persone hanno oppure no. Riguarda comportamenti pensieri e azioni.

• l’insight “vedere dentro” la soluzione di un problema da tanto tempo incubato, una soluzione che nasce da un’idea improvvisa, vissuta come forma di esperienza interiore, che permette di rivisualizzare l’intera situazione nella sua globalità, giungendo così in breve tempo alla soluzione cercata;

 • il feedback, è un meccanismo di retroazione ' o retro-comunicazione, una informazione di ritorno che permette all'emittente, mentre sta comunicando, di percepire se il messaggio è stato ricevuto, capito, approvato, ecc. e dunque di reagire, cercando la via più efficace per raggiungere il risultato che si è prefisso. Nelle normali comunicazioni facciamo un grande uso di feed-back per "aggiustare la mira" rispetto a quello che stiamo dicendo. Se siamo impegnati a convincere qualcuno di qualcosa, mentre parliamo osserviamo periodicamente l'interlocutore per cercare segnali che ci assicurino che stia ascoltando, che stia seguendo il ragionamento, che abbia capito. Se riceviamo segnali di senso contrario, ripetiamo alcune cose, o scegliamo un altro esempio, o alziamo il tono di voce, fino a quando non riusciamo a raggiungere il nostro obiettivo (o decidiamo di rinunciare);

• il flashback è quando l’interlocutore ricorda un’azione passata o comunque una determinata azione;

• il déjà vù è quando l’interlocutore crede di aver già vissuto un’azione non determinata e non precisa;

• il silenzio da rispettare. Pinkus afferma che “si tratta di un momento emotivo nel quale i vissuti e le problematiche vengono sistemate, ridefinite e ristrutturate, alla ricerca di soluzioni nuove, più adeguate e persino originali”;

• lo sguardo è un grosso indice, soprattutto per le richieste d’aiuto.


Sviluppo del metodo di consulenza Notevole importanza è sicuramente data dai fattori ambientali, un setting è tranquillo quando la persona può parlare liberamente e comprendere che quel tempo è dedicato a lei (non più di 45 minuti). Il consulente deve essere accogliente, col sorriso e con il dovuto distacco, deve rispettare le paure del pz. la sua intimità limitare il contatto personale. In ogni seduta è bene prendere appunti sui contenuti emersi, sugli interventi sostanziali e sulle reazioni del pz, sugli obiettivi, sugli interventi che si ritengono ancora necessari e sulle aspettative. In ogni seduta, iniziavo con l’ascoltare la paziente che mi parlava del suo  problema ed esprimeva i suoi sentimenti, in un secondo momento le comunicavo di aver individuato il problema (restituzione) e le ponevo domande chiuse o aperte invitandola a riflettere e stimolandola al dialogo. Quando mi rendevo conto dei cambiamenti e percepivo che era vicina alla soluzione le attribuivo il merito (Metodo non direttivo C. Rogers). Il rapporto tra consulente e paziente deve essere asimmetrico o complementare per il riconoscimento reciproco delle rispettive aree di competenza. Un atteggiamento estremamente disponibile di comprensione e rispetto, ma che non esime dall'esporre critiche (se è il caso), è il primi criterio per entrare in empatia (mettersi nei panni di...) con la “cliente”. (da empateia, passione), “mettersi nei panni di…” è intesa come la comprensione dell’altro, risultato che si realizza immergendosi nella sua soggettività, senza sconfinare nell'identificazione (Metodo di Rogers).


Personalmente cercavo di utilizzare sempre l’entropatia (Husserl) : P. Bertolini in fenomenologia e pedagogia (1958), lo definisce come un autentico modo di entrare in relazione con l’altro, una condizione dello spirito che Husserl indica col termine einfühlung, entropatia, un atteggiamento spirituale che permette di penetrare nell'intima esperienza altrui, non un inserirsi intellettuale, ma un modo simpatetico di con-sentire con l’altro, cosa che richiede anche un impegno personale, perché si tratta per ognuno di saper vedere nell'altro ciò che sarebbe egli stesso se si trovasse al suo posto.

Entropatia è:

• un autentico modo di rientrare in relazione con l’altro basato sulla capacità spirituale di accedere e di comprendere l’altro;

 • è un vedere con gli occhi dell’altro “come se io fossi al suo posto”;

• i contenuti psichici dell’altro mi sono suggeriti dal suo comportamento e sono comprensibili a partire dal mio comportamento in circostanze simili;

 • comprendo l’altro quando mi metto nei suoi panni;

• è un commercio esistenziale di esperienze, spirituale (porta ad un mondo comune ovvero stesso oggetto intenzionale di esperienze diverse).


Rogers sottolinea il fatto che il pedagogista può sentire il mondo dell’altro senza mai perdere di vista la qualità del “come se” riuscendo a sentire: l’odio, la paura, l’ira, il turbamento dell’altro senza aggiunte proiettive. Ovviamente, questo non può avvenire se non si sospendono i giudizi (l’epochè):

1. metto tra parentesi l’ingenua e acritica accettazione in un mondo ingenuo cioè atteggiamento mondano (non faccio uso della sua convinzione, che il mondo sia diverso da quello che appare),

2. chiudo tra parentesi la mia concezione del mondo che verrà ripresa più tardi;

3. sospendo il giudizio per tornare alle cose stesse;

 4. tento di liberarmi dai miei pregiudizi che mi impedirebbero di vedere le cose come stanno realmente e come sono dalla persona che ho di fronte.

Successivamente, con l’aiuto del residuo fenomenologico, elimino anche gli ultimi preconcetti. Così facendo ottengo una rigenerazione integrale ovvero rifiuto le mie convinzioni e non rendo oggettivo il contenuto della mia coscienza D. Demetrio.

C. Ziglio afferma che “vedere è diverso dall'osservare”, ognuno è in grado di vedere solo ciò che sa riconoscere (o ciò che vuole) e che il “vedere” diventa troppo superficiale rispetto all'osservare”. Chi è in grado di osservare, osserva tutto di una persona con il famoso “occhio clinico” ed è in grado di riconoscere anche le trappole che ogni professionista del settore dovrebbe sapere e riconoscere per minimizzare gli errori. Le trappole individuate dall’autore sono:

• i pregiudizi: il pedagogista potrebbe essere condizionato dai pregiudizi nei confronti della pz. essi potrebbero invalidare l’intera consulenza. E’ indispensabile per il pedagogista liberare la mente, aprirla a 360°, se si vuole sviluppare un rapporto di empatia con la pz;

• la superficialità, non sottovalutare nessun aspetto né di contenuto né di relazione con la pz;

• le proiezioni, distorcono la realtà che stiamo osservando perché attribuiamo a contesti culturalmente diversi dei significati che appartengono, invece, al nostro paradigma culturale;

• le aspettative, potentissime nel deformare la realtà e portare ad una grossa delusione da parte di entrambi ma soprattutto nella pz per non aver risolto il problema;

• il punto di vista del pedagogista, che determina una visione delle cose a seconda del ruolo che si assume, della propria sensibilità e delle conoscenze acquisite.


 Galileo affermava che “Ciò che osserviamo dipende dal nostro atteggiamento mentale”.


Durante una consulenza bisogna far attenzione anche a queste dinamiche che potrebbero invalidare l’intero rapporto:


1. il Transfert, è la gamma dei sentimenti che il paziente ha per il terapeuta;

2. il Controtransfert, è la gamma dei sentimenti che il terapeuta ha verso il paziente. Tali sentimenti possono essere indotti dal transfert dell’altro, oppure possono partire dal vissuto personale del terapeuta, di cui egli deve essere consapevole.

Lavorare sui sentimenti reciproci ha un’altissima valenza poiché la relazione diventa più autentica e la persona tenderà a trasferire nei suoi rapporti quotidiani la libertà d’espressione, arricchendo il suo mondo.

3. il burn out è un fenomeno multidimensionale in cui interagiscono:

• fattori socio-ambientali (concernenti aspetti fisici e organizzativi del luogo di lavoro) ad es. tensioni e sovraccarico di lavoro;

• variabili individuali (riferibili a caratteristiche motivazionali e a tratti della personalità) es. le caratteristiche del compito lavorativo, cioè la mancanza di feedback nel lavoro svolto da parte di colleghi e utenti.

Husserl (Bartolini)…in questo modo, si può indagare su esperienze soggettive, circostanze personali e condizioni sociali.

Husserl[1] sostiene che “…la storia è un momento della comprensione di noi stessi in quanto cooperiamo al suo determinarsi”.

C.G. Jung «L’incontro fra due personalità è come il contatto fra due sostanze chimiche, se si verifica una reazione entrambe si trasformano»


La tradizione retorica ovvero l’arte del persuadere essa studia le tattiche che il parlante utilizza per influenzare i pensieri, le idee e il comportamento delle persone. Già Aristotele ad es. era guidato dal desiderio di conoscere i principi di una comunicazione efficace in modo da distinguere i “cattivi” dai “buoni” comunicatori.

La reciprocità in ambito psicologico 

Gli studi antropologici e gli studi sociologici si sono soffermati nello specifico nella definizione della norma generale e nella sua applicazione in ambiti macro, dalla spiegazione della sua funzione in ambito filogenetico alla sua funzione di coesione ed equilibrio sociale, ma non hanno dato una risposta esauriente su come la reciprocità funzioni in ambito micro.

La psicologia invece si è occupata mediante studi sperimentali di come funzioni, specificamente, la reciprocità nelle interazioni tra persone. Partendo dal presupposto di Gouldner secondo cui la reciprocità è presente in tutte le culture, gli psicologi hanno cominciato a studiare la reciprocità sul campo.

3.1                                     Robert B. Cialdini: reciprocità e persuasione



Cialdini è uno dei primi autori che in psicologia ha definito la reciprocità come una delle modalità principali per persuadere. Nel suo testo teorizza infatti che sono sei i facilitatori principali della persuasione:

-                        reciprocità

-                        autorità

-                        riprova sociale

-                        simpatia

-                        scarsità

-                        impegno/coerenza

Ci sono parecchie differenze tra il concetto antropologico e il concetto psicologico di reciprocità. In antropologia la reciprocità è stata studiata come norma implicita, in psicologia la reciprocità è stata letta soprattutto come processo ed è in psicologia che per la prima volta la reciprocità viene inquadrata in termini di strategia persuasiva.

Se Gouldner presuppone l’equità degli scambi, che siano eteromorfi od omomorfi, Cialdini, dall’analisi degli studi in psicologia, nota come la reciprocità possa portare anche a scambi non equi. Gouldner prevede due tipi di reciprocità, in entrambi i casi però suppone che i beni scambiati abbiano un valore equivalente, anche se possono essere rappresentati da oggetti diversi, in Cialdini invece si evince come spesso la reciprocità non presupponga che i beni scambiati abbiano lo stesso valore, considerano la dimensione psicologica e il valore simbolico degli oggetti, non sempre possiamo definire un valore oggettivo delle cose scambiate. Potremmo chiederci: “qual è il valore oggettivo di un favore?” senza darci una risposta. Scrivono Boas e colleghi “diversamente dallo scambio economico, lo scambio sociale non ha un valore ben definito” (Boas, Converse, Wang, Epley, 2008, p. 1280).

Il punto di vista di Cialdini tuttavia non esclude l’ottica antropologica, afferma Cialdini “Lionel Tiger e Robin Fox, antropologi culturali, vedono in questa ‘ragnatela di debiti’ il meccanismo adattivo esclusivamente umano, che permette la divisione del lavoro, lo scambio di varie forme di beni, lo scambio di servizi diversi (il che rende possibile la specializzazione) e la creazione di un fascio di interdipendenza che lega fra loro gli individui in unità di grande efficienza” (Cialdini, 1986, 24).

Il meccanismo persuasivo della reciprocità in Cialdini si fonda proprio su questi due aspetti:

1)                    il dono comporta un debito non sollecitato

2)                    il valore della risorsa ricambiata può essere di valore superiore al dono

Uno studio di Regan (1971), mostra come il dono può indurre a ricambiare, in una condizione sperimentale si chiedeva a un campione di soggetti di valutare a livello artistico alcuni quadri. Le due condizioni sperimentali erano le seguenti: in uno dei due gruppi sperimentali si dava in regalo una coca-cola durante la pausa della valutazione dei quadri, il regalo appariva come casuale e non intenzionale, il complice del ricercatore affermava infatti: “ho chiesto all'assistente se potevo prendermi una Coca e lui ha detto di sì, e allora ne ho presa una anche per te”, nella seconda condizione sperimentale invece il complice dello sperimentatore si limitava ad uscire per un paio di minuti nella sala dei quadri. Successivamente lo stesso offriva all'uscita la possibilità di poter acquistare dei biglietti per il teatro a 25 centesimi l’uno affermando che se fosse riuscito a farne acquistare molti avrebbe potuto vincere un premio di 50 dollari.

Tramite l’esperimento è stato riscontrato che i soggetti a cui era stata regalata la lattina di coca-cola non solo acquistavano più probabilmente dei biglietti, ma soprattutto che la somma di denaro impiegata in questo acquisto era nettamente superiore al valore della lattina di coca-cola.

Un altro dei campi in cui la norma della reciprocità in ambito persuasivo è quello del marketing e dello stratagemma del “campione gratuito”, il campione gratuito il quale in genere viene proposto con un fine esplicito informativo specifico: informare il cliente che esiste un nuovo prodotto, tuttavia in implicito il campione gratuito attiva la norma della reciprocità.



3.2.       Robert B. Cialdini: esplicitazione della teoria psicologica della reciprocità a scopo  persuasivo, standardizzazione delle tecniche di reciprocità, teoria della teoria

Quando una teoria psicologica diventa diffusa e conosciuta, entra più facilmente nel mondo di teorie implicite. Ad esempio, la teoria psicoanalitica, quando è nata, era utilizzata da una cerchia ristretta di collaboratori di Freud, oggi è nel linguaggio comune. Molte persone oggi utilizzano più o meno propriamente i concetti di “rimozione”, “inconscio”, “lapsus”. In genere quando una teoria diventa molto nota comincia sempre più spesso a far parte delle teorie implicite dei soggetti. Seguendo il parere degli studiosi della “teoria della teoria” possiamo osservare un processo simile anche nel concetto di reciprocità. L’utilizzo massivo delle tecniche di persuasione legate sulla reciprocità unite alla grande diffusione del testo di Cialdini, opera di tipo divulgativo[1], hanno reso esplicita in molti la norma implicita della reciprocità, conosciuta prima da moltissimi solo a livello implicito.

E una tecnica psicologica quando è svelata molto spesso perde il suo potenziale. Pochi oggi non conoscono la “tecnica dell’omaggio”, onnipresente ad esempio nelle profumerie come in molti altri negozi, tant’è che oggi è difficile non immaginare che chi fornisce “omaggi” per la strada non preveda (o esiga) una nostra reciprocazione.

Allo stesso modo i testi di Cialdini, proprio perché molto diffusi hanno reso accessibili al pubblico la norma di reciprocità, sono oggi infatti in molti quelli che utilizzano un principio simile.

In diversi casi si parla della reciprocità come norma implicita, (Gouldner, 1960, 171; Sciolla, 2002, 83), a mio parere invece, si generalizza quando si afferma che si tratta di una norma implicita, in diversi casi può essere una norma esplicita, il potenziale di efficacia di una strategia persuasiva oggi sale esponenzialmente quando infatti si fa percepire il dono come non strumentale, spontaneo.

L’ampia diffusione della tecnica, a scopo di ricavarne un profitto ha determinato l’applicazione di tecniche di reciprocazione standardizzate: comunicazioni standardizzate che sfruttano la norma di reciprocità sono diffuse non solo presso grandi aziende, ma anche da piccoli negozi e persino dai mendicanti.

Le tecniche basate sul principio di reciprocità, però non sempre sono efficaci allo stesso modo in cui sono state efficaci nella ricerca, almeno per due ordini di motivi:

-                        le ricerche hanno analizzato la norma di reciprocità sono state formulate prima della loro ampia diffusione, per questo motivo sono state molto efficaci proprio perché maggiormente implicite. Una volta che le tecniche sono state rese esplicite (tramite non solo la divulgazione scientifica, ma anche tramite il loro utilizzo) hanno perso parte del loro potenziale d’influenza, proprio perché vengono interpretate più probabilmente come strumentali.

-                        Una tecnica, per essere diffusa largamente per raggiungere un pubblico ampio facilmente, deve essere standardizzata, e una tecnica standardizzata per ovvi motivi viene percepita più probabilmente come strumentale o poco spontanea.




Un metodo che si rivela efficace durante una consulenza è la PNL o programmazione neuro linguistica.

Richard Bandler e John Grinder[2] sono stati i fautori di questo metodo di comunicazione. 

La Programmazione, è l’insieme dei processi mentali che avvengono nell'individuo nel momento in cui riceve un’informazione o uno stimolo.

Per Neuro, si intende l’esperienza elaborata dal nostro sistema nervoso attraverso i cinque sensi.

Linguistica, perché la risposta, conseguente all'elaborazione che il nostro sistema nervoso ha eseguito in relazione agli stimoli ricevuti, può essere verbale o non verbale.

La PNL è molto potente, quindi va usata eticamente, essa funziona con l’uso del subconscio quindi utilizza l’emisfero destro. 

Per utilizzare questo metodo bisogna avere un buon rapport, ossia la situazione di disponibilità, d’attenzione e di reciproca fiducia che si riesce ad instaurare col pz (feeling) comunicando con canali comunicazionali bidirezionali. Il rapport nasce, quando due individui separati condividono la stessa mappa del territorio nello stesso mondo, portiamo i pz dove vogliamo, attraverso un sentiero che è loro familiare.

L’esperienza soggettiva può essere vissuta attraverso tre aree di percezione, siamo in rapport quando:

  • vediamo le cose nello stesso modo dell’altro (vista);

  • le udiamo come suonano a lei/lui (udito);

  • le sentiamo allo stesso modo (sensazioni/tatto) (gusto e olfatto).


Una delle abilità basilari per il rapport è il ricalco. Attraverso il ricalco il consulente fa tornare indietro il modello di comportamento del paziente.

Il ricalco è il rispecchiamento di se stessi, pertanto risulta rassicurante e confortevole. Esso rimanda agli archetipi più profondi della relazione madre figlio, quando un individuo ci ritiene simile a lui, a livello inconscio, non ci teme, si fida e ci si sente a proprio agio. Il rispecchiamento o rapport è l’inizio del processo attraverso il quale portiamo gli altri in rapport con noi; non è vero che gli opposti si attraggono, più c’è rapport tra due persone più la relazione diventa profonda e di fiducia.

Il rispecchiamento richiede eleganza, ad es: rispecchiare, in ritardo, assumendo la stessa posizione e usando le parti del corpo opposte.

Il ricalco può essere:

  • non verbale: agendo sulla postura (rispecchiamento);

  • verbale: mostrandosi d’accordo con la persona, ponendo domande aperte o chiuse con il suo canale d’entrata (visivo, auditivo, cinestesico);

  • Milton model è un modello costituito da una comunicazione che conduce al superamento dei contrasti e dei conflitti attraverso un processo di generalizzazione;

  • Metamodello è, invece, un modello costituito da una comunicazione che conduce alla diversificazione attraverso un processo di dettaglio.
es.:

MILTON MODEL
Tu mi rendi triste
METAMODELLO
in che modo ti rendo triste?

MILTON MODEL
Se io ti dico questo allora tu potrai capirmi
METAMODELLO
In che modo dovrei capirti?

  • ricalco delle affermazioni: consiste nel ripetere, durante la conversazione, ciò che ha detto la pz creando un effetto ipnotico;

  • ricalco ritmico: consiste nel ricalcare le parole con lo stesso ritmo quando la persona espira; questo strumento è molto potente perché direttamente correlato ai sistemi emozionali;

  • ricalco dello stato tensional-emotivo della persona;

  • ricalco del sistema rappresentazionale preferito in due modi:

1.      facendo domande per verificare i predicati, ad es “cosa ti colpisce di più in una persona?” Se la persona è cinestesica si darà più spazio alle sensazioni, se è visiva alle immagini e se è auditiva alle parole;

2.      le persone muovono gli occhi secondo il sistema rappresentazionale preferito in quel momento per stimolare parti del nostro cervello, ciò segue un sentiero prevedibile e ben definito. Ricordiamo che la persona può anche mentire con le parole ma non ha il controllo del movimento oculare. 




Secondo gli studiosi di PNL, Programmazione Neuro-Linguistica, la posizione degli occhi è rivelatrice della nostra attività cerebrale


Se guardano in alto sono visive

Vc (Visivo Costruito)guardando in alto a destra(dunque verso sinistra rispetto a chi guarda),accediamo ad una cosa che ci stiamo immaginando, immagine costruita o che deve ancora accadere; Se utilizzata a seguito di una domanda, è una spia piuttosto certa della menzogna in quanto il soggetto sta pensando immagini o concetti nuovi, mai visti o sentiti in precedenza.

Vr (Visivo Ricordato): guardando in alto a sinistra, (dunque verso destra rispetto a chi guarda) accediamo ad un immagine visiva ricordata.

Se guardano al centro lateralmente sono auditive

Ac (Auditivo Costruito): guardando lateralmente a destra, in questi casi, di solito, attraverso un suono che si sta creando si accede al pensiero auditivo costruito;

Ar (Auditivo Ricordato): guardando lateralmente a sinistra, attraverso un suono già sentito e che si sta ricordando si accede al pensiero auditivo ricordato.

Se guardano in basso sono cinestesiche

K Cinestesico: guardando in basso a destra, abbiamo tutte le sensazioni corporee ed emozionali nuove, collegate al tatto, al gusto all'odorato

Ad (Cinestesico): guardando in basso a sinistra, in questi casi si ha un “dialogo interno”. Utile osservarlo nei casi in cui vogliamo che una persona rifletta, se mentre parliamo e esprimiamo il nostro parere e l’altro porta gli occhi in questa posizione è molto probabile che ci stia riflettendo autenticamente


Per i mancini questi accessi risultano invertiti.

3.      All’uopo risulta calzante l’espressione Gli occhi sono lo specchio dell’anima”. Attraverso gli occhi del proprio interlocutore si comprende ciò che pensa, prova ed immagina in quel momento. . Ricordiamo che la persona può anche mentire con le parole ma non ha il controllo del movimento oculare. 



La Comunicazione Verbale


Ognuno di noi ha un modo di comunicare, c'è chi parla per immagini, chi per suoni, chi per odori…e utilizza termini appropriati al tipo di canale comunicazionale preferito.

Attraverso l’ascolto del proprio interlocutore si comprende se è Visivo, Auditivo o Cinestesico.

Una volta afferrato questo gancio essenziale, si è capaci di usare le parole che gli fanno comprendere al meglio quello che vuole dire.

Per esempio:

I Visivi tendono a vedere il mondo per immagini, hanno la tendenza a parlare in fretta. Amano esprimersi per metafore visive, dicendo le cose come appaiono loro. I termini, che i Visivi usano comunemente, sono: vedereguardaredefinireluce,coloriprospettivaosservaresguardodelinearetracciaredipingere,disegnare...

Gli Uditivi, invece, si mostrano più selettivi nella scelta delle parole. Hanno voce più sonora, il loro eloquio è più lento, più ritmico, più misurato. poichè le parole hanno per loro grande importanza, stanno attenti a quel che dicono. Amano espressioni come “questo mi suona bene”. Amano descrivere le proprie esperienze soprattutto contermini come sentire, ascoltare, armonia, musica, parole, scrittura, lingua, traduzione, conversazione, audio, sintonizzarsi, cantare, leggere... I

I Cinestesici, ancora più lenti nel parlare, reagiscono, soprattutto, a ciò che sentono tattilmente. La loro voce è di solito più profonda, spesso le parole escono loro da bocca lente, si servono di metafore tratte dal mondo fisico: le cose per loro sono “pesanti” e “intense”, aspirano ad “entrare in contatto” con la realtà. Il loro universo semantico è fatto di parole come: sensazione, emozione, toccare, concreto, pratico, sentimento, percepire, solido, sperimentare, sentire, costruire, tastare, abbracciare, approfondire... i cinestetici (tatto) utilizzano anche i sensi olfattivo e gustativo ...cinestetico deriva dal termine kinesis (movimento) e raggruppa le persone che hanno una predisposizione al canale tattile, olfattivo e/o gustativo, ossia le dinamiche (movimento) di contatto tra persone, gli oggetti, il cibo, gli odori. 


Ciascuno di noi ha in sé gli elementi delle tre modalità ma un sistema predomina su tutti.

Inoltre Stefano Benemeglio poi in fase evoluta Virginia Satir hanno sperimentato in psicologia analogica il comportamento delle persone vediamoli:

Virginia Satir, una psicoterapeuta, analizzò il modo in cui gli individui si relazionano. Da questa osservazione ha elaborato tre modi di esprimersi (in realtà sono quattro ma prenderemo in considerazione solo quelli principali), tre diversi modi di essere durante un’interazione comunicativa:


-ACCUSATORE visivo, PROPIZIATORE uditivo, SUPERLOGICO cenestetico. 


Nei tre stili comunicativi esamineremo il comportamento generale e la risorsa che possiedono.

ACCUSATORE Asta padre visivo Questa tipologia si esprime in modo deciso e penalizzate. Tende a non ascoltare quello che dice il suo interlocutore ma a imporre il punto di vista. La sua postura è eretta, la respirazione è alta, come anche il suo tono di voce e tende a gesticolare verso l’alto. La sua comunicazione non verbale si esprime con l’indice puntato, il pugno chiuso o la mano rigida che tende a fendere l’aria come una spada. In pratica è il classico atteggiamento di chi accusa un’altra persona senza porsi in accordo.La sua risorsa è l’Assertività, "l'assertività è la capacità del soggetto di utilizzare in ogni contesto relazionale, modalità di comunicazione che rendano altamente probabili reazioni positive dell'ambiente e annullino o riducano la possibilità di reazioni negative". Libet e Lewinsohn


PROPIZIATORE triangolo madre auditivo Questa tipologia è diametralmente opposta a quella vista in precedenza: si esprime sempre in accordo e tende ad essere disponibile rispetto a quanto dice il suo interlocutore esordendo con il “Si”. La sua postura è inerme esprimendo accoglimento, ha una respirazione bassa e ha la tendenza a toccare il suo interlocutore in modo avvolgente. La sua comunicazione non verbale si esprime attraverso i segnali di contenimento, avvolgenti, entrambe le mani giunte a formare un triangolo e il palmo delle mani rivolto verso l’alto in segno di accoglienza. La sue risorsa consistono nel saper prendersi cura degli altri e nella capacità di creare empatia con gli interlocutori.

SUPERLOGICO cerchio sé stessi  cenestetico Questa tipologia utilizza moltissimo la logica come strumento per mettere “all'angolo” il proprio interlocutore. La razionalità è il pilastro con cui analizza e vive la sua esperienza. Tende ad usare moltissimo il “Perché” come strumento di interrogazione e analisi. La sua postura esprime controllo dei muscoli, quasi come abbia un tubo di acciaio nel corpo, tende a controllare ogni micro – movimento risultando goffo nel suo modo di agire. La respirazione si svolge ad altezza media. La sua comunicazione non verbale esprime il segno del cerchio, “dell’Ok”, inscrivendo nell'aria delle circonferenze con le mani. Ha la tendenza a toccare oggetti ed interlocutore a “pinza” ovvero senza avvolgere completamente con la mano.Il comportamento di un Superlogico è rigido, autoritario e ogni suo gesto è razionale. Utilizza le argomentazioni logiche in maniera manipolativa. La sue risorse sono l’intelletto e l’obiettività.

(Tratto da “I Poteri Segreti della Comunicazione Empatica” di Vincenzo Fanelli – Essere Felici)



L’enneagramma:





L’enneagramma prende in considerazione i 2 primi canali di conseguenza si può scoprire il terzo canale:

legenda:


K: cenestetico, superlogico, cerchio, se stessi.
V: visivo, accusatore, asta, padre.
A: auditivo, propiziatore, triangolo, madre. 


Da questi si può capire i 9 tipi di personalità

1.       Perfezionista

2.       Altruista

3.       Manager

4.       Romantico tragico

5.       Eremita

6.       Scettico

7.       Epicureo/artista

8.       Boss

9.       Diplomatico



L’Enneagramma (dal greco ennea_ 9, gramma disegno) è un antico simbolo di origine orientale, rappresentato da un cerchio suddiviso in 9 parti uguali.

L’Enneagramma è probabilmente la teoria della personalità più antica al mondo, si ritiene che abbia almeno 2000 anni e che sia stata tramandata oralmente, come insegnamento esoterico, secolo dopo secolo, dai maestri sufi ai propri iniziati.

Nei primi del 1900 arriva in occidente con Gurdjieff (un maestro spirituale), per il quale l’Enneagramma è una disciplina mistica e ne limita la diffusione ad un ristretto numero di persone, tra questi Ouspensky, suo discepolo e divulgatore, che ha scritto diversi libri sull'argomento.

L’Enneagramma diviene uno strumento psicologico solo nel 1970, grazie a Oscar Ichazo che ne sviluppò l’approccio e iniziò a diffonderlo.

La teoria di base è che  in funzione alle difficoltà incontrate durante l’infanzia, ciascuno di noi sviluppa delle specifiche risposte che poi tende a fissare in uno schema comportamentale.

Ogni tipo dell’Enneagramma ha un suo sistema di valori, un suo modo di relazionarsi, presenta dei limiti ma anche dei punti di forza.

Ogni tipo ha un sistema rappresentazionale (visivo, auditivo, cenestesico) privilegiato per acquisire informazioni ed un canale di accesso secondario per elaborarle, ne trascura un terzo.

Secondo l’Enneagramma, ognuno di noi percepisce la realtà attraverso una lente che spesso ne altera l’oggettività.

La mappa non è il territorio

Attraverso la conoscenza e la consapevolezza del proprio tipo di appartenenza e quindi della propria compulsione, mediante tecniche adeguate, si può sia migliorare noi stessi che le nostre relazioni interpersonali.

Tipo 1 “Il Perfezionista”:tende ad essere perfetto in ogni cosa e pretende altrettanta perfezione. 

Tipo 2 “L’altruista”:è di grande aiuto ma poi vuole  essere ringraziato.

Tipo 3 “Il Manager”:si identifica con il successo che ottiene.

Tipo 4 “Il Romantico”:soffre quindi esiste, il dolore lo rende speciale.

Tipo 5 “l’ Eremita”:si identifica con le informazioni che possiede, gli piaci solo se non lo disturbi.

Tipo 6 “scettico”:per lui la vita  è un insieme di  leggi, regole e norme, non è cattivo… attacca solo per paura.

Tipo 7 “L’epicureo/artista”:ama il divertimento, evita il dolore, se stai male potrebbe non notarlo.

Tipo 8“Il Boss”:vuole il controllo, litiga per passione.

Tipo 9 “Il Diplomatico:evita il conflitto, non regge la tensione.

I 3 Centri: Istinto, Emozione, Razionalità



Tutti i 3 centri sono presenti dentro di noi, ma difficilmente in una posizione di equilibrio.  Un triangolo equilatero rappresenta l’ideale verso cui l’Uomo dovrebbe tendere: il perfetto equilibrio tra le 3 parti.

Il Centro dell’Istintoi tipi 8, 9 e 1 seguono l’istinto e l’abitudine, spesso in reazione a uno stimolo esterno, non hanno nessun tipo di controllo iniziale.V: visivo, accusatore, asta, padre.

Il Centro dell’Emozionei tipi 2, 3 e 4 agiscono sulla base dei sentimenti e delle sensazioni, si mostrano accondiscendenti ed empatici verso gli altri, prediligono i rapporti personali. A: auditivo, propiziatore, triangolo, madre. 

Il Centro della Razionalitài tipi 5, 6 e 7 si distaccano dalla realtà per riflettere (meglio se soli), agiscono solitamente in seguito a una ponderata decisione. K: cenestetico, superlogico, cerchio, se stessi. 

Le Ali dell’Enneagramma

Le ali sono le influenze che possiamo ricevere da uno dei due tipi che ci è a fianco nell’enneagramma. Ci differenziano leggermente dal tipo base.

Le Frecce dell’Enneagramma

Ogni tipo in stato di stress, acquisisce le caratteristiche peggiori di un enneatipo ed in relax le caratteristiche che migliori di un altro. Le frecce indicano le direzioni e ci danno la “dinamica” della personalità.


Il tipo 1 dell’Enneagramma è il Perfezionista

V: visivo, accusatore, asta, padre.

Canale di accesso: visivo

Canale di elaborazione: auditivo

Keyword: giusto/sbagliato

Immagine di sé: “io ho ragione”

Scopo della comunicazione: scambiarsi informazioni ed opinioni oneste, i sentimenti hanno un ruolo secondario.

Il perfezionista ha sempre ragione e gli altri si devono adeguare, è critico e puntiglioso verso gli altri e verso se stesso.

E’ vissuto tra le critiche, premiato solo se si comportava da” bravo bambino”, questo lo ha portato a sviluppare una equivalenza complessa “amore=critica”.

Dentro di lui un giudice interno lo giudica continuamente, anche i momenti di piacere devono essere il premio per l’ottimo lavoro svolto. Spesso usa il suo tempo libero per migliorarsi avendo un io interiore continuamente giudicante.

E’ continuamente concentrato su quello che andrebbe fatto.

Spesso sposa una qualche ideologia, perché la rabbia può emergere solo per giusta causa e viene vissuta come una esperienza liberatoria.

A volte sviluppa una personalità dissociata, una doppia vita, che gli permetta di liberarsi delle pulsioni represse (maestrina di giorno, cubista di notte).

Nei rapporti con il partner è costantemente preoccupato di nascondere il suo lato oscuro, questo crea una tensione che cresce con il perdurare del rapporto. A questo punto lascia per non essere lasciato o inizia ad accusare il compagno per paura del rifiuto. Ma quando è innamorato è molto devoto, infatti tende a mettere l’altro su un piedistallo.

Ha un bisogno costante di verificare i progressi ottenuti, si confronta continuamente con gli altri, questo gli genera sofferenza perché si pone obbiettivi difficilmente raggiungibili ed i traguardi degli altri generano la sua sconfitta.

In stress: assume le caratteristiche negative del 4, diventa melanconico, si chiude in un atteggiamento vittimististico e autodistruttivo, invece di cercare soluzioni.

In performance: assume le caratteristiche positive del 7, diventa meno critico nei confronti degli altri e di se stesso, è più spensierato ed allegro, sospende momentaneamente il critico interiore. Si apre a nuove alternative.

Rapport con l’1:

  • apprezzare i suoi consigli
  • apprezzare il suo lavoro
  • essere franchi e diretti
  • curare i dettagli
  • riconoscere i propri torti e assumersi le proprie responsabilità
  • rassicurarlo quando sbaglia.
Il tipo 2 dell’Enneagramma è l’Altruista

il Canale di accesso: cenestesico

Canale elaborazione: visivo

Keyword: solidarietà/ essere utile

Immagine di sé: “io aiuto”

Scopo della comunicazione: mantenere e progredire nelle relazioni personali, guadagnare apprezzamento. Le informazioni di per sé stesse hanno un ruolo secondario.

Relazionarsi con gli altri è fondamentale, ha un forte riferimento esterno(estroverso). Tende a creare una rete di relazioni che dipendano da lui. Sente di dover piacere, per compiacere gli altri tende a modificare la propria personalità in modo di poter entrare in sintonia con l’interlocutore.

Durante la sua infanzia è stato amato per la sua gradevolezza, ha imparato a riconoscere le qualità che piacciono, pensa che il mondo sia fatto di relazioni che è importante controllare attraverso “il compiacere”.

Cerca continuamente approvazione, quando non la riceve entra in un meccanismo compulsivo che lo porta ad adulare e compiacere la persona, identificata come fonte del bisogno d’amore, spesso altera se stesso per risultare desiderabile, ma allo stesso tempo vive la sensazione di ingannare l’altro.

Si sente composto da più io per questo rischia la frammentazione, offre ciò che in realtà vorrebe ricevere dagli altri attenzione ed affetto, se non ottiene i risulti sperati in tempi ristretti scattano le recriminazioni.

Se il 2 da qualcosa si aspetta di ricevere l’equivalente, i suoi sforzi sono una specie di debito per l’altro, altrimenti subentra la crisi.

Hanno un atteggiamento seduttivo, il sentirsi desiderati li fa sentire sicuri. Spesso hanno più relazioni perché questo gli permette di sperimentare più aspetti del proprio Io. Il ruolo dell’amante non gli dispiace in quanto” prediletto segreto”, infatti conquistare seducendo è  la parte più intrigante del rapporto.

Il rapporto di coppia per lui è una sfida, più questa è difficile più tende ad annullarsi per conquistare l’altro.Vuole essere amato e desiderato. All'inizio da tutto sé stesso al compagno cercando di compiacerlo al massimo, con il tempo però avverte di aver perso qualcosa di sé stesso e si sente in qualche modo tradito e frustrato per la libertà perduta.Quando il rapporto finisce si sente finalmente libero di non aderire più alle richieste dell’altro.

In stress: assume le caratteristiche negative dell’8, quando si sente umiliato usa atteggiamenti aggressivi passivi per esprimere la sua rabbia,  pretende riconoscimenti dalle persone che dipendono da lui, adotta strategie che aumentino il suo essere indispensabile. Può divenire vendicativo e distruttivo.

In performance: assume le caratteristiche positive del 4, impara a dire di no e a tutelare i suoi bisogni, controlla la sua necessità di relazionarsi con gli altri ed inizia un percorso di riscoperta di se.

Rapport con il 2:

  • apprezzare i suoi sforzi
  • interessarsi ai suoi problemi personali
  • farlo sentire indispensabile
  • essere solari
  • essere generosi.
Il tipo 3 dell’Enneagramma è il Manager

Canale accesso: visivo

Canale di elaborazione: cenestesico

Keyword: successo, competenza, concretezza.

Immagine di sé:” io ho successo”

Scopo della comunicazione: la comunicazione è un elemento strategico.

Per lui è fondamentale realizzare, “se non fai non sei nessuno “, è molto attivo.

Ha un forte riferimento esterno, il suo traguardo è il successo. E’ positivo, competitivo, sa motivarsi.E’ estremamente critico verso chi dimostra un basso rendimento o fragilità emotiva.

Ama circondarsi di oggetti di lusso e status symbol, perfino la famiglia può essere può essere oggetto di esibizione e deve essere all’altezza della situazione.

Si identifica con il proprio lavoro trasformandolo nella sua ragione di vita, evita ogni atteggiamento depressivo concentrandosi su lavoro, il suo antidepressivo naturale.

Da piccolo ha ottenuto riconoscimenti per quello faceva non per quello che era, quindi ha maturato la convinzione che l’amore passa attraverso il successo, è la sua immagine esterna quella che conta.

Questo continuo agire per il successo porta il 3 lontano dal confronto con sé stesso, una pausa forzata o una situazione particolare che lo costringa a fermarsi e a riflettere, lo far può entrare in crisi.

In stress: assume le caratteristiche negative del 9, diventa indolente non agisce per paura di fallire, l’aggressività verso i concorrenti viene scatenata contro se stesso.

In performance: assume le caratteristiche positive del 6, diventa più prudente, si dedica di più alla famiglia e agli amici, entra in contatto con le proprie esigenze emotive.

Rapport con il tipo 3:

  • incoraggiarlo nelle sue attività, interessarsi ai suoi progetti
  • ammirare i suoi risultati
  • non creare conflitti inutili
  • mostrarsi motivati e positivi.
Il tipo 4 dell’Enneagramma è il Romantico

Canale di accesso: visivo

Canale di elaborazione: cenestesico

Immagine di sé: “io sono diverso”

Scopo della comunicazione: mantenere le relazioni personali.

La sofferenza è il fulcro dell’esperienza, l’amore non è amore se non si soffre.

Attraverso la sofferenza si accede ad una sensibilità più elevata e si oltrepassa la banalità per sondare il profondo.

Azione e volontà non gli appartengono, il 4 agisce poco, si perde nei suoi pensieri e nelle sue fantasticherie.

Vive poco il presente, si rifugia nel passato in genere rimpiangendo qualcosa di perduto o fantastica su un immaginario fantastico futuro.

E’ indeciso, incostante, poco pratico, perde spesso il contatto con la realtà.

Vuole l’Amore con la A maiuscola, ma spesso è bloccato dalla paura dell’abbandono e a volte per questo respinge perfino la persona amata. Se alla fine la persona si allontana ne soffre, ne ingigantisce il valore e lo rivorrebbe a tutti i costi.

Entra in forte sintonia con i sentimenti e le emozioni degli altri, ama l’introspezione e la ricerca interiore.

Una delle sue paure più grandi è essere ordinario, una vita piatta e pianificata lo spaventa, quindi la movimenta con emozioni diverse ed intense.

In stress: assume le caratteristiche negative del 2, quando si sente abbandonato cerca di creare una dipendenza nei suoi confronti spacciandosi per altruista, se il gioco riesce trascinerà la sua vittima in un gioco altalenante di passione e rancore.

In performance: assume le caratteristiche positive dell’1, si focalizza sul presente, riesce a percepire il lato positivo delle cose, affronta i problemi in maniera più pratica, si ancora a verità più solide rispetto alle emozioni.

Rapport con il 4:

  • apprezzare la sua originalità
  • fornirgli stimoli intellettuali
  • evitare di nascondere le sofferenze

Il tipo 5 dell’Enneagramma è l’eremita.

Canale di accesso: auditivo

Canale di elaborazione: visivo

Keyword: conoscenza, razionalità, obiettività

Immagine di sé:” io sono obbiettivo”

Scopo della comunicazione: trasmettere informazioni.

Al tipo 5 piacciono le informazioni, ama raccoglierle ed elaborarle in solitudine e tranquillità.

Le emozioni vengono vissute spesso in un momento successivo, privatamente.

Non sopporta l’invasione dei propri spazi privati, perciò riduce al minimo i contatti ed evita il coinvolgimento emotivo.

Ha la tendenza a programmare tutto, tende ad anticipare gli eventi perché vuole sentirsi preparato per ogni evenienza.

E’ autoreferente, quindi è difficile che l’opinione altrui lo influenzi.

Da piccolo è stato disprezzato o la sua intimità è stata continuamente invasa. La chiusura emotiva è la sua strategia di sopravvivenza per allontanare il dolore.

La sua debolezza è la mancanza di espressione di potenza. Se le sue compulsioni vengono estremizzate può divenire sociopatico.

Un tipo 5 può vivere così mentalmente un rapporto che la persona interessata può non scoprire mai  di essere tanto importante nella sua vita.

Lo caratterizza una freddezza emotiva, detesta le effusioni e le manifestazioni emotive esagerate.

Nelle amicizie crea degli scomparti, gli amici difficilmente entreranno in contatto tra di loro. Ma se gli chiederete consiglio difficilmente vi darà una risposta superficiale.

Ricerca soprattutto la sua indipendenza, in modo di poter badare a se stesso senza aver bisogno degli altri. Questo spiega la sua avarizia, in quanto la sicurezza materiale lo tutela. In altri casi l’avarizia è di tipo intellettuale, non cede la sua conoscenza a chi gli sta intorno.

In stress: assume le caratteristiche negative del 7, perde il contatto con la realtà e si perde in pianificazioni che sono fine a se stesse.Diviene attivo in maniera non costruttiva, stordendosi con il divertimento.

Rapport con il tipo 5:

  • lasciargli i suoi spazi
  • apprezzare i suoi consigli
  • essere organizzati
  • non essere mai un peso.
Il tipo 6 dellEnneagramma è lo scettico.

Canale di accesso: auditivo

Canale di elaborazione: visivo

Keyword: lealtà, sincerità, sicurezza

Immagine di sé: ” io faccio il mio dovere”

Scopo della comunicazione: lo scambio verbale.

Ha paura di essere manipolato, e quindi decide di essere un manipolatore.

Si considera un debole e per reazione assume due tipi di comportamento opposti: fobico tende ad isolarsi ed evitare le relazioni, controfobico assume un atteggiamento grintoso e tende a contrapporsi agli altri.

Generalmente ha vissuto o scoperto dei segreti di famiglia oppure le persone di riferimento adottavano comportamenti imprevedibili o punizioni ingiuste,questo ha generato la mancanza di fiducia negli altri.

La sua debolezza è la non comprensione degli altri.

Tende a pensare più che ad agire, quando si avvicina all'obbiettivo aumenta la sua ansia, inconsciamente il pensiero si sostituisce all'azione. Tende ad attivarsi in tutte quelle situazioni in cui le possibilità di successo sono pressoché nulle, si batte a spada tratta per la causa dei perdenti.

Una delle sue caratteristiche principali è la lealtà, è il classico dipendente che lavora fedelmente per anni nella stessa azienda, preferisce le strutture gerarchiche non competitive.

Non ama essere preso dal lato emozionale, attiva la sua propensione al sospetto ed evoca le ferite dell’infanzia.

Il rapporto di coppia funziona solo come difesa dal mondo esterno, una volta tradito difficilmente perdona, in caso di dubbi congela la sua disponibilità sessuale.

Di solito coglie sempre il lato negativo delle cose, specialmente le novità,  ama l’ordine costituito e avverte il nuovo o il diverso come minaccia. La trasgressione non fa per lui perché può viola il suo senso di sicurezza.

Non ti darà la sua opinione, senza prima aver raccolto abbastanza informazioni.

In stress: assume le caratteristiche negative del 3, se ha paura di essere tradito tende a identificarsi con la figura di riferimento, diventa falso e servile e se la paura aumenta rinnega la sua dote migliore la lealtà.

In performance: assume le caratteristiche positive del 9, prende la vita meno seriamente, abbandona la tendenza a vedere tutto dal suo lato peggiore, si fida maggiormente di sé e degli altri.

Rapport con il 6:

  • considerare la fedeltà una virtù importante
  • avvertire quando si intraprende una iniziativa che lo riguarda
  • verificare sempre tutto prima di lui
  • fornirgli un programma preciso.
Il tipo 7 dell’Enneagramma è l’epicureo/artista.

Canale di accesso: visivo

Canale di elaborazione: cinestetico

Keyword: libertà, divertimento

Immagine di sé: “io sono felicità”

Scopo della comunicazione: serve a scambiarsi opinioni oneste e ad esprimere i propri modi di sentire.

Muoversi, divertirsi, cambiare, spensieratezza, cercare ogni giorno una emozione diversa.

Il 7 cerca di rendere concreti i suoi desideri, è positivo però ha degli aspetti controproducenti, tende alla dispersione, lascia spesso a metà le cose che inizia, tende a essere superficiale e a nascondere agli altri i suoi aspetti profondi.

Vuole essere sempre in movimento e fare tante cose può essere confuso con un tre, ma tende a non finire quello che ha iniziato, perché viene attirato sempre da nuovi progetti.

Ha avuto un’infanzia difficile, gli hanno fatto credere che al mondo c’è scarsità e quindi vuole abbondanza.

Il suo voler essere sempre in movimento dipende dalla paura di rimanere bloccato, questo rappresenta la sua debolezza, l’inattività può portarlo a prendere contatto con il centro di se stesso e quindi con la sofferenza a cui tenta di sfuggire. La paura del dolore spesso gli impedisce di confrontarsi con se stesso.

Affronta la giornata con una lista piena di cose interessanti da fare, tende verso la pianificazione.

In genere detestano l’autorità e non amano farsi carico delle responsabilità altrui, ma adottano un comportamento diplomatico e non oppositivo.

Nella coppia è quello che anima il rapporto, ma anche se innamorato quando sente che l’altro cerca di bloccarlo, tronca la relazione.

In stress: assume le caratteristiche negative dell’1, quando la sua strategia per evitare il dolore diventa inefficace, assume un sistema di credenze inattaccabile, diventa permaloso, intollerante, critico. Perde il suo naturale ottimismo e diventa aggressivo.

In performance: assume le caratteristiche positive del 5, è meno compulsivo, tollera maggiormente la sofferenza entrando in contatto con le sue paure. Diviene più disciplinato e riflessivo, raccoglie informazioni.

Rapport con il 7 :

  • siate sempre ottimisti
  • lasciargli margine di manovra
  • sappiate essere indipendenti
  • ascoltatelo con piacere
  • siate franchi e diretti

Il tipo 8 dell’Enneagramma è il Boss.

V: visivo, accusatore, asta, padre.

Canale di accesso: auditivo

Canale di elaborazione: cinestetico

Keyword: controllo

Immagine di sé: “io sono forte”

Scopo della comunicazione: con una efficacie comunicazione si risolvono i problemi. Utilizza la retorica per farsi apprezzare, manipola le emozioni per ottenere ragione.

Per il tipo 8 è fondamentale il controllo, è ossessionato dalla possibilità di essere controllato e reagisce manipolando.

La sua storia personale è caratterizzata da una ingiustizia, e quindi crede che il mondo sia fatto di ingiustizie.Ha sviluppato un sistema di difesa molto duro.Vive la sua realtà in base al controllo, va contro le ingiustizie, se la sua pulsione viene estremizzata tende a divenire psicopatico.

Guarda a se stesso come ad una persona autorevole e tende a battersi per i perdenti.

Vuole scontri aperti, odia i sotterfugi, quando qualcosa lo disturba reagisce con molta foga esplodendo contro l’altro, solo in seguito si chiederà se per caso ha esagerato. In un primo momento non si rende neppure conto se ha ragione o torto.

I suoi scontri sono violenti, spesso è lui stesso a provocarli per capire chi è il suo avversario.

Spesso gli errori lo gettano in una crisi profonda perché per lui significano l’inizio della perdita di controllo.

Tende a proiettare all’esterno atteggiamenti subdoli e malevoli, in modo tale che quando scatta la vendetta la colpa è sempre degli altri.

Un’altra sua caratteristica è la lussuria, rivendica anche ideologicamente la legittimità di tutti gli impulsi.

E’ centrato sul Qui ed Ora, predilige l’azione al pensiero, perché la sua attenzione è concentrata sulla sfera dei sensi e sulle sensazioni corporee.

Se tradito o deluso difficilmente rinuncerà a vendicarsi.

Non sopporta di mostrarsi debole e non sopporta neppure le dimostrazioni di fragilità altrui.

In stress: assume le caratteristiche negative del 5, manca di energia, si isola, rimugina sui torti subiti e vede atteggiamenti ostili da parte di chiunque.

In performance: assume le caratteristiche positive del 2, diventa comprensivo e protettivo.

Rapport con il tipo 8:

  • dimostrare capacità di difendere le proprie posizioni
  • mantenere i propri impegni
  • non essere troppo conformisti
  • non invadere il suo spazio
Il tipo 9 dell’Enneagramma è il Diplomatico.

V: visivo, accusatore, asta, padre.

Canale di accesso: cinestetico

Canale di elaborazione: auditivo

Keyword: armonia, serenità, pace

Scopo della comunicazione: il mantenimento delle relazioni personali.

In famiglia non si è mai sentito apprezzato, perciò si rivolge all’esterno in cerca di conferme.

Ambisce alla completa armonia, cerca di compiacere gli altri anche a costo di rinunciare alla propria personalità.

E’ una figura camaleontica, spesso si confonde con le altre figure dell’enneagramma, si evidenzia quando vi sono dei conflitti, cercherà la pace a prescindere da chi ha ragione.

Non si accetta, non si ama, fugge da sé stesso adeguandosi agli altri.

Non sa definire quello che vuole, sa solo quello che non vuole, non è autonomo né indipendente. E’ piuttosto arrendevole, ma si adegua solo al momento, in realtà non ha ancora deciso cosa fare.

Difficilmente in una discussione assumerà una posizione autonoma ma si conformerà all’opinione altrui.

Spesso è dispersivo perché non sa stabilire le proprie priorità, ma quando questo avviene nulla lo distoglierà dai suoi obbiettivi.

Sostituisce i veri bisogni con dei surrogati, pianifica la sua giornata ma alla fine si perde in passatempi e tralascia le cose importanti da fare.

Preferisce muoversi in ambiti dove le decisioni vengono prese da altri.

E’ un ottimo amico e un partner attento alle esigenze dell’altro. Nel rapporto di coppia, quando trova la persona ideale con cui fondersi, raggiunge lo scopo della sua vita. La fine del rapporto è dolorosissima in quanto perde una parte di sé stesso.

In stress: assume le caratteristiche negative del 6, diventa timoroso e pigro, completamente dipendente.

In performance: assume le caratteristiche positive dell’3, acquisisce un maggior senso pratico, diventa più attivo, distingue l’utile dal superfluo. Si rende più indipendente, fidandosi maggiormente delle proprie risorse.

Rapport con il 9:

  • lasciatelo parlare
  • evitate i confronti
  • complimentatevi con lui
  • chiedete la sua opinione




La psicologia dei colori 

La psicologia dei colori descrive il significato psicologico oggettivo delle varie tonalità, seleziona il colore per scoprire le sue caratteristiche psicologiche. Secondo le teorizzazioni, in genere le associazioni "colori - emozioni" sono piacevoli o spiacevoli.In linea di massima, i colori caldi (giallo, arancione e rosso) sono aggressivi, irrequieti o stimolanti e positivi, mentre quelli freddi (violetti, blu e verdi) sono negativi, scostanti e riservati, tranquilli o sereni.

I colori, quindi, a seconda della tonalità considerata, evocano non solo differenti emozioni ma esprimono anche un’ampia gamma di sentimenti che spaziano da un polo positivo ad uno negativo, abbracciando la complessità dei vissuti psichici connessi ad un determinato colore.


Eppure, quasi mai percepiamo il colore come qualcosa che ci appartiene, un prodotto della mente che rende percepibile il mondo, connota la vita, è intimamente connesso con i sentimenti ed in strettissimo rapporto con un linguaggio quotidiano convenzionale o con le nostre tonalità emotive tanto che i vissuti affettivi si tingono di colore quando cerchiamo d’esprimerli: “La mia vita è grigia...”, “Sono nero...”, ecc.

Lo psicologo, psichiatra e filosofo svizzero Max Luscher ha steso, nel 1949, un interessante "test dei colori", basato sul fatto che una particolare attrazione o repulsione nei confronti di un determinato colore siano riconducibili a particolari stati psicofisici ed emozionali che ogni colore ed ogni combinazione cromatica generano nell'osservatore tenendo conto anche che la preferenza mostrata verso ciascun colore e le reazioni che provoca nel soggetto cambiano a seconda degli individui e dei vari momenti nello stesso individuo: in breve, i colori parlano di noi, dando precise informazioni su bisogni, desideri, rifiuti, paure, basta saper decifrare il messaggio.

Il test di Luscher si avvale di otto colori, 4 colori base (rosso, giallo, verde e blu) e 4 colori ausiliari (viola, marrone, grigio e nero), che concorrono a descrivere diversi sentimenti di sé:- il rosso denota un senso di forza e di sicurezza, per cui la scelta orientata al rosso corrisponde ad uno stato di attivazione nella direzione di una conquista, ad un desiderio espansivo: esprime fiducia e sicurezza di sé;- il blu è la calma, la soddisfazione, la pace interiore, la quiete, l'armonia;- il verde esprime stabilità, forza, tenacia, costanza, perseveranza, equilibrio psicologico, autostima, riferimento saldo a valori forti;- il giallo, caldo, irradiante, luminoso suggerisce espansione e movimento, libertà e autonomia, è colore del cambiamento e della ricerca del nuovo;- il viola, ottenuto mescolando rosso e blu, è il colore della trasformazione, della metamorfosi, del passaggio da uno stato ad un altro;- il marrone è un colore solido, corporeo, materiale, corrisponde alla sensazione della propria fisicità;- il grigio è il colore neutro di chi prende le distanze dai sentimenti e dalla vita, optando per il non coinvolgimento;- il nero è il 'non colore', la negazione, l'opposizione dietro la quale può nascondersi un desiderio di rivendicazione di potere.

Colori, comunicazione ed effetti psicologici: il colore ci trasmette effetti psicologici ed emotivi. Vediamo le emozioni (positive e negative):

Rosso: simboleggia la passione, l'amore, il calore, l'alimentazione, la resistenza, ed è molto stimolante. Per molti risulta un colore troppo aggressivo. Simbolizza anche il pericolo, il sangue, il fuoco e la violenza.Rosa: simboleggia femminilità e gioventù. Debolezza e ingenuità.Giallo: simboleggia la luce del sole, la felicità, la crescita e l'oro. Può anche simboleggiare disonestà, codardia, tradimento, gelosia, falsità, malattia e azzardo.

Arancio: è un colore vibrante e accogliente. È molto in voga per i siti web. Simboleggia inoltre attenzione e ricerca.
Verde: è natura, ambiente, vita, crescita, fortuna, gioventù, primavera, fertilità e religione. Invidia e gelosia.
Porpora: simboleggia regalità, spiritualità, passione ed amore. Crudeltà, arroganza e pianto.
Blu: simboleggia la calma, l'acqua, il cielo, l'armonia, la fiducia, la pulizia e la lealtà. Tristezza e depressione.
Marrone: simboleggia neutralità, terra e caldo.
Grigio: simboleggia, intelligenza, solidità, pulizia e qualcosa di moderno. Viene anche associato a maturità e tristezza.
Bianco: è pulizia, innocenza, spazio, purezza, castità, semplicità e pace. Ma anche morte (culture orientali), freddezza e sterilità.
Nero: è associato a potere, eleganza, magia, mistero e notte. Simboleggia anche lutto e morte (culture occidentali), cattiveria, infelicità, tristezza, rimorso e rabbia.









Nessun commento:

Posta un commento